La fotografia, nella sua modalità di vendita finora conosciuta, è morta. Questo non significa che non possa dare ancora qualche soddisfazione (sempre minore), e ancor meno significa che non sia possibile fare “soldi” con la fotografia. Semplicemente, il modello di business che si conosceva, non esiste più, o è ridotto al lumicino. I flussi del lavoro, del marketing, della comunicazione in questo settore quindi, già da anni, stanno cercando strade diverse, e alcuni hanno tratto vantaggio, di solito puntando su questi “cavalli”:
1) Nicchia e alta qualità (ottima scelta: bisogna però offrire sul serio alta qualità, non far finta – specialmente nei confronti di se stessi – di garantire “qualità”).
2) Con strumenti nuovi e nuove tecnologie, in modo da differenziare l’offerta e stupire i clienti. (Buona scelta, ma come vedremo, la tecnologia non è nulla se non si orienta per rispondere concretamente ad una esigenza del mercato).
3) Cambiando modello di business. Non parliamo di “cambiare mestiere” che pur è una possibilità, ho conosciuto persone che hanno smesso di fare i fotografi e i grafici per intraprendere nuove professioni e ora – finalmente – sono felici. Parliamo di un approccio diverso a quello che si vende, e come lo si vende.
Dedicato in parte a queste tematiche, abbiamo fatto un Jumper Camp prima di Natale, che ha avuto un grande successo, e chi se lo è perso può ancora approfittare del video online, più di sei ore di corso esclusivamente dedicato al marketing per fotografi, si scarica da qui . Ma ovviamente, gli argomenti sono tanti, costanti, continui, e in questa sede vi proponiamo una serie di “Puntini da collegare” e riferimenti per studiare delle situazioni che possono ispirarvi per capire meglio come affrontare questo difficile (o anche stimolante) momento di cambiamento. Non ci dedichiamo al punto 1 (quello che parla di “qualità”… è una tematica che si deve affrontare a parte), ma parliamo del punto 2, ovvero come sfruttare “nuove tecnologie”, e specialmente del punto 3, per guardare a nuovi modelli di business.
Guida business fotografia: la tecnologia vince sempre?
Troppo spesso si interpreta l’innovazione tecnologica come la soluzione per aprire nuovi canali. In questo, siamo sempre stati dei promotori, ma quello di cui ci accorgiamo è che troppo spesso davvero si pensa che sia “solo quello”. L’innovazione è un argomento che non si traduce solo in un flusso di produzione o in un altro prodotto da offrire, ma in un atteggiamento mentale. I clienti credono – possono credere – alla nostra nuova visione e proposta, ma solo se siamo in grado di renderla credibile, se capiamo come proporla, se riusciamo ad individuare vere soluzioni/risposte alle loro esigenze, e non solo come effetto speciale, e non come “pezza” a qualcosa che ci manca (per esempio, per lavorare all’interno dell’area del “punto 1”). Un esempio davvero eccellente è la “contro pubblicità” fatta dalla catena di negozi francese Monoprix che ha sbeffeggiato con gran classe il gigante Amazon che ha inaugurato (per ora solo a Seattle, in “beta” per i dipendenti dell’azienda) un supermercato chiamato Amazon Go, dove le persone entrano, fanno la spesa, escono e… non fanno fila alle casse e… non pagano. Bellissimo il video, se non l’avete ancora visto fatelo, è qui sotto. viene voglia di avere sotto casa un negozio come questo, e di colpo tutto il resto sembra vecchio… e viva la tecnologia esclusiva di Amazon! (Dopo il video, proseguite a leggere….)
Bene, questo è il video di Amazon, sotto quello di Monoprix che ha ripreso la stessa “sceneggiatura”, lo ha raccontato in un inglese con forte accento francese per far pesare la sua “personalità nazionale” e dice sostanzialmente… noi senza tecnologia facciamo le stesse cose, da dieci anni. Guardate, e sorridete con noi (e poi proseguite a leggere…)
Qualcuno prenderà questo “insegnamento” e lo digerirà / interpreterà in modo semplicistico. Conosco un sacco di persone che usano come strategia il dire che “quello che fanno gli altri con Photoshop, io lo faccio senza il digitale”… è un esempio poco costruttivo, il cliente non è interessato a questo, quello che gli importa è il miglior compromesso tra qualità, prezzo e tempo, vince chi arriva al risultato migliore, non chi segue la strada più tortuosa. Quello che dice “Monoprix è diverso: dice che l’innovazione non sono i sensori digitali, ma la visione, che questa visione fa parte di una filosofia aziendale da dieci anni, e specialmente che questa affascinante “soluzione” può essere vissuta da subito, e non solo nei sogni (visto che non è ancora disponibile)”. Ottimo esempio, davvero per far riflettere.
Guida Business fotografia: come si può cambiare il modello economico?
Su questo campo, ci sono molti esempi, e molti li stiamo raccogliendo (e saranno disponibili tra breve, per tutti coloro che lo desidereranno). Alcuni sono vicini al nostro mondo, altri sono settori paralleli, altri totalmente esterni (di solito, sono i più interessanti da valutare: stessa metrica, ma settori diversi… a volte sono proprio le soluzioni più geniali).
I tesori di Vogue, in vendita
La situazione delle riviste, si sa, non è rosea. Anche per i giganti come la CondéNast, che tra le altre è l’editore di Vogue. I profitti, in particolare nella vendita di spazi pubblicitari, ma anche del numero di copie vendute, portano alla riflessione del come aprire nuove aree di business, e proprio in questi giorni è stata sviluppata una strada, che è quella di trovare aree per monetizzare uno dei patrimoni maggiori della casa editrice, ovvero otto milioni di fotografie e immagini che hanno scritto la storia della moda, e che oltre alla destinazione per la quale sono nate – essere ospitate sulle copertine e negli articoli patinati della rivista – possono trovare mille altre destinazioni. La prima copertina uscita il 17 dicembre del 1892, oppure alle immagini più iconiche che davvero sono simboli della nostra cultura, non possono diventare magliette, poster, tazze o ancor meglio quadri da esporre in un salotto? Certo che si, ed è quello che verrà fatto. Forse qualcuno potrebbe storcere il naso, ma la vendita di immagini ad un pubblico sempre più allargato non porta ad una “perdita”, semmai ad una crescita. Un bell’articolo che parla di questo nuovo business model, lo trovate qui .
Commento “pratico”: abbiamo, tutti, milioni di immagini in archivio. Ovvio, non saranno prestigiose come quelle della storia di Vogue, ma possono essere icone anche loro della nostra storia, delle persone, della nostra Città o Paese, potrebbero esserci mille proposte che “includono” queste immagini e che possono essere vendute: dietro l’angolo di ogni parte del mondo, da quello più vicino a quello più lontano. Deve essere qualcosa di semplice ed immediato, per far seguire al potenziale cliente il desiderio istintivo di acquisto.
Lo streaming vince sulla vendita di musica
Il 2016 ha decretato un sorpasso storico, le piattaforme di streaming della musica (Spotify, Pandora, Apple Music e le altre) hanno superato le vendite di brani musicali negli USA, ne parlano (anche) QUI . La notizia più interessante, però, forse è che lo streaming più che far crescere l’industria della musica (che deve fare i conti con la diminuzione violenta nella vendita di dischi “fisici”) compensa la riduzione della pirateria; di fatto, la riduzione delle “perdite” imputabili ai download illegali e l’aumento del business dell’uso dello streaming garantisce un equilibrio al mercato. E’ anche interessante vedere che cambiano molto i valori dei diritti d’autore da parte delle varie piattaforme, Apple Music (più che altro perché è arrivata per ultima, difficile credere che sia per “generosità”) paga a stream molto di più di quello che paga Spotify, se siete interessati QUI trovate una tabella comparativa.
Commento “pratico”: si diceva che la pirateria non si poteva combattere, invece è stato dato alle persone uno strumento semplice per ascoltare musica legalmente, garantendo un ritorno agli artisti. Un business che oggi vale oltre 3 miliardi di dollari (più o meno questo il valore dello streaming della musica), semplicemente non esisteva, pochi anni fa. Come è possibile pensare ad attuare delle politiche simili anche nel mondo dell’immagine? Il collegamento non è diretto, ma deve far riflettere e alcune realtà stanno lavorando proprio in questo senso… Stiamo parlando di meccanismi che si basano su grandi numeri, e quindi sembrano distanti dal nostro piccolo mondo, ma non è così….
Le storie si raccontano dove qualcuno le vuole ascoltare (e vedere)
Tanto si parla di “storytelling”, parola che siamo colpevoli di avere gettato nella mischia, molti anni fa quando non ne parlava nessuno. Il problema è che tutti hanno capito che le persone “vogliono delle storie”, che l’immagine/fotografia è un ottimo strumento per creare storie, ma se non c’è pubblico anche la storia più bella si perderà nel magma digitale. Serve quindi una piattaforma che sia adeguata a sfruttare questa potenzialità. I creatori di storie – una volta si chiamavano cantastorie – andavano incontro ai luoghi dove queste storie volevano essere ascoltate, le piazze, le feste, i mercati… Oggi invece sembra che chi di mestiere vuole occuparsi di questo, cerca di portare il “pubblico” verso settori chiusi, perché sono gli unici che sembrano garantire (ancora, chissà per quanto?) un ritorno economico. E, quello che succede è che viene lasciato il campo ai “cantastorie” dilettanti, complici i sistemi sempre più evoluti a supporto, per creare una fusione tra foto, video, grafica, scritte, disegni. La presenza professionale dei fotografi professionisti sui canali come Snapchat o Instagram Stories è bassissima, in molti nemmeno ne conoscono le potenzialità. Si pensa che sono cose che non possono essere monetizzate, e si guarda sempre più in “buchi neri” dove sempre più si rimarrà isolati.
Commento “pratico”: beh, questa ultima segnalazione era già “un consiglio pratico”. Ma ovviamente si apre un orizzonte molto ampio, ed è il punto dove in questo caso si potrà proseguire. Voi, con la vostra ricerca, noi con gli strumenti di informazione e formazione che abbiamo messo a disposizione per voi. Ne parleremo presto, perché nel 2017 il Sunday Jumper crescerà e permetterà un accesso ad approfondimenti singoli; chi lo vorrà potrà continuare a viverlo in superficie, oppure approfondire, sarete voi a scegliere quello che vi “servirà” davvero. Sarà un anno di crescita, per chi non vorrà perdere la bussola del mercato.