In questi giorni, e sarà disponibile a partire dal 18 novembre, una piccola fotocamera di cui da qualche mese di sta chiacchierando sul web, con una certa curiosità. Non tanto (non solo) per la novità in sé, ma per la scelta che è stata fatta dall’azienda per “lanciarla” sul mercato.
Si parla della IVY REC Camera di Canon, una piccola foto/video camera che pesa solo 90 grammi, che si propone senza mirino, ma c’è una “cornice” per traguardare la scena inquadrata, come una volta si trovava nelle fotocamere super amatoriali del mondo “analogico”, praticamente un “buco” che più o meno isola la scena che l’obiettivo inquadrerà effettivamente. In realtà, proprio questa “cornice” è il centro del progetto, perché funge anche da moschettone per poter fissare l’apparecchio alla cintura, allo zaino o dove si vuole: sia per portarsela dietro ovunque, sia per realizzare immagini e riprese da prospettive diverse e originali.
Disponibili in 4 colori accesi, 13 Megapixel/FullHD per il video, si collega per la sua gestione ad un’app via Wi-Fi e Bluetooth, usa schede Micro SD per salvare, è resistente all’acqua (IP68, quindi può rimanere per circa 30 minuti alla profondità di 2 metri) e alle cadute fino a 2 metri, di fatto si propone in quell’area che finora è ancora dominata (con sempre più difficoltà) da GoPro, ma con un approccio molto più “young” e colorato.
Di fatto non sarebbe interessante parlarne, in questo contesto di utenti professionali; di fatto, non si tratta di un apparecchio professionale, non ha nessuna velleità, anzi: è un gioco, un divertimento, dedicato espressamente a ragazzi e ragazzini, anche nel costo (si parla di 130 dollari al pubblico negli USA, in Italia è stato lanciato una campagna di prenotazioni che permetterà di acquistarla a prezzo “di lancio”, non dichiarato però, se qualcuno è interessato può iscriversi a questo link); come sempre, però, nutriamo grandi dubbi quando si vuole suddividere il mercato tra prodotti dedicati ai “Pro” e quelli “NON Pro”; siamo dell’idea che non sono i prodotti, in assoluto, ad essere dedicati, dipende da come si usano, e ancor più ci preoccupano quegli atteggiamenti che indicano e garantiscono la qualità “pro” in funzione degli strumenti che si usano, alla fine molti fotografi della storia hanno usato – per le loro mitiche opere – apparecchi che oggi definiremmo delle pure schifezze eppure rimangono una testimonianza di eccezionale professionalità.
Il motivo per cui ne parliamo è duplice: il primo è che si tratta di un apparecchio che è stato lanciato con una campagna di Crowdfounding su Indiegogo, nemmeno la piattaforma più famosa al mondo (primato che spetta a Kickstarter). Che necessità aveva, una azienda multinazionale, dalla potenzialità di finanziamento praticamente infinita, di andare a chiedere gli spiccioli agli utenti per poter sviluppare un progetto? Fa sorridere, e qualcuno magari potrebbe pensare che siamo davvero arrivati “alla frutta”. Ma è ovvio che questa operazione, dal punto di vista del marketing, ha ben altre prospettive: quelle di comunicare in modo diverso con il mercato, raccogliere sensazioni da parte del pubblico avvicinandosi a lui con maggiore leggerezza, come una piccola start-up che vuole/pretende di cambiare il mondo, come fanno i tantissimi piccoli imprenditori che su queste piattaforme propongono idee (geniali, alternative, folli, meravigliose, oppure prive di qualsiasi senso logico) cercando di convincere il pubblico potenziale di anticipare un investimento che consente loro di trasformare l’idea in un prodotto vero. Un messaggio, evidente, di voler “svecchiare” il rapporto e la relazione tra una grande azienda e quel pubblico che apprezza l’innovazione che, appunto, sembra non avere “casa” in una grande azienda, non certo per racimolare qualche centinaia di migliaia di dollari di finanziamento, che si poteva certamente ottenere con una firma di un manager neanche troppo altolocato.
Il secondo motivo che ci è saltato all’occhio è che quasi contemporaneamente un’altra grande azienda, Google, ha interrotto la vendita e prossimamente anche il supporto ad un apparecchiato fotografico che per molti versi ricorda il nuovo prodotto di Canon, quella Google Clips, e che ora è formalmente “morto”. Google Clips aveva come idea centrale quella di “attaccarsi addosso” un apparecchio che era in grado di scattare immagini sia per “volontà” (premere il pulsante e far dire “cheese” alle persone ritratte), ma in modo molto più innovativo di comprendere quando attivare la ripresa, usando algoritmi che identificavano scene “interessanti”. Praticamente, la logica era quella di “indossare” un sistema di monitoraggio di quello che stava attorno a noi, a vantaggio di una narrazione spontanea da condividere con amici e parenti all’insegna della massima spensieratezza. Ovvio, per molti si tratta di un assurdo, ma va detto che il target a cui si rivolge probabilmente non lo considera poi così assurdo. (E quindi se lo pensate, probabilmente non siete in target!). La Google Clips è uscita un paio di anni fa, e può essere considerato un esperimento interessante, dal punto di vista sociale e di innovazione del ruolo della fotografia, e la sua prematura scomparsa non sta a significare necessariamente che sia un’idea del tutto sbagliata, forse solo prematura, forse qualitativamente inadeguata, forse troppo cara.
Dove vogliamo arrivare, con questa doppia visione? Come al solito a cercare concetti che si uniscono per comprendere meglio le singole iniziative e i singoli prodotti. Li elenchiamo per semplificazione di concetti (concetti complessi, che dobbiamo rendere semplici).
1) Pensiamo, come detto, che il mondo della fotografia stia cercando nuove aree: per attrarre nuovi clienti, per svecchiarsi, per trovare nuovi ruoli alla cattura delle immagini che ci rappresentano e ci circondano. Pensiamo che le posizioni acquisite negli anni non abbiano un valore assoluto, ma che devono confermarsi, giorno dopo giorno: le aziende non sono quello “che sono state”, ma quello che “sono”, e ogni giorno devono ribadire una fiducia e una relazione con il proprio pubblico.
2) Oggi idee fresche e leggere possono catturare molta più attenzione di una conferma (a volte spocchiosa e pretenziosa, che suona “male” agli occhi e alle orecchie del pubblico) di una qualità e competenza assoluta. Le aziende devono cambiare tono di voce, gli “esperti” finiscono con l’essere denigrati, se lo sono i medici, gli accademici, i professori, gli anziani… perché la loro esperienza non sembra avere più valore (se volete, sul tema, leggetevi questo libro).
3) Per quanto si possa essere innovativi, se si è immersi in un mondo e non si riesce a guardare oltre, ci sarà sempre qualcuno che riuscirà a superarci. Nel caso specifico, le idee di Canon, a metà strada tra GoPro (che ha creato un tipo di prodotto totalmente nuovo, all’epoca) e Google Clips rischiano di essere solo una sintesi progettuale percepibile poco come “innovativa”. Per fare qualcosa di nuovo, bisogna staccarsi dal passato, che rischia di essere troppo pesante e troppo vincolante. L’industria negli ultimi decenni ha mostrato proprio questi limiti, proprio ad opera dei leader (Kodak, Microsoft, Nokia, BlackBerry… solo per fare alcuni nomi).
Gli insegnamenti, le visioni che abbiamo attorno a noi, magari vicine come questi esempi, dovrebbero non essere visti per analizzare gli errori degli altri (nel caso ci fossero, e non è detto: le visioni sono spesso più complesse di quello che possiamo vedere da fuori), ma specialmente per autovalutare quelli che sono i nostri atteggiamenti. Nella professione dei fotografi, per esempio, errori simili vengono fatti tutti i giorni, eppure non riesce a guardare oltre, non si ha il coraggio (la capacità, la possibilità) di cambiare.