Torniamo alle questioni del come “vendere” il proprio lavoro di fotografi, al di là delle parole e delle intenzioni. Perché non basta pensare di “raccontare delle storie” e non basta “fare fotografie” , bisogna trovare il modo di presentarsi e di vendere questa competenza e strategia. Alcuni consigli per muoversi in modo corretto:
1- Storie in serie
Le storie che funzionano oggi sono quelle “a puntate”, come le serie TV. La modalità di tenere “attaccati allo schermo” gli utenti è vincente, crea una fidelizzazione che si può sfruttare nel tempo. Pensate alla vostra storia a puntate, ma non fate l’errore di pensare “ad una puntata alla volta”, ma a tutta la storia che poi dividete in puntate. Inutile dire che le piattaforme social sono molto utili in questo caso, e in particolare Instagram. Per esempio, il fotografo Matt Black ha usato il suo canale Instagram per raccontare interessanti progetti fotografici, tra cui la serie Geography of Poverty, creando un ritmo di interesse da parte di molte persone, pubblicando progressivamente gli “step” di questa storia.
Qui un articolo che ne parla (collegato nella bio di Instagram: Photographer Matt Black on documenting poverty – CBS News)
Qui la sua pagina Instagram: Matt Black (@mattblack_blackmatt) • Foto e video di Instagram
Qui il suo sito: Matt Black, con il “sommario” delle singole storie/servizi
2 – Percorsi da far seguire
Una volta che le persone sono raggiunte da questa “storia”, sarebbe utile che possano essere coinvolte in un percorso più allargato, più diretto. Se usate Instagram, questo potrebbe crearvi dei problemi visto che l’unico link possibile “esterno” è quello della biografia, ma potete usare dei “trucchi” che vi permettono di linkare o una specifica pagina del vostro sito (mio sito/instagram) dove potete gestire il traffico in modo più fluido, creando un’organizzazione dei contenuti e dei rimandi (per esempio iscrizione ad una newsletter o simili) creando quindi quella che viene definita una “landing page”, una pagina “di atterraggio” che sarebbe più direttamente collegata al contenuto stesso e non genericamente al sito. Altrimenti potete usare dei sistemi, alcuni a pagamento altri gratis, che vi generano una pagina (quindi un solo link) automaticamente dove potete inserire più link e contenuti. Per esempio:
VisitMyLink – Come avere più link su Instagram
Lnk.Bio – Supercharge your Instagram Bio Link
3- Imparare dagli esperti di storie
Ci sono settori che sono specializzati a “raccontare storie”, è utile quindi seguire chi si occupa di questi “settori” per imparare e applicare strategie. Uno di questi settori è quello dell’editoria: di fatto le riviste raccontano storie, a volte anche a puntate, ma di sicuro con una logica di “sequenzialità” (le riviste sono appuntamenti che ritornano e si ripropongono: ogni settimana, ogni mese, ogni…). Qui sotto, alcuni link di pagine di Instagram di riviste e giornali da seguire, cercando di capire in che modo i percorsi che hanno studiato portano gli utenti verso le “riviste” e gli articoli. E’ una strategia simile a quella che potreste applicare voi: portare gli utenti (parte di essi) da una visione di contenuti visuali narrativi al “comprare” un prodotto: un servizio, un libro che raccoglie quella storia, o anche solo a condividere la storia stessa.
BURN Magazine (@burnmagazine) • Foto e video di Instagram
NOOR (@noorimages) • Foto e video di Instagram
The New York Times (@nytimes) • Foto e video di Instagram
The Guardian (@guardian) • Foto e video di Instagram
New York Times Travel (@nytimestravel) • Foto e video di Instagram
New York Magazine (@nymag) • Foto e video di Instagram
4 – Trasformate le vostre storie in prodotto (aka: venderlo!)
Il “content marketing” (parolaccia usata per definire quei contenuti che si trasformano in valore da parte degli utenti che vi seguiranno per ricevere e approfondire tali contenuti… il Sunday Jumper, che state leggendo – per alcuni da oltre 10 anni – è un esempio di “contenuto” che genera aggregazione e fidelizzazione) è una eccellente idea per uscire dall’anonimato e per avvicinare un pubblico interessante, al quale proporre poi degli step successivi (un lavoro, la proposta di sviluppare un progetto, un corso, eccetera). Ma è possibile anche pensare a progetti che portano ad una soddisfazione diretta, ovvero contenuti che poi richiedono un partecipazione attiva, sotto forma di abbonamento per avere più contenuti, o anche solo nell’ottica di una donazione (stesso contenuto, ma pagato): se pensate che nessuno sia così “stupido” da pagare per mostrare gratitudine per un buon lavoro, vi sbagliate. Certo, dovete fare un gran lavoro, con passione, impegno e una visione internazionale… se pensate che sia stupido è che questa cultura del gratificare il buon lavoro non è comune in Italia, e se polemizzate su questa mancanza “culturale” e voi stessi non lo fate, allora siete parte di questo effetto (volete fare una donazione a Jumper per quello che facciamo, ogni settimana? Ecco una buona occasione per farlo, cliccate qui e fate la vostra donazione libera!).
Un esempio, ma ce ne sono tanti, lo trovate in Timeline: un progetto di storie fotografiche, video e scritte che usano come piattaforma Medium (uno dei canali di contenuti più belli al mondo!), e che propone un modello di abbonamento (oltre i 3 dollari è libero), il sistema di pagamento è gestito da Gumroad, ideale per gestire micropagamenti di cui vi avevamo parlato nel lontanissimo 2012 (come eravamo già avanti, LOL). Ma ci sono altre strade, per farsi sponsorizzare progetti e storie, per esempio Patreon, che permette ai creativi (come voi) di avere contributi economici una tantum oppure mensili per sviluppare i vostri progetti, oppure potete fare una campagna di crowdfunding (autofinanziamento partendo dalla “massa”), usando le popolari piattaforme come Kickstarter, Indiegogo o Produzioni dal Basso, che hanno diverse filosofie, se volete in questo articolo trovate una buona ed aggiornata analisi comparativa tra le varie piattaforme di crowdfunding.
5- Storie, non hashtag
Gli esperti di marketing digitale vi consiglieranno di puntare sugli hashtag per promuovere i vostri contenuti, e quasi tutta la strategia si baserà su questa logica. Il risultato è che i post che si trovano su Instagram sono un elenco interminabile di hashtag e nient’altro (massimo 30, ma potete superare anche questo valore inserendone altre nei commenti successivi!). E’ giusto (giustissimo!) usare gli hashtag, ma con moderazione, e comunque dedicando uno spazio secondario rispetto al valore del contenuto. Un buon consiglio è quindi di selezionare bene gli hashtag, lavorando sul valore di ciascuno senza eccedere, cercando di individuare come vengono usati e seguiti, e di non lasciare tutto ad una triste lista di “chiavi di ricerca” che anche quando porteranno ad un approdo non garantiranno empatia e interesse. E studiate le evoluzioni del loro uso, non affidatevi a idee che magari avete maturato nel passato, perché le strategie sui social cambiano velocemente. Se volete, date un’occhiata qui, per avere una visione più aggiornata:
Why It’s Time to Update Your Instagram Hashtag Strategy – Adweek
New Rules for Instagram Hashtags in 2018: How to Find the Right Hashtags for Your Business