Ve lo ricordate Angelo Branduardi? Il cantautore che, quando io ero ragazzino, spopolava con la sua originalità: di voce, di melodie, di testi e anche della sua capigliatura? Questa era un vero e proprio tormentone, e sono le cose che ogni tanto tornano alla mente, se volete risentirla (oppure scoprirla) ecco un link di iTunes. Stiamo uscendo dall’inverno, lo so che in alcune parti d’Italia non sembra così, e anche dove c’è il sole che brilla, come a Milano oggi, comunque fa freddo. Però stiamo uscendo dall’inverno, ormai i motori della primavera – metereologica e anche commerciale – si stanno scaldando. Le aziende che hanno passato l’inverno a leccarsi le ferite e ad annunciare tagli e riduzioni di personale, devono cambiare solfa, e attaccarsi un sorriso anche posticcio e fare il miglior viso al mercato. Non stiamo a dettagliare i rossi profondi di Sony e in generale di tutta l’industria dell’elettronica (Pioneer sembra uscire dal mercato dei televisori, è questa l’ultima indiscrezione) e nemmeno la preoccupazione di Canon che ha registrato il primo calo dei profitti dopo due anni di eccezionali risultati, oppure il dichiarato taglio di 5000 dipendenti da parte del gigante Microsoft (che cerca di seguire nuove strade aprendo una catena di Apple Store… ehm… volevamo dire “Microsoft Store“). Forse è interessante leggere qualche riga nei bilanci di Kodak, non tanto per accanirsi, ma perché c’entra con l’argomento che arriviamo a trattare tra poco: oltre al declino del 24% delle vendite, va registrato un dato che fa capire quanto ormai il mercato sia definitivamente digitale: il “tradizionale” (che è difficile da misurare, perché oltre alle pellicole, al fotofinishing è inserita una voce “enterteinment” che non è chiaro, almeno a noi, a cosa corrisponda) non solo scende di più (27%) rispetto allo scorso anno, ma specialmente oggi rappresenta davvero una minima parte del business globale: $652 milioni di dollari su $2.433 miliardi di dollari: qualcuno pensa che sarebbe anche il momento per scorporare o vendere questo business, ormai agli sgoccioli. In questa crisi globale (la fotografia, in effetti, sta “meno male” di tanti altri business, considerando informatica, elettronica di consumo, cellulari) sembra che si stiano salvando davvero in pochi: IBM (che però mostra risultati molto positivi grazie ai tagli e alle ottimizzazioni di gestione effettuate), Apple (che continua a crescere come vendite e come quote di mercato, a dimostrazione che le idee buone hanno ancora spazio) e i netbook, quei piccoli portatili che stanno davvero affascinando molte persone (noi compresi): costano poco, da 250 a 400 Euro, e consentono di collegarsi a Internet, di usare sistemi operativi completi (Windows Vista/XP o Linux), di essere i perfetti compagni della filosofia “Cloud Computing”, che prevede l’accesso alle risorse (software, servizi, dati) direttamente on line e che specialmente si possono portare ovunque, sono leggeri e poco ingombranti. Certo, sono poco potenti a causa dei processori Atom che sono senz’altro poco performanti, ma sono superiori a molte delle aspettative dei più. Abbiamo avuto in prova un HP davvero delizioso, tutto in metallo, monitor da 8 pollici lucido, hard disk capiente, e abbiamo installato Lightroom, portandocelo in giro per scaricare le foto scattate e per spedirle in tempo reale: avendo a disposizione i lettori di schede (CF e SD) diventa davvero un compagno utile, e offre così tanto per il poco che costa che fa pensare al fatto che non si può non averlo. Per dirla tutta, il mercato dei netbook offre anche soluzioni golose, come il nuovo Sony Vaio serie P, che pesa meno di 700 grammi, ha un monitor piccolo,ma luminosissimo e con 1600 pixel di risoluzione orizzontale, è sottilissimo e potente… ma costa come un portatile super dotato da 15″… e quindi la golosità si diluisce un po’.
In questo clima, dove tutto sembra andare male, nell’industria e nel mercato in generale (inutile parlare di automobili, di mercato immobiliare, di compagnie aeree… vero?), siamo prossimi all’apertura delle porte della principale fiera di fotografia (PMA2009, Las Vegas, 3-5 marzo) e, molto più piccola, ma più vicina a noi, Photoshow 2009 (Milano, 27-30 marzo). Se non fosse una cosa seria, ci sarebbe da sorridere… e non tanto per cadere nel banale, ovvero: “se non ci sono soldi, se i consumi sono bloccati, che senso fa fare il mercatino?”. Come si diceva, le aziende si devono muovere, ma le aziende sono anche – nel loro piccolo – i singoli attori di questo mercato: fotografi professionisti, negozianti, fotolaboratori, service di stampa. Tutti hanno il dovere di muoversi, di investire, di trovare nuove strade. Ben venga quindi l’incontro tra aziende e clienti, per discutere di un futuro che possa essere sensato per tutti, per scoprire nuove strade e nuove opportunità. Quello che fa sorridere non è il momento di incontro, ma l’approccio totalmente fuori dal contemporaneo. Una volta – lo diciamo spesso – le fiere di fotografie avevano una tappa iniziale, presso lo stand Kodak: la “mamma” mostrava la via, orientava il mercato, decideva le trasformazioni. Dopo questa “tappa”, si andava “in pace”, a guardare altrove, ma il punto di incontro era quello. Da tanti anni non solo non c’è più “mamma Kodak”, ma non ci sono più “mamme”. Ci sono tante che provano a fare le badanti, ma come queste, arrivano da zone lontane dal “centro”, se ne vanno via, alcune addirittura ti rubano i risparmi mentre tu ti crogioli nella speranza di avere trovato qualcuno che si possa interessare di noi e del nostro futuro. Senza orientamento, le fiere diventano un luogo dove si dichiara di fare omaggio al culto della fotografia, ma di fatto si cerca solo, sgomitando, di mettere in luce la propria mercanzia.
Le organizzazioni delle fiere, che sono di fatto delle società immobiliarie, che affittano stanze e palazzi per brevi periodi (forse è più adeguato il termine “albergatori”) e che guadagnano da questo e non certo dal successo di vendita degli “inquilini” che pagano per l’affitto. Il metro del successo di una fiera è al limite calcolato in presenze di pubblico, e si ricade nella logica dell’Auditel, quello che ha distrutto la televisione: poco importa la qualità degli spettatori, quello che importa è che ci sia gente, nel mucchio qualcosa di buono ci sarà pure. Aiuteranno, queste fiere, non solo a risollevare le sorti dell’industria e a creare interesse nel pubblico degli utenti? Tra i “dilettanti” la fotografia ha un grande interesse, crescente: abbiamo conferme quotidiane che la fotografia interessa ed appassiona moltissime persone, ma una fiera è un ambiente per soddisfare questa passione? No, purtroppo, crediamo di no. E i professionisti? Potranno davvero trovare quegli stimoli che li porteranno a cambiare la propria fotocamera, a comprare un nuovo obiettivo? Ad aprire la mente e progettare nuovi servizi da offrire alla clientela? Saranno i nuovi prodotti che si vociferano nei corridoi del gossip a creare entusiasmo (qualche chicca? Si parla di una nuova Pentax D-SLR da 22 milioni di pixel e sensore quadrato, oppure si vocifera che Panasonic possa acquistare Leica)? mmm….
Le fiere devono essere in grado di attivare dei meccanismi, non possono fare tutto, ma devono avere un senso per smuovere una situazione congelata. Devono crescere, e partecipare al mercato al quale si rivolgono, secondo noi dovrebbero essere parte interna del mercato stesso, godendo in prima persona del successo che possono contribuire a creare. Sapete cos’è un sistema di Affiliazione, che funziona molto bene sul web? Si tratta di un meccanismo che consente di tracciare il cliente che, attraverso un nostro link, arriva ad un sito, individua un prodotto di suo interesse, lo acquista e quindi genera un risultato economico. Insomma, tutti guadagnano non sulla “teoria” del business, ma sull’effettivo risultato materiale che si contribuisce a creare. E come agire, per fare qualcosa che porti a dei risultati? Usare creatività, sensibilità, capacità di individuare le esigenze sia del pubblico che delle aziende. Se il “dialogo” fosse già perfetto, non ci sarebbero problemi, ma invece è lacunoso e da dentro non sempre è facile trovare il filo del discorso: spesso, addirittura, c’è un dialogo tra sordi. Le occasioni di incontro dovrebbero avere dei moderatori, che sono in grado di ascoltare, di trasferire, di proporre alternative e occasioni. E’ complicato, bisogna trovare il metodo, forse ancora non è chiaro come fare, ma è chiaro come “non fare”: non importa affittare luoghi, il luogo è un elemento, non “l’elemento”.
Vi lasciamo con il testo della canzone di Branduardi, che fa capire il concetto di una sequenzialità di fatti, che parte dal pur semplice… topolino. Buona domenica, questi discorsi sfoceranno in qualcosa, è sicuro…
Alla fiera dell’Est
(Angelo Branduardi – 1976)
Alla Fiera dell’Est
per due soldi
un topolino mio padre comprò.
E venne il gatto
che si mangiò il topo
che al mercato mio padre comprò.
Alla Fiera dell’Est
per due soldi
un topolino mio padre comprò.
E venne il cane
che morse il gatto
che si mangiò il topo
che al mercato mio padre comprò.
Alla Fiera dell’Est
per due soldi
un topolino mio padre comprò.
E venne il bastone
che picchiò il cane
che morse il gatto
che si mangiò il topo
che al mercato mio padre comprò.
Alla Fiera dell’Est
per due soldi
un topolino mio padre comprò.
E venne il fuoco
che bruciò il bastone
che picchiò il cane
che morse il gatto
che si mangiò il topo
che al mercato mio padre comprò.
Alla Fiera dell’Est
per due soldi
un topolino mio padre comprò.
E venne l’acqua
che spense il fuoco
che bruciò il bastone
che picchiò il cane
che morse il gatto
che si mangiò il topo
che al mercato mio padre comprò.
Alla Fiera dell’Est
per due soldi
un topolino mio padre comprò.
E venne il toro
che bevve l’acqua
che spense il fuoco
che bruciò il bastone
che picchiò il cane
che morse il gatto
che si mangiò il topo
che al mercato mio padre comprò.
Alla Fiera dell’Est
per due soldi
un topolino mio padre comprò.
E venne il macellaio
che uccise il toro
che bevve l’acqua
che spense il fuoco
che bruciò il bastone
che picchiò il cane
che morse il gatto
che si mangiò il topo
che al mercato mio padre comprò.
Alla Fiera dell’Est
per due soldi
un topolino mio padre comprò.
E l’Angelo della Morte
sul macellaio
che uccise il toro
che bevve l’acqua
che spense il fuoco
che bruciò il bastone
che picchiò il cane
che morse il gatto
che si mangiò il topo
che al mercato mio padre comprò.
Alla Fiera dell’Est
per due soldi
un topolino mio padre comprò.
E infine il Signore
sull’Angelo della Morte
sul macellaio
che uccise il toro
che bevve l’acqua
che spense il fuoco
che bruciò il bastone
che picchiò il cane
che morse il gatto
che si mangiò il topo
che al mercato mio padre comprò.
Alla Fiera dell’Est
per due soldi
un topolino mio padre comprò.
Maurizio Erra says:
Mentre ti leggevo stavo sentendo proprio Branduardi. Scusa, però come faccio ad avere fiducia in aziende che i tempi di vacche grasse ai piccoli, cioè a me e al nerbo resistente della fotografia, dicevano “bere o affogare” e ora ti chiedono supporto e aiuto ?
Non mi piace dire muoia Sansone etc……., ma il sughero o la m…… che rimangono sempre a galla chi è ?
Scusa, troppe domande a chi non ha il dovere di dare risposte ma, alle soglie della pensione, si perde, o si è acquistato, valori ed esperienza. Rimane l’Amore per la fotografia che è quello che ci ha sempre fregato
Maurizio
P.S. non ti offendi se penso di aver parlato anche per te?
P.P.S ecco li un’altra domanda !
Maurizio Erra says:
Mentre ti leggevo stavo sentendo proprio Branduardi. Scusa, però come faccio ad avere fiducia in aziende che i tempi di vacche grasse ai piccoli, cioè a me e al nerbo resistente della fotografia, dicevano “bere o affogare” e ora ti chiedono supporto e aiuto ?
Non mi piace dire muoia Sansone etc……., ma il sughero o la m…… che rimangono sempre a galla chi è ?
Scusa, troppe domande a chi non ha il dovere di dare risposte ma, alle soglie della pensione, si perde, o si è acquistato, valori ed esperienza. Rimane l’Amore per la fotografia che è quello che ci ha sempre fregato
Maurizio
P.S. non ti offendi se penso di aver parlato anche per te?
P.P.S ecco li un’altra domanda !
noemi says:
quets acanzone piace a mio padre ihih me la cantava smp hihi
noemi says:
questa canzone piaceva amio padre e inft me la cantava sempre papapippo tvb..kiss
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