(foto ripresa da qui. Non è segnato l’autore, ma potrebbero essere tutti coloro che sono davanti a questo obiettivo, il click sarà un autoscatto…)
L’altro giorno ero nello studio di un fotografo, per fargli perdere un’oretta con un’intervista, e sono usciti naturalmente alcuni riferimenti all’AFIP, la “mitica” Associazione Fotografi Italiani Professionisti“, fondata nel 1960 da un gruppo di fotografi decisamente illuminati e con lo spirito innovatore, tra questi Alfredo Pratelli (il presidente dei presidenti), Edoardo Mari (l’uomo dalle mille risorse), Fedele Toscani (il patriarca della famiglia), Aldo Ballo (Mr. Design). Ed altri, che per motivi di limiti di età mia (nel 1960 contavo gli anni, dicendo tra me e me: ancora 5 anni e poi vedo la luce!), non ho avuto l’onore di incrociare e conoscere.
Negli ultimi 20 anni, mi è capitato tante volte di incrociarmi con l’AFIP, e sono sempre stati incontri ricchi di interesse. Abbiamo fatto molte cose insieme, persino delle pubblicazioni dove ho convinto il mio editore dell’epoca a investire risorse per essere vicino concretamente ai fotografi professionisti. Ricordo incontri come si facevano una volta: per nulla virtuali, nemmeno lo si sapeva quello che avrebbe creato Internet. Ci si incontrava da Edoardo, in Piazza Sant’Ambrogio, e non ho mai scoperto dove prendeva quel buonissimo salame, quel parmigiano, quel gorgonzola che era lì, in quantità infinite, a disposizione di chi arrivava e che aveva voglia di ascoltare e parlare di fotografia. Oppure, da Alfredo, a parlare di cose serie: di diritti d’autore, di codice deontologico, di problemi trattati da “imprenditori”, quali i fotografi dovevano e devono essere.
Da diversi anni, di Afip non sento più parlare. O meglio: ogni tanto viene fuori, e si vedono gli occhi diventare tristi, che si abbassano, perché si fa subito un riferimento al passato, ai “bei tempi“, al fatto che tanti amici non li abbiamo più visti in giro, e quando non ci si vede in giro… ci si preoccupa. Ogni tanto ho sentito di qualche incontro, di qualche iniziativa, ma non so se si tratta di leggenda, se è un effetto volano che vive di una forza che è stata creata in passato e ora torna indietro, ma esaurendo via via la sua spinta iniziale. Alla fine, nel bene o nel male, siamo al centro di questo mondo di fotografia professionale – di quello che rimane, di quello che vuole continuare ad avere un ruolo e un significato in questo mondo che corre veloce – e quindi se esistesse davvero un’attività vivace lo sapremmo, forse ne saremmo anche coinvolti. Invece, quando il nome “Afip” è uscito, mi è sembrato stonato, mi ha stupito, mi ha fatto dimenticare il motivo per cui ero in quello studio, e ho fatto qualche domanda. Mi sono detto: se c’è una cosa che manca (tra le tante, direte voi), manca l’Afip, manca un motivo di aggregazione che si basava su tanti elementi che ci siamo persi per strada. Non mancano associazioni, beninteso: siamo amici stretti di TAU Visual, che ammiriamo per l’efficienza, per l’intelligenza, per la visione, per gli sforzi che fanno quotidianamente. Siamo meno vicini ad altre associazioni, che ci snobbano perché non amano condividere con altri i loro pensieri oppure perché non ci considerano degni della loro intelligenza (cari fotoreporter…), oppure perché non accettano le critiche quando vengono fatte con serietà, ma poco importa: quello che conta è che, in un ambito così ristretto, così di nicchia, si sappia quello che succede attorno a noi.
Tornando a casa, ho consultato il mio oracolo digitale: su Google, l’Afip è quasi priva di citazioni, facendo una ricerca secca “afip” è sovrastato da associazioni di filatelia, da istituti di patologia, eccetera. Se andiamo su YouTube nessun video è taggato come Afip (inteso come associazione di fotografi), se andiamo su Wikipedia (Italia) Afip non esiste, idem su Myspace, Facebook… e così via. Non voglio dire che questo sia un metro “assoluto” di valutazione, ma di fatto se non c’è una presenza in rete, vuol dire che non c’è discussione, che non si parla, che non attrae attenzione. Ed è una perdita seria. Penso a tanti giovani che iniziano a muovere i primi passi nel mondo professionale, o anche fotografi che non hanno vissuto i momenti “d’oro”, che hanno imparato questa professione basandosi sulla realtà di oggi, e che potrebbero arricchirsi di tanto valore se avessero accesso all’esperienza, alla cultura, alla “vita vissuta” dai maestri dell’Afip. Io so di essere cresciuto molto, grazie a loro: ho ascoltato per ore e ore le loro storie, molte le ho riraccontate a mia volta, ma so che ce ne sono ancora tantissime che non ho ascoltato, o che ho dimenticato. Mi sono detto… cosa si può fare per far tornare tra noi lo spirito “positivo” dell’Afip? La forza aggregativa? Gli studi fotografici mitici non ci sono più, le persone che erano i più attivi forse oggi hanno altre priorità, altri problemi: ma questo non significa che non ci sia ancora lo spirito di una volta, forse serve dare un segno, ma un segno concreto, non la solita frase inutile… “perché non si fa qualcosa?“… dando per scontato che basta la parola, per poi lasciare ad altri i fatti, magari prendendosi anche il merito di qualcosa. Le associazioni esistono se le persone fanno, non se si aspettano che qualcuno faccia.
Per questo, pur titubanti, perché c’è un rispetto di fondo, perché nessuno ci ha investito di un ruolo, ma con lo spirito di chi pone sul tavolo della discussione una proposta, ma al tempo stesso una soluzione possibile, siamo qui a dire: oggi forse (ma non è detto) è finita l’era dell’incontro tra pochi, ma c’è la rete, che riesce ad arrivare ovunque, e che consente – grazie alla sua specificità di essere asincrona – a tutti di accedere quando si può trovare il tempo. Stiamo pensando di offrire uno spazio di “social network” all’Afip, fatto per essere davvero aggregante ed utile (non stupido, come purtroppo i social network più citati in questo momento rischiano di essere). Penso che sarebbe bello far confluire in uno spazio accessibile da Jumper storie, opinioni, consigli, all’insegna e sotto il nome dell’Afip. Un passaggio di testimone che ne tramandi l’esperienza, la filosofia, la cultura per le generazioni future. Noi possiamo – nei limiti del possibile – offrire spazio, un po’ di conoscenza che unisce “vecchio e nuovo“, contatti che renderebbero visibile questo sforzo, perché non ha senso chiudere tutto questo in un cassetto, in una cantina, in un baule da lasciare in soffitta. Si possono trovare le risorse per alzare il volume, per trasmettere da un canale prefenziale. Basta che ci sia la voglia, e che ognuno possa dare quel poco che il periodo – difficilissimo – potrà concedere. Noi aggreghiamo, organizziamo, cerchiamo di darne un filo logico, prendiamo il megafono e facciamo che tutti – proprio tutti – possano ascoltare.
Mi sono detto: questa cosa, o si fa ora o mai più. Per questo, invece che fare giri di telefonate, chiedendo “autorizzazioni”, ci siamo detti: lanciamo il sasso, conosciamo bene almeno il 70% degli associati “storici” dell’Afip, capiranno che questo è un gesto d’amore, mosso dallo stesso desiderio che forse hanno tutti, ma con una differenza: la forza della rete, dalla nostra parte. Sarebbe davvero qualcosa che si potrebbe costruire, tutti insieme, mettendo insieme forze aggregative, facendo tornare entusiasmo e voglia di incontro. Attualizzando quello che di buono c’era, consentendo l’accesso allargato, mettendo in risalto i valori.
E’ un bel progetto, che prevede il fatto che ci arrivino mail, telefonate, sms, commenti sul sito che facciano capire che si… che la forza, che la voglia, che il desiderio di non chiudere un capitolo ma anzi di aprirne un altro ci sono. Tra pochi mesi, nel 2010, l’Afip compierà 50 anni e sarà bello festeggiarla tutti insieme con un’attività dinamica, viva, giovane. Ci contiamo, ora dopo aver gettato il sasso e avere dichiarato pubblicamente di essere disposti a fare qualcosa di concreto, attendiamo le risposte.