foto di Josh Hild
Una cosa è evidente, da tutta questa situazione che stiamo vivendo in questi mesi: lo ha detto, prima di noi, un giornalista del New York Times che ha scritto che nell’era del Coronavirus, è finita la discussione sul tempo passato davanti allo schermo, e gli schermi hanno vinto. Pensate alle mamme apprensive, perché i bambini passavano troppo tempo davanti alla TV, al computer, allo schermo del computer, dell’iPad o dello smartphone: ora è considerato normale che si possa (debba) studiare, giocare, parlare con parenti e amici davanti ad uno schermo. Chi diceva che la “vita è fuori dallo schermo” ora si circonda di schermi, sempre più grandi e sempre meno messi in dubbio. Ma non è solo una questione di genitori e figli: tutto questo riguarda lo strascico che ne conseguirà, nel bene o nel male.
Nel bene o nel male, ci accorgiamo che tutti, proprio tutti, hanno superato qualsiasi barriera di paura e di mancanza di conoscenza e si sono proiettati nel “futuro”: acquisto online, connessioni usando la webcam quando prima nessuno voleva “apparire” sullo schermo, scelta di fornitori e servizi in funzione della loro capacità di una consegna a domicilio, il superamento della questione “prendo l’auto per fare” ad un “facciamo tutto in remoto”.
E’ anche un momento in cui i grandi stanno crescendo a tal punto da diventare incontrollabili (Amazon, davanti a tutti), ma al tempo stesso si stanno creando spazi per realtà più piccole, e ancora più importanti, più “vicine”. In questi mesi, più che “Esselunga” ha potuto la bancarella del mercato che ha offerto la consegna di frutta e verdura direttamente sull’uscio di casa, usando tecnologie a bassissimo costo e impatto, come “mandami le richieste su Whatsapp”: investimento zero, in tecnologia complessa, ed efficacia garantita da un giro di utenti minimo, dove 100 sono meglio di 100 mila. Come abbiamo letto, in un altro articolo: “la tecnologia sta correndo in background”, che è un mantra a cui dovremmo adeguarci – anzi, dovremmo cavalcarlo con tutte le energie – e che non si discosta molto da una celebre frase di Henry Ford che disse, in era non sospetta:
C’è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia diventano per tutti.
Il lavoro, d’ora in avanti, è capire come tutte le attività si evolveranno verso questa nuova direzione, e in particolare, consiglieremmo di puntare su questi elementi:
1) Quali sono le aree dove la tecnologia di connessione e comunicazione a distanza non sono ancora entrate e possono invece essere previste? Non pensate con “la testa di ieri”, ma con quella di domani
2) Per aiutarvi, leggete questo libro, aiuta a capire come il digitale trova la sua principale forza nel “demolire” gli approcci del passato. Non per migliorarli, non per integrarsi, non per potenziarli: per cambiare il modo di pensare. E’ utile, davvero! (Ovviamente, leggetelo in digitale, anche l’approccio “fisico” va superato, anche se non certo “eliminato”.
3) Pensate a come poter “scalare” il business digitale da grande (Amazon, anche Esselunga, Facebook, ma anche gruppi privati su Telegram – meglio che Whatsapp, ma questa è una questione fine, meglio non immetterla in una visione allargata), e farlo entrare nel concetto del vostro territorio. Usate la fantasia, la creatività…
4) “Locale” è il nuovo “globale”: le distanze avranno un peso o meglio un’opportunità. Cosa potreste proporre per il fatto che “siete vicini” e quindi potete fare qualcosa per la comunità che avete vicino? Certo, in questi ultimi venti anni ci hanno inculcato che possiamo essere cittadini del mondo, ma ora che tutto il mondo e connesso, la competitività può e forse deve trovare altre formule, che, tra l’altro, non sono gestibili dai grandi.
5) Nel digitale, quello che conta di più è trasmettere una buona reputazione. Non ci sono trucchi che durano, la reputazione invece la si deve mantenere tutta la vita
6) Il business della fotografia, del video e dell’immagine è molto (molto) più ampio di quello che ruota attorno ai concetti che sono culturalmente vicini ai produttori di immagini (fotografi, videomaker), ci sarà molto più da guadagnare guardando a come queste tecnologie verranno adottate, in unione alle reti, ai network, all’intelligenza artificiale che non al ritratto o alle fototessere. Serviranno competenze tecniche, ma specialmente “umanistiche” in un mondo che disporrà sempre più di competenze informatiche, algoritmiche: la capacità di studiare, ottimizzare e trasmettere istruzioni alle “macchine” richiederà persone competenti su quello che “vale un’immagine”, e saranno competenze richieste e ben pagate.
7) Spesso abbiamo detto che “immagine” farà sempre più rima con “privacy” (e il suo furto). Questa totale apertura, incontrollata e non più messa in discussione della comunicazione digitale, della totale ubiquità degli schermi di cui abbiamo parlato, citando l’articolo del New York Times (che vi consigliamo di leggere, se il vostro inglese non vi aiuta, usate anche il traduttore automatico: non sarà perfetto, ma vi farà capire), non deve far abbandonare totalmente il senso critico per quelli che sono i lati “oscuri” della faccenda. Walt Mossberg, celebre firma proprio della testata, racconta in un tweet che sebbene avesse chiuso i suoi account di Facebook e Instagram nel 2018, in diretto contrasto con le policies del colosso dei social network, li ha riaperti temporaneamente per poter rimanere in contatto con amici e parenti in questo periodo difficile… ma che li richiuderà, non appena la crisi del Coronavirus rientrerà. Bene, forse è la cosa più saggia: usare le potenzialità del digitale, ma ricordarsi che non tutto è giusto: essere esperti ed entusiasti non significa dover essere necessariamente anche ciechi.
8) per citare una persona che ammiriamo molto, un paio di suoi consigli che possono chiudere molto bene questa lista orientativa:
- In caso di crisi e disastri, non sprecarli. Nessun problema, nessun progresso.
- A lungo termine, il futuro è deciso dagli ottimisti. Per essere un ottimista non devi ignorare tutti i molti problemi che creiamo; devi solo immaginare di migliorare la nostra capacità di risolvere i problemi.