Una maggiore attività dei creativi è quella di lamentarsi della carenza di sensibilità dei clienti che “non capiscono” e che quindi portano a scartare i progetti migliori, che rimangono nei cassetti (o, appallottolati, finiscono nel cestino, sia questo fisico o digitale). Spesso, in realtà, cestinare progetti è una disciplina di grande liberazione, la consigliamo molto ai nostri studenti per esempio: quando un progetto non funziona, meglio fare una azione forte; provare a correggere è una azione disperata, inutilmente faticosa. Si butta, ci si sente più leggeri, si riparte da un foglio bianco, ci si mette meno a trovare la strada giusta.
Certo, non tutti i progetti che vengono scartati sono / sarebbero da buttare; in realtà, non dovrebbero mai esserlo, se sono fatti con capacità, sensibilità, intuizione, studio (tutti elementi fondamentali in un progetto, anche solo abbozzato, perché il tempo che si dedica al suo sviluppo e il tempo che richiediamo ai clienti per presentarlo e farci ascoltare deve essere rispettato). Ma è una pessima disciplina quella di innamorarsi delle proprie idee: porta, inevitabilmente, ad una delusione, ad una costante e crescente insoddisfazione. Un progetto “giusto” deve fare i conti con il destinatario del progetto stesso: se deve passare dalla soddisfazione e approvazione di un cliente, non sarà un progetto che possiamo definire “buono” se il cliente non lo accetta, oppure se non ottiene il successo sul target a cui ci si rivolgiamo.
Qualcuno potrebbe dire che i clienti spesso sbagliano, che sono loro a non capire… è vero, succede, e spesso. Il problema è che non è detto che chi sbaglia è chi “non capisce”, magari siamo noi a non capire… se siamo incaricati di interpretare un’esigenza di altri, non possiamo essere così totalmente immersi in tutte le sfumature di un mondo come, invece, avviene per il nostro cliente. Magari danno fastidio frasi perentorie che spesso escono:
“Sono venti anni che la nostra azienda segue una strada… non vogliamo cambiare”.
Arriviamo noi, freschi e creativi, e diciamo che “bisogna cambiare tutto”: certo, è bello pensare di avere una bacchetta magica, di essere geniali, ma forse siamo solo presuntuosi, e tendiamo a non considerare le mille sfumature che le nostre scelte comportano. Per di più, troppo spesso concediamo fin troppi meriti e valore alle intuizioni istintive, che quasi sempre sono il frutto di una brutta abitudine (data dalla pigrizia e dal poco tempo che si dedica alla ricerca) di non scendere in profondità. Le idee geniali sono quelle che hanno preso in considerazione tutte le opzioni, studiato tutto quello che è stato fatto fino a quel momento, analizzato mille soluzioni che hanno trattato – direttamente o trasversalmente – tematiche simili, e poi sulla base di questa ricerca si può mettere insieme tutta questa conoscenza e trovare delle nuove idee, mettendo anche in gioco ovviamente la propria sensibilità creativa.
La creatività è fatta di metodo, e le idee non arrivano come per magia; la soluzione migliore è quella di “unire i puntini”. Una mappa che mostra tutto quello che la ricerca ha individuato, scoperto e analizzato, permette poi di vedere quello che già è stato fatto, cosa serve e quali possono essere le strade alternative. Si fa troppa fatica nel cercare/inventare strade già scoperte da altri (basta seguirle), troppo rischio fare con la propria testa senza confrontarsi. Il metodo, nell’era digitale, può essere agevolato da strumenti eccezionali, personalmente uso Evernote che mi consente di archiviare idee e di poterle ritrovare in forma aggregata (con una logica più vicina a “Pinterest” che non a “Google”, e con questo non diciamo che usiamo necessariamente una ricerca visuale, ma una ricerca che non risponde necessariamente ad una oggettiva domanda – tipico approccio da Google: cerco una felpa nera, trovo felpe nere e solo felpe nere – ma più trasversale – cerco “caldo” e trovo una felpa nera). Spesso abbiamo parlato di Evernote, ma si tratta di una di quelle tecnologie/soluzioni che tutti conoscono o credono di conoscere e che però pochi usano in modo serio, semmai leggete per capire meglio qui.
Si possono usare anche mappe mentali (se volete leggere qualcosa, ecco un libro interessante), personalmente uso come software/app, su Mac e iPad, questa soluzione che amo molto. Creare pensieri che si trasformano in flussi è una delle operazioni più utili per chiarirsi le idee e trovare percorsi alternativi e per unire le esigenze in un unico tragitto.
Un po’ meno conosciuta è invece la soluzione “Outliner”, strumento che è a metà strada tra una pagina/foglio di calcolo tipo Excel e una mappa mentale. Ci sono molti software e app che usano questa logica, che consente di organizzare dei flussi creando delle gerarchie ad albero che consentono di aggregare ed unire concetti e percorsi. Sempre parlando di esperienze personali, e sempre legate alle tipologie di device che uso, ho scelto da anni Omnioutliner, ci sono soluzioni anche gratuite e questo invece costa qualcosa, ma avendolo scelto tanti anni fa, quando c’era meno disponibilità di strumenti, trovo che altre soluzioni siano meno performanti e piacevoli da usare.
Il già citato Pinterest è uno strumento potentissimo, se usato in modo strutturato: creare board e fare ricerca e raccolta di contenuti visuali con una logica che ci permette di trasformare in ricchezza questa aggregazione, è molto consigliabile…. Un database fatto di sensazioni visuali che possiamo visualizzare e aggregare (non abbiamo detto “copiare”, altra disciplina per pigri e persone non creative).
Sono solo esempi di come arrivare a delle idee che “funzionano”, per noi, per i nostri clienti, per il target al quale ci rivolgiamo. Se consideriamo tutti gli elementi, se le scelte sono ponderate, strategiche, solide… allora potremo non solo ottenere maggiore successo e soddisfazione, ma potremo anche difenderle con maggiore efficacia. Se saranno solo visioni, per quanto “creative”, basterà una debole folata di vento per farle cadere a terra.
In definitiva, però, al di là del metodo e degli strumenti, la tematica è più psicologica: non possiamo abbatterci e frignare perché i clienti non ci capiscono, perché le migliori idee rimangono in un angolo e solo il peggio vince… Se le nostre idee non passano, accettiamo il fatto che potevamo trovare soluzioni migliori, oppure diamoci da fare per trovare eccellenti nuove idee accettando i paletti che vengono imposti. I veri creativi non sono quelli che sono liberi di fare quello che vogliono, sono quelli che, malgrado tutti i limiti e le imposizioni, riescono a fare cose meravigliose che, per di più, funzionano. E se arrivate alla conclusione che determinati clienti non potrete mai soddisfarli, perché troppo distanti dal vostro modo di pensare, dovete avete il coraggio – invece che giustificare un risultato di bassa qualità, che non è permesso – di abbandonare e trovare nuovi clienti. Un creativo che si lamenta e che piange non è abbastanza creativo per meritarsi di definirsi tale…