Di recente ho letto il libro di Massimo Mantellini (una vecchia conoscenza dall’epoca in cui esistevano i “blogger”: non i fashion- i food-… i blogger e basta, e noi ne parlavamo). Si chiama “Bassa risoluzione”, e anche se si avventura parzialmente, non certo da esperto, in questo caso, anche a parlare di fotografia, affronta una tematica ben chiara nell’ambito dell’immagine, in particolare quella digitale.
Il senso del libro è quello di segnalare che siamo in un’era in cui il livello di ricerca del dettaglio rischia di perdersi o disperdersi. Si parte da concetti che sono per esempio affini al mondo della musica: una volta (potrei dire “ai miei/nostri tempi”) c’era una discussione sulla qualità di un impianto stereo, si discuteva di cavi, di connettori placcati oro, e si stava a discutere di dettagli che oggi sembrano trascurabili. La musica, oggi, si ascolta in mp3 (un formato considerato a “bassissima qualità” dagli esperti), direttamente da casse magari collegate via Bluetooth (connessione definita low-quality) o con cuffiette di poco valore, ma è considerata “perfetta”, per la maggior parte delle persone.
Si scattano fotografie con sensori che sono grandi come un quarto di un’unghia piccola, eppure sono, a detta di quasi tutti, “meravigliose”. Si comprano televisori 4K con l’HDR e di dimensioni che fino a pochi anni fa erano da considerarsi da fantascienza (almeno per i portafogli) e poi si guardano film e serie tv scaricate illecitamente dal web, dalla qualità terribile, ma si discute di trame e di attori e attrici, non di qualità.
La domanda da porsi è: stiamo avvicinandoci davvero ad una percezione dei sensi offuscata e ovattata? Ci accontentiamo? Ci basta poco, in termini di qualità, magari per privilegiare la quantità? In realtà, quello che crediamo è che, invece, dovremmo ragionare sull’evoluzione di quello che sta attorno a noi oggi, perché siamo fortunati. Forse non ce ne accorgiamo, ma la qualità media degli strumenti che possediamo o fruiamo, si è innalzata, tantissimo. E’ probabilmente sufficientemente cool e snob risultare critici nei confronti delle “meraviglie” del presente, in un mondo in cui tutti sembrano “accontentarsi”, sbandierare la propria posizione di incontentabili, di veri “esperti”, risultando vincenti e alternativi. Ma il passato non era fatto di qualità, tutt’altro, almeno nella maggior parte dei casi.
In passato, le persone ascoltavano la musica dalla radiolina a pile in FM, con delle casse acustiche terribili. Rispetto all’Mp3 di oggi, erano una porcheria. Certo, c’erano anche gli impianti esoterici da migliaia di dollari (parliamo di dollari per non cadere nelle “vecchie lire”), ma le persone che conoscevo che si intrippavano di queste cose (i contatti placcati oro, il legno di ciliegio per le casse… gli amplificatori a valvole…) poi erano appassionati di oggetti, non di musica: si eccitavano per un suono che riusciva ad “uscire” solo dai loro sistemi (che erano usciti solo dai loro portafogli più carichi della media delle altre persone, e volevano fartelo pesare), ma poi ascoltavano spesso musica schifosa.
Parliamo di fotografia. Quelli che andavano in giro con la reflex, che sviluppavano le foto in camera oscura, che creavano il terrore generando noiose serate di proiezione delle diapositive al ritorno dalla vacanze, facevano delle foto schifose: senza dettaglio, senza bei colori e specialmente senza storie da raccontare. La fotografia vera era quella di una volta? La grana generava una “risoluzione bassissima”, altro che smartphone. Dai, smettiamola di far finta di niente, di giocare con queste provocazioni.
Certo, c’era – in casi estremi di forte competenza e nell’attività professionale – qualità spettacolare, ma quasi sempre comunque inferiore a quella che possiamo ottenere oggi al top della qualità (realizzata .-, dai migliori sistemi e dai migliori professionisti). La tecnologia per la riproduzione sonora, al suo top, è superiore a quella di 30 o 40 anni fa, ed è anche più abbordabile; in fotografia o nel video, la qualità che si poteva ottenere decine di anni fa è inferiore al meglio che possiamo avere oggi. E, allora, dove è la “bassa risoluzione”? Non sono le persone che si sono “accontentate”, sono i sistemi “per tutti” che sono diventati così di alta qualità che soddisfano senza dubbio la maggior parte delle persone.
Se pensiamo che il mondo sia peggio di prima, non lo è: è meglio, quasi in tutto. Semplicemente, abbiamo di più a disposizione, e questa offerta risponde meglio ad una media qualitativa di larghissima soddisfazione. Questo non ci deve far accettare quello che “la media degli utenti accetta e gradisce”, non possiamo fermarci a questo livello, se siamo dei professionisti: probabilmente, al contrario, “dobbiamo” fare di più, per un semplice motivo di concorrenza: in troppi possono fare cose “good enough”, quindi commercialmente o in termini di soddisfazione o aspirazione dobbiamo puntare più in alto. Ma dobbiamo smetterla di pensare che siamo in recessione, che nessuno oggi è in grado di “capire la qualità”… semplicemente le persone hanno già tantissima qualità, quello che ci rimane da raggiungere non è quindi “alta risoluzione”, ma “l’eccellenza”. Buon lavoro a tutti…