Vogliamo dire basta alle fotografie rubate in rete? C’è un mercatino all’aria aperta che “spaccia” illegalmente milioni di fotografie, che si chiama Google “Immagini”, eppure nessuno finora ha fatto nulla. I “clienti” entrano in questo mercatino dove si trova di tutto, aprono il loro sacchetto della spesa (non pagano nemmeno quello, alla faccia delle leggi italiane in materia, sui sacchetti sono rigidi i nostri legislatori, meno su argomenti più importanti), e se ne vanno via, nemmeno uno scontrino fiscale perché… non c’è nessuna transazione economica, o almeno non evidente (Google ci guadagna…). Si parla tanto del recupero delle tasse che i giganti digitali stanno evadendo (e non è esattamente così: è colpa loro se non esiste una regola in materia che risponda ad un mondo globale?) e non si parla invece dell’illegalità del furto assistito di copyright che avviene alla luce del sole, un negozio che incentiva il furto che non è mai chiuso e che anzi permette anche di trovare con sempre maggiore precisione l’esatta immagine che “serve” senza dover per questo accettarne il costo.
La buona notizia sarebbe che due giganti stanno lavorando insieme per ridurre questo problema, ma si tratta di un accordo tra Google e Getty Images per modificare la struttura del modulo di ricerca, impedendo l’accesso diretto alle immagini ad alta risoluzione e mettendo in maggiore evidenza la segnalazione dell’autore. Getty dice che questo dovrebbe essere di aiuto per tutti i fotografi, e indirettamente dovrebbe portare più utenti ad acquistare immagini ad alta risoluzione. Sinceramente, quando abbiamo letto il titolo, ci aspettavamo qualcosa più più innovativo dal punto di vista tecnologico, come per esempio l’adozione dell’intelligenza artificiale che potrebbe fare una scansione di tutte le immagini individuando eventuali usi illeciti delle immagini in rete (si, lo sappiamo, sarebbe complesso: come evitare un eccesso di controllo che causerebbe, prima di tutto, un disagio per chi compra lecitamente le immagini? Servirebbe un sistema di verifica, un codice univoco, che collegato ad una mole pazzesca di Big Data potrebbe verificare l’uso corretto da quello privo di tale informativa legale). Di fatto, quella che è stata sviluppata da Getty Images e Google è una soluzione per rendere “un po’ più difficile” il furto di immagini, ma sappiamo bene che sarà un miglioramento di portata ridotta. In più, il prezzo che viene pagato per ridurre questo “furto accettato”, che Getty aveva già denunciato nel 2016, verrà pagato in diritti di uso di fotografie licenziate da Getty Images nella comunicazione di Google. Come dire che si dovrebbero pagare colazioni con la brioche ai borseggiatori in metropolitana perché si sono resi disponibili a non agire negli orari dei pendolari.
Ma, come sempre, cerchiamo di guardare le cose da un altro punto di vista. In questi giorni ha fatto scalpore la nuova campagna (geniale) del brand Diesel, che ha giocato su un terreno per certi versi simili. In pratica, hanno proposto capi di abbigliamento chiaramente falsi (il nome è stato storpiato da DIESEL a DEISEL) nel centro più famoso al mondo per la vendita di capi “diversamente firmati”, Canal and Broadway a Chinatown, NY. Il tutto all’insegna del motto: “Tutto originale, a parte il logo”. Se Google “distribuisce” immagini senza un controllo economico, qui si vendevano prodotti “falsamente falsi” in un mercatino che di solito è il “nemico” dei brand ufficiali, e dove si vendono di solito (non in questo caso) prodotti falsi, senza garantire quindi alcun ritorno ai “creatori” del prodotto. Ovviamente, i prodotti DEISEL saranno realmente in vendita e andranno sicuramente a ruba, l’operazione ha generato divertimento e copertura mediatica, il video è tutto da vedere:
Invece che cercare di proteggere, il nostro settore dovrebbe essere in grado di provocare. Siamo – come “Fotografia” – uno dei pilastri della comunicazione, potremmo cambiare il mondo, il pensiero comune, le abitudini usando questa forza, e invece pestiamo i piedi e borbottiamo come i bambini che “non è giusto, che sono tutti cattivi che ci rubano le caramelle”. Sicuramente, grandi gruppi potrebbero fare una campagna (magari, se il vostro marketing non è capace, si potrebbe chiedere ai “ragazzi” di Diesel di pensarci loro), ma anche in piccolo si potrebbero fare piccole operazioni ad alto contenuto di provocazione, per poi parlarne in modo intelligente sui social e sui canali digital. Qualcosa si otterrebbe, ma forse ci viene meglio giustificarci dando colpa agli altri, alla fine si fa meno fatica.