I fotografi, facciamoli lavorare gratis. Questa è la sentenza che arriva da una statistica pubblicata a questo link , relativa al mercato inglese (ma assolutamente condivisibile come risultato anche altrove, Italia compresa, dove forse le percentuali sarebbero ancora superiori). Si domandava, genericamente ai freelance creativi, di varie categorie, se avevano mai avuto una richiesta di lavorare “per la visibilità”, e non “per i soldi”. Al primo posto, appunto i fotografi, con l’87% di casi dichiarati (seguiti a breve distanza, 85%, dai graphic designer), e in questa “graduatoria” i fotografi vincono anche nella percentuale di chi ha detto di sì a questa proposta indecente (16%). Ne parla il sempre attento Michele Smargiassi sulle pagine del suo blog Fotocrazia su Repubblica e le sue considerazioni sono da leggere e valutare. Prendiamo questa segnalazione e questo post per proseguire il pensiero.
Tutto quello che viene fuori da questo discorso è ben conosciuto: il fotografo non solo è un mestiere sempre più debole dal punto di vista contrattuale, ma è circondato da uno sciame di persone che si dichiarano “professionisti” perché hanno aggiunto le letterine magiche “ph” al proprio profilo Facebook, e che pur facendo per vivere gli assicuratori, i venditori di automobili, i baristi, gli operatori ecologici o i dentisti, dicono di “fare i fotografi”. Fotografo è colui che fa “click” oppure chi fattura lavori fotografici? In questo, la parola “fatturazione” non è un sinonimo di “prendere soldi”, perché se anche si prendono soldi per fare foto, non significa che questo sia regolamentato da una corretta fiscalità). Essendo un “secondo lavoro” (o una prima passione) i conti possono tornare senza che questo coinvolga la componente puramente legata a costi, ricavi e guadagno. Se in tanti considerano “fare fotografie” (così come fare grafica, loghi, disegni, testi scritti: tutti i mestieri della creatività sono simili per certi versi, ma la fotografia è “più simile”… ) come un’occasione di fare quello che vogliono, che amano, qualcosa che permetta loro di fare un passo in avanti dal punto di vista sociale (o “social”… pubblicare questa prestazione su Facebook), allora chi è colpevole: chi ha il coraggio di chiedere prestazioni gratuite o chi è ben felice di offrirle? La risposta è evidente.
So che fa male…. ma perché un committente dovrebbe pagare per avere qualcosa che può ottenere gratuitamente? Si alzeranno, ora, gli scudi della categoria: perché bisogna, è imperativo avvalersi di professionisti che possano garantire la giusta qualità, la sicurezza di un lavoro ben fatto. Siamo sicuri che le prestazioni gratuite sono così inferiori a quelle a pagamento? Se fosse così, allora tutte le relazioni fisiche dovrebbero – per avere una garanzia di qualità professionale – essere vissute con dei professionisti (prostitute, gigolò?). Magari una (un) professionista del sesso può garantire una piena soddisfazione a specifiche richieste della committenza, ma c’è la speranza che passione, amore, anche una buona dose di pura e ingenua incertezza può essere molto più vera, sincera, appassionante. Come la mettiamo?
Lo sappiamo che abbiamo fatto una mossa “sporca” (miscelando lavoro, professione e vita “personale“), ma bisogna cambiare la visione generale, se no ci prendiamo in giro. La qualità in fotografia, oggi, non è direttamente legata alla monetizzazione del prodotto. La tecnologia si è evoluta e permette di ottenere una qualità eccezionale con mezzi anche “poveri”, non serve necessariamente una profonda conoscenza tecnica (conosco persone senza competenza tecnica che fanno fotografie spettacolari) e specialmente la fotografia è fatta di cultura visiva (e cultura, in generale) e chiunque nell’era di Internet può essere preparato in questo senso; ancora una volta, conosco tanti “non professionisti” che hanno una cultura visiva molto superiore a quelli che sono dei “professionisti”. Quello che si confonde – perché è più facile fare così – è qualità di prodotto con capacità di far rispettare il proprio lavoro dal punto di vista economico. Tornando al parallelo “prostituzione”, il famoso film Pretty Woman raccontava come il il super manager Richard Gere richiedeva di avere accanto negli incontri di lavoro una “professionista” (Julia Roberts) per evitare di avere inconvenienti non controllabili con una “dilettante” (moglie, fidanzata). Chi siamo, chi vogliamo essere, nella nostra mente e nei fatti? Il ruolo che desideriamo è quello di Julia che batte la strada, oppure Julia che viene raggiunta sulla scala da Richard alla fine del film (e lui soffre di vertigini, quindi è un atto coraggioso)?
Essere fotografo significa esprimere “la propria arte”, guadagnare soldi… tutti e due? Conosco fotografi bravissimi che non sono “innamorati” dell’essere fotografi, lo fanno perché sanno fare questo mestiere e lo fanno per vivere (si spera bene). Conosco invece tantissimi fotografi che pretendono (pretenderebbero) di far convivere i due lati di questo mondo: essere artisti e guadagnare soldi… ed è meno facile, perché se si ha uno spirito artistico di solito si ama fare esattamente quello che è “il lavoro” e quindi si cade sempre nel desiderio di fare qualcosa di bello, che soddisfa l’anima e l’ego, e quindi il lato economico è quello meno importante. Poi ci sono gli artisti veri, che sono quelli che proprio della questione economica non si interessano: alcuni se lo possono permettere, altri fanno altri lavori per ripagarsi questo diritto alla scelta di vita.
Di cosa stiamo parlando, quindi? Di concorrenza sleale? Lo sarebbe, per guadagni abusivi: persone che intascano soldi senza dichiararli, per esempio. Sono prostitute/i che non pagano le tasse e quindi possono fare dei prezzi più bassi di noi. Ma se qualcuno decide di usare il proprio tempo per fare per passione qualcosa che altri fanno per mestiere (soldi), quale è la loro colpa? Alla fine, se quando tornate a casa e vi cuocete un piatto di pasta, dovreste sentirvi in colpa perché state “rubando lavoro ai cuochi del ristorante sotto casa”?. Se portate fuori il vostro cane a fare i bisognini, state forse rubando il lavoro ai dog sitter? Se fate fare i compiti ai vostri bambini, state rubando il lavoro i maestri? Suvvia, dobbiamo guardare le cose come stanno: c’è un sacco di persone che amano fare fotografie, e un sacco di persone che hanno bisogno di belle fotografie, se possono averle gratis, e che male fanno se possono addirittura generare soddisfazione in chi le fa e le offre gratis (quante volte i “professionisti” fanno lavori controvoglia? Anche chi si prostituisce, pur professionista, può non metterci alcun impegno).
Ci sono tanti lavori che non subiscono il rischio di una “concorrenza a costo zero”: pulire le strade di notte, guidare un autobus, vendere il pesce, ma anche fare il meccanico, fare i mercati e svegliarsi all’alba, i panettieri e mille altri, potremmo anche cambiare lavoro e fare qualcosa di più “garantito”. Abbiamo però scelto un mestiere meraviglioso, perché è bellissimo da svolgere (non semplice: bello), siamo dei privilegiati, possiamo lavorare con la fantasia, con la creatività, idealmente lasciare un segno di chi siamo o di chi vogliamo essere. E vogliamo – giustamente – essere pagati, possibilmente bene, per quello che facciamo e sappiamo fare. Il nostro punto di riferimento, il nostro “nemico” (dobbiamo guardare a lui) non è chi ha il nostro stesso sogno, ma chi è più bravo di noi, riuscendo a farsi pagare più di noi. Non serve rattristarci, arrabbiarsi con chi lavora gratis, ma con noi stessi perché non siamo capaci di dimostrare la differenza e proporre un “listino di servizi e prestazioni” che chiaramente qualcuno è disposto a pagare, per avere determinate garanzie di soddisfazione. Prima di tutto, nella nostra testa.
Essere professionisti vuol dire farsi pagare? Quanto?
Preventivi chiari (quello che state proponendo, perché costacosì, a quale target si rivolge)?
Volete degli spunti per riflettere, se pensate giustamente di voler far valere i soldi che volete chiedere per il lavoro, e quindi seguite la strada dell’essere professionisti che giustamente si vogliono far pagare, seguite la logica dei preventivi proposta dal fotografo Don Giannatti che trovate qui
In pratica, Don dice che in un preventivo ci deve essere una voce principale, che è quella che di solito “viene richiesta” che è:
“una giornata a fare foto”
che vale, nominalmente, molto poco, per esempio 100 dollari (purtroppo, molti fotografi italiani chiedono meno di questo…). Ma poi si aggiungono gli elementi che fanno parte del “pacchetto completo”, una lista infinita che include voci quali (citiamo e traduciamo i più interessanti):
- Evitare e risparmiare i tempi di rifacimenti per errori
- Inviare le immagini finali nei tempi giusti senza ritardi e scuse
- Sapere cosa scattare rispettando le esigenze del brand e dello spirito aziendale
- Realizzare immagini eccezionali che possono aiutare la vostra azienda a vendere ancora più merda.
Il totale è di 100 dollari per “fare delle foto” sommato a 3900 dollari di “pacchetto completo”, per un totale di 4000 dollari.
La creatività: si compra, si copia?
A volte pensiamo che i clienti devono pagare per le nostre idee, ma poi alla fine le idee sono il bene più facilmente trasferibile: basta guardare un’immagine per, più o meno, poterla rifare uguale o quasi. Ci sono esperienze e situazioni che si sono viste ovunque, questa è l’ultima, embeddiamo il post di Instagram del fotografo Edward McGowan che mostra come una sua immagine sia stata copiata per realizzare una campagna. Allora… cosa vendiamo? Fare il fotografo, creare non è inventare, noi stessi (tutti) facciamo della copia il nostro punto di forza, ne abbiamo parlato in un post molto discusso tempo fa. Cosa paga il nostro cliente? Se vede una fotografia e decide che quella è esattamente l’immagine che serve, può contattare l’autore (sarebbe sensato, lo sappiamo), oppure chiedere al suo fotografo di fiducia di farla uguale o molto simile, o ancora può partire da quell’immagine ed evolverla. Un fotografo molto bravo (Paolo Cecchin), tanti anni fa, fece una foto molto complessa di luci dentro dei bicchieri, qualcuno provò dall’altra parte del mondo a copiarla, senza riuscirci… e si rivolse poi a lui per farla. C’era creatività, in quella foto, ma anche una capacità tecnica incredibile, non facilmente copiabile. Quante sono le foto che realizziamo e che solo noi saremmo in grado di fare? Fa arrabbiare se qualcuno si impossessa di qualcosa che abbiamo creato noi, ma dobbiamo confidare a noi stessi che probabilmente quello che abbiamo “inventato” è frutto di copia/rielaborazione, perché la cultura visiva si basa proprio su questo; che poi le “fotocopie” siano sterili e prive di rispetto perché copiano senza evolvere, va bene… ma la creatività non si basa su “Invenzioni”… e quindi il cliente non compra invenzioni ma idee che sono fluide e si evolvono continuamente, partono da un punto e arrivano ad un altro punto che sarà il punto di partenza per qualcun altro.
Cercate i clienti giusti!
Nel 2015 è uscito questo bando/concorso negli USA
In pratica, si stava cercando il “nuovo Ansel Adams” per riprendere il suo lavoro. Tutti conoscono e apprezzano Ansel Adams, ma forse non tutti sanno che quelle meravigliose fotografie dei Parchi nazionali erano dei lavori commissionati. Nel 1941 Ansel Adams ha infatti iniziato a lavorare per l’US Department of the Interior per realizzare immagini fotografiche in grande formato per questo dipartimento. Bene, l’annuncio che abbiamo sopra citato, richiedeva – nel 2015 – lo stesso impegno, si cercava un fotografo in grado di scattare immagini in grande formato in bianco e nero, un lavoro da 100 mila dollari all’anno. Vedete, questo sarebbe un lavoro che non solo molti di voi/noi vorremmo fare a tutti i costi, addirittura gratis, eppure questo è un lavoro vero, e se volete qui c’è il fotografo, Jarob Ortiz che ha “vinto” questo lavoro.
La fotografia ha mille opportunità e occasioni, che vengono remunerate tanto e sono meravigliose, ma si perde troppo tempo a lamentarsi e a guardare dal lato sbagliato, si dimenticano quali sono gli obiettivi e i desideri.
In conclusione
Dobbiamo perdere il vizio di guardare le cose solo da un lato. Il problema del mestiere dei creativi (e dei fotografi in particolare) è che è un mestiere desiderabile, ognuno mette sul tavolo quello che può offrire:
- Capacità tecnica
- Capacità creativa
- Disponibilità di tempo
- Passione
- Amiche carine che posano gratis
- Conoscenze
- Attrezzature
Se vogliamo lavorare sul serio (non per finta) in questo mondo, dobbiamo dare di più, per essere professionisti che pretendono (giustamente, lo ripetiamo per la millesima volta!) soldi dobbiamo capire che non dobbiamo venderci come degli “appassionati” e non dobbiamo considerare questo mondo di desiderosi di avere “un ph accanto al nome” come i nostri concorrenti. Dobbiamo fornire delle concrete garanzie di piena soddisfazione al cliente, non a parole: concretezza. E poi dobbiamo decidere se vogliamo, anche, baciare sulla bocca…