Il 2013 ci impone cambiamenti radicali. A tutti e a tutto. Questo non a causa della crisi, ma più che altro delle opportunità che non possiamo più cogliere. Ho fatto di questa missione un vero mantra per me e per la piccola struttura che mi sono inventato in questi tanti anni; ho intenzione di “rigirare” questa missione su tutti coloro che ci seguono in questa rubrica. Spesso, le sensazioni sono personali, sicuramente influenzate da quello che osserviamo, che pulsa accanto a noi, che vediamo all’orizzonte, e quindi le conclusioni che facciamo nostre sono figlie di un’analisi collettiva, come dovrebbe essere (molti traggono conclusioni sulla base dell’analisi solo personale, e quasi mai è una sfaccettatura significativa).
Raramente, però, ci capita di leggere esattamente un articolo come quello che avremmo potuto scrivere che – pur con parole diverse – rappresenta la stessa sintesi alla quale saremmo arrivati noi nel trattare lo stesso discorso. In questi casi, forse si tratta di un segno del destino, di qualcosa che deve essere forte e determinante. Specialmente se la coincidenza esce allo scoperto poche ore dal dover trattare lo stesso tema, quindi quello che facciamo è quello di riportare (e commentare sulla nostra realtà, italiana e specifica di “utenti creativi”) quanto scritto da James Altucher, uno scrittore, programmatore e giornalista che merita secondo noi la vostra (nostra) attenzione (lo potete seguire qui, oppure sul suo account Twitter). Il titolo del post è lo stesso, il contenuto è un mix tra la sua e la nostra visione.
Di cosa si parla? Della necessità di cambiare lavoro: ci sono forse ben più delle 10 motivazioni che sono state segnalate dall’articolo, e forse alcune che non sono riportate sono anche altrettanto o più importanti, ma non pensiamo che questo debba essere un vademecum da seguire alla lettera, o come dei comandamenti, ma che possa essere uno stimolo adeguato per iniziare l’anno con il piede giusto, trovando le motivazioni e le forze personali per compiere questa rivoluzione. In questi giorni tutti parlano di elezioni e di politica, io ho tanta ammirazione (ma anche un po’ di diffidenza) per le persone che pensano che qualcosa possa cambiare scegliendo una o l’altra forza politica, credo che la sola politica giusta sia quella di fare il nostro compito, dando forza, impegno e serietà in tutto quello che facciamo, cercando il meglio per noi senza dimenticarci degli altri, senza egoismi ed egocentrismi, ma con una carica di positività costruttiva. Ed è per questo che, probabilmente, per riuscirci, dobbiamo analizzare e personalizzare i punti che segnaliamo qui sotto.
- 1) La classe media è finita. Sembra demagogia, ma non è così. Molte persone, in questi anni, sono scese nella classe economica e sociale, sprofondando in una situazione di difficoltà, ma molti sono invece saliti. Molte volte, nemmeno ci siamo accorti che ci siamo posizionati al di sopra della nostra “vera classe”, se ci guardiamo attorno scopriamo che abbiamo fin troppo, ma ci lamentiamo comunque. Il nuovo paradigma è che comunque la classe media non esiste più, e James Altucher scende nell’approfondimento della realtà sociale americana, dice che il sogno americano non esiste più, e che forse non è mai esistito, è stato solo un miraggio inventato dal marketing, e forse è proprio così: il marketing ci ha portato a credere di avere diritto a tutto, che tutto il “lusso” potesse essere a nostra disposizione, che la normalità era il poter avere tutto, subito e sempre. Oggi ci accorgiamo che conosciamo un modo di vivere che non corrisponde alla nostra potenzialità, e dobbiamo adeguarci. Come? Per esempio, cambiando lavoro (o cambiando modo di lavorare, l’analisi di James Altucher è più proposta per un pubblico generico, nel nostro caso dobbiamo capire più nel dettaglio cosa significa cambiare lavoro, che secondo noi assomiglia più al concetto del cambiare MODO di lavorare).
- 2) Tu sei stato sostituito! Causa evoluzione tecnologica, sfruttamento dell’outsoucing e addirittura della robotica, negli ultimi 20 anni, molti lavori sono stati sostituiti, non sono più necessari. E’ una fetta consistente di lavoro che è sparito, e che si posiziona proprio nel settore della middle class, che appunto sta sparendo. Molti analisti (anche della domenica… quindi come il sottoscritto che scrive di domenica ahahahah...) tendono a dichiarare che ormai nessuno vuol più fare dei mestieri, in parte è vero, ma è anche vero che molti di questi lavori che hanno dato sostegno a milioni di famiglie, ora di fatto non esistono più. Nel nostro settore, questa è una grande verità: non siamo stati sostituiti dai robot, ma dalla tecnologia che ha reso accessibile a tutti la realizzazione di immagini di adeguata qualità, senza l’esigenza di un esperto. Tutti sono sostituibili, anzi: tutti sono già stati sostituiti. James Altucher arriva a dire che siamo carta igienica: confronto antipatico, ma realistico.
- 3) Le società non vi vogliono. James cita le sue fonti, ma anche io ho le mie, che non sono più piccole: in un viaggio di lavoro ho conosciuto il grande capo di una grandissima catena di negozi (proprio grande) al quale ho chiesto come mai assumessero dipendenti spesso incapaci di essere di reale supporto e consulenza al cliente, in pratica poco più che robot in grado di consegnare una scatola, ma di non fare altro. Mi ha risposto che è esattamente quello che vogliono, perché un dipendente o un collaboratore troppo capace fa sentire – quando se ne va via – la sua mancanza, o poi pretende troppo, diventa punto di riferimento più della struttura e quindi è negativo. Se una pedina vale più della struttura, finisce con creare disequilibrio, e quindi negatività (nelle grandi, ma anche nelle piccole realtà). Se vogliamo essere e mostrare il nostro valore, non c’è più spazio per noi: nelle aziende, ma anche nelle strutture con le quali collaboriamo, dobbiamo costruire qualcosa di nostro, e specialmente dobbiamo fare, non c’è più modo di creare economia senza fare, senza vendere, senza proporre cose nuove e innovative.
- 4) I soldi non fanno la felicità. Ok, questa è una dichiarazione populistica e teorica, ma non leggetela in modo banale, sappiamo tutti che la mancanza di soldi più facilmente genera più infelicità e problemi, ma in modo più concreto: talvolta siamo di fronte a una scelta, un lavoro o una commessa che ci porta più soldi, e un’altra che ci garantisce maggiore entusiasmo e passione. Gli studi dimostrano che l’aumento di stipendio genera solo un’apparente maggiore felicità, perché siamo animali ingordi, spendiamo quello che guadagnamo, e quindi dopo un istante torniamo allo stadio di partenza (con maggiori problemi e responsabilità, causati dalla posizione “più remunerativa”). Se guadagniamo 5000 euro in più, li spendiamo, e un giorno dopo (magari pur felici possessori di un nuovo computer, più sereni per avere fatto una vacanza o simili) l’effetto sparisce perché semplicemente abbiamo elevato la nostra visione e prospettiva. Insomma, non dobbiamo rimanere ancorati ad un lavoro nella semplice speranza che questo possa darci delle crescenti sicurezze economiche perché potrebbe non permetterci di essere noi stessi, di liberare il lato migliore della nostra competenza e della nostra sensibilità.
- 5) Fate il conto di quante persone possono rovinare la vostra vita con una semplice decisione Che sia un datore di lavoro, un cliente importante, un editore, un produttore TV… se ci sono persone che in un si o in un no possono cambiare la vostra vita in meglio o in peggio, questo è un grande rischio, ma se queste persone che possono influenzare e determinare il nostro futuro sono tante, questo rischio diventa eccessivo, prima o poi la ruota si fermerà nel punto critico. Ovviamente non si può cambiare senza organizzarci, senza creare un percorso che possa metterci al sicuro, prima di fare il grande passo di abbandonare sicurezze e rischi (se non quelli che abbiamo contando solo su noi stessi).
- 6) Il lavoro soddisfa le vostre esigenze? I “bisogni” sono di vario genere: sono quelli di pagare le bollette, la scuola dei figli, il mutuo, ma anche di soddisfare le proprie esigenze mentali e psicologiche. Diciamolo, il nostro lavoro ce lo siamo trovati per passione, non per strategia (altrimenti, non avremmo scelto questo mestiere, giusto? Oppure, saremmo matti!), e poi cosa succede? Che diventiamo impiegati di un ciclo di lavoro che non ci porta felicità e soddisfazione, non succede come quello avevamo sognato non si trasforma in realtà, che se siamo arrivati a voler vivere di creatività vuol dire che non potevamo accettare di lavorare in banca, e quello che succede nella realtà è che lavoriamo per pagare la banca, che è ancora peggio. Non si tratta di un’analisi poetica, ma concreta: il mondo è troppo pieno di creativi senza stimoli che fanno lavori che fanno schifo, che non danno alcun contributo al mondo e alla società, e nemmeno a se stessi. E, nella realtà economica attuale, non c’è spazio per creativi che non sanno essere davvero creativi, e nemmeno per tecnici che sanno fare quello che sanno fare tutti. La soddisfazione e gli stimoli creativi sono fondamentali, per sopravvivere, non per voler sognare un mondo migliore.
- 7) Il vostro piano pensionistico fa schifo. Beh, qui potremmo fare una lezione noi, all’amico James Altucher… l’Italia è la più evoluta in questo argomento… c’è forse un piano pensionistico peggiore di quello italiano? Più che riportare quello che è scritto nell’articolo originale, quello che possiamo dire è che nel nostro mestiere si pensa poco al “futuro”, non solo a quello (fondamentale) di riuscire a sopravvivere quando non avremo più la testa e la forza di continuare a rimanere sul mercato, ma anche il proseguire il lavoro che abbiamo “iniziato”, passare la mano, fare in modo che possiamo dire di avere costruito qualcosa, che possa rimanere – se non a noi stessi, forse è una pretesa solo di alcuni visionari, come il sottoscritto – almeno negli anni della vecchiaia. Invece, se facciamo affidamento sul lavoro solo su noi stessi, se ci posizioniamo sul mercato con egocentrismo, poi non possiamo pretendere che, quando vogliamo fare un passo indietro, i clienti continuino ad esserci. Dobbiamo cambiare modo di lavorare perché dobbiamo creare qualcosa di più solido della nostra persona.
- 8) Nessuna scusa Spesso accettiamo una situazione di lavoro (e non solo) dichiarando a noi stessi e agli altri: “Sono troppo vecchio”, “il mercato non mi capisce”, “non ci sono soldi”… tutte balle, non sono i fattori esterni che condizionano la nostra vita, siamo noi che ci appoggiamo sul morbido giaciglio delle scuse che ci permettono di giustificare le nostre limitate azioni. Se c’è qualcosa che non va, dobbiamo cambiare, subito e concretamente. Altrimenti, significa che ci va bene cosa facciamo e chi siamo. E allora non dobbiamo creare tristezza attorno a noi, con lamenti: diciamo che va tutto bene, che siamo contenti… e basta!
- 9) La vita è una maratona, non i 100 metri. Cambiare non è un processo violento, ma costante e lungo. Abbiamo già detto che non si può cambiare da un minuto all’altro, serve programmazione. E serve un percorso. Una maratona è fatta così: sappiamo da dove partiamo (ora e qui) e dove dobbiamo arrivare (nel caso sportivo, 42 Km e 195 metri… non l’ho dovuto cercare su Google, lo so bene: ero un maratoneta, e forse nel cuore lo sono ancora adesso). Dobbiamo dare motivazioni alla nostra maratona, capire perché stiamo seguendo un determinato percorso, e dove vogliamo arrivare. Le tappe di questo viaggio sono sogni, aspirazioni, desideri. Qui vale l’approccio del mio caro amico Lenny, che dice sempre: “ogni sera, prima di addormentarci, dovremmo guardare il soffitto per capire cosa abbiamo fatto, nella giornata appena passata, per avere fatto un passo in avanti, come persone, come sognatori, come maratoneti”.
- 10) L’abbondanza non arriverà mai direttamente dal vostro lavoro. Non sarà il vostro studio, il vostro ufficio, la vostra attività che direttamente vi creerà abbondanza, ma quello che riuscirete a fare attorno a voi, la strada della ricerca continua del miglioramento: delle persone che amate, che vi sono vicine, che lavorano insieme a voi, ma anche quelle più lontane, come i vostri clienti, le persone che ancora non conoscete e che potete aiutare a migliorare (magari, anche scrivendo queste cose, come cerchiamo di fare noi). In questo modo – e queste sono parole proprio di James – Diventa un faro di miglioramento e poi, quando la notte è grigia, tutte le imbarcazioni si muoveranno verso di voi, portando le loro abbondanti ricchezze.
Si può non credere a tutto questo. Si può ancora credere che l’economia attuale, che ci portiamo avanti da decine di anni e che sta distruggendo tutto, possa ancora avere un senso. Lo leggiamo tutti i giorni, che non funziona, che non funziona più. Lo viviamo sulla nostra pelle, non siamo felici di quello che siamo, di quello che abbiamo, di dove stiamo andando. Vogliamo che tutto crolli su di noi, per la sola, grande paura di non cambiare? Vogliamo credere che solo i finti cambiamenti possono farci uscire dal torpore? Noi abbiamo iniziato il 2013 con uno spirito tutto nuovo, e specialmente ci siamo guardati attorno, scoprendo sempre di più che ci vengono proposte cose piccole e prive di concretezza, bocconi che ingoiamo nella speranza di essere o diventare migliori. Piccoli ingredienti, che non cambiano i fatti. Se vogliamo una torta, non ci basta avere lo zucchero, se vogliamo che sia davvero buona, non bastano gli ingredienti, se vogliamo vendere quella torta e fare soldi con questa attività nuova, non possiamo limitarci a fare qualcosa che non conosciamo alla perfezione in tutti i suoi elementi (ingredienti, dove trovarli, come confezionarli, come scaldare il forno, come regolarsi per la cottura, come decorare, come scegliere gli utensili, come tagliare una fetta alla perfezione). Vogliamo dire che in giro ci sono false sirene che cercano di farci comprare qualche semplice ingrediente, ma noi siamo convinti che per fare (e per vendere) una torta bisogna diventare pasticceri provetti, non semplicemente persone capaci di preparare un dolcetto. Il 2013, per chi vorrà seguirci, sarà fatta di percorsi, di strade per arrivare ad un obiettivo (cambiare lavoro, acquisire un nuovo lavoro, cambiare la propria posizione sociale e professionale). Non crediamo che tutto si possa riassumere in tecnica, tanto per fare un esempio, ma in capacità di dominare un percorso e un lavoro, essere capaci di posizionarsi, di vendere, di farsi conoscere.
Per questo, passo dopo passo, cambieremo il nostro lavoro, per rispondere a delle esigenze che sono quelle che avevamo in mente, che abbiamo potuto confermare dopo aver letto l’articolo di James Altucher che vi abbiamo raccontato e interpretato in questo post, e che crediamo possa dare felicità e serenità anche a noi. Buon anno, a presto!
Beppe says:
Carissimo Luca, sì ci sei mancato molto. Davvero.
L’articolo di oggi si sposa bene con la riflessione che ieri ( sabato ) in una sede di una importante banca internazionale
che dovevo fotografare, mi è venuta dopo aver visto lavorare con impegno e passione una serie di ragazzi
addetti alla manutenzione ( si fa di sabato accipicchia ) . Erano tutti di nazionalità rumena.
Il cielo sa quanto hanno sognato dalla loro terra di poter essere li a fare quel lavoro.
La riflessione è stata, perchè, perchè loro? Costano meno ? sono più determinati? i nostri elettricisti, lattonieri
e imbianchini non vogliono lavorare il sabato? non so la risposta, probabilmente è un mix di tutto questo, ma la visione
della loro caparbietà mi ha costretto a riflettere e dovremmo farlo spesso.
Ho la stessa caparbia voglia di fare di 20 anni fa o mi volevo trastullare nel week end o fare shopping al sabato?
Mi sento fortunato, quello di ieri era il primo lavoro del 2013, oggi qui a far post-produzione e domani consegnerò
nelle mani delle mie stimatissime assistenti il resto del lavoro, montare, pulire files, correggere e avanti, voglio avere sempre la grande gioia di fornire loro uno stiipendio adeguato anche di questi tempi.
Dobbiamo essere onesti con noi stessi. Nel mercato attuale non ci sarà più posto per tutti.
Le regole sono diverse e diverso deve essere necessariamente il nostro approccio.
Avanti, si cambia. Grazie Luca, sarà un piacere seguirti.
andrea scarpin says:
caro Beppe, forse alcuni anni addietro era davvero così: i nostri lattonieri, imbianchini, elettricisti non volevano lavorare al sabato. Il lavoro era tanto, davvero tanto, i compensi buoni per cui forse volevano anche vivere e non solo lavorare. E i committenti erano disposti a pagare per un lavoro a regola d arte, fatto da persone di provata esperienza. Ora non è + così: il lavoro è poco e per prenderlo devi costare veramente poco. e come fai a costare poco: elimini oltre ai costi superflui, le persone di esperienza che avevi e assumi gente a basso costo.
Così funziona il gioco: i rumeni che vengono qui a lavorare e guadagnano 1000/1200€ al mese, vivono in 6/8 in un bilocale così riescono a spendere x mantenersi 3/400€. alla fine del mese restano 7/800 che sono almeno il doppio dello stipendio che prenderebbero in patria. laddove il costo della vita è simile al nostro. questo mi raccontava uno di loro recentemente arrivato qui x lavorare.
questo per dire che non mi piace il solito richiamo agli italiani fannulloni e furbetti cui piace la bella vita senza lavorare!!! conosco tanta tantissima che gente che ha sempre lavorato sodo per vivere. il problema è che da noi la moltitudine delle vite interamente dedicate al lavoro non basta più a mantenere una schiera di persone improduttive ma costosissime, e il cui numero negli ultimi decenni è aumentato vertiginosamente! ma qui andiamo ad aprire capitoli che richiedono altri e più ampi spazi.un caro saluto a tutti!
Mario Tedeschi says:
Grazie, non sempre ho il tempo e la pazienza di leggerti, ma quasi tutte le volte che lo faccio, sono più contento si prima di averlo fatto, anche se con dei pensieri in più.
leonardo says:
Buon anno Luca,
bell’articolo, bellissime riflessioni che invitano a pensare, anzi ri-pensare la propria poosizione, il proprio lavoro e xchè no la propria vita. Io sinceramente sono diversi anni che ci penso ed in parte ho già fatto diversi piccoli cambiamenti, ma ancora non ho trovato in modo chiaro la via, insomma navigo ancora un po’ a vista perché le strade percorribili sono tante, diverse e non è così facile orientarsi. Comunque su una cosa sono assolutamente d’accordo, il nostro lavoro è cambiato radicalmente, parlo del lavoro di fotografo, e se si pensa di poter campare ancora e bene con la stessa tipologia di lavoro di 5/10 anni fa si compie un errore madornale. Buon 2013 a tutti.
Mauro says:
Domani è lunedì, ma andrò a lavorare con uno spirito diverso, grazie Luca ! È sempre bello leggerti !
roberto says:
grazie per le tue preziosissime considerazioni
questo sentimento possibili nuove strade mi piace
ho già iniziato quieto percorso
ma mi sento meglio se trovo qualcuno con la stessa visione
grazie
roberto
Ela says:
SUPER! Grazie di esserci, magico Luca superWow! Che meraviglia navigare finalmente lontano da luoghi comuni e scoprire menti intelligenti e luminose come la tua!
Evviva. Jumpers!
Francesca Pompei says:
…E come se ci sei mancato, caro Luca!
Personalmente diffido sempre di chi parla tanto di cambiare il mondo e gli altri ed è incapace di trasformare se stesso ed il proprio punto di vista… Perciò auguro a te, (a me) e a tutti i colleghi un buon 2013 di rinnovamento! Il tempo è poco e c’è sempre tanto da imparare. Rimbocchiamoci le mani!
Luca di Toscana says:
Allora riepilogando:
1) La classe media è finita. 2) Tu sei stato sostituito! 3) Le società non vi vogliono. 4) I soldi non fanno la felicità. 5) Fate il conto di quante persone possono rovinare la vostra vita con una semplice decisione 6) Il lavoro soddisfa le vostre esigenze? ( domanda retorica ovviamente ) 7) Il vostro piano pensionistico fa schifo. 8) Nessuna scusa 9) La vita è una maratona, non i 100 metri. 10) L’abbondanza non arriverà mai direttamente dal vostro lavoro.
Beh, dopo una tale analisi se i Maya avessero azzeccato la loro previsione sarebbe stato molto meglio !
francesco says:
Luca di Toscana, Sei un mito, bella analisi e bella riflessione .. mi è tornato il sorriso:-)
Michela says:
ciao Luca,
vorrei dirti che, ancora una volta, condivido quello che scrivi, io che ho condiviso con te parecchie avventure lavorative e che ne condividerò ancora perchè “l’unione fà la forza” e non possiamo permetterci di pensare solo al nostro orticello.
Mi permetto di scrivere questo commento per rafforzare quello che scrivi in questo Sunday Jumper, per fare da eco alla tua luce e per dire a tutti i tuoi lettori che, bisogna saper costruire come scrivi tu, un percorso. Io dico che “bisogna seminare”, continuare a seminare, non smettere di seminare, recentemente quando mi chiedono che lavoro faccio rispondo: “Il contadino!” E poi spiego che sto seminando, in particolare da MARZO 2011 quando ho acquistato il mio primo iPad ed ho saputo cogliere la svolta che stiamo vivendo nel nostro settore, io parlo di quello editoriale, fotografico, creativo a 360° poichè ci lavoro da 20 anni. Siamo di fronte ad una svolta epocale e non possiamo permetterci di perdere questa opportunità, non possiamo lasciarci abbattere dalle scuse della crisi, dal fatto che lavorare è sempre più difficile e farsi pagare ancora di più, dobbiamo sfruttare al massimo le nostre capacità per trovare nuove nicchie di mercato e farle crescere, come dice Luca ci vorrà tempo, ma dobbiamo insistere!!
A volte mi dico: “Se avrò come riscontro il 30% dell’impegno che sto mettendo nel seminare per il futuro, avrò lavoro per anni! Sono convinta che prima o poi ci sarà un tornaconto a tutto questo investimento, se proprio non ci dovesse essere perchè la sfortuna manderà tutto in rovina, allora potrò dire di avere la coscienza a posto e di averci provato!!! Per ora vado avanti a fare da faro nella notte, come Luca, sperando che le navi ci vedano e si facciano guidare da noi.”
Un auguriio di Buon Anno a tutti i lettori di JUMPER.
Michela Di Stefano – AdobeGuru
Gianni says:
Caro Luca, riparto da dove avevo terminato: siamo fortunati, ti conosciamo, sappiamo dove trovarti, quindi possiamo ricevere i tuoi contributi importanti. Ben tornato!.
Detto questo credo che, ora come non mai, sia importante essere lucidi nelle proprie scelte, prendendo come riferimento il punto 6) , lo stimolo che consente di costruire le nostre strade in modo positivo. Guardarsi dentro per poi condividere le proprie scelte spendendosi senza tregua verso l’esterno. Ma se non si è onesti con se stessi, difficilmente lo saremo con gli altri.
Hai accennato alla politica; da parte della società civile, si avvertono alcuni accenni di ribellione, richieste di out out, pulizia, trasparenza, si dice: se non si cambia ora, c’è il rischio di una “rivoluzione”.
Dalla politica, come vediamo i segni non arrivano, quindi come tu ben dici, occorre ancora una volta che i cambiamenti arrivino da noi, senza attendere il messia.
Buon 2013
Maurizio says:
Che coincidenza. Mi ero salvato l’articolo per leggerlo offline, ma mentre lo scorrevo mi dicevo ” dovrei inoltrarlo a Luca Pianigiani.” Unica cosa: i 10 punti del James sono per “quit”: smettere il vostro lavoro . La tua traduzione in “cambiare” vuol venirci incontro? Direi che serenitá poi é una parola che non riesco a permettermi. In ogni caso ho questa forte sensazione anch io, che il 2013 , sará un anno importante e di cambiamento. Alcune cose fin qui solo dette o immaginate come possibili si andranno a verificare. Mica possiamo rimanere sognatori in eterno.
Salvo Flammia says:
Ciao Luca, ti scrivo innanzitutto felice di leggere la tua sempre attenta e in questo caso molto stimolante riflessione legata al cambiamento, appunto oggi ho finito di leggere il Vangelo di Luca si perché anche se di professione faccio il Fotografo, il grafico e mi occupo anche di curare la parte commerciale della piccola aziendina di mia moglie, sono in cammino per diventare Diacono permanente, se questo e nella volontà di Dio, gli ultimi due anni a della mia vita sono stati molto importanti anche perché ho dovuto lottare contro un’avversario molto cattivo e spietato (Una gravissima forma tumorale riscontratami al quarto stadio) questa esperienza ha trasformato il mio modo di pensare di vivere ma soprattuto mi ha permesso di vedere la luce grazie all’Amore e alla Misericordia di Dio Padre, scrivo questo perché penso possa essere di aiuto per quanti oggi giorno si abbattono dinanzi ad una situazione di mercato, economica non buona. Certo la situazione odierna non è eccezionale ma ti assicuro che proprio in momenti come questi abbiamo la possibilità di dimostrare prima a noi stessi e poi agli altri ciò che siamo di fare, certamente se arrivi al capolinea e non hai più nessuna opportunità anche se per poco tempo impari presto a far tesoro di quel tempo vivendo lo intensamente senza sciupare neppure un’attimo.
Quindi coraggio rimbocchiamoci le maniche e diamo il meglio di Noi stessi senza Se è senza Ma.
Grazie Luca per ciò che fai per Noi tutti, grazie e sopratutto coraggio .
Salvo Flammia
chelo says:
Direi che il rientro del 2013 inizia in modo profondamente coerente. La vostra riflessione esprime pienamente il mio stato da’nimo e quella sensazione costante di vivere una situazione professionale camminando su un filo come un equilibrista sospeso per aria che osserva il mercato e la creatività, lo stato patrimoniale e la passione, la politica e la giustizia… e le vostre parole danno un sostegno maggiore al nostro stare in equilibrio. Grazie come sempre.
Francesco Haag Bellini says:
Buon Anno a Luca e tutti noi,
Grazie per le numerose ispirazioni che ho trovato nell’articolo, ma anche nei commenti :)
Ho sempre pensato che la crisi di questi anni sia soprattutto culturale e poi economica.
Trovo conferma in quanto letto…
E crisi diviene sinonimo di opportunità.
Quella di riscoprire i valori in armonia con noi stessi.
Per questo abbiamo bisogno di ascoltarci.
Di recente ho scoperto la keyword “downshifting” che forse potrebbe esserci di aiuto.
Auguri a tutti
Francesco Haag Bellini – Holos Image & Photo (Florence-Vilnius)
marco barsotti says:
Ottime considerazioni, direi di condividerle in pieno. Congratulazioni per aver avuto la pazienza di metterle giu’ cosi’ bene e condividerle
Marco
claudio cazzara says:
con profonda stima.grazie
Marcello Leotta says:
Ho sempre letto con attenzione le tue esternazioni domenicali. Non ho mai scritto nulla a commento, ma mi sono sempre chiesto “ma guarda un pò questo che passa tutte le domeniche a trovare idee e spunti da condividere con persone che forse neppure conosce, come me”. C’è una forza interiore nell’uomo Luca che mi colpisce molto. Ma ancora di più mi colpisce in questo scritto la qualità profonda delle riflessioni, che al di là di essere più o meno condivise, hanno un valore formidabile perchè pongono una nuova visione della realtà e un modo di leggerla molto coraggiosa. Io credo che tutti ci stiamo ponendo da anni l’interrogativo sul come adeguarci al nuovo contesto che la rivoluzione economica e digitale ha prodotto. Io ho una mia ricetta, che individua nel superamento della visione individualista, il maggiore ostacolo al cambiamento. Oggi la realtà è molto più complessa di 15 anni fa. Ti devi occupare di 10 cose contemporaneamente, le tecnologie ti spremono il cervello,
il mondo non ha più bisogno di quello che eravamo. In questo trovo che l’appello di Luca a rompere le righe per ricostruirle secondo un nuovo schema mentale, che vuol dire anche stravolgere completamente quello che siamo stati e ci ostiniamo a continuare a essere, è una vera rivoluzione culturale. Non sò dove si può finire, ma mettere al centro la ricerca dell’uomo nuovo dentro di noi che Luca ci propone, mi sembra una strada che possiamo arrischiarci a percorrere. Un caro saluto a tutti e un grazie particolare a Luca
alle bonicalzi says:
Che dire? Concordo. E con-corro al mio mutamento.
Mi piace lo spunto di migliorare noi stessi per migliorare l’intorno e costruire qualcosa che resti, che vada oltre…
E credo nella linea di riflessione del downshifting, della decrescita che può essere ‘felice’.
Purché si vada alla ricerca (costruzione) di valore e di significato.
Ciao e buon anno a tutti, davvero.
alle
Aurore Martignoni says:
Seguendo la strada dell’amico Lenny alla sera ho preso per abitudine di farmi tre domande appena prima di addormentarmi:
-che cosa hai imparato oggi?
-di cosa sei grato?
-hai fatto qualcosa di carino per qualcuno?
Il mio è un consiglio concreto (mi piaciono le soluzioni concrete) che vi propongo di provare…è un buon passo verso il cambiamento.
Non sottovalutate mai il peso delle parole che rivolgete verso voi stessi.
Createvi buone abitudini … sono piccolissime cose ma alla lunga vi porteranno a fare un altro passo e poi un altro ancora e inizierete a capire bene il senso del cammino.
Grazie ancora Luca per i tuoi spunti sempre interessanti e molto importanti
marco ceraglia says:
ciao luca, ciao a tutti,
anche io come qualche altro (ho letto) non ho mai partecipato a una discussione pur seguendole con assiduità.
Aggiungo con grande attenzione e interesse, e sempre mi rimane una sensazione di grande riconoscimento e stima per il lavoro che il ns luca porta avanti, oggi rompo gli indugi per ringraziarti pubblicamente per questa “esortazione di inizio anno” che condiivido appieno e per unirmi a quanti -e mi sembra siano molti- testimoniano stati d’animo e volontà simili.
Anche grazie ai tuoi spunti di riflessione mi è chiaro che non è più tempo di subire i folli cambiamenti dei ns tempi, ma diventare attori principali e protagonisti attivi …cavalcandoli!
Grazie ancora e auguri a tutti di cuore per un anno di positività e salute.
Claudio Amadei says:
Condivido al 100% la tua visione, è parecchio tempo, almeno tre anni che penso che questa sia la direzione giusta.
Non posso far altro che far girare e mettere a conoscenza le mie cerchie il tuo testo.
grazie e
raffaele montillo says:
bellissimo articolo, crudo e cinico in molti passaggi, ma reale e concreto in tutta la sostanza.
nella nostra società si delinea sempre più la necessità di diventare imprenditori di noi stessi, perchè a nessun altro gliene fregherà mai davvero di noi.
purtroppo però lo stato in cui viviamo (forse non tutti quelli che sono intervenuti ma credo in buona parte) non crea le condizioni affinchè questo sia davvero possibili e realizzabile.
Ma a noi non ci resta che andare avanti, cercando e trovando stimoli in tutti i posti in cui possano esserci, soprattutto dentro di noi!!
:)
Carlo says:
Hai presente le lezioni di Tony Robbins di oltre 25 anni fa?
Stessa strada!
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