Una delle preoccupazioni maggiori dei fotografi (professionisti o appassionati) è l’uso indebito delle proprie immagini. La rete, che apre tante opportunità, di fatto rende molto facile la copia e l’uso indebito dei contenuti protetti da diritto d’autore, a volte per semplice “pigrizia” dell’utilizzatore (che cerca “qualcosa da inserire in un post, per evitare che sia troppo noioso” e non vuole fare fatica: una ricerca su Google rende tutto “a portata di mano”), ma a volte anche con un uso malizioso e malevolo, dove le immagini vengono usate a scopo commerciale, senza nulla voler concedere agli autori che hanno realizzato il “bene”.
Questa “paura” genera la soluzioni più comune, e più barbara: quella di “marchiare” le immagini con scritte “copyright”, che – ormai abbiamo svelato l’algoritmo più volte – ha una dimensione inversamente proporzionale alla qualità del contenuto (ovvero: più grande e invasiva è la “marchiatura” e minore è la qualità dell’immagine… State tranquilli, sono foto così brutte e inutili che nessuno vuole rubarle, se non persone altrettanto di bassa qualità), oppure si opera con indicazioni che impediscono o rendono difficili occasioni di collaborazione e di reciproco vantaggio. Spesso abbiamo parlato di soluzioni quali la Creative Commons, che meriterebbero ben più attenzione (da sempre, i contenuti testuali di Jumper sono tutelati da questa licenza, che è propositiva invece che chiudersi in una protezione che è oggettivamente inutile, addirittura nociva, nell’era digitale).
Per chi però vuole avere un sistema che possa monitorare cosa viene fatto delle proprie immagini online, per poi eventualmente agire permettendone l’uso, che possano richiedere di eliminare le immagini non autorizzate, e persino agire nelle sedi legali competenti per poter ottenere dei risarcimenti per questo uso indebito, segnaliamo la tecnologia Pixsy, recentemente diventata popolare grazie ad un accordo di partnership con il rinnovato Flickr (che, come forse tutti sanno, ne abbiamo parlato qui, è stato ceduto da Yahoo a Smugmug). Pixsy è nato nel 2014 dopo la delusione di un fotografo, Daniel Foster, che dopo avere subito il furto di sue immagini, ha deciso di voler trovare una soluzione a questo problema. Tenacia, tecnologia, imprenditorialità hanno generato un servizio che da anni protegge le opere d’autore online, e forse potrebbe essere una buona occasione per approfondire. Per esempio, un articolo di Daniel, ancora del 2014, metteva in luce delle problematiche tra lo stesso autore e un utente di Etsy, il “mercatino” dell’artigianato più famoso in rete, segnalandolo come “la nuova via della seta del furto delle immagini”
La procedura di iscrizione a Pixsy è molto semplice, si effettua la registrazione, si segnalano le prime indicazioni per definire la propria attività fotografica (professionisti, appassionati…), si richiede se abbiamo depositato le nostre immagini con qualche ente o istituzione che ne certifica l’autoritialità (sono schermate che vi riportiamo qui sotto), e poi possiamo iniziare a importare le immagini (dai social, da Dropbox, Google Drive o dal computer). A questo punto, si sceglie il tipo di programma di abbonamento, con costi che partono da 0 euro (ovvio, molto limitato, e non adatto certo ad un uso professionale), a 19, 39 euro o più al mese. Beninteso (nel caso qualcuno possa pensarlo, non abbiamo alcun interesse al segnalare questo servizio, i link non sono tracciati e specialmente non abbiamo alcun rapporto con questa azienda… il nostro è meramente un servizio di informazione spontanea).
Ora, in teoria, avete un servizio che vi protegge, che può “lottare con e per voi”, forse più affidabile sicuramente tecnologicamente più avanzato delle varie SIAE. Un breve video che pubblichiamo qui sotto mostra le potenzialità di questo servizio, che ci sembra interessante.
Certo che si possono usare soluzioni concettualmente simili, come per esempio le funzionalità di ricerca di Google immagini, gratuite, ma dovete sottoporre una immagine alla volta, e poi non c’è un seguito di supporto legale, che permette facilmente di individuare gli “abusi”, e autorizzarli, segnalarli, richiedere compenso, agire legalmente. Il dettaglio, a questo punto, è capire “quanto valgono” effettivamente le nostre immagini… perché a parole si ingigantisce questo valore, ma poi, alla prova dei fatti, quante sono le effettive scelte degli “autori”?
Le nostre fotografie valgono “oggettivamente” e quindi un investimento di qualche centinaia di euro all’anno potrebbe essere una “assicurazione” che merita di essere presa in considerazione? Oppure il valore delle nostre immagini è solo percepito quando qualcuno ce le ruba, ma non sufficiente per proteggerle? Se ci rubano il computer o l’attrezzatura, quanto perdiamo? (Non solo la cifra che dobbiamo sborsare per comprarne uno nuovo, ma anche l’eventuale perdita del suo contenuto, se non lo abbiamo opportunamente salvato come backup). Ma le fotografie? Valgono, sul serio? Perdiamo soldi se ce le rubano? Questo, se è vero, vorrebbe dire che si tratterebbe di un vero “mancato guadagno”: qualcuno invece che darci 10, 100, 1000 euro ci ha sottratto quel bene e quindi ci ha “tolto” tale cifra dal nostro portafoglio. Se non è così, se quelle fotografie – di fatto – non le vendiamo, nessuno ce le compra, in realtà si tratta di un furto che è legato alla sfera “etica” (non è giusto che qualcuno ne faccia un uso senza nostra autorizzazione), e allora dobbiamo domandarci se pagare una protezione rientra negli investimenti che vogliamo fare e se vogliamo impegnare il nostro tempo e i nostri tempi per far vincere “il giusto”, che sarebbe molto corretto e lecito, ma quanto decidiamo di “non guardare”, quante volte facciamo “spallucce”, e alla fine “non ce ne frega niente”.
Far rispettare i propri diritti è un argomento profondo. L’era digitale, al contrario di quanto si crede, ci offre più strumenti per difenderli, tecnologie e servizi che ci offrono tale protezione, nella ricerca della realizzazione di questo articolo, abbiamo trovato anche COPYTRACK , anche questo interessante da valutare. Ma, prima di tutto, c’è il nostro rapporto tra diritti e responsabilità, dove tutti siamo protagonisti da entrambi i lati.