La notizia è trapelata un paio di giorni fa, ed oggi è apparso sul sito di Google un approfondimento. Manco a dirlo, c’è qualcosa che ci riguarda in particolare. Vediamo di cosa si tratta.
Partiamo dall’idea, che ovviamente possiamo tutti condividere: che un buon libro non si può certo apprezzare soffermandoci solo sulla copertina, bisogna leggerlo, ovvero bisogna “entrarci dentro”. Tutti noi (immaginiamo) conosciamo le potenzialità offerte da Google Maps, che con la sua funzione “Street View” consente di vedere le strade – fotografate dalle “mitiche” Google Car – fornendoci un supporto non indifferente quando cerchiamo non solo una “via”, ma un posto, e magari un ristorante, un bar, un locale, un albergo che intendiamo raggiungere. La vista da “fuori” è già interessante, ma spesso non sufficiente per valutare a fondo: un ristorante da fuori sembra carino, ma dentro avrà quell’atmosfera romantica che potrebbe essere ideale per festeggiare una data importante, o per fare colpo? Quell’albergo è adeguato per prenotare una stanza e passare un fine settimana piacevole? No, l’esterno non è certo sufficiente: meglio (molto meglio) di un puntino su una mappa, ma non sufficiente per una valutazione approfondita.
L’idea di Google è quindi corretta: se si vuole rafforzare l’informazione su un luogo di un’attività commerciale, perché non offrire una vista dall’interno? Pensate: si cerca “ristorante di pesce a Milano” si individua un posto, si sbircia da fuori e poi… toc toc… si entra dentro, virtualmente, e si esplora. Ci piace? Si prenota al volo e la bella serata è assicurata (anche se poi anche la vista dall’interno non può garantirci che quel pesce è fresco di giornata, oppure surgelato due mesi fa…). Però, diamine, che bella innovazione. Bella… ma la nostra (per chi scrive e per chi legge) posizione è leggermente diversa. Lo so cosa vi sta venendo in mente, perché prima di voi è venuta in mente a noi: ma… chi fa le foto?
Già… prima di poterle fruire sui server super potenti di Google, che integrano queste informazioni visuali alla miriade di informazioni che sono il “pane quotidiano” delle ricerche erogate dalla “GrandeG”, queste foto vanno prodotte, e non si possono certo fare con un approccio “turistico” (andiamo a spasso con la GoogleCar e scattiamo a raffica in tutte le strade): bisogna avere un’autorizzazione, bisogna entrare nei locali “armati” di fotocamera e cavalletto, e quindi l’approccio è più diretto, richiede il coinvolgimento e l’accettazione dello “shooting” da parte ell’esercente che deve farne richiesta a Google. Ok, la domanda che vi verrà immediatamente dopo è: ma questo è un servizio a pagamento? No, lo shooting è gentilmente (e gratuitamente) offerto da Google, basta farne richiesta. Dalle nostre parti, siamo ancora salvi: è iniziata l’attività per coprire USA, Giappone e Australia, quindi i fotografi italiani possono ancora sperare di farsi pagare per realizzare foto all’interno di aziende, negozi e locali. Ma l’argomento ha senso di essere valutato, e qual è il migliore luogo per farlo se non questo?
Ci siamo letti le FAQ di questo servizio, ancora agli esordi. Google parla espressamente dei “fotografi di Google” (allenati per realizzare eccellenti fotografie anche in situazioni con poca luce e in spazi ristretti… ragazzi: dicono proprio così!); si tratta di gente che quindi lavora a stretto contatto con loro per realizzare le fotografie (chi sono? dubitiamo che siano “dipendenti” di Google che nei momenti liberi si diletteranno a scattare immagini a ristoranti e hotel… c’è modo di essere inclusi in questa lista di collaboratori, nel caso? Non è dato sapere, ma proviamo ad approfondire).
Viene segnalato che lo shooting normalmente non dura più di un’ora, che viene fatto con una fotocamera digitale di alta qualità e un cavalletto, ma che non verranno usati luci ed accessori speciali, quindi il lavoro può continuare normalmente senza bloccare l’attività. I responsabili della location possono seguire il lavoro dei fotografi, ed eventualmente impedire la ripresa di alcune zone, se non sono soddisfatti di alcune foto possono chiedere di non inserirle on line, e possono anche (eventualmente) mandare proprie foto in sostituzione.
Siamo vicini ad un’ulteriore tormenta, che ci toglie fiato e spazio? Difficile da dire: diciamo che l’idea di proporre alle aziende di realizzare servizi fotografici all’interno delle loro sedi è venuta a molti, e ad alcuni è anche venuto in mente di creare dei meccanismi e delle soluzioni da integrare all’interno dei servizi di Google. Di colpo, si scopre che questo territorio potrebbe non essere più gestibile dai fotografi, spazzati via con prepotenza, come i bambini venivano mandati a letto dopo Carosello dai “grandi”. Al tempo stesso, forse invece questa proposta potrebbe rendere più “attuale” il nostro lavoro, che non è quello quantitativo ma qualitativo: quello che offre Google sembra davvero essere più una fototessera fatta al volo che non un “ritratto”, e su questo possiamo trovare forse una strada.
Prima che arrivi in Italia questa “idea”, ne passerà del tempo, e possiamo sfruttarlo a nostro vantaggio: proporre servizi ben fatti, ben strutturati, che possono servire a tante applicazioni e – in prospettiva – anche usarli su Google Places (questo è lo spazio che in futuro ospiterà queste immagini). Lo sappiamo che non è facile lottare con simili realtà, ma non dobbiamo farci prendere dallo sconforto, e non crediamo che rappresaglie (del tipo: ora faccio ricerche sul web solo con Bing, che è il concorrente di Google proposto da Microsoft) possano davvero dare qualche risultato sensato. Va ricordato che una delle sfide che Apple ha vinto è stata quella di vendere brani musicali in un mondo che la musica la scaricava gratis… quindi c’è spazio, se si riesce ad affrontare le situazioni con anticipo, intelligenza e con un approccio di marketing che noi andiamo predicando da anni.
La fotografia caratterizzata da una forte componente descrittiva-visuale di luoghi interessati a proporsi e mostrarsi in modo “virtuale” deve essere sempre più integrata alla “ricercabilità” in rete, con strumenti digitali che vanno dal computer al mobile ai nuovi devices (iPad e similari). Imparare a dominare questa tendenza può offrire eccellenti possibilità, bisogna prendere in considerazione:
1) Conoscenza profonda del web e delle logiche dei motori di ricerca (non a caso, abbiamo fatto seminari su questa tematica, che pochi forse hanno capito, e abbiamo attivato un canale su JumperPremium dedicato a questo argomento)
2) Metadati con geolocalizazione (Dati GPS), da inserire sempre: ci sono piccoli apparecchietti che ci permettono di rilevarli con esattezza, si possono anche rilevare dall’iPhone che abbiamo in tasca, oppure usare appositi software che consentono di abbinare località sulle mappe alle fotografie scattate: il problema è che un’indicazione generica (Milano…) non è sufficiente, dobbiamo lavorare in modo raffinato.
3) Essere propositivi, proponendo soluzioni semplici da comprendere nel loro valore qualitativo. Google dice che non servono luci, e voi proponete servizi che ne fanno uso. Google dice che ci si mette meno di un’ora, e voi proponete un servizio di una giornata. Google dice che le foto rimangono di loro proprietà (e quindi gli esercenti non possono certo usarli per altri scopi), e voi proponete soluzioni che siano più flessibili.
4) Inventatevi prodotti di comunicazione che sfruttano immagini e dati GPS per proporre nuove idee. Martedi e giovedi prossimo, sul palco della presentazione di Adobe CS5 lanceremo il progetto di una rivista che contiene anche informazioni utili per approfondire questo aspetto, quindi se volete partecipate e scoprite di più.
Per assurdo, questo movimento attorno alla fotografia che sta iniziando a proporre Google (davvero la notizia è freschissima, e quindi ancora sfruttabile pienamente da voi che ci leggete) può fare bene al settore, che mette in evidenza l’importanza della fotografia come strumento per promuoversi e per vendere i propri servizi ad un’utenza sempre più allargata, che non ci raggiunge da un “passaparola di amici”, ma che usa la rete come strumento di aggiornamento e di conoscenza, che vuole vedere con gli occhi quello che vuole scegliere. Pensateci, se credete che ha senso sfruttare l’onda, invece che borbottare arrabbiati, potreste anche trarne un bel vantaggio. Ma bisogna essere veloci, offrire alta qualità, stimoli, prospettive, idee. Insomma, dobbiamo ancora, malgrado tutto, fare bene il nostro lavoro (anzi, ancor meglio). Pensate che l’altro giorno il presidente della Nokia ha dichiarato che le reflex professionali smetteranno di avere senso perché i loro cellulari sono già di così alta qualità che rendono obsolete le fotocamere “pesanti e ingombranti”. Sono in tanti che parlano (a sproposito, come in questo caso: chissà se il presidente della Nokia sa di cosa sta parlando, se sa che le reflex possono montare obiettivi che non sono solo pesanti… ma che permettono di fare foto che nessun cellulare si può nemmeno immaginare, che la visione reflex offre un modo di fotografare che è unico, e che la qualità non è fatta da pixel, ma da troppi fattori difficili da comprendere per qualcuno che non ci capisce). Noi che di fotografia viviamo (e che l’amiamo e che la mangiamo da quando siamo piccoli) dobbiamo mostrare coi fatti cosa significa qualità… Qualcuno capirà…