La rincorsa spasmodica verso il futuro impedisce spesso di guardarsi indietro, e se lo si fa si rischia di cadere nel patetico. E’ invece abbastanza affascinante vedere il percorso che si è fatto, che ci permette di scoprire (non ci riusciamo, altrimenti… siamo troppo impegnati a correre… ne so qualcosa) quello che è stato fatto, da dove siamo partiti e dove siamo arrivati.
Scartabellando tra gli hard disk, ho trovato pezzi di passato che avevo scansionato tempo fa e che volevo tenere come traccia del passato. Questo Sunday Jumper è didascalico di questi piccoli tasselli di passato che raccontano meglio il futuro di qualsiasi altra occasione che parla di futuro.
Il meccanismo per fruire questo Sunday Jumper è di sfogliare con noi la galleria che abbiamo preparato e di leggere qui le didascalie, i commenti e le piccole storielle connesse al “tassello”, in questione. Buon divertimento!
Vi segnaliamo che qui a lato riprendiamo le icone delle foto della galleria (sono tre pagine di icone), e le didascalie sono da intendersi come una progressione dall’alto verso il basso, da sinistra a destra… insomma… come si legge!
Cominciamo con la pubblicità di Kodak, con tanto di negativo applicato sul foglio, un primo segnale di preoccupazione della grande casa di pellicole. Uscita negli Usa all’inizio degli anni ’90.
P, la fantastica rivista della Polaroid, vero esempio di cultura dell’immagine, realizzato da un’azienda del settore. Nata nel maggio del 1990, in Inghilterra, ci ha accompagnato per anni, fino a diventare una versione “digitale”, che si può trovare a questo indirizzo. Purtroppo, la pubblicazione non è andata avanti…
Sempre da Polaroid, Landscape, precedente a P, edizione realizzata in Italia Luglio 1987.
Pubblicità Adobe (logo vecchissimo) con testimonial d’eccezione, Neville Brody… lo stesso Brody che qualche anno dopo ha collaborato a stretto contatto con Macromedia per sviluppare interfacce e grafica dei software. Uno di quelli che con onore ho incontrato in un evento chiamato Fuse dove la nostra storica rivista cartacea, Jump, era partner… un evento che prima o poi vorremmo ricostruire nel feeling anche in Italia.
Manifesto della Piramide, testo originale, stampato su carta a modulo continuo, su carta da lettera dell’AFIP. All’epoca si parlava di approccio professionale fatto di pensiero, di cultura… non di punti che si trovano nei fustini del detersivo. Bei tempi…
Dischetto da computer prima dei floppy disk, erano mollicci, ci stavano pochi Kb…(ahh.. tanto per capirci… i floppy erano quelli piccoli e rigidi, quelli che Steve Jobs ha eliminato dalla faccia della terra quando ha presentato il primo iMac… quante discussioni, e poi nessuno ne ha sentito la mancanza!).
Primo dorso digitale sul mercato, a scansione: il Rollei Scanpack realizzato da Rollei: si montava sulla reflex medio formato di questa casa, si pilotava con computer come l’Apple Macintosh IIfx, all’epoca il sogno di chiunque facesse desktop publishing (mi pare attorno al 1991-92). C’ero alla presentazione, in Mafer (c’era anche Alessandro D’Atti… ti ricordi Alessandro?).
Altra pubblicità Adobe, per Photoshop 2.5… un passo epocale nello sviluppo del software per l’immagine digitale
Nulla di particolare, solo una rivista, Blah, Blah, Blah davvero meravigliosa, dell’epoca, che portava avanti stili di grafica che, negli anni ’90, erano particolarmente “cool” e che ancora oggi sarebbero innovativi e di grande successo (quanto ci siamo persi… per strada!)
PeterPan, uno dei tanti tentativi di creare in Italia una rivista simile a Wired. In questo caso, di Lotito Editore, 1997. Forse sono usciti due numeri… questo era il primo numero, con una giovanissima Nancy Brilli e un Pieraccioni appena “scoppiato” con il “ciclone”. Pare che tra poco Wired arriverà in Italia (con Condé Nast), ma… siamo terrorizzati dal chi ci scriverà. Wired non è ancora la numero uno per il logo o per la grafica… ma per l’intelligenza e la competenza di chi ci scrive. I giornalisti italiani sono quasi sempre più interessati a dimostrarsi “intelligenti” che non a scrivere cose intelligenti.
Passiamo alla seconda pagina della galleria (che, nel caso vi siate persi, la trovate qui)
Tre scansioni della rivista King dell’indimenticato Vittorio Corona, un mito che ha unito come pochi intelligenza, innovazione (grafica e di contenuti) e immagini. Quanto ci manca. Nelle tre immagini, una giovanissima Asia Argento diciassettenne, coi capelli lunghissimi e che aveva cominciato a scrivere delle rubriche, proprio su King, davvero eccellenti. Poteva continuare su quella strada… Poi una copertina e infine un articolo che parla… della carta che sparisce lasciando spazio all’elettronica. Non ce l’abbiamo ancora fatta, caro King… ma ci speriamo sempre!
Pubblicità di una fotocamara chiamata “Bridge”, della Canon. Su pellicola, ma si guardava oltre…
Meraviglioso esempio di “copia e incolla”. Prima LIFE e poi SETTE (la rivista che è nata prima dell’attuale Io Donna, del Corriere della Sera). Insomma… nulla si crea tutto si trasforma (diceva lo scienziato ingenuo… in realtà nulla si crea, tutto si copia!)
Vecchia pagina di quotidiano, si parlava… della rivoluzione del “dischetto”…
Libro Sinar per la tecnica del grande formato. Come vorrei ritirarlo fuori e vedere in quanti ancora sanno come si usano i basculaggi e cosa si può ottenere in ripresa con i corpi mobili… La Sinar nel frattempo è cambiata molto, come il suo mercato e come il mondo della fotografia, ma rimane che nessuno ha ancora trovato un sostituto al banco ottico, in alcune tipologie di fotografia. Ma ci siamo adattati…
Ancora Polaroid, con pubblicazione di immagini “uniche” scattate con la 50×60 dell’epoca. Chi ha avuto l’onore di vederla in azione, di usarla (io sono stato solo “modello”… ho un ritratto fatto con questa fotocamera, fatta dal grande Joe Oppedisano) può considerarsi fortunato. Per chi non avesse vissuto questa esperienza, vale la pena dire che 50×60 era il formato della pellicola, dello scatto… della fotocamera, tutta in legno. Non vi so dire, forse è ancora noleggiabile… (mi sto informando, ma di domenica dubito che mi rispondano…).
Passiamo all’ultima pagina della carrellata di foto (visto che è una galleria Flash, l’indirizzo è sempre lo stesso, questo…)
Ultima carrellata: l’ultima foto della precedente fila di foto e le prime due di questa: i primi sistemi di trasmissione di fotografie, usate dai fotoreporter delle agenzie più prestigiose, e un risultato teletrasmesso di questa sorridente e vittoriosa signorina che nel frattempo sarà diventata nonna.
Una pubblicazione rivoluzionaria dell’epoca, L’uovo di Colombo. Il desktop publishing alle prime battute, una testimonianza di un momento in cui il mondo editoriale è cambiato per sempre.
Foto finale, personal-commemorativa: a sinistra il sottoscritto, al centro Lenny Meidan (fantastico amico e spesso maestro di vita, che vive molto lontano, ma è vicino nel cuore) e Fabio Meazzi, fotografo di Milano: un periodo in cui, giovani studenti di fotografia, sognavamo un grande futuro per noi e per il nostro settore. Chissà… forse in parte ci siamo riusciti, ma nella rincorsa quotidiana, forse nemmeno ce ne accorgiamo, come si diceva all’inizio.
Questa galleria non porta a nulla, se non a fermarsi un attimo, per osservare quello che abbiamo tutti noi dietro alle spalle, e per fare in modo di non perderlo, perché c’è del buono da recuperare, e da riproporre, in chiave moderna. Buona domenica!
Luca Pianigiani
odo says:
ieri sera sul tardi in tv han dato amarcord…
odo says:
ieri sera sul tardi in tv han dato amarcord…
mimmo torrese says:
beh… che dire, se non che mi sono ritrovato in tante cose. il floppy, quello morbido che usavo nel mitico pc ibm con il video piccolo a fosfori verdi (lo so che tu sei un fans della mela, ma anche questa macchina ha fatto storia) ne avevo tanti ma non li trovo più. Ricordo il il primo pc portatile toshiba 1000, schermo ldc monocromatico, S.O. dos 3.0 su rom, e per allora una cosa straordinaria lettore FD di 144 kb. Mi permetto di segnalare tra le riviste, Pro edita da reflex diretta da Maurizio Rebuzzini e con Mimmo Cacciuni redattore. Una bella rivista, nata se non ricordo male nei primi anni 90, dedicata alla fotografia professionale, che pur avendo qualche limitazione ideologica, è stata un bell’esempio di informazione tecnica.
mimmo torrese says:
beh… che dire, se non che mi sono ritrovato in tante cose. il floppy, quello morbido che usavo nel mitico pc ibm con il video piccolo a fosfori verdi (lo so che tu sei un fans della mela, ma anche questa macchina ha fatto storia) ne avevo tanti ma non li trovo più. Ricordo il il primo pc portatile toshiba 1000, schermo ldc monocromatico, S.O. dos 3.0 su rom, e per allora una cosa straordinaria lettore FD di 144 kb. Mi permetto di segnalare tra le riviste, Pro edita da reflex diretta da Maurizio Rebuzzini e con Mimmo Cacciuni redattore. Una bella rivista, nata se non ricordo male nei primi anni 90, dedicata alla fotografia professionale, che pur avendo qualche limitazione ideologica, è stata un bell’esempio di informazione tecnica.
mimmo torrese says:
beh… che dire, se non che mi sono ritrovato in tante cose. il floppy, quello morbido che usavo nel mitico pc ibm con il video piccolo a fosfori verdi (lo so che tu sei un fans della mela, ma anche questa macchina ha fatto storia) ne avevo tanti ma non li trovo più. Ricordo il mio primo pc portatile toshiba 1000, schermo ldc monocromatico, S.O. dos 3.0 su rom, e per allora una cosa straordinaria lettore FD di 144 kb. Mi permetto di segnalare tra le riviste, Pro edita da reflex diretta da Maurizio Rebuzzini e con Mimmo Cacciuni redattore. Una bella rivista, nata se non ricordo male nei primi anni 90, dedicata alla fotografia professionale, che pur avendo qualche limitazione ideologica, è stata un bell’esempio di informazione tecnica.
scusami ma avevo mancato un “mio”
mimmo torrese says:
beh… che dire, se non che mi sono ritrovato in tante cose. il floppy, quello morbido che usavo nel mitico pc ibm con il video piccolo a fosfori verdi (lo so che tu sei un fans della mela, ma anche questa macchina ha fatto storia) ne avevo tanti ma non li trovo più. Ricordo il mio primo pc portatile toshiba 1000, schermo ldc monocromatico, S.O. dos 3.0 su rom, e per allora una cosa straordinaria lettore FD di 144 kb. Mi permetto di segnalare tra le riviste, Pro edita da reflex diretta da Maurizio Rebuzzini e con Mimmo Cacciuni redattore. Una bella rivista, nata se non ricordo male nei primi anni 90, dedicata alla fotografia professionale, che pur avendo qualche limitazione ideologica, è stata un bell’esempio di informazione tecnica.
scusami ma avevo mancato un “mio”
Luca Pianigiani says:
Non ho parlato di riviste “ufficiali” di fotografia…. ma condivido che Pro è stata una grande rivista. Con Maurizio le strade non si sono mai incrociate sul serio, avremmo forse potuto fare molto di più insieme, ma i percorsi, le discrepanze tecno-ideologiche e forse i ruoli hanno impedito che succedesse qualcosa di più che un semplice saluto nelle occasioni pubbliche; credo che la stima reciproca (almeno da parte mia c’è sempre stata) l’avrebbe resa possibile. Comunque, lui prosegue la pubblicazione della sua testata, Fotographia, potresti continuare a seguirlo ;-)
Luca Pianigiani says:
Non ho parlato di riviste “ufficiali” di fotografia…. ma condivido che Pro è stata una grande rivista. Con Maurizio le strade non si sono mai incrociate sul serio, avremmo forse potuto fare molto di più insieme, ma i percorsi, le discrepanze tecno-ideologiche e forse i ruoli hanno impedito che succedesse qualcosa di più che un semplice saluto nelle occasioni pubbliche; credo che la stima reciproca (almeno da parte mia c’è sempre stata) l’avrebbe resa possibile. Comunque, lui prosegue la pubblicazione della sua testata, Fotographia, potresti continuare a seguirlo ;-)
pierpaolo mazza says:
grazie
pierpaolo mazza says:
grazie
leonardo bigagli says:
Ciao Luca, complimenti bel “tuffo” nel passato, aiuta a riflettere. Non ti dico x chi vi ho scambiato nell’ultima foto…? siccome, come sempre, guardo prima le foto e poi leggo le eventuali didascalie, vi ho scambiato da sinistra a destra, rispettivamente per: Massimo Troisi, Lello Arena ed un improbabile Nanni Moretti. Dico sul serio, pensavo fosse una foto di qualche anno fa (in effetti lo è) dei tre artisti. Cmq non ti era andata male, averti scambiato per quel genio immenso di Massimo Troisi, …..non male no?
leonardo bigagli says:
Ciao Luca, complimenti bel “tuffo” nel passato, aiuta a riflettere. Non ti dico x chi vi ho scambiato nell’ultima foto…? siccome, come sempre, guardo prima le foto e poi leggo le eventuali didascalie, vi ho scambiato da sinistra a destra, rispettivamente per: Massimo Troisi, Lello Arena ed un improbabile Nanni Moretti. Dico sul serio, pensavo fosse una foto di qualche anno fa (in effetti lo è) dei tre artisti. Cmq non ti era andata male, averti scambiato per quel genio immenso di Massimo Troisi, …..non male no?
Elena Landi says:
La mitica P della Polaroid… le ho ancora da qualche parte. :)
Elena Landi says:
La mitica P della Polaroid… le ho ancora da qualche parte. :)
MAX says:
Si si, e allora che ne dite di quella rivista che nasceva nel febbraio 1995 di nome JUMP, non ricordo il nome dell’editore (credo avesse qualcosa a che fare con le rospi spagnoli!!) e nemmeno del direttore responsabile – mi sembra di ricordare, ma non ne sono sicuro, Pianigiani –
Leggete cosa scriveva al primo numero sull’editoriale quel “pazzo visionario”:
“Jump, é vero, inizia con un editoriale, ha una cadenza periodica – bimestrale, per essere corretti – ha delle pagine, degli articoli delle immagini. Ma, credeteci, non è una rivista. Ma cos’è allora quest’oggetto, così simile ad una rivista che però si dichiara una”non rivista”?” …
questo è un’altro passaggio del “non editoriale” del visionario ….
“Jump vuole essere l’avamposto attorno al quale transita qualsiasi tematica o iniziativa legata all’immagine elettronica, e quindi la prima finalità dichiarata è quella di evitare eccessivo entusiasmo per chip e per byte. Saremo propositivi, ma anche drasticamente critici. Vogliamo contribuire, pur in piccolo, ad approfondire aspetti che finora sono stati mantenuti all’oscuro, per privilegiare aspetti più diretti, più commerciali.” ….
poi per concludere il “non editoriale” leggete:
“Jump ironizza, ma cerca di trasmettere anche informazioni molto approfondite. Gioca con la forza comunicativa dell’immagine, cerca di sottrarvi dalla routine quotidiana, grigia e senza emozioni. Ma attenzione: quest’opera di divertimento è fatta per catturarvi, per farvi cadere in un vortice violento, così profondo quanto lo sono le trasformazioni in atto nei campi che tocchiamo.
Jump è pronta a farvi compiere il grande passo. Girate la pagina ed entrate nel vortice, nell’avventura: se non siete pronti, lasciate perdere: questa sottile pagina è la barriera che vi separa dal futuro.”
Vi rendete conto cosa e come scriveva stò tizio del ’95, e dovreste vedere come presentava ogni volta la rivista, come definirlo se non pazzo, e pensare che ancora la pellicola e le grandi tirature la fanno da padroni (ahahah!!).
Fortuna che noi tutti di SJ, non lo abbiamo seguito, altrimenti non sò dove saremmo ora.
E tu Luca mi raccomando, (visto che collezioni tutti stì pezzi di carta) se per caso ti capita tra le mani questa rivista, buttala gettala bruciala (io ho ancora tutti i primi 25 numeri, e un 29, ma stò seriamente pensando di accenderci il fuoco quest’inverno ” sai che belle sfumature di colore fa la carta patinata?).
Se per caso, qualcuno venisse a conoscenza di ciò che “quel tizio” scriveva in tempi non sospetti, rischiamo di fare il patatrac! ;-) MAX
MAX says:
Si si, e allora che ne dite di quella rivista che nasceva nel febbraio 1995 di nome JUMP, non ricordo il nome dell’editore (credo avesse qualcosa a che fare con le rospi spagnoli!!) e nemmeno del direttore responsabile – mi sembra di ricordare, ma non ne sono sicuro, Pianigiani –
Leggete cosa scriveva al primo numero sull’editoriale quel “pazzo visionario”:
“Jump, é vero, inizia con un editoriale, ha una cadenza periodica – bimestrale, per essere corretti – ha delle pagine, degli articoli delle immagini. Ma, credeteci, non è una rivista. Ma cos’è allora quest’oggetto, così simile ad una rivista che però si dichiara una”non rivista”?” …
questo è un’altro passaggio del “non editoriale” del visionario ….
“Jump vuole essere l’avamposto attorno al quale transita qualsiasi tematica o iniziativa legata all’immagine elettronica, e quindi la prima finalità dichiarata è quella di evitare eccessivo entusiasmo per chip e per byte. Saremo propositivi, ma anche drasticamente critici. Vogliamo contribuire, pur in piccolo, ad approfondire aspetti che finora sono stati mantenuti all’oscuro, per privilegiare aspetti più diretti, più commerciali.” ….
poi per concludere il “non editoriale” leggete:
“Jump ironizza, ma cerca di trasmettere anche informazioni molto approfondite. Gioca con la forza comunicativa dell’immagine, cerca di sottrarvi dalla routine quotidiana, grigia e senza emozioni. Ma attenzione: quest’opera di divertimento è fatta per catturarvi, per farvi cadere in un vortice violento, così profondo quanto lo sono le trasformazioni in atto nei campi che tocchiamo.
Jump è pronta a farvi compiere il grande passo. Girate la pagina ed entrate nel vortice, nell’avventura: se non siete pronti, lasciate perdere: questa sottile pagina è la barriera che vi separa dal futuro.”
Vi rendete conto cosa e come scriveva stò tizio del ’95, e dovreste vedere come presentava ogni volta la rivista, come definirlo se non pazzo, e pensare che ancora la pellicola e le grandi tirature la fanno da padroni (ahahah!!).
Fortuna che noi tutti di SJ, non lo abbiamo seguito, altrimenti non sò dove saremmo ora.
E tu Luca mi raccomando, (visto che collezioni tutti stì pezzi di carta) se per caso ti capita tra le mani questa rivista, buttala gettala bruciala (io ho ancora tutti i primi 25 numeri, e un 29, ma stò seriamente pensando di accenderci il fuoco quest’inverno ” sai che belle sfumature di colore fa la carta patinata?).
Se per caso, qualcuno venisse a conoscenza di ciò che “quel tizio” scriveva in tempi non sospetti, rischiamo di fare il patatrac! ;-) MAX
Gino Begotti says:
Vero Luca!!!! strada tanta, che come tutte le guerre lascia dietro i suoi morti e feriti. Con la fotografia digitale siamo entrati nel momento grande della fotografia amatoriale nel quale tutto ciò che un fotoamatore poteva desiderare è divenuto realta, un’isola delle meraviglie, grandioso per i nati oggi.
Scatta…guardala..è bella..vai al PC e la fai più bella ancora, e la mandi a tutti, la pubblichi sui web gratuiti, la mandi agli amici, ai parenti, ai media nei cinque continenti, alcuni la getteranno, ma qualcuno lo spazio te lo darà. Quanto tempo?… nanosecondi…quanto è costata quella bella situazione digitale ?…niente….
(dire “fotografia” mi sembra un’offesa alla fotografia per quel che scriverò più avanti)
Quale compenso riceverà il nostro fotoamatore dalla maggior parte di quelli ai quali ha inviato il file digitale?…niente…..quanto è costata alle eventuali testate (non importa in quale parte del mondo) ?
……..niente………
Tutto ciò in un tempo che solo nel 2002 era ancora in parte immaginazione, una cosa forse passeggera come le mode o una nuova canzone. Dovetti obbligatoriamente passare al digitale dal 6 Ottobre 2003, quando il mio Agent mi disse che i miei scatti in Ektachrome con la F5 non li avrebbero più lavorati.
Mi sovviene quando si scattava una fotografia con quel rullo in macchina, una macchina amata che aveva un’anima da accarezzare, quello scatto, un istante che non era ne prima ne dopo, un istante…quell’istante , per aspettare con ansia il giudizio spartano della camera oscura, il rullo che usciva bagnato dalla Paterson e si mostrava nudo verso la lampadina al tuo occhio…la verità, la foto c’è…..la maquette, il negativo, un pezzo unico che si toccava con mano.
Se era una foto di sport, il gol della partita di serie A della domenica, dovevi inserire la pellicola nel sandwich bagnato di imbibente dell’ingranditore e stamparne cinque copie per i quotidiani per le pagine sportive e tre copie per la telefoto e 10 per i corrispondenti in giro per l’Italia, alla luce verde con le mani nello sviluppo prima, l’acido acetico e per finire nel fissaggio, una lavata svelta in acqua corrente, e correre a rotta di collo a consegnare la foto alle varie testate e al settore Telefoto delle Poste e Telecomunicazione per le testate dei capoluoghi d’Italia. E alla stazione al treno in partenza correndo sulla pensilina per affidare le buste fuorisacco al capotreno (che si sperava fosse tifoso di calcio perchè avrebbe dato più attenzione alla consegna delle buste). Archeologia?…storia?….
Daguerre, Niepce, Kodak, Carrese, Ilford, Capa, Ansel Adams, Steichen, Eisenstaedt, Bourke-White, Weston…storie andate di ricchi in giro per il mondo…..storia come il mondo prima di Enrico Fermi…
Ora tutto questo si chiama digitale..files..pixels…photoshop…
Dimentica il profumo della pellicola, vai avanti come ruota il mondo…non vi è ritorno come il mondo non ruoterebbe al contrario……
Ciao ragazzi
Gino Begotti
Gino Begotti says:
Vero Luca!!!! strada tanta, che come tutte le guerre lascia dietro i suoi morti e feriti. Con la fotografia digitale siamo entrati nel momento grande della fotografia amatoriale nel quale tutto ciò che un fotoamatore poteva desiderare è divenuto realta, un’isola delle meraviglie, grandioso per i nati oggi.
Scatta…guardala..è bella..vai al PC e la fai più bella ancora, e la mandi a tutti, la pubblichi sui web gratuiti, la mandi agli amici, ai parenti, ai media nei cinque continenti, alcuni la getteranno, ma qualcuno lo spazio te lo darà. Quanto tempo?… nanosecondi…quanto è costata quella bella situazione digitale ?…niente….
(dire “fotografia” mi sembra un’offesa alla fotografia per quel che scriverò più avanti)
Quale compenso riceverà il nostro fotoamatore dalla maggior parte di quelli ai quali ha inviato il file digitale?…niente…..quanto è costata alle eventuali testate (non importa in quale parte del mondo) ?
……..niente………
Tutto ciò in un tempo che solo nel 2002 era ancora in parte immaginazione, una cosa forse passeggera come le mode o una nuova canzone. Dovetti obbligatoriamente passare al digitale dal 6 Ottobre 2003, quando il mio Agent mi disse che i miei scatti in Ektachrome con la F5 non li avrebbero più lavorati.
Mi sovviene quando si scattava una fotografia con quel rullo in macchina, una macchina amata che aveva un’anima da accarezzare, quello scatto, un istante che non era ne prima ne dopo, un istante…quell’istante , per aspettare con ansia il giudizio spartano della camera oscura, il rullo che usciva bagnato dalla Paterson e si mostrava nudo verso la lampadina al tuo occhio…la verità, la foto c’è…..la maquette, il negativo, un pezzo unico che si toccava con mano.
Se era una foto di sport, il gol della partita di serie A della domenica, dovevi inserire la pellicola nel sandwich bagnato di imbibente dell’ingranditore e stamparne cinque copie per i quotidiani per le pagine sportive e tre copie per la telefoto e 10 per i corrispondenti in giro per l’Italia, alla luce verde con le mani nello sviluppo prima, l’acido acetico e per finire nel fissaggio, una lavata svelta in acqua corrente, e correre a rotta di collo a consegnare la foto alle varie testate e al settore Telefoto delle Poste e Telecomunicazione per le testate dei capoluoghi d’Italia. E alla stazione al treno in partenza correndo sulla pensilina per affidare le buste fuorisacco al capotreno (che si sperava fosse tifoso di calcio perchè avrebbe dato più attenzione alla consegna delle buste). Archeologia?…storia?….
Daguerre, Niepce, Kodak, Carrese, Ilford, Capa, Ansel Adams, Steichen, Eisenstaedt, Bourke-White, Weston…storie andate di ricchi in giro per il mondo…..storia come il mondo prima di Enrico Fermi…
Ora tutto questo si chiama digitale..files..pixels…photoshop…
Dimentica il profumo della pellicola, vai avanti come ruota il mondo…non vi è ritorno come il mondo non ruoterebbe al contrario……
Ciao ragazzi
Gino Begotti
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