Fotografare, come giocare a Monopoli (almeno per i clienti)… e quindi ecco a voi (P)hotopoly!

Fotografare, come giocare a Monopoli (almeno per i clienti)… e quindi ecco a voi (P)hotopoly!

A volte, la professione dei fotografi viene vista come un gioco. Molte persone pensano (purtroppo, anche molti tra gli stessi fotografi) che scattare fotografie sia un diletto, il frutto di un’ispirazione, e non un vero mestiere. Nell’immaginario comune, il fotografo usa apparecchi costosi (e quindi se li può permettere… altra considerazione sul costo eccessivo dei servizi fotografici, agli occhi dei clienti), ma sostanzialmente non fa molto altro che fare “click“, e poi la macchina “costosa” (e “Photoshop”, che aggiusta tutto), fanno il resto. Parlavo qualche giorno fa con una persona che si stupiva che taluni potessero anche metterci “mezz’ora a fare una fotografia“, e non si è scomposta quando ho rilevato che ci sono fotografi che possono metterci anche due giorni per realizzare un unico scatto… immagino che fosse poco interessata al come si fotografa nel settore dello still-life o in quello della foto naturalistica (solo per citare due categorie che richiedono ore e ore di lavoro o di appostamento).

Il fotografo, quindi, non è un mestiere, agli occhi di molti clienti, e quindi ci sta bene la provocazione dell’immagine che proponiamo, che ironicamente ha preso la base del famoso gioco “Monopoly” e lo ha trasformato in “Photopoly” (è un’idea che abbiamo scoperto qui), inserendo per ogni casella una segnalazione, un evento o un impedimento del percorso quotidiano di un fotografo. E’ davvero divertente, e se volete potete scaricare una versione a maggiore risoluzione da qui: magari potete stamparlo e giocarci con i colleghi e amici nelle sere di Natale. Dopo il gioco, però, forse dobbiamo tornare ad essere seri, perché il problema di fondo è che se – davvero – il nostro mestiere viene considerato un “gioco”, allora le cose si mettono davvero male. Un “gioco artistico” è pur sempre un gioco, e se non è un “gioco d’azzardo” non è certo cool: perché pagare qualcuno che, di fatto, non lavora, ma semplicemente “gioca”? Non prendete troppo sul serio questa provocazione: sapete bene che arriva da persona che, al contrario, sa bene quanto sia complesso, impegnativo, responsabilizzante il mestiere di un fotografo… ma io sono quello che sta dalla vostra parte (anche se a volte mi tocca il ruolo dell’avvocato del diavolo). Se è il vostro cliente che lo pensa, invece, c’è da risolvere una bella complicazione.

Prima di tutto, ha senso evidenziare che molte delle colpe sono di chi questo mestiere (mestiere, appunto) lo svolge. Molti fotografi si sono creati e costruiti addosso un’immagine da gigioni, da artisti “alternativi”, da istintivi… tutto quello che non rappresenta un ruolo da “professionisti”. Lo si vede dagli autoritratti che si fanno: facce buffe, situazioni grottesche, oppure pose da veri “maschi” o da “sognanti fanciulle”. Avete mai visto un ritratto di un manager? (probabilmente si, magari addirittura le realizzate per conto di alcuni clienti). Manager che sono quelli che muovono l’economia, le aziende, che devono apparire “affidabili” e “affabili”… Sono come vi mostrate voi? Per caso si “nascondono” dietro il loro monitor per non essere visti? No, vero? Ma allora perché in molti si amano fotografare o far fotografare davanti alla loro Canon, Nikon, Hasselblad? La scusante non è accettabile: sono abituato a stare dietro alla fotocamera… non davanti. E perché… l’amministratore delegato dell’azienda è abituato a farsi fotografare? No, però si impara, e un fotografo più di chiunque altro dovrebbe sapere che l’immagine corretta vende meglio. Ma, forse, i fotografi sono i primi a pensare che il loro non è un mestiere, è un gioco. E allora… tiriamo i dadi per vedere se arrivate a Bathroom Mirror Portrait Avenue (una delle caselle del Photopoly, letteralmente: Viale del ritratto di fronte allo specchio del bagno, e già che ci siete, mettete bene le luci e fatevi un ritratto che possa dare un senso di affidabilità, di competenza, di sicurezza, di professionalità).

Ma passiamo oltre il ritratto: un cliente arriva (finalmente) dal fotografo, e come nasce l’approccio? Questo cliente trova da subito un ambiente e una sintonia sulle procedure? Le aziende – ormai tutte – sono gestite da protocolli definite da una certificazione di qualità; ogni step segue un iter procedurale appreso a memoria, ogni step è collegato all’altro per consentire un’ottimizzazione degli sforzi, il sempre costante controllo dello stato dei lavori, impedire ogni errore e prevedere ogni più piccola variazione rispetto alle previsioni. Forse è un po’ noioso, poco creativo, ma in realtà l’ossatura del lavoro permette di dedicare più tempo al lavoro vero e proprio (nel caso del fotografo, la creatività… quindi mica sparisce anzi: si cerca di lasciare più tempo a questo, che non ad inseguire il lavoro, a riparare ai danni causati dagli imprevisti, a rincorrere il tempo perso e dove si può risparmiare tempo, se non nel lavoro della creazione?). Non conosco alcun fotografo che possa vantare un bel quadretto con la certificazione ISO (che non è la sensibilità da impostare sulla fotocamera….) in bella mostra nella sua anticamera dello studio, e nemmeno un piccolo logo dell’ente certificatore sulla carta intestata, ma forse ci sono… se ci sono sono però pochi! Un cliente che ha investito e che crede nell’importanza della “qualità” (non quella dei megapixel, ma quella che ha a che fare con il prodotto che viene proposto) guarda con poca fiducia un professionista che non può offrire le medesime garanzie. E questo non lo porta a credere di avere di fronte “un’azienda” e nemmeno un “professionista“, ma una persona che non può garantire qualità, e che forse “passa la giornata a fare scatti, e a giocare (beato lui)“, e come tale tende a dare poco valore al lavoro che viene offerto. Sul tabellone, tornate indietro alla casella OnLine Forum, dove potrete seguite le istruzioni degli amici di Facebook e chiedere loro come comportarvi. Magari, prima di arrivare ad affrontare una certificazione “ufficiale”, potreste trovare delle procedure di approccio, di preventivazione, di accettazione delle condizioni contrattuali che, magari con un tono non troppo formale (potreste non apparire credibili, di colpo), mettete in chiaro non solo i vostri “diritti”, ma specialmente le vostre responsabilità e gli impegni che prendete. Di solito i clienti gradiscono questa trasparenza e serietà, e per un attimo potrebbero anche pensare che forse anche quello dei fotografi è “un mestiere” ;-)

C’è poi la questione, complessa, della concorrenza e dei prezzi. Quando andiamo dal medico, o da un professionista qualsiasi (anche un idraulico), non ci capita mai di chiedere preventivamente “Quanto mi fa, all’ora?”, ma subiamo la parcella (per modo di dire… spesso il foglio di carta nemmeno c’è), e addirittura ringraziamo. Con i fotografi, i clienti entrano e sanno già quello che vogliono spendere, l’unico che non lo sa è il fotografo, che per di più non ha grande margine di contrattazione: di solito può dire di si, oppure aspettarsi che i clienti si alzino per andare da un altro “professionista” che, di sicuro, troveranno dietro l’angolo ad un prezzo migliore. Se non siamo capaci di far accettare o giustificare il nostro prezzo, come speriamo di essere visti come dei “professionisti”? Agli occhi dei clienti, siamo quelli che stanno giocando, mica che fare delle foto “costa soldi”… nella mente di molti è proprio così. Questo discorso è molto vissuto con passionalità e con dolore, ma di solito si arriva ad una conclusione poco utile: “i clienti non capiscono la qualità“. Come abbiamo detto sopra, il termine “qualità” è privo di valore, se non si approfondiscono le basi della valutazione della qualità stessa. E se “il cliente non capisce“, come e cosa facciamo per farglielo capire? Deve credere e fidarsi? E’ una “fiducia” che costa troppo, se non si riesce a dare delle garanzie. Leggevo poco fa un articolo che spiegava perché i giornalisti dovrebbero curare meglio il loro “brand”; perché i fotografi dovrebbero essere da meno? Cosa fanno per poter costruire la loro “fama”, il rispetto e il posizionamento sul mercato derivato da tutto il lavoro che hanno fatto negli anni? Sembra che ogni volta, ogni servizio, si riparta da zero. Se è così, significa che quello che avete fatto (tanto o poco che sia) non non è servito al vostro “brand”, e quindi dovete cambiare qualcosa. Potete andare direttamente, senza passare dal via, alla casella  del Photopoly chiamata “Go Read Your Camera Manual” (Andate a leggere il manuale della vostra fotocamera, traduzione letterale… e già che ci siete andate a leggere anche un bel manuale di marketing).

Come vedete, anche un gioco può mettere in luce esigenze di cambiamento e di nuovi approcci. Non possiamo essere arrabbiati se ci pensano dei “giocherelloni” se effettivamente ci presentiamo così. Non vogliamo mettere a tutti giacca e cravatta o abito lungo, ma è già un bene buttare nel cestino l’orrido gilet da fotografi (lo avevamo detto anni fa… lo ribadiamo), iniziare a capire come ci si muove per creare un’azienda che funziona, senza perdere tempo a costruirci quel personaggio alla moda, che è in realtà terribilmente fuori moda. Osserviamo il mondo che funziona, quello che si muove, quello che corre verso il futuro.

Un importante sociologo, il professor Domenico De Masi, un giorno ha detto una cosa che aveva a che fare con il mio amato Brasile. Diceva che i tre Paesi che stanno crescendo di più in questi ultimi anni sono la Cina, l’India e il Brasile. I primi due, che corrono più velocemente, hanno accettato di perdere parte della loro cultura storica per avvicinarsi ai costumi e ai meccanismi della globalizzazione. Il Brasile corre un po’ meno velocemente, ma i brasiliani hanno voluto rimanere “brasiliani” in tutto. Bene, vorremmo vedere i fotografi correre verso il futuro senza perdere i loro valori e la loro storia, ma pur sempre correndo… come i brasiliani. E, per finire, visto che sono passato dal sito del Professor De Masi (che saluto con simpatia, nella speranza che si ricordi di me, abbiamo fatto vari convegni insieme), riporto la frase di Paul Valery che c’è nella sua Homepage:

Bisogna essere leggeri come una rondine non come una piuma

A proposito, nella home c’è una bella foto (manca il nome dell’autore… peccato), che mostra il Professor De Masi. E’ credibile, fatene tesoro quando vorrete rifare il vostro autoritratto!

Comments (18)
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  • Massimo Montersino
    Dic 2nd, 2012
    Massimo Montersino says:

    Caro Luca

    che corde importanti che tocchi !

    Chi, come me, si occupa di qualità in particolare nel trattamento delle immagini dall’altra parte della barricata ( la prestampa ) si scontra continuamente con la mancanza assoluta di organizzazione e di conoscenza delle norme da parte dei fotografi.

    Chissà quanti fotografi sanno che ISO sta discutendo una norma, la 16760, che influenzerà e condizionerà il loro modo di lavorare ?

    E che ci sono altre norme che dicono loro come organizzare l’ambiente di lavoro oppure come gestire i monitor ?

    E quanti sanno che non c’è nessun italiano che segue il gruppo di lavoro che sta scrivendo questa norma perchè in Italia non esiste un ente tecnico sulla fotografia che possa essere coinvolto da ISO ?

    Dopo il click finisce la parte artistica e inizia quella industriale, lo ripeto da anni, ed è con le regole di quest’ultima bisogna imparare a convivere

    Massimo

  • Flavio
    Dic 2nd, 2012
    Flavio says:

    Buon giorno coscIenza, ti aspettavo come tutte le domeniche e oggi sei arrivata prima del solito. Quanto litigare facciamo io e te, tu proponi soluzioni e io trovo sempre mille scuse per giustificare la mia incapacità di cambiare…

    1. Carlo
      Dic 2nd, 2012
      Carlo says:

      Grazie.
      Condivido ed ammiro tutto ciò che hai scritto Luca.
      Sai essere un osservatore puntuale e profondo di questo mestiere!
      Hai una sensibilità particolare e la divulghi con passione e costanza.
      Non ho parole per ringraziarti.

      Flavio…mi trovo nella tua stessa condizione!
      Ho pensato una considerazione molto simile!
      :(

      Buona domenica, quasi passata, a tutti!

      Carlo

  • Laura Bonaguro
    Dic 2nd, 2012
    Laura Bonaguro says:

    Ciao Luca,
    se modifico leggermente (ma di poco, eh) il tabellone in alto e lo chiamo Architettopoly, ottengo lo specchio esatto della tua riflessione ottimizzata per un’altra categoria bistrattata di liberi professionisti. Il lavoro è diverso ma il clima e le problematiche coincidono in tanti punti. Si potranno dare risposte differenti allora ma le domande, il succo del ragionamento e dei problemi, è quello che indichi tu.
    Grazie, lo condivido e divulgo.

    A presto ;-)

    Laura

  • Paolo
    Dic 2nd, 2012
    Paolo says:

    Carissimo Luca,
    Grazie per la tua continua carica nel far notare i “buchi” che ci sono nei nostri comportamenti e nei corsi che stiamo facendo a Vicenza, per chi vuole vada a vedersi clicktoclick su fb, in particolare nell’incontro con Marco Onofri e la sua creatura Senape, abbiamo visto un’organizzazine molto simile a quella che tu hai accennato
    Le certiicazioni ISO sono contro il mio modo di vedere in quanto le vedo come strumenti mangiasoldi e credo molt di più in autocertificazioni di tipo giapponese dove al mancato rispetto delle stesse corrisponde un automatico sputtanamento ed esclusione dal mercato in quanto il passaparola su chi fa il furbo funziona e di conseguenza il lavoro va da un’altra parte, ma forse questo è un altro modo di fare la storia
    La professione e la professionalità conseguente non passa per il gilet o nel chiedere con che apparecchio scatta il collega ma nella propria crescita coerente e personale
    Volevo ringraziarti per la passione e l’energia che ci metti oltre ad un entusiasmo non comune
    Grazie e grazie ancora, la orografia è viva, evviva la fotografia!!!

  • Luca di Toscana
    Dic 3rd, 2012
    Luca di Toscana says:

    Allora, mi aggiungo alla lista dei ringrazianti…
    Bel post, uno dei piu’ belli degli ultimi tempi e condiviso in tutto, se pensi che il sottoscritto chiede dal 1994 con cadenza regolare, ad associazioni e gruppi di varia natura, della nostra categoria ( fotografi professionisti) di occuparsi di marketing per fotografi, e con altrettanta regolare cadenza sono ignorato. Per correttezza devo dire che’ un’eccezione c’e’ stata sul finire degli anni novanta, quando un membro della presidenza del cna di Bologna ( di cui purtroppo oggi non ricordo il nome, una persona squisita, ma ricordo bene la sua professionalità e passione per questo lavoro) rispondendo ai miei appelli venne in Toscana a tenere una giornata di corso di marketing per fotografi.

    Dunque Luca, adesso hai “scoperchiato la pentola” ; sai bene che le attivita’ che ci offri sono per tanti di noi l’unico canale di formazione valido e di elevatissima qualita’ , a questo punto ti chiederei di affrontare il tema a tuo modo, competente, chiaro, diretto, con uno o piu’ camp sull’argomento ! In questo ambito abbiamo davvero tanto da recuperare, l’hai detto, quindi non ti puoi tirare indietro !!!
    E’ molto interessante anche il tema delle certificazioni, per noi fotografi, purtroppo questo e’ un tema delicato, a mia memoria l’unica certificazione per fotografi italiani e’ stata promossa da una “fondazione” a mio parere neanche troppo “indipendente” e soprattutto con una formula a mio parere decisamente “insolita”, e ben lontana dalle norme ISO.
    Ampliare i propri orizzonti esplorare nuovi mercati, e’ un invito ricorrente nei tuoi post e una certificazione universalmente riconosciuta ( magari su un sito Responsive) potrebbe essere un buon inizio.

    Allora fotografi facciamoci avanti con idee proposte, io propongo i camp, ma si potrebbe chiedere un manualetto, oppure la creazione di un gruppo di lavoro su questo tema, o un documento condiviso ( avete letto il librino di drop box per fotografi ? ) insomma Ok i ringraziamenti, ma proviamo a farci avanti con delle proposte, sono certo che Luca le prende in seria considerazione.

    Luca, infine pero’ ti devo dire che un po’ mi hai stupito, non verrai mica a dirci tra un po’ di metterci l’abito grigio e fare una bella tabella di programmazione di marketing su Excel ????
    ;-)))
    un caro saluto,
    Luca.

  • alle
    Dic 3rd, 2012
    alle says:

    Ciao,
    l’abito grigio magari no, ma la tabella di programmazione mi sa di sì!
    E sarà dura – per me sicuramente -, ma credo che s’abbia da fare.
    Chissà però poi se a una nostra eventuale trasformazione da ‘creativi gigioni’ in ‘professionisti dell’immagine’ farà eco un cambiamento anche nel mondo del lavoro … serioso?!? Chissà cioè se riusciremo a contagiare comunque il mondo, in nome di una voglia di fare un lavoro che appassioni e che, sì, ci diverte pure!
    Io lo spero.
    Grazie Luca per i sempre puntuali spunti di riflessione. Buona settimana.
    alle

  • Sandro
    Dic 3rd, 2012
    Sandro says:

    Tutte belle cose e apprezzabili; quanto alla certificazione ISO, io sono uno di quelli che ci ha provato, dopo che avevo fatto alcuni lavori importanti qualche anno fa, ma mi hanno chiesto qualcosa come 4000 Euro per farlo, mi sono quasi convinto che fosse un investimento molto fittizio e destinato ad accrescere le casse dell ‘Ente che me lo avrebbe rilasciato o probabilmente no, ma poi intervenendo la crisi ho preferito usare i soldi per farle a spesa e continuare a mangiare, beh scusate il pragmatismo. E quanto a i paesi emergenti infatti…loro non hanno un carrozzone come la comunità Europea da mandare avanti e neanche un Sig.Monti che altro non fa che servire i suoi amici compiacenti ministri tutti, tutti provenenti dal modo della finanza che non fanno altro che imporci regole per soddisfare lui, fraulen Merkel e pochi altri, della qualità del lavoro nostro e non solo mi sembra di quello dei fotografi, non gliene frega un bel niente, quanto a questi paesi emergenti , beh in questo squallido panorama economico, io lavoro da poco con uno di questi paesi e credo che se il coraggio me lo consentirà mi trasferirò là, non vedro’ piu’ la nostra amata bell’ Italia, non godrò di tutte le nostre bellezze artistiche, ma forse saro’ più valutato e non verrò preso a pesci in faccia come succede qui.
    Un saluto a tutti

  • michela magnani
    Dic 3rd, 2012
    michela magnani says:

    Davvero un bell’articolo. Io che il mio brand, l’ho costruito a fatica, e ogni giorno mi sforzo di far apprezzare la qualità. Grazie, è bello leggere questi articoli. Michela

  • Alessio - synergiaphoto
    Dic 4th, 2012
    Alessio – synergiaphoto says:

    Ineressante articolo.
    Riguardo alle certificazioni tuttavia le ritengo, e lo dico per esperienza personale, solo delle trappole mangiasoldi. Costa farle e costa mantenerle e come un diploma non fa di un uomo un Ragioniere, lo stesso vale per le certificazioni che con il tempo diventano delle farse dove il fotografo si fa trovare preparato il giorno della verifica e poi, passato l’esame ed ottenuto il rinnovo da esibire ai clienti, butta tutto nel baule fino all’anno successivo.

    Per carità… non sono tutti così, ma succede spesso.

    Siete disposti a spendere 4-5 mila euro l’anno per un pezzo di carta che dice ai vostri clienti “ehi, guardate quá! L’ente PincoPallo dice che so fare il fotografo” ? Non è forse il caso di spendere, anche solo la metà quei soldi, nella formazione e dimostrare con i fatti di che pasta siamo?

    Essere degli imprenditori di se stessi è doveroso, ma le certificazioni per favore……

    1. Luca Pianigiani
      Dic 4th, 2012
      Luca Pianigiani says:

      Rispondo a te e agli altri che hanno commentato sul concetto di “poca utilità ed alto costo” delle certificazioni. Certo, c’è molta poca serietà in alcune strutture che si propongono in questo settore, ma ci sono anche aziende serissime (probabilmente troppo costose per una struttura così piccola come uno studio fotografico), ma ne ho parlato più per acquisire la metodologia per capire che i concetti della “qualità” non sono soggettivi, sono scientifici, misurabili, valutabili. Al tempo stesso, va considerato che in certi ambiti, semplicemente NON SI LAVORA con fornitori non certificati. Se ci fosse maggiore serietà, questo dovrebbe essere una procedura imposta ovunque.
      Iniziamo comunque a mettere ordine, nella nostra testa e in quella della clientela… poi si vedrà per il resto! ;-))

  • Giacomo Fortunato
    Dic 4th, 2012
    Giacomo Fortunato says:

    @Luca Molti fotografi si sono creati e costruiti addosso un’immagine da gigioni, da artisti “alternativi”, da istintivi… tutto quello che non rappresenta un ruolo da “professionisti”.

    Quanti ne conosco, a migliaia, e sono anche fieri della loro immagine. La schiera è stata inoltre recentemente infoltita da tutti i vari fotografi che si fregiano del nome perchè tengono un blog o perchè fanno foto da stock. Gente che scrive ieri ero un pinco pallino con l’hobby della fotografia, oggi sono un fotografo! Poi vai a vedere quello che fa e mette solo le foto del suo gatto e di quello che mangia su twitter e facebook.
    Tornado al paragone che fai tu, ce lo vediamo uno che si autoproclama idraulico e posta su facebook le foto del lavandino che sgocciolava che ha appena aggiustato? EH però dire che fai il fotografo fa figo…..sono un ribelle, un anticonformista uno che va contro il sistema te capì? Tutti atteggiamenti che come dici giustamente tu Luca non fanno che rovinare l’immagine a chi fotografa e fa questa professione seriamente.

  • Giulio Riotta
    Dic 4th, 2012
    Giulio Riotta says:

    Purtroppo il problema è più reale di quanto possa sembrare. La categoria dei fotografi professionisti è tra le più precarie in Italia, partendo dalla inesistenza di un albo che determini chi realmente vive di fotografia e per questo riconosciuto come fotografo professionista, per finire con l’arroganza dei molti apprendisti che pur di vedere il loro credito su una rivista si accontentano di compensi fantasma. Finché questo settore non sarà regolamentato dunque, come moltissimi altri mestieri italiani ancor più umili, dubito potrà cambiare realmente qualcosa.

    Ho 26 anni e ho intrapreso questo mestiere con una travolgente passione. Oggi, a distanza di 4 anni da allora, mi ritrovo sommerso di tasse, alle spalle un esercito di apprendisti pronti a fotterti in cambio del credito “ho lavorato per” e un altrettanto vasto numero di clienti che la qualità non sanno neppure cosa sia. Vi dico onestamente che sto perdendo la voglia di fare questo lavoro. Me la stanno facendo passare.

  • Massimo Montersino
    Dic 4th, 2012
    Massimo Montersino says:

    Mi permetto di tornare sul concetto delle certificazioni e delle norme.

    penso che si faccia confusione fra la norma ISO 9000 ( e le sue figlie come la Vision ) per le quali occorre che un ente certificatore attesti la congruità del nostro flusso di lavoro e tutte le altre norme ISO che regolano i vari flussi produttivi.

    E’ vero che certificarsi per l’ISO 9000 è un costo importante ma è altrettanto vero si potrebbe cominciare a studiarla per capirne la filosofia e applicarne la metodica al proprio lavoro che migliorerebbe sotto molti punti di vista.

    E’ altrettanto vero che molte aziende, soprattutto all’estero, certificate ISO9000 hanno procedure che impediscono di fatto di lavorare con strutture non certificate.

    Ci sono poi altre norme che regolano il mondo dell’imaging: queste devono essere conosciute per rapportarsi nel modo corretto con il resto della filiera.

    Per intenderci convertire in CMYK è per molti solo un comando di photoshop, farlo conoscendo la ISO 12647 significa generare files corretti per il momdo della prestampa

    Massimo

  • Alessio - synergiaphoto
    Dic 5th, 2012
    Alessio – synergiaphoto says:

    @luca:
    Perfettamente d’accordo con te relativamente al fatto che bisogna formarsi sulla metodogia e cominciare a mettere chiarezza nella testa dei clienti. Per il resto, e lo stai vedendo anche tu da certi commenti, alcuni sembrano proprio interessati alla storia della certificazione più come mezzo per liberarsi dei concorrenti scomodi che per crescere dal punto di vista professionale e far la differenza sul campo.

  • Stefano Dall'Asta
    Dic 6th, 2012
    Stefano Dall’Asta says:

    Massimo trovo il tuo punto di vista estremamente interessante e stimolante. Sarei curioso di sapere cosa pensi della certificazione Digigraphie e più in generale della filiera della stampa fine art.

    1. massimo
      Dic 6th, 2012
      massimo says:

      @Stefano Dall’Asta

      La certificazione Digigraphie è un interessante esperimento ma non si può definire una norma: non è condivisa, non è frutto delle decisioni di un ente terzo, non è applicabile al di fuori dell’ambito nel quale è nata.

      E’ meglio di niente ma doveva nascere da chi fa le stampe, magari con il supporto dei produttori.

      La stampa fine art è un ambito dove, a dispetto del nome, sarebbe importante creare delle norme che la regolino.

      Esiste un’associazione di aziende che operano nel fine-art? se esiste ha al suo interno un comitato tecnico che affronta il problema e dà delle risposte condivise ?
      Temo di no ma questo è il modo con cui nascono le norme: in Italia invece è sempre visto o come una perdita di tempo o come una cessione di sovranità o, peggio, una divulgazione di segreti aziendali che, di solito, non esistono.

      In ogni caso nulla vieta ad un’azienda di darsi una norma interna e di pretenderne il rispetto da parte di tutti gli operatori: il problema è che spesso le aziende non capiscono anzi non sentono la necessità di darsi un’organizzazione di questo tipo nella convinzione che sia solo un costo senza pensare che il costo è proprio la disorganizzazione.

      Massimo

  • Pino Coduti
    Dic 9th, 2012
    Pino Coduti says:

    Nella top ten dei migliori articoli che ho letto su Jumper…. Come ha scritto sopra Flavio, ti spinge ad ascoltare la tua coscienza . Grazie Luca.

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