Il titolo, forse la cosa migliore di questo SundayJumper, non è merito mio: è citazione, tradotta, riportata da un’intervista di Cory Doctorow (che compare spesso in questo spazio) e ben si sposa con quello che desideriamo trattare. Si tratta di una discussione che è scoppiata qualche giorno fa in rete, a seguito di una partecipazione di Lawrence Lessig (altro personaggio spesso citato sul SundayJumper) ad un evento di fotografi professionisti dell’associazione ASMP (American Society of Media Photographers) dal titolo “Copyright and the new economy“. Manco a dirlo, anche questo è un argomento molto seguito, e con passione, da noi. Le coincidenze non finiscono qui: la discussione è partita da una consulente di marketing per fotografi, Leslie Burns che noi abbiamo conosciuto – e di cui abbiamo parlato… indovinate dove? Si, proprio qua – che ha attaccato le tematiche trattate da Lessig, che erano poi una sintesi del contenuto dei suoi libri, ed in particolare di Remix, che si può comprare qui (oggi 23 maggio è la giornata della lettura, non dimenticatelo ;)), oppure scaricare (in inglese) da questo link.
Non si capisce perché tanto scalpore – visto che di Creative Commons e di concetti legati alla cultura del Remix si parla da anni – ma evidentemente la consulente ha deciso di usare l’arma della polemica per accendere qualche riflettore sul suo nome (quello di Lessig, senza dubbio, non ne ha bisogno: chi lo ha conosciuto dal “vivo” sa bene che è un personaggio tutto meno che amante dell’apparire, ma un professore di quelli che sarebbe stato tanto bello avere). Comunque, il problema è che l’accusa è quella che la Creative Commons avrebbe rovinato il mercato; non si capisce, però, se ha rovinato il mercato dei fotografi… o il suo, di mercato. Il mercato di Leslie è quello di farsi pagare per indicare quali sono le strade migliori per il licensing, se uno sceglie la strada CC fa tutto da solo, non spende nulla e rischia anche di averne dei benefici. Magari non è così, ma il dubbio viene. In che modo le modalità della Creative Commons possono “rovinare” un fotografo? Cerchiamo di fare luce:
1) La Creative Commons non è un virus che si prende, navigando in rete. Semplicemente è una possibilità che il fotografo (come qualsiasi altro autore) può scegliere per tutelare la sua opera, specialmente quando pubblica qualcosa in un ambito “sconfinato” come il web. Se il fotografo reputa che non sia una buona idea, non lo fa, non è nemmeno una di quelle clausole-trappola che potrebbero portarci a dare un assenso anche senza saperlo (tipo le frasette subdole dei contratti, dove se non sei attento dici di si e ti fregano a vita). Se si vuole, si tratta di una scelta cosciente, meditata, altrimenti nessuno ci punta una pistola e ci obbliga.
2) Le licenze Creative Commons non nascono “per togliere diritti”, ma per affrontare in modo ragionato le opportunità offerte dal “permettere” alcune libertà agli utenti, proteggendone e tutelandone altre (le più importanti per noi). In pratica, possiamo consentire, se lo vogliamo, di scaricare una nostra immagine per un uso “NON commerciale”, ma al tempo stesso di tutelarne la citazione dell’autore, l’integrità (non modificare la nostra opera) e non permetterne uno sfruttamento commerciale. La scelta non è semplice dal punto di vista concettuale (capire cosa significa, per esempio “sfruttamento commerciale” richiede qualche secondo di concentrazione: significa che se uno studente pubblica la nostra foto per una ricerca scolastica può farlo, visto che non è un uso commerciale, se lo pubblica su una rivista venduta invece lo è… tanto per banalizzare); è invece molto semplice, e specialmente gratuito, farlo dal punto di vista pratico: con un paio di click abbiamo fatto tutto, ed è una tutela legale a tutti gli effetti, riconosciuta in tutto il mondo.
3) Perché allora, se si tratta di una scelta ponderata, e specialmente se si tratta di una soluzione che mette al riparo dall’uso “indebito” gli autori ci deve essere tanta polemica? La cosa non è chiara, non ha senso, e viene da pensare male (come diceva Andreotti, si commetterà anche peccato, ma quasi sempre ci si azzecca). Leslie dice che tutto questo porta uno spostamento del lavoro dal professionista al dilettante, ma questo non è dovuto alle Creative Commons, è un fenomeno che trova nell’essenza stessa della rete, che ha aperto una logica che ha trasformato il “consumatore” di contenuti in un utente più attivo, che non “legge” solo, ma “scrive”. Anche questo è un concetto di Lessig, che parla in terminologia informatica dei DVD, di un passaggio dalla classe RO (Read-Only) a RW (Read-Write); il fatto che lo abbia definito e raccontato non significa però che sia stato Lessig a crearlo, e per di più è un fenomeno che non riguarda solo la fotografia (ragazzi, per quanto noi possiamo essere affezionati a questo nostro mondo, siamo briciole, rispetto ai mercati autorali più ricchi). I giornali e i giornalisti soffrono il confronto coi blogger, le emittenti televisive perdono punti a scapito di YouTube, e così via.
4) Arriviamo alla frase del titolo: il problema degli autori non è la pirateria, o l’uso indebito del loro lavoro: è l’oscurità. Possiamo avere tra le mani un valore eccezionale, e morire di fame, se nessuno lo conosce. Il nostro mercato potrebbe essere distante da noi: non irraggiungibile, perché la rete ci può portare ovunque, ma come non essere trasparenti è il vero problema. Le licenze Creative Commons, con la loro logica “aperta” e “libera” permettono di far viaggiare con maggiore velocità e sfruttando le occasioni che possono crearsi senza difficoltà. Pur mantenendo il pieno controllo di quegli elementi importanti. Se un blogger vuole pubblicare una nostra foto in Giappone, ed è un blogger famoso, possiamo guadagnare in un istante una visibilità che può portarci alla ribalta, ricevere offerte e richieste, proposte e idee da persone e da strutture che altrimenti non ci avrebbero mai scoperti. Voi direte: se uno è interessato può contattarmi, poi valuto io. Ma non è così: la rete vive, pulsa, corre, non dorme. E non parla necessariamente la nostra lingua. Le occasioni nascono e muoiono in un istante, non ci sono tempi e approcci lenti. La rete è Rock, come direbbe Celentano.
Con questo SJ non vogliamo convincervi a pubblicare i vostri lavori con una licenza Creative Commons. D’altra parte, c’è la SIAE, no? (ahahahaa…. ne abbiamo parlato un mese fa… vorreste farvi tutelare da chi chiede dei soldi e nemmeno sa cosa farsene?). Oppure possiamo marchiare le nostre opere a fuoco, dicendo che “tutti i diritti sono riservati”. E’ un diritto, anche quello di chiudere le opere in un cassetto e non aprirlo mai più. L’oscurità può avere il suo fascino, ma difficilmente ci fa pagare le bollette della luce (che, volendo rimanere nell’oscurità, nemmeno serve). Quello che ci fa arrabbiare è che di questo non ha nemmeno senso parlarne: noi ne parliamo da oltre 5 anni, in giro per l’Italia, Lessig nella realtà ha smesso di parlarne (meno che in questo convegno), si occupa di tematiche legate ad altri settori, come si è ben visto l’anno scorso a Milano, durante il suo speech seguitissimo a MeetTheMediaGuru. Ci fa arrabbiare che si voglia riprendere la discussione, senza aggiungere, e rimanendo solo sul piano di chi non vuole capire (o finge di non capire) che le licenze Creative Commons non sono state concepite per “togliere” qualcosa agli autori, ma per tutelarli in modo più attuale e moderno, e anche più redditizio nell’era digitale. E che, lo ribadiamo, si tratta di una scelta, e non di un obbligo. Non è che dobbiamo essere d’accordo con Lessig su tutto: personalmente ho ancora difficoltà ad accettare il “remix” di quello che creo (che sia un testo o un’immagine, poco conta), ma non posso dire che non sia stimolante il confronto e la mente aperta al dialogo. Molte cose, perfette in teoria, si rivelano poco attuabili nella pratica (o difficili, quanto meno), ma quando il dialogo si chiude a causa di qualcuno che nemmeno vuole ascoltare o provare a capire, allora si che è grave, perché porta solo a perdita di tempo, ad un innalzamento di toni che disturba e non costruisce.
Di questo argomento finiremo anche col parlare al JumperCamp dedicato al Self-Publishing, che si terrà domani, 24 maggio, a Milano. Una delle tematiche più importanti, infatti, se si pensa di diventare editori di propri progetti (libri, riviste, siti, video: qualsiasi cosa di questo genere) è quella del “farsi conoscere”, guadagnare la propria fetta di pubblico, e fare in modo che si sappia quello che facciamo e la qualità (unicità, creatività, genialità) che possiamo offrire. Se siete interessati, potrebbe essere una buona occasione per approfondirne gli aspetti.
nicola says:
mi preme segnalare internazionale di questa settimana!
a domani :)
nicola says:
mi preme segnalare internazionale di questa settimana!
a domani :)
sante castignani says:
Il tema in sé mi interessa poco, occupandomi d’altro, ma in linea di massima potrei essere concorde, anche se non così contento.
Il punto invece che mi preme sottolineare è che una logica simile si può ormai applicare a ogni aspetto della nostra professione; qualunque “eccesso” di pretesa ci rende invisi e poco ambiti da un mercato sempre più prepotente, che vede oramai la nostra categoria come debole e ricattabile.
Purtroppo ha ragione il mercato, la nostra è merce che nell’era corrente vale ogni giorno di meno… si trovano foto ovunque e a qualunque prezzo, fotografi che dopo il servizio lavano anche i piatti, ecc.
A ciascuno di noi individuare i confini da non valicare per conservare competitività senza perdere dignità.
Chiudendo sul tema di oggi, non può sfuggire il fatto che gli autori ambiti e affermati in CC non li trovi; collocandosi quindi in quell’ambito si dichiara implicitamente l’appartenenza a una fascia di aspiranti emergenti, sempre più ampia e indifferenziata. Può funzionare meglio per un giovane, probabilmente; come del resto la gran parte del mercato odierno ;-)
sante castignani says:
Il tema in sé mi interessa poco, occupandomi d’altro, ma in linea di massima potrei essere concorde, anche se non così contento.
Il punto invece che mi preme sottolineare è che una logica simile si può ormai applicare a ogni aspetto della nostra professione; qualunque “eccesso” di pretesa ci rende invisi e poco ambiti da un mercato sempre più prepotente, che vede oramai la nostra categoria come debole e ricattabile.
Purtroppo ha ragione il mercato, la nostra è merce che nell’era corrente vale ogni giorno di meno… si trovano foto ovunque e a qualunque prezzo, fotografi che dopo il servizio lavano anche i piatti, ecc.
A ciascuno di noi individuare i confini da non valicare per conservare competitività senza perdere dignità.
Chiudendo sul tema di oggi, non può sfuggire il fatto che gli autori ambiti e affermati in CC non li trovi; collocandosi quindi in quell’ambito si dichiara implicitamente l’appartenenza a una fascia di aspiranti emergenti, sempre più ampia e indifferenziata. Può funzionare meglio per un giovane, probabilmente; come del resto la gran parte del mercato odierno ;-)
Luca Pianigiani says:
No, è riduttivo pensare che la soluzione cc sia per aspiranti, per giovani e forse (anche se non lo dici, ma lo pensi), di sfigati. Il fatto è che bisogna avere la mente aperta e nel nostro settore è cosa rara. In altri ambiti, letteratura e musica per esempio, molti autori famosi e importanti hanno scelto questa soluzione. E poi basta sempre parlare di un mercato al ribasso, le licenze cc non c’entrano nulla con questo discorso. Aggiungo al titolo che dopo l’oscurità e prima della pirateria e anche prima del ribasso dei costi imposti dal mercato, il secondo vero rischio del settore è lo snobbismo, ahimè …
Luca Pianigiani says:
No, è riduttivo pensare che la soluzione cc sia per aspiranti, per giovani e forse (anche se non lo dici, ma lo pensi), di sfigati. Il fatto è che bisogna avere la mente aperta e nel nostro settore è cosa rara. In altri ambiti, letteratura e musica per esempio, molti autori famosi e importanti hanno scelto questa soluzione. E poi basta sempre parlare di un mercato al ribasso, le licenze cc non c’entrano nulla con questo discorso. Aggiungo al titolo che dopo l’oscurità e prima della pirateria e anche prima del ribasso dei costi imposti dal mercato, il secondo vero rischio del settore è lo snobbismo, ahimè …
Paolo Nobile says:
Luca, i CC hanno razionalizzato la cessione temporanea dei Diritti in senso più moderno rispetto alla vecchia, ma secondo me ancora valida, Legge sul Diritto d’Autore – comune a molti Paesi dell’Occidente.
Non faccio l’avvocato della Burns ma trovo fuorviante la frase “Il mercato di Leslie è quello di farsi pagare per indicare quali sono le strade migliori per il licensing”. Non è vero: Leslie Burns è consulente per fotografi a tutto campo e la consulenza sul licensing è solo una – eventuale – parte del suo lavoro (hai letto “You don’t suck”?).
Aggiungo che le sue critiche al Free Culture Moviment sono in gran parte fondate.
Non si tratta di essere oscurantisti (per cortesia, smettiamola: un’opinone contraria, di questi tempi, è un dono di Dio).
Sotto la definizione di “libera circolazione delle idee” – http://en.wikipedia.org/wiki/Free_culture_movement – si perpetuano furti di opere altrui. Altro che circolazione delle idee!! Non sarà SEMPRE così, ma certamente è ANCHE così.
Inoltre, coloro che, come Leslie Burns, vanno un po’ controcorrente, attirano la mia attenzione. Se non altro per cercare di capire.
Le ragioni non sono necessariamente da una parte sola.
Ciao
Paolo Nobile says:
Luca, i CC hanno razionalizzato la cessione temporanea dei Diritti in senso più moderno rispetto alla vecchia, ma secondo me ancora valida, Legge sul Diritto d’Autore – comune a molti Paesi dell’Occidente.
Non faccio l’avvocato della Burns ma trovo fuorviante la frase “Il mercato di Leslie è quello di farsi pagare per indicare quali sono le strade migliori per il licensing”. Non è vero: Leslie Burns è consulente per fotografi a tutto campo e la consulenza sul licensing è solo una – eventuale – parte del suo lavoro (hai letto “You don’t suck”?).
Aggiungo che le sue critiche al Free Culture Moviment sono in gran parte fondate.
Non si tratta di essere oscurantisti (per cortesia, smettiamola: un’opinone contraria, di questi tempi, è un dono di Dio).
Sotto la definizione di “libera circolazione delle idee” – http://en.wikipedia.org/wiki/Free_culture_movement – si perpetuano furti di opere altrui. Altro che circolazione delle idee!! Non sarà SEMPRE così, ma certamente è ANCHE così.
Inoltre, coloro che, come Leslie Burns, vanno un po’ controcorrente, attirano la mia attenzione. Se non altro per cercare di capire.
Le ragioni non sono necessariamente da una parte sola.
Ciao
Luca Pianigiani says:
Paolo, mi fa sorridere che ora il “lato” cc sia quello “normale” e quello di chi va contro sia “controcorrente”. Non è così: quasi tutti sono dalla parte delle soluzioni tradizionali, del “era meglio quando era peggio”, del “una volta si che era tutto bello”. Ognuno la pensa come
vuole, sta di fatto che la teoria di Leslie è sbagliata perché di sicuro i problemi del settore non sono causati da pensieri come
quelli di Lessig, e specialmente se un fotografo si sente minacciato dalle licenze cc nessuno gliele impone. E allora? Secondo me è polemica pretestuosa… Ma che ognuno abbia il diritto di dire la sua :-)
Luca Pianigiani says:
Paolo, mi fa sorridere che ora il “lato” cc sia quello “normale” e quello di chi va contro sia “controcorrente”. Non è così: quasi tutti sono dalla parte delle soluzioni tradizionali, del “era meglio quando era peggio”, del “una volta si che era tutto bello”. Ognuno la pensa come
vuole, sta di fatto che la teoria di Leslie è sbagliata perché di sicuro i problemi del settore non sono causati da pensieri come
quelli di Lessig, e specialmente se un fotografo si sente minacciato dalle licenze cc nessuno gliele impone. E allora? Secondo me è polemica pretestuosa… Ma che ognuno abbia il diritto di dire la sua :-)
sevenspotted says:
Le Creative Commons saranno anche “da sfigati” come insinua qualcuno, ma gente come Lessig e lo stesso Cory Doctorow (che è così sfigato che è tra i fondatori di Boing Boing – e forse chi non sa di cosa sto parlando è lo sfigato) sono autori che consentono il download dei propri libri gratuitamente online, nonostante abbiano copie in brossura nelle librerie di tutto il mondo. E sempre gli sfigatissimi Nine Inch Nails da anni distribuiscono dischi con licenze Creative Commons, ad esempio lo stesso album che nel 2008 è stato in vetta alle classifiche di Amazon (http://www.jumper.it/lalbum-piu-venduto-del-2008-era-gratis/).
Paolo dice “[…] la vecchia, ma secondo me ancora valida, Legge sul Diritto d’autore […]”: la Creative Commons, come Leslie Burns non smette di ribadire ogni quattro righe, non ha inventato leggi nuove o modificato quelle esistenti, ha semplicemente reso più accessibile al popolo della rete (molto variegato, non dimentichiamolo) la possibilità di dire e scrivere di fianco ai propri contenuti cosa la gente se ne può o non può fare. E CC non equivale a “prendi le mie foto e facci quello che vuoi” e non significa nemmeno che un autore poi non possa vendere il contenuto ad altre condizioni: se il problema sono le persone che leggono la prima riga e non vanno fino in fondo alla pagina, non è colpa di Lessig. Ma di persone che usano contenuti trovati in rete senza preoccuparsi degli autori è pieno il mondo, e mi sento di assicurare che in pochissimi sanno dell’esistenza delle CC… specialmente in Italia, dai, chi vuole fregare una foto si preoccupa di andare a cercarle tra quelle rilasciate sotto CC?! Basta che compaia in Google Images e “si può prendere”, no!?
Per concludere, non si misura l’integrità di un movimento (se proprio bisogna definirlo così) attraverso una pagina di Wikipedia incompleta!
sevenspotted says:
Le Creative Commons saranno anche “da sfigati” come insinua qualcuno, ma gente come Lessig e lo stesso Cory Doctorow (che è così sfigato che è tra i fondatori di Boing Boing – e forse chi non sa di cosa sto parlando è lo sfigato) sono autori che consentono il download dei propri libri gratuitamente online, nonostante abbiano copie in brossura nelle librerie di tutto il mondo. E sempre gli sfigatissimi Nine Inch Nails da anni distribuiscono dischi con licenze Creative Commons, ad esempio lo stesso album che nel 2008 è stato in vetta alle classifiche di Amazon (http://www.jumper.it/lalbum-piu-venduto-del-2008-era-gratis/).
Paolo dice “[…] la vecchia, ma secondo me ancora valida, Legge sul Diritto d’autore […]”: la Creative Commons, come Leslie Burns non smette di ribadire ogni quattro righe, non ha inventato leggi nuove o modificato quelle esistenti, ha semplicemente reso più accessibile al popolo della rete (molto variegato, non dimentichiamolo) la possibilità di dire e scrivere di fianco ai propri contenuti cosa la gente se ne può o non può fare. E CC non equivale a “prendi le mie foto e facci quello che vuoi” e non significa nemmeno che un autore poi non possa vendere il contenuto ad altre condizioni: se il problema sono le persone che leggono la prima riga e non vanno fino in fondo alla pagina, non è colpa di Lessig. Ma di persone che usano contenuti trovati in rete senza preoccuparsi degli autori è pieno il mondo, e mi sento di assicurare che in pochissimi sanno dell’esistenza delle CC… specialmente in Italia, dai, chi vuole fregare una foto si preoccupa di andare a cercarle tra quelle rilasciate sotto CC?! Basta che compaia in Google Images e “si può prendere”, no!?
Per concludere, non si misura l’integrità di un movimento (se proprio bisogna definirlo così) attraverso una pagina di Wikipedia incompleta!
Edo Guerreri says:
Caro Luca
Sono veramente perplesso. Questo è un argomento spinoso che fa veramente male.
Qualche giorno fa parlando con un amico avvocato, esperto in diritti d’autore, mi chiedeva come mai noi che apparteniamo alla categoria: Immagini, grafica, fotografia, design, ecc. non fossimo capaci di tutelarci legalmente.
Mi sono documentato e ho saputo che la Legge 22 del 1941 n. 633 (in italia naturalmente ma anche in tanti altri paesi del mondo occidentale che hanno aderito alla convenzione) al primo comma recita: «Formano oggetto del diritto di autore le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione»….
Premesso questo devo dire che fare una causa per i diritti d’autore, avendone seguita qualcuna per conto di un paio di clienti italiani contro aziende americane, costa diverse migliaia di euro senza alcuna certezza di vincerla.
Scusa se la butto sul pratico ma la legge c’è. Sicuramente la SIAE avrà i suoi difetti ma costituisce un buon elemento di difesa per coloro che ne usufruiscono fornendo anche un’assistenza legale.
Il problema è esclusivamente nostro, è un problema politico. Se invece di stare chiusi nel buio della nostra sala di posa o davanti ad un tavolo di un’agenzia pubblicitaria fossimo corsi a far mettere un bollino sulle nostre creazioni probabilmente non saremmo a questo punto.
Il problema non è di accettare o no i CC ma più semplicemente di subire gli eventi di un mercato che detta le sue leggi. O si viaggia in “Classe businnes” o in “Classe turistica”. Noi ci troviamo belli stretti in “Classe turistica” solamente per colpa nostra e non perché non avevamo i soldi del biglietto ma semplicemente perché quando disponevamo della somma non abbiamo fatto nulla per conservarla.
Tutt’al più avremmo dovuto prendercela con quelle Associazioni di categoria che, invece di tutelare e difendere i loro soci, si limitavano a farti causa se non pagavi la quota annua di associazione.
Per concludere non sono convinto del discorso della luce o del buio, credo che ci troviamo su una zattera in mezzo ad un fiume in piena e non ci resta che subire fidandoci delle nostre buone capacità natatorie!
Edoardo Guerreri
Edo Guerreri says:
Caro Luca
Sono veramente perplesso. Questo è un argomento spinoso che fa veramente male.
Qualche giorno fa parlando con un amico avvocato, esperto in diritti d’autore, mi chiedeva come mai noi che apparteniamo alla categoria: Immagini, grafica, fotografia, design, ecc. non fossimo capaci di tutelarci legalmente.
Mi sono documentato e ho saputo che la Legge 22 del 1941 n. 633 (in italia naturalmente ma anche in tanti altri paesi del mondo occidentale che hanno aderito alla convenzione) al primo comma recita: «Formano oggetto del diritto di autore le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione»….
Premesso questo devo dire che fare una causa per i diritti d’autore, avendone seguita qualcuna per conto di un paio di clienti italiani contro aziende americane, costa diverse migliaia di euro senza alcuna certezza di vincerla.
Scusa se la butto sul pratico ma la legge c’è. Sicuramente la SIAE avrà i suoi difetti ma costituisce un buon elemento di difesa per coloro che ne usufruiscono fornendo anche un’assistenza legale.
Il problema è esclusivamente nostro, è un problema politico. Se invece di stare chiusi nel buio della nostra sala di posa o davanti ad un tavolo di un’agenzia pubblicitaria fossimo corsi a far mettere un bollino sulle nostre creazioni probabilmente non saremmo a questo punto.
Il problema non è di accettare o no i CC ma più semplicemente di subire gli eventi di un mercato che detta le sue leggi. O si viaggia in “Classe businnes” o in “Classe turistica”. Noi ci troviamo belli stretti in “Classe turistica” solamente per colpa nostra e non perché non avevamo i soldi del biglietto ma semplicemente perché quando disponevamo della somma non abbiamo fatto nulla per conservarla.
Tutt’al più avremmo dovuto prendercela con quelle Associazioni di categoria che, invece di tutelare e difendere i loro soci, si limitavano a farti causa se non pagavi la quota annua di associazione.
Per concludere non sono convinto del discorso della luce o del buio, credo che ci troviamo su una zattera in mezzo ad un fiume in piena e non ci resta che subire fidandoci delle nostre buone capacità natatorie!
Edoardo Guerreri
Luca Pianigiani says:
Le Licenze CC sono riconosciute legalmente, sono fatte da avvocati (Lessig è un avvocato… non un graffittaro), se ti senti più sicuro con la SIAE per il fatto che paghi dei soldi, fai pure. Se pensi che il problema sia una mancanza di bollino, allora siamo messi male, davvero… anche perché i files digitali non hanno dove appiccicarcelo il bollino. Possibile che non sia chiaro che usare una licenza CC rende possibile un allargamento della nostra visibilità in rete? Possibile che si faccia discussione su qualcosa che *nessuno* si è messo a leggere seriamente, e ne parla per sentito dire? Facciamo un sondaggio? Tra tutti coloro che commentano qui, quanti hanno letto un libro di Lessig, e non solo sentito dire? Chi ha letto dei documenti seri sulle licenze CC? Chi ha chiesto un parere a qualche autore che ha scelto questa strada? Perché a me sembra che si stia solo parlando sulla base di preconcetti che non si sono davvero studiati. Non stiamo a dire se siamo tifosi del Milan o dell’Inter… non è questione di fede, ma di approfondimento.
Non voglio avere sempre ragione. Semplicemente studio da 5 anni almeno le licenze Creative Commons, le uso come autore, ne traggo vantaggio. Volete leggere prima questo libro (Link: http://j.mp/c4rYxj
)? poi tra una decina di giorni ne riparliamo?
Luca Pianigiani says:
Le Licenze CC sono riconosciute legalmente, sono fatte da avvocati (Lessig è un avvocato… non un graffittaro), se ti senti più sicuro con la SIAE per il fatto che paghi dei soldi, fai pure. Se pensi che il problema sia una mancanza di bollino, allora siamo messi male, davvero… anche perché i files digitali non hanno dove appiccicarcelo il bollino. Possibile che non sia chiaro che usare una licenza CC rende possibile un allargamento della nostra visibilità in rete? Possibile che si faccia discussione su qualcosa che *nessuno* si è messo a leggere seriamente, e ne parla per sentito dire? Facciamo un sondaggio? Tra tutti coloro che commentano qui, quanti hanno letto un libro di Lessig, e non solo sentito dire? Chi ha letto dei documenti seri sulle licenze CC? Chi ha chiesto un parere a qualche autore che ha scelto questa strada? Perché a me sembra che si stia solo parlando sulla base di preconcetti che non si sono davvero studiati. Non stiamo a dire se siamo tifosi del Milan o dell’Inter… non è questione di fede, ma di approfondimento.
Non voglio avere sempre ragione. Semplicemente studio da 5 anni almeno le licenze Creative Commons, le uso come autore, ne traggo vantaggio. Volete leggere prima questo libro (Link: http://j.mp/c4rYxj
)? poi tra una decina di giorni ne riparliamo?
Edo Guerreri says:
Caro Luca
non volevo mettere in discussione le licenze CC né difendere la SIAE che non sopporto nemmeno io. Volevo solo
proporre una discussione più ampia senza mettere in discussione Lessig. Si può essere d’accordo o no ma i problemi non sono di facile soluzione. Si può proporre una legge ma poi bisogna scrivere i decreti attuativi e tutto si complica.
Apprezzo sempre la tua capacità di sollevare questioni su problemi molto sensibili e sostanziali ma cerco disperatamente di tenere i piedi per terra, Grazie e saluti
Edo Guerreri
Edo Guerreri says:
Caro Luca
non volevo mettere in discussione le licenze CC né difendere la SIAE che non sopporto nemmeno io. Volevo solo
proporre una discussione più ampia senza mettere in discussione Lessig. Si può essere d’accordo o no ma i problemi non sono di facile soluzione. Si può proporre una legge ma poi bisogna scrivere i decreti attuativi e tutto si complica.
Apprezzo sempre la tua capacità di sollevare questioni su problemi molto sensibili e sostanziali ma cerco disperatamente di tenere i piedi per terra, Grazie e saluti
Edo Guerreri
Luca Pianigiani says:
Credo, davvero, che “tenere i piedi per terra” imponga un approccio mentale molto aperto. Purtroppo si tende a credere che le innovazioni siano materia per “sperimentare”, forse anche per “giocare”…. il fatto è che quando il mondo cambia, o si cambia, oppure purtroppo rimanere ancorati a schemi che non funzionano più (anzi: che fanno acqua da tutte le parti) è la strada peggiore. Davvero, il libro consigliato (io l’ho letto credo 4 o 5 anni fa) è un eccellente aiuto ad analizzare cose che erano “innovative” 5 anni fa, appunto… ora sono molto più mature di quello che sembra. Lo so, il mio mestiere è mettere pulci nelle orecchie, far arrabbiare qualcuno… ma non lo faccio per fede becera, ma solo perché so che è difficile cambiare… Ho solo in vantaggio di averlo fatto prima, nessun altro merito.
Luca Pianigiani says:
Credo, davvero, che “tenere i piedi per terra” imponga un approccio mentale molto aperto. Purtroppo si tende a credere che le innovazioni siano materia per “sperimentare”, forse anche per “giocare”…. il fatto è che quando il mondo cambia, o si cambia, oppure purtroppo rimanere ancorati a schemi che non funzionano più (anzi: che fanno acqua da tutte le parti) è la strada peggiore. Davvero, il libro consigliato (io l’ho letto credo 4 o 5 anni fa) è un eccellente aiuto ad analizzare cose che erano “innovative” 5 anni fa, appunto… ora sono molto più mature di quello che sembra. Lo so, il mio mestiere è mettere pulci nelle orecchie, far arrabbiare qualcuno… ma non lo faccio per fede becera, ma solo perché so che è difficile cambiare… Ho solo in vantaggio di averlo fatto prima, nessun altro merito.
sante castignani says:
Caro Luca, io non ho preclusioni di principio, e sicuramente la mia impressione è sbagliata. Ti posso solo dire come è maturata: spesso mi occupo di ricerca iconografica, su temi piuttosto specifici, e con esigenze estetiche “alte”; percorro generalmente tutte le strade: microstock, agenzie tradizionali, commons. A parte qualche bella sorpresa nella sezione storica di Flickr (archivi Eastman, Libreria del Congresso, e simili), purtroppo ovviamente limitata solo a immagini antiche, ho visto che se cerco roba buona devo pagare sempre un mucchio di soldi.
Sicuramente sbaglio qualcosa (sul MS sono sicuro di no: nei temi che ho esplorato finora il livello è proprio basso, o almeno banale), ma finora nel comparto “commons” ho incontrato quasi sempre un prodotto “amatoriale”, ben lontano dagli standard, per dirne una, di Getty.
sante castignani says:
Caro Luca, io non ho preclusioni di principio, e sicuramente la mia impressione è sbagliata. Ti posso solo dire come è maturata: spesso mi occupo di ricerca iconografica, su temi piuttosto specifici, e con esigenze estetiche “alte”; percorro generalmente tutte le strade: microstock, agenzie tradizionali, commons. A parte qualche bella sorpresa nella sezione storica di Flickr (archivi Eastman, Libreria del Congresso, e simili), purtroppo ovviamente limitata solo a immagini antiche, ho visto che se cerco roba buona devo pagare sempre un mucchio di soldi.
Sicuramente sbaglio qualcosa (sul MS sono sicuro di no: nei temi che ho esplorato finora il livello è proprio basso, o almeno banale), ma finora nel comparto “commons” ho incontrato quasi sempre un prodotto “amatoriale”, ben lontano dagli standard, per dirne una, di Getty.
Claudio Vignola says:
Visto l’argomento letto sulla newsletter mi ero immaginato un’orda di persone che discutevano sul CC, ed invece….
Siamo ancora belli indietro… e di parecchio.
Troppo attenti a non far cadere le briciole per terra quando c’è il cliente per dedicarci alle “novità”.
E noi dovremmo essere quelli che fanno “creatività”?
Sempre in acido per il fatto che le produzioni si spostano all’estero perchè sono più “freschi”, “innovativi”, “giovani”…
Qualcuno, ha realmente idea di cosa sia una licenza CC?
Tutti convinti che “free software” significhi “software gratuito”?
L’evoluzione della nostra professione non è in Photoshop CS5 o in Aperture 3, ma nella capacità di comprendere la modifica della realtà che ci circonda.
Ci sono due strade.
Una dice “chi lascia la strada vecchia per quella nuova sa quel che lascia ma non sa quel che trova” e l’altra recita pressapoco “chi fa sempre le stesse cose avrà sempre gli stessi risultati”.
Vi trovate bene con un modello di tutela del 1882 (anno di fondazione della SIAE) ?
Claudio Vignola says:
Visto l’argomento letto sulla newsletter mi ero immaginato un’orda di persone che discutevano sul CC, ed invece….
Siamo ancora belli indietro… e di parecchio.
Troppo attenti a non far cadere le briciole per terra quando c’è il cliente per dedicarci alle “novità”.
E noi dovremmo essere quelli che fanno “creatività”?
Sempre in acido per il fatto che le produzioni si spostano all’estero perchè sono più “freschi”, “innovativi”, “giovani”…
Qualcuno, ha realmente idea di cosa sia una licenza CC?
Tutti convinti che “free software” significhi “software gratuito”?
L’evoluzione della nostra professione non è in Photoshop CS5 o in Aperture 3, ma nella capacità di comprendere la modifica della realtà che ci circonda.
Ci sono due strade.
Una dice “chi lascia la strada vecchia per quella nuova sa quel che lascia ma non sa quel che trova” e l’altra recita pressapoco “chi fa sempre le stesse cose avrà sempre gli stessi risultati”.
Vi trovate bene con un modello di tutela del 1882 (anno di fondazione della SIAE) ?
sante castignani says:
Sarò di coccio, ma mi sfugge il motivo per cui questo tema, come mai prima a mia memoria in questo spazio, scaldi così tanto gli animi.
Forse lo capirò meglio il giorno in cui la Magnum, Getty, NGS metteranno a disposizione i propri autori in CC.
Per il momento mi sembra soltanto una legittima scelta, probabilmente necessaria (per non cadere in ombra, appunto), non così promettente (la bolla oramai mi sembra ben espansa, basta pensare a Flickr), ma che riguarda comunque quegli autori che non hanno grandi agenzie alle spalle e un certo bisogno di farsi vedere.
Chiudo qua, non voglio annoiare, e il tema in fondo mi interessa più dalla parte del consumatore di immagini che da quella del produttore; in questo senso, non posso che tifare per la più ampia offerta: avanti tutta.
sante castignani says:
Sarò di coccio, ma mi sfugge il motivo per cui questo tema, come mai prima a mia memoria in questo spazio, scaldi così tanto gli animi.
Forse lo capirò meglio il giorno in cui la Magnum, Getty, NGS metteranno a disposizione i propri autori in CC.
Per il momento mi sembra soltanto una legittima scelta, probabilmente necessaria (per non cadere in ombra, appunto), non così promettente (la bolla oramai mi sembra ben espansa, basta pensare a Flickr), ma che riguarda comunque quegli autori che non hanno grandi agenzie alle spalle e un certo bisogno di farsi vedere.
Chiudo qua, non voglio annoiare, e il tema in fondo mi interessa più dalla parte del consumatore di immagini che da quella del produttore; in questo senso, non posso che tifare per la più ampia offerta: avanti tutta.
Monica says:
Caro Luca, anche la polemica sembra essere una forma di libera circolazione delle idee.
Lessig è un grande visionario che ha cercato di aprire la strada verso un ordine nel marasma di questa innovazione anche un po’ distruttiva. Intendo dire che mettere un mezzo potente nelle mani di “chiunque” è un grande segno di democrazia, ma genera automaticamente un caos dal quale più difficilmente si distilla la qualità, e nel quale è più difficile far valere la propria voce.
La capacità di stare al passo con la parte attiva del web è ancora di élite, purtroppo. Anche perchè richiede risorse ed energie che non tutti hanno a disposizione, non soltanto una disponibilità mentale. E questa è la dicotomia: da un lato un movimento che dà voce, dall’altro una scarsità di “orecchie”. Sarà per questo che alla fine non c’è ancora segno di un vero cambiamento nella Cultura?
Monica says:
Caro Luca, anche la polemica sembra essere una forma di libera circolazione delle idee.
Lessig è un grande visionario che ha cercato di aprire la strada verso un ordine nel marasma di questa innovazione anche un po’ distruttiva. Intendo dire che mettere un mezzo potente nelle mani di “chiunque” è un grande segno di democrazia, ma genera automaticamente un caos dal quale più difficilmente si distilla la qualità, e nel quale è più difficile far valere la propria voce.
La capacità di stare al passo con la parte attiva del web è ancora di élite, purtroppo. Anche perchè richiede risorse ed energie che non tutti hanno a disposizione, non soltanto una disponibilità mentale. E questa è la dicotomia: da un lato un movimento che dà voce, dall’altro una scarsità di “orecchie”. Sarà per questo che alla fine non c’è ancora segno di un vero cambiamento nella Cultura?
Luca Pianigiani says:
Sante, forse ti sfugge che l’argomento nasce da una discussione che nasce negli USA, dove in teoria dovrebbero avere digerito meglio questi pensieri, e che qui siamo comunque ancora più indietro. Il fatto che non venga usata da molti fotografi consente di fatti dichiarare ancora che ” riguarda comunque quegli autori che non hanno grandi agenzie alle spalle e un certo bisogno di farsi vedere”. Non è così, insisto. Ma a volte manca anche la voglia di parlare, visto che non c’è voglia di ascoltare. Questo atteggiamento, unito alla poca voglia di investire tempo per capire cose che sono “fuori” dalla cultura di base della nostra categoria, sta alla base di tanti problemi che viviamo quotidianamente, e che purtroppo non avranno soluzioni.
Luca Pianigiani says:
Sante, forse ti sfugge che l’argomento nasce da una discussione che nasce negli USA, dove in teoria dovrebbero avere digerito meglio questi pensieri, e che qui siamo comunque ancora più indietro. Il fatto che non venga usata da molti fotografi consente di fatti dichiarare ancora che ” riguarda comunque quegli autori che non hanno grandi agenzie alle spalle e un certo bisogno di farsi vedere”. Non è così, insisto. Ma a volte manca anche la voglia di parlare, visto che non c’è voglia di ascoltare. Questo atteggiamento, unito alla poca voglia di investire tempo per capire cose che sono “fuori” dalla cultura di base della nostra categoria, sta alla base di tanti problemi che viviamo quotidianamente, e che purtroppo non avranno soluzioni.
sante castignani says:
Luca, di cose che mi sfuggono ce ne saranno tante, ma la voglia di ascoltare ti giuro che non mi manca.
Bisogna però forse anche prendere atto che il nostro mondo comprende tante e tante varianti che è impossibile portare avanti con la stessa attenzione; ognuno è forse opportuno che si dia delle priorità, e sviluppi al massimo i settori nei quali crede e investe;
non mi interessa lo stock, non intendo propormi come autore, credo sia legittimo nel mio caso risparmiare qualche ora di approfondimento su un tema che percepisco come distante.
Ma la sfida, ogni giorno, è scendere dai massimi sistemi e diventare propositivi e concreti; per questo chiedo a te e agli altri amici: dove andare a pescare immagini di alto profilo, ben indicizzate, fruibili commercialmente, di autori che hanno scelto di aderire alla CCL? Ci sono alternative al caos di Flickr? O devo continuare a trasferire i budget che mi vengono affidati a Getty & C?
sante castignani says:
Luca, di cose che mi sfuggono ce ne saranno tante, ma la voglia di ascoltare ti giuro che non mi manca.
Bisogna però forse anche prendere atto che il nostro mondo comprende tante e tante varianti che è impossibile portare avanti con la stessa attenzione; ognuno è forse opportuno che si dia delle priorità, e sviluppi al massimo i settori nei quali crede e investe;
non mi interessa lo stock, non intendo propormi come autore, credo sia legittimo nel mio caso risparmiare qualche ora di approfondimento su un tema che percepisco come distante.
Ma la sfida, ogni giorno, è scendere dai massimi sistemi e diventare propositivi e concreti; per questo chiedo a te e agli altri amici: dove andare a pescare immagini di alto profilo, ben indicizzate, fruibili commercialmente, di autori che hanno scelto di aderire alla CCL? Ci sono alternative al caos di Flickr? O devo continuare a trasferire i budget che mi vengono affidati a Getty & C?
corrado a. says:
O non ho capito, o la questione mi sembra semplice, molto semplice.
La questione gira intorno al web, che prima non c’era.
Col web vorremmo avvantaggiarci, mostrarci, farci conoscere, ma senza apparire al mondo, perchè potrebbero fregarci le immagini, le idee. Ci sono le licenze CC che secondo me sono un’ottima cosa, altro che SIAE (magari funziona bene con la musica) per dire che cosa si può o non si può fare con quell’immagine.
Temiamo che una delle nostre 100 immagini rappresentative del nostro sito, la più bella (!) nella mega dimensione 800×600, venga utilizzata indebitamente per la brochure del gommista di Poggibonsi? O che la Best Nails of Las Vegas la ricicli stravolgendola per il sito web? Potrebbe anche succedere, e probabilmente non lo sapremmo mai.
Ma allora cosa facciamo? Forse è meglio sbatterci un mega figo watermark, ma discretissimo che si veda appena, perch’ l’importante è che si veda l’immagine ?
Sinceramente, quanto vi fermate in un sito dove la prima immagine che vedete ha un watermark più grande di mezzo avatar? Io mezzo secondo, non ce la faccio.
Non so, mi sembrano questioni come evitare l’uso delle carte di credito perchè temiamo le frodi online o che il cameriere si copi i dati per ulitizzarli poi online.
Boh.
ciao
corrado a. says:
O non ho capito, o la questione mi sembra semplice, molto semplice.
La questione gira intorno al web, che prima non c’era.
Col web vorremmo avvantaggiarci, mostrarci, farci conoscere, ma senza apparire al mondo, perchè potrebbero fregarci le immagini, le idee. Ci sono le licenze CC che secondo me sono un’ottima cosa, altro che SIAE (magari funziona bene con la musica) per dire che cosa si può o non si può fare con quell’immagine.
Temiamo che una delle nostre 100 immagini rappresentative del nostro sito, la più bella (!) nella mega dimensione 800×600, venga utilizzata indebitamente per la brochure del gommista di Poggibonsi? O che la Best Nails of Las Vegas la ricicli stravolgendola per il sito web? Potrebbe anche succedere, e probabilmente non lo sapremmo mai.
Ma allora cosa facciamo? Forse è meglio sbatterci un mega figo watermark, ma discretissimo che si veda appena, perch’ l’importante è che si veda l’immagine ?
Sinceramente, quanto vi fermate in un sito dove la prima immagine che vedete ha un watermark più grande di mezzo avatar? Io mezzo secondo, non ce la faccio.
Non so, mi sembrano questioni come evitare l’uso delle carte di credito perchè temiamo le frodi online o che il cameriere si copi i dati per ulitizzarli poi online.
Boh.
ciao
Pingback: Sara Lando » Blog Archive » Perche’ copiare e’ ok e il copyright mi fa una pippa
Bruko says:
Ieri sera sono inciampata in questa TED talk (http://www.ted.com/talks/johanna_blakley_lessons_from_fashion_s_free_culture.html) in cui Johanna Blakley parla di come il copyright nella moda sia lasco e spesso assente e di come proprio questa assenza in realta’ sia andata a beneficio di innovazione e vendite.
Quello che e’ interessante secondo me e’ soprattutto il punto 2), il fatto che copyright e creative commons possano tranquillamente coesistere (per cui la stessa immagine e’ free se vuoi usarla come sfondo del desktop, ma devi pagare i diritti se hai intenzione di usarla per pubblicizzare un prodotto) e il cc arricchisce le possibilità a disposizione dei fotografi piu’ che limitarle
Bruko says:
Ieri sera sono inciampata in questa TED talk (http://www.ted.com/talks/johanna_blakley_lessons_from_fashion_s_free_culture.html) in cui Johanna Blakley parla di come il copyright nella moda sia lasco e spesso assente e di come proprio questa assenza in realta’ sia andata a beneficio di innovazione e vendite.
Quello che e’ interessante secondo me e’ soprattutto il punto 2), il fatto che copyright e creative commons possano tranquillamente coesistere (per cui la stessa immagine e’ free se vuoi usarla come sfondo del desktop, ma devi pagare i diritti se hai intenzione di usarla per pubblicizzare un prodotto) e il cc arricchisce le possibilità a disposizione dei fotografi piu’ che limitarle
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