Domani, lunedi 10, è la giornata dell’apertura delle prenotazioni dell’iPad in Italia (e in altre nazioni). Venerdi sono stati annunciati i costi, a partire da 499 Euro per la versione base (solo WiFi e 16 Gb di memoria), e poi una scaletta che a step di 100 euro ci porta fino a 799 Euro per la versione “top”, da 64 Gb e 3G. Abbastanza prevedibile ipotizzare che sarà una corsa per accaparrarsi i primi apparecchi che arriveranno, anche se l’attesa di un mese in più rispetto alle iniziali previsioni dovrebbe avere dato la possibilità di non avere problemi di reperibilità. Insomma, dovrebbero essercene per tutti.
Una volta superato lo step “dell’esserci“, diventerà essenziale concentrarsi sul “cosa metterci dentro” a questo apparecchio che già in diverse occasioni abbiamo avuto modo di leggere che è stato definito una “macchina mangia soldi”. La scommessa di tutti gli editori (dei giornali e delle riviste, del web, del cinema, dei libri…proprio tutti) è di creare contenuti che il pubblico è non solo disposto, ma addirittura desideroso di comprare. Un po’ come la Polaroid di una volta, dove l’oggetto macchina fotografica era solo un veicolo per vendere rullini per scattare e sviluppare le foto, o un po’ come per le stampanti di oggi, che costano nuove quanto una confezione di inchiostro di ricambio, l’iPad è una scatola vuota che nasce per essere riempita di contenuti a pagamento.
Visto che siamo tutti creatori di contenuti, la domanda che ci dobbiamo porre – e che crea, a causa di una serie di discussioni accesissime sul web, in questo ultimo mese – è come realizzare tali contenuti. Vogliamo dire che, in attesa di evoluzioni così significative del mercato digitale, per ora si tratterà di “banali” riconversioni di prodotti già esistenti: riviste cartacee che diventano digitali, libri cartacei che si trasformano in ebooks, album fotografici che diventano DigitalPhotobooks (tanto per fare un esempio più tangibile per il nostro pubblico). Questo significa che – se accettiamo di considerare tutti questi contenuti come delle “applicazioni” – è necessario pensare che servano dei flussi di “conversione” che siano semplici e figli di un workflow tradizionale: per farla semplice, che non sia necessario partire da zero, ma che possano esserci strumenti che si integrano al lavoro tradizionale, e che facilmente possano consentire una distribuzione digitale.
Da qualche settimana, una strada – forse la più semplice e fluida – è stata bloccata: in pratica all’interno di Flash Professional CS5 è presente una funzionalità che consente di “convertire” (compilare, per dirla in modo corretto) la programmazione Flash in un’applicazione per iPhone (e iPad, di conseguenza). Apple ha bloccato, con un solo colpo di spugna, qualsiasi soluzione di questo tipo, per vari motivi: alcuni dichiarati e spiegati, ed altri evidenti comunque. Il poco amore di Apple nei confronti di Flash è evidente, non a caso con l’iPhone non si può fruire di contenuti Flash, questo lo saprebbe anche mia nonna, se fosse ancora viva. Ma il blocco nei confronti della tecnologia di Adobe ora è più profonda: quello che è stato bloccato non è il formato Flash da fruire come contenuto finale, ma anche la possibilità di usare questo linguaggio di programmazione (più visuale, e comunque estremamente potente) per creare applicazioni iPhone. Ed è iniziata una guerra, che per ora si è manifestata con lettere aperte da entrambe le parti, ma che potrebbe avere risvolti in ambiti più formali. Quello di cui si accusa Apple è di usare un atteggiamento di totale chiusura, a difesa della sua piattaforma “mobile” e, dall’alto della sua supremazia, potrebbe impedire uno sviluppo corretto della concorrenza.
Non entriamo nel discorso, potremmo parlarne per mesi: basta dire però che per “concorrenza” si intende essenzialmente quella di Android, il sistema operativo di Google per l’ambiente mobile, ma non solo: non so se sapete, ma Palm – marchio storico e forse la più forte alternativa dal punto di vista tecnologico all’iPhone – è stata acquisita da HP ad una cifra enorme (1,2 miliardi di Dollari) e quindi il colosso dell’informatica si è portato in casa non solo del know how, ma anche un eccellente sistema operativo, WebOS, che potrebbe essere una buona piattaforma di sviluppo non solo dei cellulari, ma anche dei tablet concorrenti ad iPad (non a caso, HP ha subito bloccato il suo progetto di tablet per integrare le tecnologie e l’OS di Palm).
In questa battaglia, che è davvero accesa e con risvolti sanguinari (metaforicamente parlando), si gioca il futuro della tecnologia, del mercato e anche dei contenuti realizzati dai “creativi” e da far fruire ai loro clienti. Ed è per questo che è importante comprendere dove stiamo andando. Da una parte c’è una fetta del mercato che vorrebbe creare un solo contenuto, e poi con poca fatica convertirlo per qualsiasi device, e quindi – sostanzialmente – per qualsiasi utente. Questa fetta, sostanzialmente, è legata all’ambiente Adobe, che vede finalmente attuabile il concetto di network publishing che lei stessa ha inventato all’inizio del nuovo millennio e che è stato, finora, solo una grande promessa in attesa di conferme. Dall’altro lato del campo di battaglia, chi ha in mano una piattaforma di tale successo, di tale efficacia e perfettamente integrata in un ecosistema a prova (apparentemente) di bomba, e che quindi tende ad impedire che i progetti nati per i suoi sistemi possa finire facilmente ad alimentarne altri, concorrenti. In questa secondo secondo lato, ovviamente, c’è Apple.
Poi, ci sono un po’ come franchi tiratori, in realtà che poco c’entrano in questa battaglia, ma che possono approfittarne creando zizzania e trovando proprio vantaggio: per esempio Microsoft, che ha appoggiato alcune prese di posizione “anti-Flash”, che suonano però male perché è ovvio che Microsoft – avendo un concorrente di Flash che si chiama Silverlight – tende a mettere il concorrente forte all’angolo (ma fa sorridere, perché le stesse motivazioni che porta Apple a bloccare Flash sono le stesse che bloccano Silverlight…). Oppure la stessa Google, che con Android e persino con NexusOne (primo telefono della grande G) si propone come alternativa assoluta e “aperta” al mondo chiuso di iPhone e che si prevede che esca con un tablet concorrente.
Cerchiamo di tornare al nostro orticello: non possiamo certo noi combattere questa guerra, ma ci sono delle conseguenze che ci coinvolgono. Per esempio, sostituire Flash con soluzioni “aperte e standard”, come per esempio l’evoluzione dell’HTML (ormai ben famoso come HTML5) è vero che ci toglie dalla “tirannia” di Flash (spesso viene dichiarata così, personalmente non la considero tale), ma al tempo stesso ci fa fare dei passi indietro nella tecnologia e nella qualità di fruizione del web: prove fatte confermano che un’animazione Flash è più fluida, su qualsiasi device, e per la realizzazione di animazioni complesse, è necessario investire molte più risorse di tempo senza Flash. Ma c’è di più: questa guerra non agevola noi che vorremmo, certamente, produrre per qualsiasi device, senza importarcene di quello che, sopra di noi, venga percepito come vantaggioso o svantaggioso. In pratica, qualsiasi autore vorrebbe poter pr0porre (e vendere) il proprio contenuto su qualsiasi piattaforma, perché è l’utente finale (il cliente) che sceglie “come” visualizzare un contenuto, e quindi noi dobbiamo fornirglielo esattamente come lo desidera il cliente, che se no “fugge via”. Al momento attuale, o almeno è quello che sembra, bisogna preparare una “torta” nuova per ogni utente (device) e questo genera aumento di costi, mancanza di ottimizzazione, perdita di tempo. E non è qualcosa di buono!
Non scendiamo sul lato puramente tecnico solo per non innescare discussioni di parte, tra chi difende uno schieramento e chi l’altro: Flash ha i suoi meriti e le sue colpe, e lo stesso vale per le scelte di Apple, difficili da digerire per alcuni, e comprensibili dal punto di vista strategico (e forse anche da quello tecnologico). Quello che diciamo è che serve una via percorribile: rischiamo che queste lotte possano solo rendere più difficile l’evoluzione di questo mercato per tutti. O, meglio, per coloro che non solo enormi e che quindi hanno le spalle forti per seguire “tutte le strade”. Murdoch, l’altro giorno, ha dichiarato la propria soddisfazione per avere venduto più di 64 mila abbonamenti al New York Times per iPad, e ha invece criticato Kindle (che invece aveva elogiato in passato… diciamo che le opinioni sono abbastanza variabili, da quelle parti). I piccoli (e non solo loro), soffrono invece queste battaglie, che impongono di fare scelte che potrebbero rivelarsi limitanti, oppure di dover fare investimenti “misti” che potrebbero trasformare tutto in un calvario senza fine.
Pensate alle situazioni “semplici” di casa nostra: non sarebbe bello realizzare un catalogo per un cliente, un fotolibro per gli sposi, un proprio portfolio di promozione, e renderlo disponibile in tante versioni? (Cartaceo, web, app per iPhone, per iPad, per Android…). Certo che si può fare, ma se ognuna di queste “versioni” è un prodotto da sviluppare partendo da zero, allora… si finisce col lasciare perdere, e rendere meno soddisfatto il cliente. Non servono guerre di religione, non serve prendere le parti dei colossi… serve qualcosa a noi, che siamo terra terra, e che vorremmo avere meno problemi (già ne abbiamo tanti…) di quelli che ci buttano addosso. La speranza è quindi che si possa trovare qualche soluzione, ma… in realtà le soluzioni ci sono, solo che in giro si tende ad avere più voglia di discutere che non trovare strade alternative.
Di questo (anzi, molto di più) parleremo al JumperCamp del 24 maggio a Milano, dedicato al Self-Publishing. Sarà l’occasione di scendere nel dettaglio, di capire, di non fare il gioco di nessuno, solo il nostro (di autori, di fotografi, di persone che vogliono “pubblicare” i propri contenuti, e vogliono avere la speranza di renderli fruibili al maggior numero di persone). Come potete vedere, l’argomento è molto profondo e molto attuale e strategico. Non basta un SJ per parlarne, e forse non interessa a tutti, quindi per coloro che sono interessati, l’appuntamento è da non perdere. Non parleremo solo di queste tematica di iPad, iPhone, Flash e compagnia (dando delle soluzioni…), ma anche di modelli di business (ovvero: come poter fare soldi con un’editoria di nuova concezione, digitale o stampata su carta), come creare i progetti e come scegliere gli strumenti tecnici e di promozione. Vi aspettiamo in tanti!
Giovanni Salici says:
Premesso che i linguaggi e codici per il web non sono il mio forte e che probabilmente andrò un po’ fuori tema con questo umile intervento……
devo dire che Flash non mi è mai piaciuto; vi sono delle particolarità tecniche di questo che secondo me (ribadisco umile pensiero) sono il contrario della velocità e semplicità di lettura dei siti e contenuti. Bello sicuramente da vedere ma per nulla efficace nel mostrare contenuti rapidamente, giusto per dirne una.
Per cui forse… :)
Per quanto riguarda le scelte dei giganti prorprio non saprei cosa dire ma leggerò volentieri i pensieri di tutti.
Giovanni Salici says:
Premesso che i linguaggi e codici per il web non sono il mio forte e che probabilmente andrò un po’ fuori tema con questo umile intervento……
devo dire che Flash non mi è mai piaciuto; vi sono delle particolarità tecniche di questo che secondo me (ribadisco umile pensiero) sono il contrario della velocità e semplicità di lettura dei siti e contenuti. Bello sicuramente da vedere ma per nulla efficace nel mostrare contenuti rapidamente, giusto per dirne una.
Per cui forse… :)
Per quanto riguarda le scelte dei giganti prorprio non saprei cosa dire ma leggerò volentieri i pensieri di tutti.
Edo Guerreri says:
Ciao Luca,
il tuo argomento di oggi ha toccato diversi punti sensibili per tutti noi.
Vorrei prendere in esame solo un piccolo aspetto della questione che emerge anche dai meeting di settore.
Siamo sicuri, noi operatori, di reggere il ritmo al quale siamo sottoposti?
Il mercato avrà le sue leggi ma noi abbiamo i nostri tempi.
Per apprendere l’uso di Flash ho impiegato ed investito del tempo prezioso.
Aggiungiamo il tempo per imparare ad usare un’altra decina di programmi tutti maledettamente tosti!
Al di la del lato economico, ho il dubbio che questo sistema stia implodendo.
Noi non riuscendo a tenere il ritmo degli investimenti e del tempo di apprendimento.
Forse c’è qualcosa che mi sfugge ma nemmeno le nuove generazioni riusciranno a fronteggiare
l’invasione massiccia di tecnologie che schiere di tecnici e informatici al servizio delle grosse aziende stanno immettendo sul mercato con il risultato che non ci sono più i tempi perché il mercato digerisca l’offerta.
Ho l’impressione che in futuro si vedranno diversi naufragi……
Luca Pianigiani says:
Giovanni, la confusione che fai è tra un linguaggio di programmazione e un uso “estetico”. Che i siti in Flash spesso siano poco fruibili è una cosa che si lega alla progettazione di coloro che sviluppano il sito. La tecnologia Flash è alla base di molte tecnologie che invece hanno reso più facile e veloce il web, E quello che dicevamo è quello di interrogarsi, da creatori di contenuti, se è utile dover rinunciare ad una soluzione così avanzata. Ci sono modi intelligenti e stupidi per usare una tecnologia, ma non è colpa della tecnologia (o almeno non tutto…).
Edo Guerreri says:
Ciao Luca,
il tuo argomento di oggi ha toccato diversi punti sensibili per tutti noi.
Vorrei prendere in esame solo un piccolo aspetto della questione che emerge anche dai meeting di settore.
Siamo sicuri, noi operatori, di reggere il ritmo al quale siamo sottoposti?
Il mercato avrà le sue leggi ma noi abbiamo i nostri tempi.
Per apprendere l’uso di Flash ho impiegato ed investito del tempo prezioso.
Aggiungiamo il tempo per imparare ad usare un’altra decina di programmi tutti maledettamente tosti!
Al di la del lato economico, ho il dubbio che questo sistema stia implodendo.
Noi non riuscendo a tenere il ritmo degli investimenti e del tempo di apprendimento.
Forse c’è qualcosa che mi sfugge ma nemmeno le nuove generazioni riusciranno a fronteggiare
l’invasione massiccia di tecnologie che schiere di tecnici e informatici al servizio delle grosse aziende stanno immettendo sul mercato con il risultato che non ci sono più i tempi perché il mercato digerisca l’offerta.
Ho l’impressione che in futuro si vedranno diversi naufragi……
Luca Pianigiani says:
Giovanni, la confusione che fai è tra un linguaggio di programmazione e un uso “estetico”. Che i siti in Flash spesso siano poco fruibili è una cosa che si lega alla progettazione di coloro che sviluppano il sito. La tecnologia Flash è alla base di molte tecnologie che invece hanno reso più facile e veloce il web, E quello che dicevamo è quello di interrogarsi, da creatori di contenuti, se è utile dover rinunciare ad una soluzione così avanzata. Ci sono modi intelligenti e stupidi per usare una tecnologia, ma non è colpa della tecnologia (o almeno non tutto…).
Luca Pianigiani says:
Edo, l’argomento vedo che lo vivi direttamente e quindi puoi percepirne le sfumature. La tendenza può essere quella di lavorare su standard “aperti”, e liberi, che lasciano meno spazio alle battaglie “personali” delle aziende. Su questo stiamo meditando e lavorando (e su questo stiamo cercando soluzioni, anche da discutere come detto durante il nostro Camp del 24), per rispondere a tante richieste che rischiano di arenarsi a causa di questi “blocchi” e salti agli ostacoli. Il problema, come detto però, è che non esistono tecnologie totalmente “sostituibili” nel breve periodo, e quindi si rischia di fare dei passi indietro e non in avanti.
Alla base di tutto, comunque, c’è un elemento fondamentale, che abbiamo compreso bene: la destrutturazione dei contenuti: una volta che non esistono all’interno di una “confezione” ma sono dati grezzi che possono essere richiamati da qualsiasi “contenitore”, a quel punto possiamo fare quello che vogliamo. Questa tecnologia si appoggia su database, sull’XML e sui sistemi di content management. Bisogna imparare a fare a meno della “confezione”; o meglio… di pensare alla confezione solo alla fine del nostro progetto. Ed è difficile, per chi parte dall’estetica, dal supporto, da un media specifico.
Luca Pianigiani says:
Edo, l’argomento vedo che lo vivi direttamente e quindi puoi percepirne le sfumature. La tendenza può essere quella di lavorare su standard “aperti”, e liberi, che lasciano meno spazio alle battaglie “personali” delle aziende. Su questo stiamo meditando e lavorando (e su questo stiamo cercando soluzioni, anche da discutere come detto durante il nostro Camp del 24), per rispondere a tante richieste che rischiano di arenarsi a causa di questi “blocchi” e salti agli ostacoli. Il problema, come detto però, è che non esistono tecnologie totalmente “sostituibili” nel breve periodo, e quindi si rischia di fare dei passi indietro e non in avanti.
Alla base di tutto, comunque, c’è un elemento fondamentale, che abbiamo compreso bene: la destrutturazione dei contenuti: una volta che non esistono all’interno di una “confezione” ma sono dati grezzi che possono essere richiamati da qualsiasi “contenitore”, a quel punto possiamo fare quello che vogliamo. Questa tecnologia si appoggia su database, sull’XML e sui sistemi di content management. Bisogna imparare a fare a meno della “confezione”; o meglio… di pensare alla confezione solo alla fine del nostro progetto. Ed è difficile, per chi parte dall’estetica, dal supporto, da un media specifico.
Giovanni Salici says:
Sicuramente Luca hai più conoscenza di me in questo argomento quindi ti ringrazio della risposta.
Devo aggiungere al di là delle questione puramente tecniche, tecnologiche, progressiste ….. che Edo ha scritto delle frasi in cui mi trova d’accordo. Me lo chiedo anch’io dove ci porterà tutto questo correre dietro…. a cosa?
Non c’è più tempo per nulla e che come me lo ricerca (il tempo) spesso rischia non stare ulteriormente “dietro” a tutto.
Ma sto parlando d’altro e quindi mi ritiro di buon ordine :) saluti cari
Giovanni Salici says:
Sicuramente Luca hai più conoscenza di me in questo argomento quindi ti ringrazio della risposta.
Devo aggiungere al di là delle questione puramente tecniche, tecnologiche, progressiste ….. che Edo ha scritto delle frasi in cui mi trova d’accordo. Me lo chiedo anch’io dove ci porterà tutto questo correre dietro…. a cosa?
Non c’è più tempo per nulla e che come me lo ricerca (il tempo) spesso rischia non stare ulteriormente “dietro” a tutto.
Ma sto parlando d’altro e quindi mi ritiro di buon ordine :) saluti cari
Luca Pianigiani says:
Ognuno di noi deve solo capire se ha senso muoversi o stare fermi. Correre dietro a cosa? A trovare nuove strade, laddove quelle precedenti tendono a chiudersi… Ho paura che “andare avanti e correre” non sia una questione di scelta, ma quasi un dovere. Per sopravvivere…
Luca Pianigiani says:
Ognuno di noi deve solo capire se ha senso muoversi o stare fermi. Correre dietro a cosa? A trovare nuove strade, laddove quelle precedenti tendono a chiudersi… Ho paura che “andare avanti e correre” non sia una questione di scelta, ma quasi un dovere. Per sopravvivere…
sante castignani says:
Correre si può e si deve, ma la corsa, per definizione, non può essere in tutte le direzioni. Bisogna avere il coraggio di scegliere, e decidere quale strada imboccare, senza pretendere di esplorarle tutte.
Venendo al tema di oggi, mi sembra di rivivere i tempi in cui il Betamax voleva spadroneggiare e si scornò contro il meno evoluto ma più diffuso VHS. Imporre uno standard è una battaglia che può regalare al vincitore il controllo di un territorio, e oggi forse del mondo (sia pure virtuale); mi sembra uno di quei momenti in cui noi piccoli possiamo restare alla finestra, e occupare il tempo in modo produttivo.
Quando si saranno decisi, trarremo le nostre conclusioni :-)
sante castignani says:
Correre si può e si deve, ma la corsa, per definizione, non può essere in tutte le direzioni. Bisogna avere il coraggio di scegliere, e decidere quale strada imboccare, senza pretendere di esplorarle tutte.
Venendo al tema di oggi, mi sembra di rivivere i tempi in cui il Betamax voleva spadroneggiare e si scornò contro il meno evoluto ma più diffuso VHS. Imporre uno standard è una battaglia che può regalare al vincitore il controllo di un territorio, e oggi forse del mondo (sia pure virtuale); mi sembra uno di quei momenti in cui noi piccoli possiamo restare alla finestra, e occupare il tempo in modo produttivo.
Quando si saranno decisi, trarremo le nostre conclusioni :-)
Giacomo Sironi says:
Caro Luca,
ti leggo, ma non sempre riesco a seguire il filo: settimana scorsa una rivista che non si legge da iPad/iPhone. Oggi una serie di osservazioni su ciò che non si può fare con iPad. Html 5 peggio di iPad. Flash più fruibile. Sono opinioni che non condivido, ma accetto come tali. Dici che Apple ha un atteggiamento di chiusura, non condivido neanche questo, ma in fondo, allora, se la pensi così ti chiedo: perché ancora preoccuparsene? Perché cercare di assecondare un progetto (iPad/iPhone OS) che non condividi? A Cupertino sono altezzosi? Lasciali stare, lasciali a chi vuole seguirli, lo dico con sincerità e senza ironia. In fondo, dietro a tutto questo, c’è solo un uomo con un’idea: che la tecnologia sia semplice ad ogni costo, nessun compromesso, nessuna intromissione. E nessuno sarà obbligato ad acquistare un iPad.
Giacomo Sironi says:
Caro Luca,
ti leggo, ma non sempre riesco a seguire il filo: settimana scorsa una rivista che non si legge da iPad/iPhone. Oggi una serie di osservazioni su ciò che non si può fare con iPad. Html 5 peggio di iPad. Flash più fruibile. Sono opinioni che non condivido, ma accetto come tali. Dici che Apple ha un atteggiamento di chiusura, non condivido neanche questo, ma in fondo, allora, se la pensi così ti chiedo: perché ancora preoccuparsene? Perché cercare di assecondare un progetto (iPad/iPhone OS) che non condividi? A Cupertino sono altezzosi? Lasciali stare, lasciali a chi vuole seguirli, lo dico con sincerità e senza ironia. In fondo, dietro a tutto questo, c’è solo un uomo con un’idea: che la tecnologia sia semplice ad ogni costo, nessun compromesso, nessuna intromissione. E nessuno sarà obbligato ad acquistare un iPad.
Luca Pianigiani says:
Giacomo, non è vero che io non condivido iPad, anzi… sono sveglio alle due di notte, per poterlo prenotare oggi stesso. Ci credo, e tantissimo. E ci crede il mercato, che è ancora più importante. Nemmeno immagini cosa sta succedendo dietro una coltre di fumo, non dissipato ancora. Io qualcosa ne so, perché lo sto vivendo, vicino ad alcune realtà importanti.
Il problema che evidenzio non è se ci si crede o no, se si compra o no (e, ribadisco, ci si crede e si compra) ma perché è importante – almeno io credo che sia così – comprendere cosa c’è dietro queste “lotte”, per sapere come muoversi, come e dove investire, quanto stare fermi e quanto correre. Perché se è vero che qualcuno dice che si può aspettare, al tempo stesso è proprio nelle prime esplosioni di un mercato che si possono fare ottimi affari, partendo per primi e credendo nell’innovazione.
In queste settimane si parla tanto (troppo) di problemi e lotte tecnologiche tra titani, ma alla base ci siamo noi. Cercavo di fare un po’ di chiarezza, senza prendere le parti di nessuno, ma cercando di far capire quello che c’è dietro… o almeno quello che cerco, ogni giorno, di capire.
Luca Pianigiani says:
Giacomo, non è vero che io non condivido iPad, anzi… sono sveglio alle due di notte, per poterlo prenotare oggi stesso. Ci credo, e tantissimo. E ci crede il mercato, che è ancora più importante. Nemmeno immagini cosa sta succedendo dietro una coltre di fumo, non dissipato ancora. Io qualcosa ne so, perché lo sto vivendo, vicino ad alcune realtà importanti.
Il problema che evidenzio non è se ci si crede o no, se si compra o no (e, ribadisco, ci si crede e si compra) ma perché è importante – almeno io credo che sia così – comprendere cosa c’è dietro queste “lotte”, per sapere come muoversi, come e dove investire, quanto stare fermi e quanto correre. Perché se è vero che qualcuno dice che si può aspettare, al tempo stesso è proprio nelle prime esplosioni di un mercato che si possono fare ottimi affari, partendo per primi e credendo nell’innovazione.
In queste settimane si parla tanto (troppo) di problemi e lotte tecnologiche tra titani, ma alla base ci siamo noi. Cercavo di fare un po’ di chiarezza, senza prendere le parti di nessuno, ma cercando di far capire quello che c’è dietro… o almeno quello che cerco, ogni giorno, di capire.
Bruko says:
vivendo la cosa da “utonta” concordo sul fatto che dover imparare da zero un linguaggio di programmazione per poter rendere dei contenuti disponibili sia una barriera davvero enorme.
Dal mio punto di vista spero in un mondo in cui da una versione “pimpata” di Indesign si possano buttare dentro filmati, inserire link interni ed esportare i contenuti in un formato leggibile dall’iPad.
Oppure in una piattaforma che abbia lo stesso meccanismo di wordpress: ci butto dentro dei contenuti, poi posso aggiustare la forma.
Nel frattempo aspettiamo il postino, sperando che arrivi prima del 28 (data prevista per la consegna dell’iPad)
Bruko says:
vivendo la cosa da “utonta” concordo sul fatto che dover imparare da zero un linguaggio di programmazione per poter rendere dei contenuti disponibili sia una barriera davvero enorme.
Dal mio punto di vista spero in un mondo in cui da una versione “pimpata” di Indesign si possano buttare dentro filmati, inserire link interni ed esportare i contenuti in un formato leggibile dall’iPad.
Oppure in una piattaforma che abbia lo stesso meccanismo di wordpress: ci butto dentro dei contenuti, poi posso aggiustare la forma.
Nel frattempo aspettiamo il postino, sperando che arrivi prima del 28 (data prevista per la consegna dell’iPad)
Luca Pianigiani says:
Bruko: in effetti, la strada “già pronta” poteva essere quella di InDesign CS5, di cui per esempio abbiamo parlato a lungo e con cui abbiamo creato la nostra prima rivista digitale (e ne stiamo preparando altre). Comunque si stanno affacciando strade interessanti, su cui conviene riflettere ed approfondire. Dobbiamo, credo – ed è questo il messaggio che cerchiamo di dare – essere un po’ meno affascinati dalle confezioni, e curare di più il flusso dei contenuti, per poterli adeguare ad ogni esigenza, presente e futura. Speriamo di cavercela, tutti…
Luca Pianigiani says:
Bruko: in effetti, la strada “già pronta” poteva essere quella di InDesign CS5, di cui per esempio abbiamo parlato a lungo e con cui abbiamo creato la nostra prima rivista digitale (e ne stiamo preparando altre). Comunque si stanno affacciando strade interessanti, su cui conviene riflettere ed approfondire. Dobbiamo, credo – ed è questo il messaggio che cerchiamo di dare – essere un po’ meno affascinati dalle confezioni, e curare di più il flusso dei contenuti, per poterli adeguare ad ogni esigenza, presente e futura. Speriamo di cavercela, tutti…
Monica says:
La questione degli standard del web è vecchia quanto internet. Prima si combatteva per avere Browser standard ed è stata dura, molto dura. Ora che il risultato è accettabile, si passa alla “guerra dei devices”. Insomma, se c’è un benedetto organo competente a stabilire le regole degli standard (leggi W3C), perchè il “mercato” continua imperterrito ad ignorarlo? Sono d’accordo che prima arriva il bisogno di regolamentazione e poi la regola, ma qui si va ad oltranza.
Detto questo, credo nelle soluzioni CMS, che quantomeno sono portate avanti da community di sviluppatori che agli standard ci credono e li rispettano. L’esigenza di metterci un po’ di estetica e di design sta a noi.
E, davvero, speriamo di cavarcela…
Monica says:
La questione degli standard del web è vecchia quanto internet. Prima si combatteva per avere Browser standard ed è stata dura, molto dura. Ora che il risultato è accettabile, si passa alla “guerra dei devices”. Insomma, se c’è un benedetto organo competente a stabilire le regole degli standard (leggi W3C), perchè il “mercato” continua imperterrito ad ignorarlo? Sono d’accordo che prima arriva il bisogno di regolamentazione e poi la regola, ma qui si va ad oltranza.
Detto questo, credo nelle soluzioni CMS, che quantomeno sono portate avanti da community di sviluppatori che agli standard ci credono e li rispettano. L’esigenza di metterci un po’ di estetica e di design sta a noi.
E, davvero, speriamo di cavarcela…
claudia rocchini says:
Ciao Luca e bentrovato :)
Ho letto con molta attenzione questo articolo, non ho capito tutti i passaggi per un mio limite, ma mi ha colpito e non poco una frase di un tuo commento, che riporto:
“Bisogna imparare a fare a meno della “confezione”; o meglio… di pensare alla confezione solo alla fine del nostro progetto. Ed è difficile, per chi parte dall’estetica, dal supporto, da un media specifico.”
Mi ha colpito perché mi chiedo: ma ancora siamo a questo punto? Al punto che ancora oggi per costruire una casa si parte dal tetto?
Questo problema è IL problema da quando è nato il web e cioè che ci si preoccupa prima della tecnologia, dell’estetica, delle killer app e poi in ultimo, forse, dei contenuti.
Occupandomi di marketing communication ormai da 20 anni, sin dallo studio della struttura dei primi siti in frame, ai market place (qualcuno li ricorda ancora?), ai primi gestionali… ogni santa volta, e ancora oggi, mi ritrovo a che fare con gente che mi presenta un progetto grafico, mi parla di tecnologie compatibili per essere visti e letti anche da Marte… e alla classica domandina: “Scusate, ma come mai non mi chiedete che cosa voglio metterci dentro e a chi voglio parlare…e poi eventualmente adeguate il vostro modello alle mie esigenze?” la risposta è sempre la stessa: mi si guarda come se vivessi in un altro mondo.
E non è tanto questione di devices, è come al solito voler predisporre pacchetti e soluzioni standard per poi obbligare clienti e consumatori ad adeguare i loro bisogni a quanto passa il convento.
Ci sarà mai un’inversione di tendenza?
claudia rocchini says:
Ciao Luca e bentrovato :)
Ho letto con molta attenzione questo articolo, non ho capito tutti i passaggi per un mio limite, ma mi ha colpito e non poco una frase di un tuo commento, che riporto:
“Bisogna imparare a fare a meno della “confezione”; o meglio… di pensare alla confezione solo alla fine del nostro progetto. Ed è difficile, per chi parte dall’estetica, dal supporto, da un media specifico.”
Mi ha colpito perché mi chiedo: ma ancora siamo a questo punto? Al punto che ancora oggi per costruire una casa si parte dal tetto?
Questo problema è IL problema da quando è nato il web e cioè che ci si preoccupa prima della tecnologia, dell’estetica, delle killer app e poi in ultimo, forse, dei contenuti.
Occupandomi di marketing communication ormai da 20 anni, sin dallo studio della struttura dei primi siti in frame, ai market place (qualcuno li ricorda ancora?), ai primi gestionali… ogni santa volta, e ancora oggi, mi ritrovo a che fare con gente che mi presenta un progetto grafico, mi parla di tecnologie compatibili per essere visti e letti anche da Marte… e alla classica domandina: “Scusate, ma come mai non mi chiedete che cosa voglio metterci dentro e a chi voglio parlare…e poi eventualmente adeguate il vostro modello alle mie esigenze?” la risposta è sempre la stessa: mi si guarda come se vivessi in un altro mondo.
E non è tanto questione di devices, è come al solito voler predisporre pacchetti e soluzioni standard per poi obbligare clienti e consumatori ad adeguare i loro bisogni a quanto passa il convento.
Ci sarà mai un’inversione di tendenza?
corrado a. says:
Ciao Luca Explorer, arrivo in ritardo,
ma così dò longevità all’argomento! ;-)
Dirò le mie solite sciocchezze, poco utili alla professione, ma sarò… forse breve.
Una volta c’erano il fotografo, lo sviluppatore, lo stampatore, il fotolito, il tipografo, il grafico, l’illustratore, e poi il web designer, il web analist, il web developer, il SEO,
per non parlare di tutto il resto del mondo e del pianeta video.
La tecnologia ne ha eliminato alcuni e ne ha creato altri.
I fotografi tutto sommato sono ancora in piedi.
Anzi i fotografi si sono moltiplicati grazie alla tecnologia digitale.
In un mese sono diventati fotografi i grafici, gli art director, i giornalisti, i web designers e anche i geometri !
Più o meno contemporaneamente sono arrivate le Creative Suite e i fotografi in un mese sono diventati grafici, illustratori, web designers, …
oggi pronti anche ad assaltare il pianeta video prima che il pianeta video li assalti.
E’ che dopo varie sbornie e deliri tecnologici di onnipotenza,
indigestioni di immagini, siti, format, piattaforme, device,
si corre ancora per comunicare prima, più che meglio.
Penso che sia ora di tornare a fare bene il proprio mestriere, che non si impara in un mese,
rimanendo al passo coi tempi e le tecnologie che per davvero dovrebbero far correre meno, e non di più.
Crediamo davvero che le potenti funzioni della CS5 serviranno a risparmiare tempo da dedicare a qualcosa di più bello che smanettare o attendere la rotellina?
No, serviranno a soddisfare il committente di turno svegliatosi oggi che vuole il lavoro per ieri, perchè così va il mondo, no?
Le lotte tra i colossi fanno parte del gioco, e creano indotto, nuovo lavoro.
Alimentare la creatività credo sia più importante che perdere tempo improvvisandosi in altri mestieri,
appunto perchè la fotografia sia ancora contenuto e non confezione.
Gli standard per il futuro?!?
Intanto aspetto che si unifichino i caricabatteria dei telefonini europei…
ciao
e come sempre grazie
PS:
Nel frattempo sto tranquillo.
Come hai visto anche tu, alla presentazione della CS5 di Milano c’erano i due videoproiettori completamente scalibrati, o semplicemente uno dei due non calibrato.
Se un evento top dei leader di settore non si preoccupa di queste cosucce e bada ai contenuti, può darsi che anch’io possa farmi meno menate. O no?
corrado a. says:
Ciao Luca Explorer, arrivo in ritardo,
ma così dò longevità all’argomento! ;-)
Dirò le mie solite sciocchezze, poco utili alla professione, ma sarò… forse breve.
Una volta c’erano il fotografo, lo sviluppatore, lo stampatore, il fotolito, il tipografo, il grafico, l’illustratore, e poi il web designer, il web analist, il web developer, il SEO,
per non parlare di tutto il resto del mondo e del pianeta video.
La tecnologia ne ha eliminato alcuni e ne ha creato altri.
I fotografi tutto sommato sono ancora in piedi.
Anzi i fotografi si sono moltiplicati grazie alla tecnologia digitale.
In un mese sono diventati fotografi i grafici, gli art director, i giornalisti, i web designers e anche i geometri !
Più o meno contemporaneamente sono arrivate le Creative Suite e i fotografi in un mese sono diventati grafici, illustratori, web designers, …
oggi pronti anche ad assaltare il pianeta video prima che il pianeta video li assalti.
E’ che dopo varie sbornie e deliri tecnologici di onnipotenza,
indigestioni di immagini, siti, format, piattaforme, device,
si corre ancora per comunicare prima, più che meglio.
Penso che sia ora di tornare a fare bene il proprio mestriere, che non si impara in un mese,
rimanendo al passo coi tempi e le tecnologie che per davvero dovrebbero far correre meno, e non di più.
Crediamo davvero che le potenti funzioni della CS5 serviranno a risparmiare tempo da dedicare a qualcosa di più bello che smanettare o attendere la rotellina?
No, serviranno a soddisfare il committente di turno svegliatosi oggi che vuole il lavoro per ieri, perchè così va il mondo, no?
Le lotte tra i colossi fanno parte del gioco, e creano indotto, nuovo lavoro.
Alimentare la creatività credo sia più importante che perdere tempo improvvisandosi in altri mestieri,
appunto perchè la fotografia sia ancora contenuto e non confezione.
Gli standard per il futuro?!?
Intanto aspetto che si unifichino i caricabatteria dei telefonini europei…
ciao
e come sempre grazie
PS:
Nel frattempo sto tranquillo.
Come hai visto anche tu, alla presentazione della CS5 di Milano c’erano i due videoproiettori completamente scalibrati, o semplicemente uno dei due non calibrato.
Se un evento top dei leader di settore non si preoccupa di queste cosucce e bada ai contenuti, può darsi che anch’io possa farmi meno menate. O no?
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