Qual è la qualità professionale nell’immagine fotografica? Il quesito spesso lo sbattiamo sul tavolo della discussione, per mettere in luce quanto questo termine possa essere a volte pretenzioso e fuorviante. Ed è anche un’occasione per riprendere tale concetto ed interrogativo quando qualche occasione si prospetta davanti agli occhi, magari con il presupposto di essere un metro di paragone, un punto fermo, un riferimento.
Qualche giorno fa abbiamo ricevuto, dall’accorto ufficio stampa della FEP – la Federazione che unisce i fotografi professionisti Europei, una specie di Associazione delle associazioni dei vari Paesi europei – sui risultati del Premio di miglior fotografo del 2011: nomi, graduatoria e immagini. (Se volete, potete dare un’occhiata alla gallery che abbiamo pubblicato qui. By the way, un motivo in più per usare Dropbox: creare gallerie di immagini, gratis e in un secondo…)
Su tale risultato vorremmo fare delle analisi, e non per criticare (non troppo, e specialmente non solo) questa Federazione, ma proprio per fare – come detto – un’analisi insieme. Partiamo dalla qualità (e poi andiamo oltre): se questa è la migliore qualità che c’è tra i professionisti europei, forse siamo messi male. Non sono foto brutte, beninteso: alcune forse sono un po’ scontate, alcune realizzate senza eccessiva maestria tecnica, altre promettenti… ma complessivamente il risultato è deludente: messe tutte insieme, in una mostra, non crediamo che possano strappare applausi.
In Europa, forse, non ci sono creativi di alto livello? Assolutamente si, anzi: ce ne sono tantissimi. Forse non sono stati tra quelli che hanno mandato le 2000 immagini selezionate? E, allora, prima di tutto, sarebbe opportuno dire che questa non è una selezione “dei migliori fotografi europei“, ma dei “migliori fotografi appartenenti alla FEP“, una nicchia nella nicchia che non può certo rappresentare una realtà così profondamente colta e legata alla storia dell’arte. Ho in mente almeno un centinaio di fotografi eccellenti, in Europa, che non fanno parte di questa selezione, che forse avrebbero potuto innalzare la qualità rappresentativa del nostro continente. Forse la pretesa di rappresentare l’Europa doveva quindi essere presentata in modo forse più umile: il premio del nostro migliore professionista FEP. Al tempo stesso, per non essere troppo critici nei confronti dell’organizzazione in questione, possiamo dire che molti professionisti, magari anche i più bravi, non amano condividere, partecipare, confrontarsi con i colleghi, e forse fanno vita “diversa“. Insomma, un po’ è colpa di tutti. Ma fosse solo questo, il problema, potremmo anche chiuderla qui la questione. No, non è finita.
Il punto che ci preoccupa non è solo che non sia presente in questa selezione qualche nome che davvero rappresenti una qualità sensazionale in Europa in ambito fotografico (dai, evitiamo di citare i nomi), ma la preoccupazione è: siamo sicuri che questo livello di qualità certifichi davvero la professionalità? E davvero questa la qualità che rappresenta il muro invalicabile tra la qualità rappresentata da chi lavora in questo settore, rispetto a chi fotografa “solo” per passione, per diletto? Insomma: possiamo trovare una qualità più alta di questa sbirciando su Flickr, su DeviantART o su altri siti, dove ci si “diverte” a pubblicare fotografie? Purtroppo, va detto (almeno dobbiamo dirlo noi, per nostra etica): su Flickr – anche facendo una selezione localizzata sull’Europa – di fotografi molto più interessanti e di qualità che ne sono a tonnellate. E rientrano in una seleziona naturale che ha, come “medaglie“, l’approvazione e l’ammirazione del mondo, sotto forma di visite, di numero di commenti, di rating e, non ultimo, di visibilità che crea occasioni di lavoro (le storie, in questo senso, sono tante).
Dove è la qualità, allora? Qualcuno può dire: il professionista è quello che è in grado di fare quello che viene richiesto alla perfezione, non solo il suo estro. Mmm… forse la discussione è vecchia: il mercato vuole specialmente cose fresche, innovative, originali, belle… e questo si trova molto più “in giro” per il web che non nelle cerimonie un po’ rarefatte di una premiazione internazionale. Le cose succedono, ad ogni istante, e la fotografia cresce e si evolve non certo in attesa di entrare in certe caste.
C’è un’altra preoccupazione: se questa promozione della qualità della fotografia deve servire anche a dare indicazioni al mercato, ai giovani che iniziano il loro mestiere (in un periodo così difficile, poverini tutti, ma anche coraggiosi!), per dare un contributo al trovare strade per superare le difficoltà e le incertezze, allora perché cristallizzare “La fotografia” in una rappresentazione che pur merita un suo spazio, ma che non può certo pretendere di rappresentarla globalmente? Perché non è stato indetto anche un premio per la migliore realizzazione di “Immagine in movimento” realizzata con una V-SLR, perché non anche qualcosa per premiare e stimolare l’uso della multimedialità e dell’uso della fotografia sui nuovi media? Perché non elevare, con un coraggioso premio speciale, anche la fotografia realizzata con un cellulare ed elaborata con software poveri ed economici direttamente su questi device? Non lo diciamo perché noi seguiamo questi orientamenti, ma solo perché non si può rimanere fermi, mentre il mercato corre alla velocità della luce. Si rischia di premiare non la mente più creativa e contemporanea, ma solo quello che “una volta era la fotografia”. Nemmeno nelle tematiche, un guizzo: foto di paesaggio, commerciale, ritratti, matrimonio, reportage… sembra di essere all’epoca del secolo precedente, ma non verso la fine … ;-)
Ammettiamolo, la musica è andata oltre Nilla Pizzi, il cinema è andato oltre Federico Fellini, la pittura è andata oltre Pablo Picasso… e tutti quelli citati sono stati grandi (grandissimi) artisti. Perché la fotografia deve rimanere ancorata al suo passato? Lo diciamo con rispetto per il passato e per la tradizione, non disprezziamo, diciamo solo che prima che possa riproporsi come “revival” e “vintage Beauty” deve passare necessariamente da un periodo di allontanamento dagli schermi.
Ci piacerebbe applaudire ad iniziative che mettono in luce nuove linfe e vitalità della fotografia, ci piacerebbe vedere premiazioni che cercano i migliori non solo “dentro” il proprio territorio, ma ovunque, perché il mondo non deve e non può essere più fatto di caste, di tribù, di meccanismi autoreferenziali. Chiediamo troppo? Noi speriamo di no, questa vuole essere una piattaforma di dialogo e di confronto, di critica costruttiva, un movimento che vuole “muovere”. Che non sta zitto se c’è da parlare, da cambiare.
ROBERTO ROSSO says:
Ciao Luca, ti leggo sempre volentieri, ma oggi non sono proprio allineato….Il problema vero è rappresentato dal fatto che Picasso è ancora futuro per molti! I linguaggi dell’uomo non hanno età, sono solo gli strumenti che cambiano, ed ogni linguaggio ha il suo, la fotografia ha la macchina fotografica… diverso è non sapere adoperarla.
Luca Pianigiani says:
Parli a uno che ama Picasso… quello che volevo dire, forse espresso male, è che non possiamo rimanere fermi, ma continuare a correre, tenendoci ben stretto tutto quello di buono che è stato fatto. Era una provocazione che porta a dire che certi modi di intendere la fotografia professionale (e non quella “artistica) devono cambiare, senza per questo dover gettare il “passato” (che può essere anche futuro, non c’è dubbio, se è di valore) alle ortiche. Credo che stiamo dicendo la stessa cosa, no?
ROBERTO ROSSO says:
Anche la mia è una piccola provocazione, ma purtroppo oggi stiamo vivendo una società a cui manca la cultura del prima ed il nostro settore non è esente da questo problema. Poi, detto tra noi, quando nel 92 acquistai il Dicomed, l’aristocrazia della fotografia mi disse che ero matto e che non sarebbe mai stata la strada giusta, ora mi prendo del matto quando sostengo che una usa e getta può essere utile a qualsiasi scopo fotografico. Non si sa mai…….
Luca Pianigiani says:
Come vedi (ma non ne avevo dubbi, ci conosciamo da troppi anni!) siamo sulla stessa linea. Dobbiamo puntare sulla testa, ancor di più :-)
lorenzo prodezza says:
mi permetto di intervenire da stampatore,fotografo e professionista(che sta per uno che ha partita iva per il lavoro che svolge e non che deve essere per forza migliore di uno sconosciuto su flickr) concordo in pieno con il grande Pianigiani con unica riserva che oggi la unica cosa che ci salva non e’ tanto la qualita’ che ci deve essere , senno’ che ci pagano a fare? ma il saper interpretare i bisogni del cliente che possono esssere davvero anni luce da idee e concept innovativi , e questo davvero molto piu’ difficile di inventarsi idee crative che il piu’ delle volte vengono apprezzate giusto in qualche social network o forum di presunta fotografia artistca. ci sono troppi fotografi , ma ancora di pu’ fotografi d’arte mentre mi paiono latitare gli artisti veri… spero di non essere stato troppo polemico.
Paolo Bittante says:
Ciao Luca, ancora una volta hai beccato nel segno e spesso il rendersi conto di essere superati nella creatività crea nuovi castelli da difendere, nuove posizioni dalle quali sparare sul primo “innovatore” a basso costo, anche se qu3esta definizione non è precisa. Io credo che l’autoproclamazione porti all’isolamento non all’autorevolezza, ma questa ricerca, nel voler crescere è spesso scomoda e può voler dire rimettere in discussione posizioni raggiunte in anni e anni…
Sono convinto che solo il conoscere le regole per poi superarle sia la via più giusta, anche se non la più facile (cit. Silente di H. Potter) e che “solo la pianta che cresce, vive”
Alla prox… BiP
Dario Dusio says:
Essere professionisti non è solo essere “avanti” ed innovativi. Significa secondo me poter essere in grado di riproporre sempre in qualunque condizione quella qualità per cui il cliente ci sceglie.
Vuol dire poter gestire shooting e situazioni complesse. Molti fotoamatori sono più bravi di professionisti? È normale. La mia domanda è se siamo sicuri che poi siano così bravi ogni giorno, pagando le tasse, lavorando senza ritardi.
Secondo me qui sta la differenza e noi professionisti dobbiamo farla percepire al cliente.
Se non ci riusciamo abbiamo sbagliato lavoro.
Luca Pianigiani says:
Dario, questo argomento era valido quando esisteva una separazione netta tra professionisti e dilettanti (ho accennato a questa tematica nel mio articolo, anticipandolo). Ora le cose sono cambiate e molto: spesso sono i professionisti che non sono preparati a rispondere all’uso moderno e contemporaneo di molte sfaccettature della comunicazione. Come si fa a lavorare in un mondo che si conosce poco? Tutto il resto è giusto (pagare le tasse, essere precisi, consegnare in tempo,
Eccetera), ma non possono essere una difesa della professione. C’è bisogno di fatti, e quello che facciamo qui è mettere in luce difetti e rischi per uscire dai problemi e non per nasconderli. Almeno non qui tra di noi, che di fotografia viviamo e mangiamo.
Paolo Catucci says:
Buonasera, mi introduco nella chiacchierata professionisti/amatori per dire la cosa più banale e forse sempre più trascurata, magari per non sembrare scontati: vogliamo dire che un fattore fondamentale che separa i professionisti dagli amatori è l’avere le palle di dire “io voglio vivere di questo lavoro”? Perché è più facile essere creativi e “leggeri” quando il 27 arriva lo stipendio del comune o delle poste, e non devi convincere nessuno della qualità (e dei costi!) del tuo lavoro, tanto non ci campi mica. E’ facile proporsi a tariffe più basse (tanto non paghi le tasse e sei abusivo) e magari hai anche una bella attrezzatura perché puoi permetterti di spenderci tutto quello che introiti con la fotografia, al contrario di un professionista che invece con quello che guadagna deve anche, e soprattutto, viverci. Ogni tanto io ributto li questi argomenti, ma sembra che non interessino a nessuno. Caro Luca, io ti stimo e ti rispetto, ma penso che la salvaguardia della nostra professione dipenda anche dalla sua difesa legale. Saluti
Luca Pianigiani says:
Paolo , e tutti coloro che hanno commentato (grazie). Da sempre tuteliamo la professionalitá e la professione, quindi anche la tutela legale ed etica dei fotografi professionisti… Penso di poter dire che Jumper non è secondo a nessuno in questo e la nostra storia parla per noi.
Vi siete accorti che chi ha parlato di difesa della professione non ha discusso la qualità delle immagini? Belle, brutte, professionali, poco professionali? Deludenti? Quasi nessuno ne ha parlato, il tasto che ha fatto male è quello del non riuscire a dimostrare chi è un professionista “vero”. E quindi si scende in campo con l’arma della Professionalitá burocratica. Ragazzi, non funziona, se non facciamo qualcosa, prima, per essere al di sopra di ogni ragionevole dubbio, difesi da qualsiasi attacco del “primo che passa”. Il lavoro che facciamo non è quello di dare spazio ai “barbari”, ma è quello di aprire gli occhi, di far cadere le “barbe finte”, di creare una corazza che possa funzionare. Questo post fa arrabbiare? Bene, vuol dire che siamo tutti indifesi, che dobbiamo diventare forti… Siamo pronti ad aiutarvi, ma non per questo faremo finta di accettare scarse e deboli difese, quelle che si sciolgono in un secondo davanti ad un cliente esperto.
Se volete difendere la vostra “pagnotta” (che, beninteso, è la pagnotta di tutti, noi compresi) bisogna accettare cambiamenti, crescita, miglioramento professionale, formazione, differenziazione rispetto alla massa di tanti bravi che oggi sembrano – agli occhi non nostri, non solo nostri, ma del mercato – più smart, più creativi,più moderni e probabilmente più economici rispetto a noi tutti, che siamo un po’ tristi e fuori luogo.
Lo capite che stiamo lavorando per voi e non contro di voi? Se lo capite, iniziate a prendere per le corna la situazione e non nascondetevi dietro un sottile filo di speranza…
Luigi Poggi says:
Sono daccordo manca l’innovazione e la formazione, fotorafo da più di 40 anni e continuo a fare formazione come se fossi alle prime armi, il digitale ha finalmente messo a nudo la quasi totale mancanza di professionalità in molti pseudo professionisti che fino a qualche giorno fa erano dilettanti che partecipavano a concorsi ormai triti con giurie inutili se non a portare foto ai vari enti promotori per cataloghi a costo zero. Il Professionista era colui che faceva la gavetta e imparava l’Arte dai Professionisti e passando al digitale sono quelli che più di altri hanno saputo tradurre l’analogico col digitale e fanno formazione – sempre. Per concludere i concorsi, secondo me, sono superati, le FEP e altre forme di auto determinazione sono superate, la qualità la vedi da quello che proponi, professionista o dilettante che tu sia, l’unica pecca è che oggi sono troppi coloro che EVADONO le tasse per arrotondare a qualità prossima allo zero e nel nostro mestiere è il vero guaio perchè limita le possibilità di tanti di fare formazione.
Ricordo solo che la fotografia, anche quando è mercificata, è pur sempre ARTE, se fatta bene. Scusate se sono stato confuso nell’esprimermi ma questi argomenti richiederebbero più spazio di approfondimento e sono tante le cose da dire che in così poco spazio finiscono per impoverirsi. Grazie.
Dario Dusio says:
Ciao Luca,
mi aspetto che un fotografo professionista continui a formarsi e a conoscere la comunicazione del mondo in cui si sta muovendo. Mi sembra la base.
E’ normale quando fai il cd con le foto per il cliente, fargli la sottocartella con le foto pronte per facebook e per l’ipad. Senza costi aggiuntivi. Se non la fai è come se andassi ancora in giro con i carrettini del ghiaccio al giorno d’oggi.
Queste sono cose scontate. Se stiamo ancora a discutere su queste basi… siamo messi maluccio.
Mi viene in mente un fotografo che qualche anno fa ricevette da un mio conoscente dei tiff a 16bit da mandare in stampa e siccome il suo programma non li accettava disse testuali parole: guarda te li converto in jpg a 8 bit io e per questa volta non ti faccio pagare.
EH?!?! Ma stiamo scherzando? Al fotografo pago la qualità del servizio, le idee,
Bisogna capire che stiamo dando un servizio e non vendendo un prodotto (e quindi possiamo fregarcene di come trattiamo i clienti, di coccolarli, di farli sentire importanti).
Ma questo è un concetto vecchissimo e si chiama marketing… ;)
Giorgio Fochesato says:
Le premiazioni delle associazioni trovano sempre il tempo che trovano. E’ un bel metodo per stimolare l’orgoglio degli iscritti, trovarne di nuovi e farsi pubblicità. La qualità non si può misurare solo con selezioni tra “iscritti” ed “associati”. Mi ricorda un po quello che succede nei fotoclub di paese, dove non si guarda oltre il confine della stanza dove si è riuniti.
maria says:
Ciao a tutti!
Luca sono perfettamente d’accordo con te. C’è bisogno di aria nuova, di nuove idee, di linfa creativa. Soprattutto oggi che sembra che tutto sia stato già detto, fatto, scritto, fotografato. Uso molto i social network per comunicare e devo dire che ho visto lì cose molto interessanti rispetto a quanto viene tradizionalmente proposto nei luoghi titpicamente deputati alla divulgazione della fotografia. Questo perchè il social network permette un libero scambio di idee, proposte, progetti, ed è proprio da questo libero scambio e confronto, dal fermento che da ciò deriva, che le nuove idee possono crescere.
Gianluca says:
Dico solo questo… guardando la galleria su Dropbox il mio primo pensiero, di pancia, è stato… sembra un Explore di Flickr… dove sta la differenza?
Luca di Toscana says:
Ohhhhhhh….. caro Luca questo post da te mi stupisce proprio!
Forse volevi essere provocatorio e ci sei riuscito, ma cio’ che mi stupisce, che mi provoca, e che tu ti stupisca di quelle foto premiate e dei toni trionfalistici dell’ “apparato” FEP. E allora non posso stare zitto…
Visto che siamo coetanei (anagraficamente e professionalmente) sai come me com’e’ nato il FEP.
Sai che la fotografia italiana professionale ( e “creativa”) e’ sempre stata illuminata da certe “barbe bianche” e quando circa 10 anni fa’ si e’ cominciato a parlare di certificazioni professionali le barbe bianche che gia’ reggevano i vertici di certe associazioni professionali e non, si sono autoelette reggenti della conoscenza assoluta.
Ricorderai la martellante campagna verso i fotografi professionisti, per la certificazione QIP ( poi rivelatasi inutile) ; la storia del passaporto a punti per accedere alla qualifica, punti ottenibili pagando i corsi di formazioni delle solite barbe bianche e loro affini… ( sono sicuro che se Roberto Tomesani legge, qui’ gli scappa una risata sotto i baffi )
Ricordi che per invitarti agli incontri (anche a pagamento ) con le barbe bianche , ti telefonavano a casa per paura di far brutta figura…
Oggi quegli stessi premiano il frutto del loro lavoro, i loro tesserati ( ops pardon) volevo dire i loro certificati e tu come fai a stupirtene?
Le “fotoscioppate” che tentano di scimmiottare gli autori veri, la bicicletta del povero, il ritratto rugoso, il tramonto, il salone col grandangolo, ecc.. ecc.. il mio barbiere (eccellente fotoamatore) ne fa molto meglio, ha piu’ idee.
La politicocrazia fa il suo mestiere come si puo’ pensare che la fotografia ne sia esente?
Un caro saluto, da un affezionato jumperboys.
Colin says:
Sorry if I reply in English, but it will be quicker for me!
I agree with Luca di Toscana that this kind of professional association is never representative of ‘the best of the best’ as they claim. It’s disappointing, but not surprising. If you look at association websites and awards in any country, including the UK (BIPP) and the USA (PPA) you’ll find similar images and a kind of ‘camera club’ mentality. In competition the photographs are often given romantic titles and are judged according to aesthetic criteria which date back to the 19th century. In a desperate attempt to appear ‘modern’ there’s often an over-use of technical effect and exaggerated lighting which changes according to the latest fad – members are currently overdosing on HDR from what I can see. It’s a place to find nostalgia, not inspiration.
As such it’s unlikely that photographers who are operating at the highest level, producing innovative and contemporary images, would want to enter these competitions and have their work viewed within, or associated with, such a context. That’s why we don’t see the big names there.
They will look elsewhere. And perhaps we should too ;-)
Colin
lella says:
Ciao luca, sono stata all’incontro digital symposium di padova, dove ho avuto la possibilità di conoscerti. su questo tuo post sinceramente dissento: se la gallery che citi non è di qualità… mah, mi piacerebbe capire tu cosa intendi allora. io sono una semplice assistente fotografa, e anche io guardo con disincanto le varie forme di “corporazione”, e quindi vado al sodo: vedo se un’immagine mi emoziona, e la trovo nella gallery Fep, come anche in deviant art o flickr. la provocazione fine a se stessa non paga.
Luca Pianigiani says:
Ciao Lella,
Mi spiego meglio perché non voglio apparire saccente e impreciso. Non ho detto che le immagini qui pubblicate non sono di “bassa qualità”, è che reputo che non rappresentino la migliore qualità europea. Mi spiego? Specialmente per una persona come te, che immagino giovane visto che fai l’assistente, é (sarebbe) importante avere riferimenti attendibili per approfondire, per studiare, per ricercare, specialmente se indicati da “istituzioni” che devono aiutare a capire.
Il problema del valore della qualità (pur in tutte le sue componenti soggettive) è difficile oggi in un’era (fantastica) di eccesso di proposta, una volta era molto peggio, ma il poco che si riusciva a vedere, su un libro sfogliato di nascosto in libreria perché non si avevano i soldi per comprarli, o in una mostra, ci permetterà di avere una filtratura valutata da “esperti”. Io dico che é molto meglio oggi, dove possiamo trovare tanto, ma dobbiamo diventare bravi a filtrare, e magari se non si ha molta esperienza si rischia di non capire subito la strada giusta da seguire (a parte le emotività che possono trasferire le immagini, e questo è un valore personale).
Non ho fatto questo post per essere “cattivo” e non per dire che questo è brutto e altro è bello, ma che c’poca chiarezza in questa premiazione e che vorremmo vedere idee anche più innovative proprio per mostrare tante strade. Spero che questa mia spiegazione possa giustificare quanto abbiamo scritto…:-)
lella says:
ciao luca, ti ringrazio per la risposta, ma, a parer mio, la gallery fep che tu linki la trovo innovativa, e, cosa importante, mi da emozione.. (comunque grazie per la “giovane”..)
corrado a. says:
Ciao.
Sì Luca hai ragione, però vedo che molti fotografi (p.e. di cerimonia) fregiano i loro siti con le varie sigle di questi vari “istituti”.
Eppoi esterofili come siamo, diciamo che una patacca seppur sconosciuta che suona inglese, fa figo o comunque blasone (che poi ce ne sono anche italianissime).
Se invece scrivi che hai miliardi di “like” su Flickr, chissenefrega?
Paolo Bittante says:
Condivido con Luca, foto di qualità ma già viste, dov’è la ricerca e l’innovazione?
Simone says:
Ciao Luca e buongiorno a tutti.
Non se se è adatto, ma allego un link
http://tonithorimbert.blogspot.com/2011/12/editor-at-large-matteo-oriani-talks.html
ed il mio commento.
Mi chiedo come sia possibile dire che davanti alla foto “Rhein II” si possa rimanere ipnotizzati. Ipnotizzati da che cosa? Anche se non mi piace e non mi emoziona (anzi, usando le parole dell’editore tedesco dei libri degli allievi della scuola di Düsseldorf, le loro opere sono unemotional, però vendono e quindi le pubblico) penso che almeno 99 cent abbia un significato molto forte. Inoltre ciò che accomuna gli allievi della scuola, o almeno ha caratterizzato un loro periodo produttivo, è la grande dimensione delle opere; questo però è un elemento ormai andato culturalmente in disuso nell’arte, infatti la sua riproposizione deriva dal Bauhaus (1919 – Gropius progettava le aule altissime e con delle porte immense proprio per far passare le tele enormi che i professori facevano dipingere agli studenti), ma ogni tanto rispunta (soprattutto negli artisti tedeschi). Candida Höfer e altri hanno ormai abbandonato la maestosità nelle dimensioni. Altri, come Gursky, no.
Inoltre, secondo me (ma anche secondo alcuni critici non contemporanei), un’opera d’arte deve avere due significati: uno perfettamente capibile che fa apprezzare l’opera ed uno nascosto che può anche essere spiegato. Se mancano queste due caratteristiche non si può parlare di opera d’arte.
Faccio un piccolo esempio. Giudizio universale di Michelangelo. Si rimane a bocca aperta subito, ma si rimane ancora più IPNOTIZZATI dopo aver analizzato tutti i dettagli e i significati nascosti dell’opera.
Per concludere vorrei citare l’esempio di Huang Kehua, fotografo cinese che scatta delle foto spudoratamente copiate dagli esperimenti di Monti, Minor White ed altri (quindi non roba recentissima direi..), ma di cui ho visto anche un’opera con due cigni che formano il cuore con il collo, come il più pacchiano dei biglietti di san Valentino. Bene, le foto di questo personaggio, vengono valutate più di Giacomelli, Erwitt ed altri. Ma solo perchè il governo cinese lo sponsorizza e fa salire il prezzo.
Un pò lo stesso meccanismo che ha usato il governo americano (durante la guerra fredda) per far prevalere la pop art su l’arte russa e mondiale.
Saluti.
Giuseppe Leone says:
Sono d’accordissimo con il tuo post.
Si assiste ad un proliferare di sigle attestanti livelli di professionalità certificati da chi?
E’ un ottimo metodo con il quale si racimolano soldi ed iscritti.
L’ appartenenza a quella o questa categoria diventa segno distintivo, certificazione di “qualità”.
Parliamoci chiaro è fumo per gli occhi.
Sa, sono un fotografo con qualificazione Qep, Qip, faccio parte del WPJA o dell’ ass. naz. fotografi di matrimonio…
Semplici trovate di marketing atte ad “impressionare” il probabile cliente e fargli conseguentemente ingoiare conti salati e, spesso, non corrispondenti al livello qualitativo e creativo effettivamente offerto.
Qualche centinaio di eurini l’anno, la sottoposizione, a fantomatiche commissioni di qualche pannellino e…Voilà…Arriva l’ambito bollino blu.
Alessio – synergiaphoto says:
Ah.. che bello questo articolo e ancor più i commenti.
Mi piace sempre un sacco leggere i commenti dei fotografi “professionisti” che tirano in ballo questioni monetarie e burocratiche, la p.iva, la pagnotta ecc.. come unica giustificazione contro i fotografi amatori. Ma siamo sinceri… non é che magari la vera questione sta nel fatto che la maggioranza dei fotografi professionisti non fotografa più per passione nella fotografia ma solamente per il fattore economico, alla pari dell’impiegato che tira a fine mese, finendo per essere letteralmente superati in fatto di creatività ed adeguatezza? (ops… quanti hanno il loro bel sito web adeguato ad essere visualizzato nei tablet?)
Questo vedo tra i colleghi; a questi chiedo sempre: ma non é che in realtà il motivo per cui vi fregano i lavori sta nel fatto che non siete in grado di essere all’altezza? E’ facile nascondersi dietro sigle, certificazioni o p.ive per far credere di essere bravi… un po’ meno é il saperlo anche dimostrare, e forse proprio per questo tanti “professionisti” hanno di cui lamentarsi.
Le foto mostrano la professionalità.. non il codice ad undici cifre o gli automeriti che ci vengono dati da coloro ai quali diamo qualche centinaio di euro in tesseramenti ogni anno! A scanso di equivoci ho un’attività di fotografo regolarmente registrata pure io.
davide marcesini says:
E’ la prima volta che scrivo, sono “osservatore esterno” che apprezza molto anche se non sempre sono d’accordo su tutto quello che leggo. Su questo tema sono in tutto concorde sul fatto che concorsi del genere non sono rappresentativi del mondo della fotografia e dovrebbero “presentarsi” diversamente.
Però mi sembra che le motivazioni riportate da Luca siano un poco affette dal problema che secondo me è sotto tante posizioni di Jumper: troppa attenzione al mezzo con cui si fa fotografia e meno al famoso “contenuto”. Mi sembra, su altri livelli, quello che riscontro quando mi chiamano a fare una serata in un circolo fotografico ( sono un povero fotografo di provincia “tuttologo”…nel senso che nella città dove vivo tocca affrontare tutti i temi possibili in fotografia…vantaggi dell’economia lenta dei miei posti. )…la prima e più sentita domanda è sempre <> e io giù a spiegare che non è per nulla importante, non almeno in tutti i settori. Qui, su altri livelli, sembra che se scatti con l’iphone sei avanti a prescindere ( lo so, nessuno l’ha detto, ma sembra di leggerlo tra le righe di ogni intervento). Io dico: fai delle foto interessanti e poi falle con quello che è più utile e funzionale allo scopo! Chissenefrega cosa usi!<>? Ma perché è un concorso di fotografia !( poi potremo discutere se è utile o interessante fare anche video per un fotografo- io sono per il sì assoluto- ma è un’altra questione).
“su flickr troviamo tonnellate di fotografi giudicati da grandi numeri di appassionati e non da giurie etc.etc” : non sono tanto favorevole al concetto “quantitativo” del successo, molti super colleghi di Picasso sono morti sconosciuti e il Grande Fratello è visto da milioni di persone… credo che l’apprezzamento, spesso urlato, della folla non sia un criterio valido di giudizio ( chiaro che commercialmente è interessante ma…esisterà qualcos’altro per cui valga la pena vivere, e lavorare)? Direi che l’impressione, lo sprone che vorrei lanciare a tutti, a me stesso, a Jumper, in questo grande periodo di crisi è “mirare più in alto”: più in alto dell’immediato ritorno commerciale, più in alto del successo facile dietro alle mode etc. etc…forse bisogna tornare a fare più attenzione a “cosa” vogliamo raccontare con le nostre foto, e “perché”. Le mode passano e passerà anche la novità iphone, in fondo non sono già più pochi ad usarlo creativamente, né io posso pensare di essere più appetibile se mi presento dal cliente con un computer o un aggeggio “X”. Lui vuole solo che io gli dia buone foto utili allo scopo per cui mi paga. Per quanto riguarda il problema prof/amatori secondo me è ben riassunto dall’ultimo post di Alessio con cui concordo pienamente. E se un amatore vende foto a basso prezzo perché non ci paga tasse è semplicemente un filibustiere. Come i professionisti che non fanno ricevute. Ma qui il discorso si farebbe lungo.
Con affetto e stima e chiedendo venia perché sotto sotto sono un po’ vintage!
Luca Pianigiani says:
Davide, se pensi che il nostro approccio sia legato al “mezzo” e non al “contenuto” forse non ci siamo fatti capire, o forse non ci hai capito. Di questa selezione abbiamo criticato essenzialmente il basso valore del contenuto, immagini e stili molto superati, poco moderni, poco contemporanei, poco di appeal per il mercato. Questo NON era un concorso di fotografia, ma una selezione fatta da un’associazione internazionale che vuole definire questo come il più alto livello qualitativo europeo, e noi lo abbiamo contestato, nel contenuto e nella qualità.
Abbiamo poi detto che oggi il mercato usa nuovi linguaggi, e questi nuovi linguaggi (al pari di quelli più tradizionali, non in sostituzione, ma neanche snobbati) dovrebbero essere rappresentati. Tutto qua….
davide marcesini says:
Non lo penso, è che mi sembra che si parli più spesso di quello che del resto, forse non capisco, ma i nuovi linguaggi mi intrigano ma…per dire cosa? Questo mi sembra fondamentale.
Comunque quei concorsi/ selezioni che dir si voglia, non vogliono affermare nulla, sono solo organizzazioni autoreferenziali e rappresentano solo se stessi e loro affiliati. Siamo d’accordo, ma ognuno è libero di cantarsela come vuole, sta agli spettatori valutare con la loro testa il valore di queste cose. Infatti il livello è basso perché chi ne capisce non partecipa! Se poi riteniamo basso il valore di questa manifestazione, che ci interessa di far in modo che aderisca ai nostri desideri? Che facciano quello che vogliono. Io dal canto mio minuscolo, tu, Jumper, facciamo del nostro meglio per elevare la considerazione della fotografia in questo mondo sovraffollato di brutte foto. E organizziamo una selezione alternativa con una giuria fatta da gente che non viene da “circoli fotografici”!
P.S. io in ogni caso non mi sento così sicuro di essere meglio di quello che vedo in giro, anzi! mi sembra sempre di rincorrere.
Nel mio commento non c’è nessuna voglia di polemica ma solo di scambiare idee e precisazioni tra chi, più o meno, la pensa allo stesso modo.
Grazie dell’ospitalità!
giorgio benni says:
stiamo attenti a non svalutare troppo la tecnica a favore del concetto. chiunque abbia una buona conoscenza dell’arte contemporanea sa quello che è successo dalle avanguardia ai giorni nostri con l’arte concettuale. questi due aspetti non vanno mai disgiunti tra loro. Il massimo livello dell’espressione si ha quando sono presenti entrambi.
Un po’ come togliere l’etica dalla politica, da De Gasperi alla Minetti.
giorgio benni says:
E’ normale che tutti gli ambienti specifici siano autoreferenziali, che i riconoscimenti dati entro tali ambienti avvengano in maniera differita. In più ritengo normale che tali ambienti siano conservatori. Dato che il valore riconosciuto si afferma quando la maggior parte degli operatori raggiunge un tale standard ed è pacifico che non vi arrivino tutti simultaneamente. Questo succede anche in contesti accademici.
Per fare un esempio basta vedere quale è la musica italiana che ha succeso in Europa e nel mondo o i personaggi televisivi che giostrano per le reti.
I linguaggi moderni si affermano presso altri canali, passa tempo prima che vengano storicizzati, in più solo pochi di loro lo saranno. Il resto sarà l’onda che fa galleggiare i pochi che ci guadagneranno.
Ma attenti a non gettare tutto nelle ortiche. I cantanti lirici esistono ancora, la musica classica, il balletto, il circo, il teatro borghese. Innovare non è necessariamente rompere con la tradizione. Ma a volte seguire la sua naturale evoluzione.
Simone says:
Ciao Luca e ciao a tutti.
Non voglio essere polemico, lo sai che sono un lettore assiduo di tutte le vostre iniziative, ma anche secondo me, dai tuoi ultimi interventi, sembra che qui si parli solo di mezzo.
La parola più usata ultimamente è I-Pad (la seconda Apple, o il viceversa) che, come ti dissi una volta, non riesco a capire come potrà essere il futuro visto che ci sono infinità di applicazioni che non potrà mai (forse) fare. Tutto ciò che riguarda il disegno Cad ad esempio, sia 2D che 3D. E penso che sia una bella fetta di grafica tutto ciò che riguarda l’architettura, o l’ingegneria meccanica, non credi?
Ipotizza che la gente faccia quello che tu “consigli” (tipo dieci motivi per cui un fotografo professionista deve avere un I-Pad) : si usa l’i-phone (che tra le altre cose penso sia l’oggetto più sopravvalutato del mondo), l’I-Pad, poi ovviamente il Mac perchè il sistema operativo è il migliore ecc ecc. poi l’Apple fra qualche anno, come tutte le aziende di moda, va in crisi. E’ successo a tutti e succederà anche all’Apple. Bene. Che succederà a tutti quelli che si son specializzati con questi “mezzi”?
L’altra volta hai scritto che il JPM in pdf non è stato scaricato, beh, ma molto probabilmente è perchè l’argomento non interessava. Io ero uno di quelli che ti aveva chiesto il pdf, ma non mi interessava e non l’ho scaricato.
Io penso che, ultimamente sia chiaro, non stai aiutando le persone a guardare ed affrontare il futuro perchè tu stai parlando di una sola parte di futuro che, tra le altre cose, è presente.
Ripeto, tutto ciò senza polemica, e lo sai.
Saluti e buon lavoro!
Giorgio Benni says:
luca ci sono due interventi miei sempre in attesa di moderazione. come funziona? non mi sembravano polemici. solo per curiosità visto che si tratta del tuo sito, ed è normale che decidi tu. come mai non l’hai accettati? mi fai sapere? grazie.
giorgio benni info@giorgiobenni.it
Luca Pianigiani says:
Nessuna censura, qualche problema con il sistema di segnalazione di WP, evidentemente. come il tuo, ho visto che ce ne erano un paio che non erano visibili. Provveduto, perdono per il ritardo!
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