Peggio del mestiere di fotografo? Forse il tassista…

Peggio del mestiere di fotografo? Forse il tassista…

Fotografo_peggior_mestiere
Kayin Ho

Che il mestiere di fotografo non sia più considerato il più bello al mondo questo è evidente. Probabilmente, negli anni ’70 e forse anche dopo, il sogno di molti era quello di poter vivere, felici e ricchi, impugnando una reflex e fotografando bellezze (in carne e ossa, luoghi o eventi poco importa).

Di questa perdita di appeal ne parla, in modo evidente, dati alla mano, USAToday in questo articolo, posizionando il mestiere di fotografo al venticinquesimo posto tra “i peggiori” negli Stati Uniti, ma mettendolo non a caso in evidenza rispetto ad altri. Già, perché si tratta di un passaggio dalle stelle alle stalle che fa riflettere. Abbiamo detto, dati alla mano: infatti questi sono i numeri: un fatturato molto basso (mediamente 34 mila dollari/anno), una riduzione sensibile prevista nei prossimi anni (-5.6% in dieci anni, dal 2016 al 2026) e comunque un elevato numero di addetti (circa 50 mila).

I numeri stanno preoccupando ovviamente anche i produttori di fotocamere, Canon e Nikon segnano quest’anno un -17% delle vendite rispetto all’anno scorso, e non si tratta di un’emorragia che si prevede possa essere arginata. La tecnologia ci porta sempre più verso apparecchi dalle “alte prestazioni” (a volte solo a parole, ma poco importa: è la qualità percepita che conta), per esempio Samsung che ha presentato il primo sensore per smartphone da 64 Megapixel. Questo sta a significare che sempre più la produzione fotografica diventa una “commodity”, e di conseguenza sempre più difficile è lavorare in un campo in cui tutti sembrano in grado di realizzare prodotti “di qualità” senza rivolgersi, a pagamento, a professionisti specifici. E in tanti campi, appare vincente più la condivisione e l’aggregazione di contenuti visuali che non la qualità assoluta: per esempio questa app nasce per creare album di matrimonio dove tutti gli invitati all’evento possono entrare e contribuire con le proprie immagini. Non più una prospettiva unica e autorevole (quella del fotografo ufficiale), ma un collettivo di contributi, ovviamente gratis e che trasforma l’album in uno spazio da vivere “tutti insieme”.

Poco conta consolarci vedendo che altre professioni considerate cool una volta oggi sono in caduta libera: i dj, che vengono sostituiti dalla musica online e in streaming, i reporter dei giornali (previsto -10%) e anche il sogno classico di molti ragazzini, quello di fare il pompiere, oggi viene visto come poco remunerativo considerando i pericoli e l’impegno richiesto. Nulla è peggio per del tassista, al primo posto come il “peggior lavoro”, a causa della rivoluzione causata dai servizi come Uber e Lyft che hanno sradicato un modello di business distruggendolo dalla base. Dove conviene lavorare, ci si domanda? Sembra che la cosa migliore sia trovare un impiego da Google, Microsoft o Starbucks (evviva, ha aperto finalmente in Italia…).

Il mondo corre veloce, le esigenze del mercato si modificano giorno dopo giorno. Non servono certo statistiche per capire che gli atteggiamenti del passato rischiano di portare fuori strada. Eppure, ne siamo sicuri, produzioni di immagine di alto livello sono sempre più importanti e redditizie. Il problema è che la gran parte dei fotografi sono “innamorati” dell’immagine e del ruolo di fotografi, e questa visione li allontana dai mercati e dalle occasioni che invece si sono aperte e si aprono ogni giorno. Vivere di fotografia significa lavorare su progetti più complessi del “fare click”, più ampi di una “collezione di fotografie”, più evoluti di una “narrazione” che si basa solo sulle immagini. Terreni che da anni stiamo stimolando, e che forse bisogna tornare a ribadire, attualizzandoli e integrandoli. Serve un update, il passato di sicuro non tornerà, ma il futuro è meno oscuro di quello che si pensa. A prescindere dai dati, dalle statistiche e dai titoli ad effetto.

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