Jumper

I "re" sono morti (o non si sentono bene)…

Don Draper, il personaggio centrale di Mad Men, pubblicitario che cerca nuove idee.
Un po’ come noi tutti?

La fotografia è un regno, ormai, senza monarca. Detto fuori dai denti, questa è una cosa positiva: perché dovremmo avere un re che ci dice quello che dobbiamo fare? In realtà, c’è un lato che potrebbe essere comodo (e lo è stato, in passato): che dall’alto, in teoria, ci potrebbe non solo dire quello che dobbiamo fare, ma si dovrebbe preoccupare di noi, plebe, in modo da poterci far sopravvivere. Senza controllo, senza una direzione (criticabile quanto si vuole, unicamente basata sul vantaggio del re e della sua corte, ma pur sempre direzione), alcuni di noi potrebbero sentirsi persi, ed è quello che a volte si percepisce nel dialogo con questo settore che ha perso negli anni i punti di riferimento.



Una volta c’erano i clienti. I nostri re erano le aziende che ci commissionavano i lavori, gli editori che facevano le riviste, i clienti diretti che ci chiedevano i ritratti dei bambini e le foto nelle cerimonie, le agenzie di pubblicità (piccole o grandi), le agenzie stock. Ora, questi “re” non ci sono più, o sono spompati. Specialmente perché loro, ormai senza trono, cercano qualsiasi strada possibile per sopravvivere, e chi ci fa le spese siamo noi, la plebe, che dipendeva da un loro gesto di magnanimità. Un esempio eclatante lo abbiamo segnalato l’altro giorno qui: quando un grande editore si guarda nelle tasche e le vede vuote, si dimentica che forse una parte del suo successo passato deriva dal lavoro di eccellenti fotografi, ma da “creativi”, da “risorse” diventiamo “spese da tagliare”.

Oltre ai clienti, una volta c’erano le aziende del settore che ci facevano, se non da “re”, quantomeno da “mamme”. Non mi toglierò mai dalla mente una frase di un importante manager di Kodak che, all’inizio dell’evoluzione digitale, in Photokina, ci aveva detto: quest’anno non vengono a chiederci quali sono le novità dei prodotti, ci chiedono dove “dobbiamo andare“. Col senno di poi, spero che non abbiano ascoltato quello che, all’epoca, l’azienda gialla diceva che sarebbe stato il futuro: Kodak la seguito la strada del re che ha dovuto salvare il proprio regno decidendo di dimenticarsi dei propri “sudditi”, semplicemente ha girato le spalle per occuparsi di altro, sapendo bene che questo avrebbe ridotto dimensioni e ruolo della società. L’altro giorno Canon ha annunciato che non sarà presente al PMA, preferendo il CES (fiera di elettronica): anche questo è un segno dei tempi, che in realtà ben condividiamo: che senso hanno le fiere di fotografia, quando il mercato dei prodotti fotografici è perfettamente e totalmente integrato nel mondo più allargato di quello dell’elettronica? Se è “scoppiato” un fenomeno come lo SMAU, che si è richiuso nelle strette pareti del settore “professionale”, perché il mondo consumer dell’informatica non significa solo “computer”? Quello che dobbiamo capire è che la fotografia (quella che è fatta di macchine fotografiche, stampanti, eccetera) non è separata dai televisori, dal software, dai gadgets… e quindi viva il CES, e lasciamo alle fiere di settore il compito (se ci riescono) di dedicarsi ai mercati super verticali, guadagnando credibilità e uscendo dal facile meccanismo del “mercato”, facendo cultura: tra qualche settimana ci sarà la nuova edizione di “Fotografica”, per esempio, intelligente evento che mette in prima fila la cultura e la passione per la fotografia, non i prodotti che pur essendoci (è appunto un evento Canon) diventano corollario piacevole ed interessante, ma non il centro dell’interesse.

Siamo soli: evviva l’anarchia. Possiamo fare tutto quello che vogliamo per disegnare il nostro futuro. Non dobbiamo subire la dittatura o anche solo le decisioni di un re: possiamo fare, nei limiti del lecito, quello che vogliamo. In questo stato di libertà, dove nessuno ci comanda, ma nemmeno ci orienta, ci troviamo a volte senza la capacità di scegliere la strada, non abbiamo un TomTom che ci dice che strada prendere. La nostra evoluzione ci impone di trarre vantaggio da questo momento storico: non ci sono soluzioni preconfezionate, non ci sono leggi, non ci sono obblighi. Siamo responsabili del nostro successo o del nostro insuccesso, non possiamo nemmeno prendercela non nessuno. Non abbiamo un ruolo definito, se non nei preconcetti della nostra cultura o della nostra mente, ma sono cose passate.

A pensarci bene, questo è splendido, ma lo stiamo vivendo (molti di noi, non tutti… per fortuna) come un limite, quasi quasi ci diciamo che era meglio quando era peggio, quando per pochi denari accettavamo di essere quello che forse non ci sentivamo di essere. Ora la contrazione del mercato, la mancanza di figure guida invece ci stanno lasciando la possibilità di essere “esattamente” quello che vorremmo essere. Ovvio che dobbiamo scontrarci con la realtà dei fatti, con la nostra competenza, con la nostra capacità di essere davvero quello che vogliamo essere, ma questo pone l’unico limite dentro di noi, non all’esterno. Conosciamo bravi fotografi che, non trovando lo spazio in Italia per la loro creatività, hanno deciso di trasferirsi: why not? Bisogna avere un dannato coraggio, ma il coraggio e la fiducia in se stessi non si trovano all’esterno, non si comprano, non ci cadono come concessione o come decreto legge: sono dentro di noi. Ne conosciamo altri che hanno deciso di spostare l’asse dell’attenzione su altri dettagli, e di essere quindi riferimento di nuovi modi di intendere la fotografia. Ieri ho visto la prima puntata di un telefilm chiamato Mad Men, che parla del mondo dei pubblicitari negli anni ’60. Si discuteva della “problematica” delle sigarette diventate di colpo prodotti “non sani” agli occhi di tutti e quindi era impossibile usare la comunicazione pubblicitaria che ne enfatizzasse lati salutari positivi. Alla fine, l’idea, geniale, del pubblicitario più sagace, è stata quella di evitare totalmente l’argomento “salute” che nessuno avrebbe più potuto cavalcare e quindi diventava un problema per tutti, e ha cambiato il punto dell’attenzione, parlando di “tostatura”. Le LuckyStrike erano meglio perchè il loro tabacco era “toasted”. Non so se rendo l’idea… spero di si: il futuro sta nel trovare una strada nuova, e per riuscirci bisogna essere sul campo, guardarsi attorno, essere costantemente aggiornati su tutto quello che succede, specialmente nelle sensazioni.

Malgrado tutte le difficoltà, che non coinvolgono solo “voi”, ma tutti noi (quindi noi compresi), abbiamo deciso di investire sforzi enormi per la nostra minuscola realtà, e di monitorare quello che succede, condividendola con voi tutti. La strada da trovare richiede molto sforzo, molti pensieri, una visione globale, non si può rimanere alle opinioni e agli atteggiamenti del passato, quando c’erano i re (clienti, aziende, tendenze) che ci mostravano o ci chiedevano e noi facevamo, e ci sembrava che questa “obbedienza” ci portava la felicità, oltre che i soldini per la sopravvivenza. Se volete davvero avere una visione (parziale, ma appassionata) di quello che succede, delle vere tendenze (avete sentito parlare di Augmented reality? di Multitouch interface, siete in attesa di sapere quello che verrà raccontato a Max che si apre domani… oppure nemmeno sapete cosa sia Max?), allora avete bisogno di un aiuto. Noi non possiamo essere certo re di nessuno, e nemmeno vogliamo esserlo. Siamo solo dei piccoli “Hobbit” che escono dal villaggio per la curiosità di voler scoprire quello che succede, lì fuori, e poi provano a raccontarvelo: non più solo una volta alla settimana, ma ogni giorno. Chiedici come, te lo spieghiamo…Ovvio che non è sufficiente (non abbiamo il potere di cambiare il mondo…), ma è comunque un aiuto, speriamo utile.