Il titolo è già una provocazione sufficiente, se pensiamo alla stragrande maggioranza dei siti (dei fotografi e non solo): quasi tutti meriterebbero, effettivamente, di essere buttati via. Sono noiosi, brutti, inutili, ammuffiti, privi di dinamicità, pretenziosi e presuntuosi. Una bella pulizia ci starebbe bene, benissimo: pensate all’inquinamento digitale (tonnellate di bits) che provocano in rete. L’argomento però diventa ancora più drammatico (o stimolante) se ci si domanda quanti sono poi gli accessi. Nella maggior parte dei casi, si tratta di siti che vengono visitati da poche decine di persone al giorno, la via privata in una cittadina di provincia è più popolata. Nel mondo siamo circa 7 miliardi di persone, 2 delle quali hanno accesso ad Internet: che potenzialità ha il nostro sito di attrarre una fetta pur infinitesimale di questi utenti navigatori? Alla luce dei fatti, quasi nessuna.
Il fatto interessante e nuovo però è che questa discussione, cioè: ha senso avere un sito Internet? sta prendendo da qualche tempo una piega decisamente più autorevole, per esempio il Governo americano ha deciso un paio di mesi fa di chiudere il sito “istituzionale” America.gov, (che non linko perché non è più attivo) per puntare totalmente su una azione di social network. Anche solo per emulazione, in Italia potremmo sfruttare l’occasione per far risparmiare allo Stato circa 28 milioni di euro per il “potenzialmento” di italia.it (che non linko sebbene purtroppo sia ancora attivo ed è una vergogna), dopo che ha succhiato a tutti noi circa 50 milioni per farlo partire. Non servirebbe neanche “convertirlo” in qualcos’altro (qualcuno sarebbe capace di intascarsi milioni di euro per aprire una fan page su Facebook): nessuno ne ha mai sentito l’esigenza, nessuno lo usa, nessuno ne sentirebbe la mancanza.
I fatti però ancora più “sconcertanti” sono che se si vedono i numeri di due grandi aziende, Starbucks e Coca Cola, ci si accorge che da “elemento obbligatorio” per qualunque realtà di comunicazione, ora ci si domanda se davvero il suo declino sia ormai arrivato. Nel caso specifico, i visitatori del sito Starbucks.com sono mensilmente di 1.8 milioni di utenti, mentre quelli che raggiungono Starbucks via Facebook sono 19,4 milioni. Ancora più significativi numeri per Coca Cola: 0,27 milioni di utenti per il sito, 22.5 milioni di utenti al mese per Facebook.
Sono numeri che fanno pensare, vero? Buttiamo quindi via i nostri siti e ci dedichiamo solo ai social network per comunicare con il nostro pubblico? L’argomento è stato trattato e discusso in un eccellente articolo che trovate qui, e che ha ispirato questo SundayJumper. In questa analisi vengono segnalati vantaggi e svantaggi di questa scelta: i social media sono caratterizzati da una serie di vantaggi, come la loro specifica ottimizzazione per l’interazione, sono il “media” in cui i giovani investono maggiormente il loro tempo, sono in grado di creare collegamenti e fidelizzazione nel tempo e di creare i presupposti per azioni “virali”.
I siti, però, non sono esenti da vantaggi: possiamo controllarne il design, possediamo i dati in esso contenuto, possiamo personalizzare e lavorare sulla targettizzazione in modo più efficace e permette di raggiungere tutti gli utenti che vi interessano (e non solo quelli iscritti a FB, a Twitter, eccetera).
Questa analisi, corretta e seria, che mette in evidenza come forse non siamo (nel mondo) pronti, ancora, a buttare via i siti per dedicarci solo ed esclusivamente alla comunicazione via social network. Ma abbiamo bisogno di riflettere di più sullo stato in cui siamo in Italia, nella creazione di comunicazione digitale: purtroppo se è vero che i siti sono in gran parte pessimo, l’uso dei social network è ancora peggio, e rasenta il dilettantismo assoluto. Se domani mattina tutti buttassero tutto, ad esclusione del profilo di Facebook, l’unica cosa che rimarrebbe sarebbero le stupidaggini che sono state scritte in bacheca: dateci un’occhiata veloce e diteci se sareste orgogliosi di contattare un cliente importante sulla base di questo “biglietto da visita”. Senza contare che il contenuto di Facebook (al contrario di quello di Twitter) non è ricercabile da Google, e le persone cercano le informazioni (e quindi i contatti) su Google. A questo aggiungiamo che mentre altri social network ci permettono di iscriverci con dei nickname, che possiamo cancellare per far sparire come riferimento diretto e personale, Facebook esige l’identificazione personale. Se vengono scritte stupidaggini, rimarranno legate a noi. I giapponesi non amano Facebook proprio per questa eccessiva esposizione pubblica del proprio lato intimo, e condividiamo e trasmettiamo questa sensazione. Troppe persone sono troppo inesperte nell’approccio della comunicazione digitale sociale, e gli errori che si possono commettere sono davvero molti (a volte irreparabili), e quindi forse prima di affidare tutto ai social network, che amplificano (ed è il loro vantaggio) qualsiasi voce, forse converrebbe apprendere come fare un sito internet che funziona. Per esempio, costruendo un sito internet che si muove come un social network, ma che possiamo dominare e controllare. Usando con sensibilità gli amplificatori sociali (Facebook, Twitter, YouTube, Vimeo, Flickr e altri) per portare le persone interessanti verso il sito e non viceversa. Costruendo una ramificazione di contatti costruiti non sulla casualità, ma su interessi comuni, su relazioni costruttive e di prospettive. Condividendo la propria esperienza, la propria creatività, la propria professionalità, la propria visione artistica. Essere un riferimento: questo è l’obiettivo, se non siamo pronti dobbiamo imparare ad esserlo; quando impariamo possiamo prendere il volo.
Ci sono generazioni che hanno già abbandonato la posta elettronica, e che non trovano nessun motivo per andare su un sito internet. A questa generazione (che non è detto che sia solo fatta di “giovani”) dobbiamo dare delle risposte, nella nostra comunicazione, per gli altri dobbiamo garantire un percorso più tradizionale. Per riuscire in entrambe queste due esperienze (siamo in Italia, quindi dobbiamo agire per compromessi, vecchio e nuovo si mischiamo senza logica e senza strategia) dobbiamo partire da un elemento, che è quello del titolo: “Buttiamo via i nostri siti”. Ma per ricostruirli, in modo adeguato, lavorando ad un progetto che sia meno autoreferenziante, ma che possa far partire dialogo e condivisione, che non dica “chi siete”, ma che faccia capire “come siete, cosa sapete fare, cosa potete fare per chi vi incrocierà per le vie digitali). Investendo non in tecniche e in personalizzazioni estreme (l’artigianato Web è ormai morto… perché costruire da zero qualcosa che esiste già, ed è efficiente?), ma in contenuti e in promozione.
Un sito efficace si può costruire in pochi giorni, deve essere aggiornabile da voi stessi, e deve prevedere costanti aggiornamenti, con argomenti, informazioni, segnalazioni, creatività. Deve essere il centro di un crocevia di condivisioni, bisogna pensare non a quello che “Interessa a voi” (del tipo: “Hey, sono un fotografo bravissimo, dammi dei soldi che lavoro per te“), ma in quello che interessa alle persone (che per voi non nutre alcun interesse, in partenza). Siate interessanti, convincenti, appassionanti, fate bere i curiosi e fate mangiare gli affamati con il vostro sapere e con la vostra personalità. Una volta che tutto questo sarete in grado di dominarlo, potete anche decidere di cambiare punto centrale della vostra comunicazione, spostandola su un Social Network che reputerete adatto a far maturare questa seconda fase. E forse questo ci porterà ad investire di più su questo aspetto e meno sul sito, che un giorno potrebbe anche sparire completamente.
Non aspettate, partite subito: ci vuole un po’ di coraggio, ma si può fare: buttate via il vostro sito, e apritene un altro, dove il valore siete voi, non la forma. Le relazioni non nascono dalla forma, ma dalla sostanza. Almeno nel web (nei salotti “bene” forse non è così, ma anche questo cambierà…)
Giulio says:
Luca :-) l’ho appena buttato e rifatto. con umiltà chiedo ai tuoi seguaci più volonterosi di farmi sapere cosa ne pensano… grazie
alessandro gaja says:
@Giulio…la buona volontà potrei anche metterla, ma almeno il link…;-)
giorgio says:
Bravo Luca bel pezzo… a proposito io ho due di siti web, uno per la mia attività di fotografo e l’altro per l’altra attività di giornalista.
Stanno li immobili, non ho ancora trovato il tempo di aggiornare entrambi come vorrei. Un pò come avere due vetrine in due diversi negozi, statiche e vorrei dire anche un pò noiose.
Tu pensa che io ho solo un Mab Book Pro 15″ per lavorare e pensavo di prendere un IMac, il fisso che non ho. Ho invece deciso di investire in un IPAD devo dare alla mia attività una dinamicità maggiore e proprio per questo penso che mi occorrono strumenti nuovi ed utili in movimento. Dimmi cosa ne pensi, ah non sono ancora su Facebook perchè non amo molto mettermi in mostra, qualcuno mi ha parlato di Linkedin come mezzo più professionale, dammi qualche consiglio mi sarà davvero utile. Ciao
Andrea says:
Articolo molto molto bello e illuminante, secondo me si incastra bene con quell che hai scritto poco tempo fa in cui consigliavi di utilizzare i social network come “traghetti” che portino gli utenti al nostro sito personale
Barbara says:
@ Alessandro: basta cliccare sul nome di Giulio.
In merito a Facebook per i giapponesi, ne parlavo proprio a marzo con un mio cliente giapponese. Se ne andava in giro a chiedere a tutti (fotografi, videomaker, pr, agenzia) se avevamo Facebook e cosa ne pensvamo. La cosa buffa è che nessuno di noi aveva e ha tutt’ora un account Facebook. I giapponesi hanno un social simile che però non decolla e le aziende stanno cercando di capire perchè invece Facebook è così popolare nel resto dle mondo. Pare però che in Italia, tra i professionisti, non sia così comune questo social. O perlomeno non si usa certo per lavorare!
Ritengo invece ancora di fondamentale importanza il sito personale. Ormai è diventato il portfolio da guardare, il riferimento. E per questo concordo sul fatto che debba essere curato, personale e creativo.
Del resto viene confermato dai ragazzi di Photoshelter che con le utilissime guide e interviste che anche tu hai segnalato, portano un esempio di come funzioni veramente nel mondo, fuori dalle nostre quattro strette mura.
Teresa says:
E’ quello che sto facendo in questo momento.. per ora non ho un granché di contenuti ma sto preparando il sito in modo da renderlo aggiornabile velocemente nel momento in cui ci saranno. Sto sostituendo le gallerie di immagini con dei blog che dovrebbero essere più fruibili
Riccardo Marcialis says:
Buona domenica a tutti,
personalmente, non saprei che giudizio esprimere (statisticamente) in merito ai vantaggi tra Web site e social network, in quanto non ho mai avuto un Web site come fotografo.
Probabilmente perché prima (agli inizi della rete) pochi sapevano cercare; poi, in quanto a cercare nel settore della fotografia, le aziende si interessavano più che altro a chi costasse meno più cha al portfolio.
Oggi, in effetti, i Web site in cui io mi prendo la briga di entrare e perlustrare sono affini a delle esigenze, e qualche volta emergenze, che mi si presentano nel lavoro quotidiano.
Un mezzo a cui non mi avvicino più sono i cosiddetti “social network”. Sembra di entrare a una festa in maschera in cui è impossibile vedere la vera faccia (personalità) delle persone che dicono di essere quello che in effetti, spesso, non sono.
Utilizzo moltissimo, invece, la rete per quel che riguarda il suo patrimonio di letteratura specifica in quasi tutti i campi professionali. Questo succede quasi esclusivamente solo con il “vecchio” ma efficiente ed esauriente Site.
Blog e Social network mi sembrano un po’ dei telefoni senza fili in cui gli argomenti e le informazioni vengono pubblicate con una percentuale di distorsione paurosa. Penso, dovuta all’ignoranza di chi partecipa in merito ai temi trattati e nella superficialità con cui vengono attese.
Il Web site, come mezzo tecnologico, è colpevole di nulla; sono gli argomenti e la struttura che lo rendono goffo e inefficiente.
Ci sono dei Web site di fotografi che fanno sognare dalla bellezza, non solo delle immagini, ma soprattutto della grafica. Ma non funzionano. Neanche un po’.
Nei primi anni ’90, alcune grandi aziende hanno speso dai 100 ai 200 milioni di lire per redigere Web site da favola che ancora oggi aspettano di essere aggiornati. Gli altri sono stati gettati nella pattumiera.
Un Web site che funzioni – tra i primi tre di una ricerca specifica – innanzi tutto non può accontentarsi di un software “fai da te”.
Poi; la sua struttura non deve assolvere alle nostre bucoliche ma deve tangere (collimare, cavalcare, filare ecc.) con le peculiarità dei motori di ricerca.
Nessuno cerca Riccardo Marcialis sul Web. E’ più facile che cerchino “food design photographer” preferenze: “italian style”. Quindi non è il Web site che non funziona.
Però, giustamente come considera Luca l’argomento, potrebbe anche essere che il Web site funzioni meno solo perché è un po’ passatoi di moda per colpa di tanta sporcizia che viaggia a velocità supersonica.
Una possibile alternativa al Web site che consiglio ai colleghi sono i professional network. Dove i pettegolezzi sono sostituiti da seri motivi imprenditoriali.
Proviamoci. Riccardo
Laura Bonaguro says:
Sono sostanzialmente d’accordo con Luca. Nel clima attuale pensare ad un sito di taglio social ma controllabile, dominabile e in continuo divenire è senz’altro un buon compromesso per districarsi dalla sostanziale inerzia delle vetrine on line e dalla convulsa e superficiale bulimia dei vari facebook network. Ciò che spaventa o preoccupa a mio avviso professionisti indipendenti e aziende sulla questione sito è il tempo e il lavoro da dedicare a quello. Se è vero che costruire un sito con una nuova veste e in chiave dinamica può essere relativamente semplice non lo è altrettanto seguire con accuratezza, scrivere, rispondere, cercare contenuti e soprattutto tenere le relazioni. Se si è soli ci sono ovvi motivi di gestione del tempo quando questo non è impegnato al servizio di qualcuno, se si è un’azienda è difficile comprendere l’importanza di destinare risorse umane da dedicare al web.
Proprio settimana scorsa mi si chiedeva di dare una sistemata ad un sito con un aggiornamento che costasse pochissimo e riguardante più che altro l’aspetto formale. (Ma sì, togliamo quella parte che è vecchia e aggiungiamo un po’ di immagini nuove… checcevo?)
angelo cucchetto says:
concordo, ci faccio tra poco un seminario con un corelatore, penso sia indispendabile ancora avere un proprio sito, ma occorre seminare contenuti dappertutto :)
un suggerimento: usare wordpress (non su piattaforma condivisa) per il proprio sito, con le ultime release ci sono anche gallery decenti, indicizza molto bene su google.
secondo suggerimento: facebook puo essere utile per promo eventi, linkedin è una figata per la gestione di una vetrina pro (integra di tutto, da video a blog a presentazioni di vario tipo), ma molti dicono che poi alla fine non arrivano mai contatti proficui da linkedin, mentre da facebook puo succedere.
maria says:
Il titolo contiene una bella provocazione ma è un tema molto interessante su cui riflettere. Forse dirò qualcosa di banale, ma penso che sito internet e presenza nei social network, assolvono a compiti diversi e, almeno per ora, siano necessari entrambi. Concordo con la necessità che il sito debba essere meno autoreferenziale e più rivolto all’utente e alle sue necessità, in una sola parola più dinamico. Un’idea potrebbe essere costruire uno strumento ibrido, che permetta al visitatore una maggiore interazione e possibilità di dialogo.
Questo ha il notevole vantaggio di poter conoscere chi ci viene a visitare sulle numerose piazze virtuali della rete in cui siamo presenti, ma ha lo svantaggio che bisogna dedicare del tempo, ogni giorno.
Concordo pienamente con Riccardo Marcialis sull’importanza di essere presenti nei social network professionali e mi rendo conto che non poche occasioni di lavoro passano da lì.
Luca pianigiani says:
Giorgio, Linkedin è un social network eccezionale nella sua potenzialità. Non è direttamente un “ufficio di collocamento” ma consente di organizzare la presentazione professionale con efficienza e serietà. Esserci, su Linkedin, è un obbligo e ovviamente va fatto seriamente, dedicandoci tempo e competenza, in lingua madre e in lingua inglese. E poi si inizia ad aggiungere colleghi, persone con le quali abbiamo collaborato e, di conseguenza, anche altri collegamenti interessanti che si aprono come per magia. Non bisogna ma essere “markettari”, ma seri, disponibili, professionali, non è il mercato del pesce.
Inizia e fallo crescere, il tuo profilo di Linkedin, vedrai che ti sarà molto utile :-)
Cristian says:
Sono d’accordo e aggiungerei che i tempi sono maturi perché un progetto web sia sempre più un contentore, un mock-up dei tantissimi social media esistenti (Flickr, YouTube ecc.)
Credo nel concetto di sito come lifestream… chiunque persona o azienda ha ormai una vita sui social network e quel che fa all’interno di questi lo rappresenta… c’è chi, come me, cura con molta attenzione i contenuti sul proprio profilo personale perché è consapevole che viene letto da amici ma anche da clienti e prospect.
Il sito web, dicevo, deve diventare un contenitore, un aggregatore dei tanti contenuti che mettiamo sui vari social network. Perché non usare le API di Flickr per gestire gallerie? YouTube per i video? A che servono le news? C’è Twitter! C’è ancora molta voglia di reinventare la ruota… un player personalizzato, un complesso e costoso sistema di streaming o di content management. Ci sono una miriade di servizi online per gestire alla perfezione il 90% delle attività utili per un qualsiasi sito web, e soprattutto permettono di raggiungere milioni di persone. Il resto è “contenitore”, ciò che ci caratterizza e che può quindi cambiare più facilmente nel tempo senza dover ricreare una complessa struttura dati che invece è cloud.
Con questo approccio abbiamo riprogettato il nostro sito aziendale con un raddoppiamento delle visite nel primo mese di vita e in continua crescita.
Io ci credo!
Salvatore says:
Ciao Luca,mi hai confermato quello che pensavo da un po di tempo.Grazie.
Chiuso e fermato sulle quattro freccie.Si lavora il nuovo.
Ciao
Salvatore Carrino
Marco says:
NON CONDIVIDO NULLA!!
Dopo la provocazione, mi spiego. Non dubito che ci siano situazioni come quelle esposte nell’articolo.
Ma io vivo tutti i giorni ANCHE grazie ai clienti che trovo nel WEB per me e per le AZIENDE CHE SEGUO.
Il sito web deve essere un posto che RISOLVE PROBLEMI , SODDISFA ESIGENZE, COLMA LACUNE.
Troppo spesso si mischia la logica del FAR ARRIVARE la comunicazione con i CONTENUTI della COMUNICAZIONE!!
Anche nei commenti successivi mi sembrate un po’ troppo concentrati sul MEZZO piuttosto che sulla sostanza della comunicazione. Tutti a valutare gli strumenti utilizzati per fare comunicazione, nessuno pone l’attenzione su COSA SI COMUNICA.
Bisogna imparare a dire le cose CHE SERVONO alle PERSONE che le STANNO CERCANDO.
tutto il resto..è spam.
FAcebook, ad esempio, può servire per comunicare direttamente al consumatore finale, ma se hai un’attività B2B, non riesci ad ottenere risultati rapidi come con google.
E poi, su FB se lavi tappeti o organizzi una serata….HAI RISULTATI DIVERSI, perchè il target di FB è molto più vicino alle serate, piuttosto che al lavaggio di tappeti.
Sono strumenti. Ognuno serve a qualcosa. NESSUNO rappresenta LA SOLUZIONE IDEALE!!!
COMUNICATE COSE INTERESSANTI e AVRESTE RISULTATI INTERESSANTI.
Se non ottenete risultati, state dicendo cose non interessanti. E’ facile.
Gianni says:
Ottimo articolo!
Anche io tempo fa ho analizzato criticamente il mio sito Web: era realizzato in flash, graficamente strepitoso, o forse più Pacchiano… :) . Gli unici visitatori erano le coppie che si erano sposate perché inserivo le loro foto sul sito…
Quindi decisi di fare da solo: Cominciai a navigare su internet per vedere cosa c’era di nuovo all’orizzonte e mi imbattei su “Altervista” e sulla sua piattaforma WORDPRESS: fantastico!!!! entrai nella logica del Blog, nella condivisione, nell’importanza dei contenuti, e nella possibilità di creare una rete sociale al di fuori di Facebook veramente interessata di fotografia. Studiai per mesi WordPress e Php e CSS, ora ho creato finalmente il mo sito “ideale”: è fantastico! Ho molta più interazione di prima, più visite, più collaborazioni, ma più soddisfazione, il sito non è più una cattedrale nel deserto, ma un vero punto nevralgico. Ora uso FB solo per pubblicità….
Grazie WORDPRESS!!
P.S. Fate come dice Luca:”BUTTATE I VOSTRI SITI”
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