Probabilmente alcuni se ne stanno accorgendo, ma molti probabilmente sono molto più occupati in altri (e probabilmente molto più importanti) problemi. Quello che vogliamo dire è che in questi mesi si sta materializzando una serie di evoluzioni nell’informatica che trasformeranno definitivamente questo comparto e, di conseguenza, anche la nostra professione perché – inutile dirlo – siamo ormai legati all’informatica in modo evidente, e da tanti punti di vista.
In questo gioco evolutivo, sono molti gli attori: Google, Microsoft, Apple faranno i giochi principali, poi corrono dietro produttori di hardware che però stanno inseguendo non con poco affanno (Samsung, Sony, Motorola. Rim) e qualche azienda di software, dai più blasonati (Adobe, in primis, visto che ci è molto vicina) a piccoli gioielli che nel loro piccolo stanno aprendo nuove speranze e nuovi orizzonti: due nomi, per fare esempi concreti: Hype, soluzione per realizzare contenuti HTML5 con semplicità impressionante (a cosa vi può servire? Per esempio a realizzare pagine web con animazioni simili a quelle di Flash, senza avere bisogno di alcuna conoscenza di codice e potendo visualizzare il risultato anche su iPad e iPhone… non poco, vero?) e Flare, che porta su computer la semplicità – ma specialmente l’istintività creativa – che si trova nella manipolazione delle immagini su iPhone e che tanto ha avuto successo in questi ultimi due anni (al punto da diventare un punto di riferimento per molti brand, tra cui varie case di moda, come potete leggere qui). Quella che vi trovate qui sotto è – se non una “patente” come quella proposta dall’AICA e richiesta (inutilmente) per cercare lavoro in un ufficio – è un “bigino di Jumper“, molto più vicino a voi, e specialmente alla visione dell’informatica per chi lavora con l’immagine e con la voglia di guardare al futuro della comunicazione.
I passaggi evolutivi dei tre grandi del software – appunto, Google, Microsoft e Apple (unica che produce anche hardware, ma è molto più vicina all’approccio software che non a quello hardware) – vanno verso due macro tendenze, di cui si discute da tanti anni ma che ora diventano realtà: il cloud computing e la fusione tra mobile e desktop. Questi due elementi ci porteranno a cambiare il nostro modo di intendere i computer, il software, gli investimenti economici, le metodologie di archiviazione e di produzione. Addirittura, anche il luogo fisico del lavoro. Di questo abbiamo spesso già parlato, ma a punti veloci vogliamo segnalarvi quanto siamo già in un’area presente e non più futura. Ci sarebbe da discutere e da scrivere per migliaia di pagine, sappiamo che siete pazienti… ma non così tanto. Se volete, quindi, potete usare questo post come un punto di partenza o di evoluzione di questi concetti. Il “pregio“, se ce ne è uno, in questo Sunday Jumper è quello di aggregare elementi e sensazioni, per avere un quadro che non può essere certamente esaustivo, in quanto tale, ma utile sia per chi non segue questi argomenti, sia per chi li percepisce, ma non si domanda come possono risultare importanti per l’attività professionale (la fotografia sembra, a molti, molto distante da queste tematiche…).
1) Google ha finalmente presentato il “suo computer”: chromebook, basato su sistema operativo Chrome (non il browser internet che porta lo stesso nome: un sistema operativo, come Windows, Mac OSX, tanto per capirci: guardate il video qui sotto per capire meglio). Si tratta di un portatile (anzi due, prodotti da Samsung e da Acer) che nasce per essere potente e veloce, ma di fare riferimento per tutto e in tutto alla rete. Questo significa che le risorse del software e dei dati risiedono on line. I vantaggi? Un sistema sempre aggiornato, davvero economico, sicuro (se vi si rompe il computer o ve lo rubano… basterà sostituire l’hardware e riloggarvi in rete, dove ritroverete tutto). Ha già integrata una scheda Wifi e 3G, per essere collegati ovunque, verrà venduto anche in Italia a partire dal 15 giugno e rivoluzionerà il modo di fruire e di usare la tecnologia in molti ambiti, in particolare quelli del business (dal piccolo al medio-grande ufficio). Pensate, da un computer iniziate a togliere il costo del sistema operativo, del software (Office e non solo), dell’assistenza, dei sistemi di memoria… i costi diventano davvero piccoli. Qual è il “difetto“? Che se ci troviamo in assenza di rete potremmo avere problemi… ma il concetto è proprio questo: non possiamo più rimanere senza rete. Fino a qualche anno fa la mancanza di rete mi terrorizzava, ora sono preparato: ho almeno tre soluzioni a disposizione, sempre. Se anche una dovesse dare problemi, ne ho altre due a disposizione: non mi capita più di essere senza rete (quasi mai).
2) Microsoft ha mostrato qualcosa del nuovo Windows 8, e la filosofia è questa (condivisa, come vedremo, non solo da Microsoft): la fusione tra sistema operativo per computer desktop e tutto il mondo del mobile (smartphone e Tablet). C’è un video qui sotto che potete vedere per dare un’occhiata a questa rivoluzione che è interessante, anche se molto difficile: le interazioni con un computer da tavolo, un tablet e un cellulare sono molto diverse, e anche le aspettative degli utenti sono diverse, ma non c’è dubbio che è necessario trovare un percorso evolutivo che tenga conto del cambiamento culturale e produttivo degli utenti. Personalmente, su un computer da tavolo sento la necessità ormai di interagire con lo schermo, e anche le soluzioni come quelle che ho a disposizione (trackpad evolute, mouse sensibili al touch) non sono sufficienti. Il fatto importante, però, è che la tecnologia sta cambiando, e questo influenzerà il nostro modo di lavorare. Quanti di noi hanno ancora la logica del “computer dell’ufficio”? Il classico “computer veloce” con il quale si produce con Photoshop? Io sono più di dieci anni che non so cosa sia: il computer è da troppi anni quello che mi porto sempre dietro, non c’è differenza tra “lavoro” e “vita“, almeno dal punto di vista informatico. Da quando uso iPhone e iPad, in parte questa suddivisione è rinata, nel senso che alcune cose le devo fare sul computer, altre le faccio sui device mobili. Sempre più, però, questa differenziazione non esisterà più, e saranno i software che si adatteranno alle nuove modalità d’uso. Già su iPad ci sono soluzioni per elaborare e gestire immagini molto più fruibili di Photoshop, l’arrivo di penne per poter scrivere, disegnare e dipingere direttamente sullo schermo dei tablet rendono il sistema molto adeguato a tantissime attività (Wacom è uscita con la sua Bamboo Stylus che promette di essere la migliore soluzione: ci sta arrivando tra un paio di giorni e vi diremo…). E anche Adobe ha proposto interessanti APP per iPad e Android che permettono di integrare il flusso di lavoro desktop a quello mobile: le abbiamo provate tutte e sono davvero interessanti. Valutate un dettaglio: se dovete comprare (o avete sempre sognato) un secondo monitor per posizionare tutte le palette di Photoshop… beh, ora potete risolvere la questione con un iPad e un’app che costa un paio di euro. Vero, forse un iPad costa un po’ di più di un monitor di basso costo… ma poi con l’ipad ci fare altro (anche leggere la nostra rivista!). Bando alle divagazioni: Windows 8, che uscirà nel 2012, avrà questa evoluzione al centro della sua strategia. E chi di noi usa questo sistema operativo dovrà/potrà tenerlo in considerazione.
3) Apple, domani (6 giugno) presenterà una rivoluzione tripla. La prima è il nuovo sistema operativo, Lion, che dovrebbe uscire tra breve e che è stato a grandi linee già presentato mesi fa. Quello che succederà, domani, è una visione più ampia e completa delle prestazioni e in particolare la sua integrazione/fusione con iOS, ovvero con il sistema operativo per iPhone e iPad. Questa congiunzione è sempre più evidente e affascinante, anche se forse non sarà Lion a darci tutte le risposte che probabilmente vorremmo avere (per esempio, la possibilità di usare su computer le APP per iPhone e iPad. C’è ancora un tassello da risolvere che è quello della risoluzione, ma anche in questo ci sono tracce nella tecnologia dei monitor Retina display… troppo lungo parlarne qui, ma per chi vuole approfondire…). Si saprà anche di più di iOS5 che viene anch’esso annunciato domani e che lancia le basi per il nuovo iPhone che arriverà in autunno e per capire ancor meglio le strategie di questo doppio percorso tra le due piattaforme (un dettaglio importante: ormai, quasi l’85% del fatturato di Apple, globalmente, arriva dal mondo iOS). Il terzo elemento importante, però – e con questo completiamo il cerchio – è iCloud, servizio che avrà “come casa” il grandissimo centro dati costruito da Apple nella Carolina del Nord. Per ora si conosce il nome (iCloud, appunto), la localizzazione e il logo che pubblichiamo qui, si sa anche che in partenza sarà probabilmente dedicato ad ospitare la musica che abbiamo su iTunes, ma gli analisti sono tutti convinti che questa sarà un’apertura per servizi sempre più “nelle nuvole”: archiviazione di dati, backup, Applicazioni (come per esempio iWork che si sta attendendo da troppo tempo). Qualcuno ha detto in passato che la cultura del “cloud” è molto più di Google e molto meno di Apple, ma sebbene in parte condivisibile e in parte confermata dal fatto che Google ha sviluppato servizi e soluzioni molto innovativi in questo senso (Gmail è un gioiello di servizio per la posta elettronica, gestita da browser), all’interno di Apple qualcuno ha sempre creduto, in epoca non sospetta, di questa soluzione. Un personaggio chiamato Jobs, Steve, che potete vedere e ascoltare nel video che trovate qui sotto, datato 1997. Se andate attorno al minuto 13 un giovane Steve, con tanti capelli e le pezze alle ginocchia, dice che la strada per la gestione on line è quella dei server accessibili ovunque, ed era quello che all’epoca lui già faceva. Certo, serve una connessione veloce, ma all’epoca parlava già di Cloud Computing… le aziende di successo sono quelle che hanno le idee chiare e le seguono.
In definitiva, il senso è: domani vedere le novità che arrivano dalle nuove soluzioni e dalle nuove idee di Apple sarà importante, così come seguire le strade di Microsoft che sogna un sistema operativo per qualsiasi device, e come Google che propone soluzioni basate sul cloud considerandole già totalmente mature. In tutto questo ci siamo noi, categoria che non ha ancora del tutto “digerito” l’informatica, accontentandosi di usare “solo” il computer. Dobbiamo smetterla di usare questo strumento come semplice “utensile“, ma dobbiamo entrare nell’ottica della sua “intelligenza“, che non è quella di immagazzinare tante risposte (Einstein diceva che il computer è stupido perché sa dare solo risposte, dando per scontato che l’intelligenza è quella di porre delle domande), ma comprendendo dove stiamo andando, perché in questo viaggio dovremmo – da “esperti” della comunicazione – essere davanti a governare e a indirizzare questa rivoluzione, invece che essere dietro ad inseguire (o, peggio ancora, a non capire).
Nino Mascardi says:
Ciao Luca,
molto bello, interessante e utile. Tutte queste novità aiuteranno sicuramente a vivere e lavorare meglio ma a me viene un dubbio: nessuna di queste novità (che io apprezzo molto e che cerco di utilizzare per quello che possono servirmi) potrà mai procurarci un lavoro o un cliente in più. Questo mi sembra un punto importante, da vecchio ligure non ho vergogna a dichiarare che la cosa più importante è fare più lavoro e guadagnare più soldi, con i quali possiamo poi fare molte cose più o meno nobili, e comprare tutti gli arnesi e i programmi che vogliamo. Sento forte la necessità di capire in che tempi sto vivendo e in che tipo di società. Potrei e sicuramente potremmo tutti raccontare infiniti aneddoti su come arriva il lavoro e perchè. Uno dei miei clienti più importanti non sa neanche come si accende un computer e non gliene frega niente di cosa uso io per fare le sue foto, credo che ancora non sappia se uso pellicola o digitale. A lui interessa solo fare presto e spendere poco.
Tutto questo lungo sproloquio per fare una domanda: perchè non avete più parlato del 3D da circa un anno? Parlo del 3D per immagini fotografiche, niente occhialini. Ho la sensazione che prima o poi sarà lo tsunami che farà un bel pò di male a quasi tutti i fotografi: quando siamo passati al digitale quasi non ce ne siamo accorti, le macchine sono rimaste le stesse e il tutto è risultato più semplice. Il 3D no, non sarà più una faccenda da fotografi ma piuttosto da giovani laureati in matematica. Oppure da giovani fotografi, temo che saranno molto pochi, che avendo capito l’aria che tira si sono messi a studiare questo tipo di programmi che sono anche parecchio tosti. Io non lo faccio di certo ma tutti quelli a cui affido lavoro in 3D mi dicono che hanno studiato 2 anni prima di riuscire a produrre immagini commercialmente valide. Le auto sono andate, i mobili quasi tutti, le merci dure anche. Ho già visto qualcosa di cibo, notevole. Avete notato come è migliorata la qualità delle immagini pubblicitarie degli orologi? Tutto 3D. Ho visto un filmato per una marca di costumi da bagno in 3D e le modelle non avevano più qull’aria da Lara Croft, il 90% delle possibili consumatrici non si accorgerebbero mai che non sono modelle vere. Pensa a non dover più pagarle e a non avere i problemi che abbiamo ogni giorno perchè quella lì ha una bella faccia ma non ha vita e quell’altra è stupenda ma non ha ancora una quarta come servirebbe e questa è tutta giusta ma ha una pelle di schifo. Ah, questa è perfetta ma costa troppo. Il giorno che andremo in 3D anche per la figura umana mi dite quanti fotografi piangeranno tutte le loro lacrime?
Ho apprezzato molto quell’articolo sulla fotografa americana di matrimoni, perchè non allargare ad altri rami del nostro mestiere senza però dimenticare le vere dinamiche che ci conviene capire e utilizzare per migliorare le nostre individuali situazioni?
Cari saluti, Nino Mascardi
Luca Pianigiani says:
Ciao Nino, di 3D abbiamo parlato e abbiamo anche fatto un Jumper Camp sull’argomento. Siamo super convinti che questo sia un argomento molto importante, che i fotografi stanno guardando da lontano e “in cagnesco” invece che dominare e comprendere. C’è molto da dire, in merito, e potrebbe essere oggetto di prossime dissertazioni, anche grazie alla tua segnalazione. Quello che serve, in questo caso, prima di tutto è l’apertura mentale, per capire che le immagini nascono nella testa e non nella fotocamera. E questo non lo dico a te, che questa cosa la sa bene, ma a tanti che invece pensano che lo scatto sia “il mestiere”. Ne riparleremo presto ;-)
Gianfranco says:
Io utilizzo i servizi di condivisione e storage on-line da tanto tempo come Wuala o Dropbox ma questi sono impensabili da usare per file come RAW o Video ProRes 422. Per lavorare con file da 100 o 200 MB l’uno occorrono ancora dischi veloci e collegati a Computer “Potenti”. Poi si possono condividere i risultati debitamente compressi e ottimizzati per la fruizione on-line e sherata. Inoltre iPad e iPhone sono ben lontani da poter produrre o peggio ancora post-produrre file video in alta definizione. Forse qualche immaginetta “simpatica” come si può ottenere con Instagram e altri simili. Ma se devo stampare un album per un matrimonio altro che CPU HD e RAM a go go! Condivido quello che scrivi per utilizzi generici giornalieri che a tutti noi facilitano la vita informatica “lite” ma poi per quello che diventa lo specifico, la professione e i conti con le tecnologie degli hardware che ci portiamo negli zaini (reflex, videocamere, microfoni) bisogna poter contare sui cassoni di alluminio e le ventole che ci scaldano le stanze! un caro saluto. Gianfranco. BHStudio.it
Luca Pianigiani says:
Scusami, ma non sono d’accordo, Gianfranco. Questo è purtroppo un atteggiamento che nasce da un uso tradizionale dell’informatica, proprio quella che abbiamo cercato di smontare in questo Sunday Jumper. Chi gestisce grandi dati è proprio chi per primo dovrebbe pensare ad un modo più evoluto per gestirli, i dati. E non penso nemmeno che sia utile il concetto “riduttivo” delle “immaginette simpatiche” fatte con mezzi “poveri” come Instagram: se Gucci e altri stilisti famosi usano queste tecniche per le loro immagini… dici che gli sposini della cittadina di provincia della mia amata Siena siano clienti troppo al “top” per poter offrire un prodotto di così bassa fattura? Siamo ancorati a logiche quantitative (di pixel) e di macchine che hanno la dicitura “pro”, proprio come una volta si usavano le pellicole “pro” o le fotocamere blasonate per avere un atteggiamento “professionale”. La leggerezza che abbiamo di fronte ci porta a liberarci di tanti orpelli (e tanti costi), mettendo al tempo stesso in evidenza creatività e professionalità (che manca molto più dei pixel e dei processori).
Non dico che tu non abbia ragione per il presente, ti prego solo di valutare che le cose cambiano: i gusti, la cultura dell’immagine, e persino la tecnologia. Sia nell’uso generico, che in quello “specialistico”. Non vedere questa evoluzione è più rischiosa che non perseguirla…. e le cose cambiano in fretta, per esempio domani sera segui quello che verrà annunciato a San Francisco, a partire dalle 19 ora italiana! ;-)
Gianfranco says:
Grazie Luca tu sei sempre più avanti di tutti. Per stasera non mi perderò affatto il caro zio Steve!! Sarò incollato alla diretta e a macity ciao a presto. Gianfranco. BHStudio.
Alberto says:
“Gucci e altri stilisti famosi usano queste tecniche per le loro immagini… dici che gli sposini della cittadina di provincia della mia amata Siena siano clienti troppo al “top” per poter offrire un prodotto di così bassa fattura?”.
Luca hai centrato il punto, perché non è un problema di alta o bassa tecnologia ma di diffusione del cambiamento e della mutazione del gusto comune. Ora con delle app vendutissime dell’Iphone le persone scoprono effetti che prima, per ottenerli, ci volevano parecchi minuti con photoshop. Vedo amici che caricano sui social network foto con diciture a loro sconosciute (pellicole vintage, lenti russe, etc.) ma che stanno determinando un cambiamento del gusto e una nuova accessibilità creativa.
Per cui cose che sembrano lontane, ci travolgeranno a breve e i fotografi devono dimostrare di essere un passo avanti con lo sguardo e la capacità di vedere creativo, perché ormai il cugino del committente ha la machina più costosa della nostra o lo zio della moglie del committente con una app da 14.99€ crea effetti che prima offrivo solo io.
Essere permeabili, porosi per capire i cambiamenti ed intercettarli o comunque non per non ritrovarsi fermi a ripensare ai bei vecchi tempi analogici.
Alberto
Fabio – 2Click says:
Prima che fotografo sono informatico da oltre 20 anni, ho iniziato nel settore dell’audio digitale e dell’automazione radiofonica quando i wav ancora non esistevano e credo nel mio piccolo di aver innovato parecchio contribuendo a far sparire i registratori a bobine (i famosi revox) con hard disk e schede digitali. E’ sempre stata una gara all’ingegnosità x trovare soluzioni che sopperissero alla cronica mancanza di infrastrutture tutta italiana (se lo vogliamo considerare come un paese avanzato e non come il bel paese di pizza e spaghetti) e adesso mi rendo conto che pur avendo cambiato settore i problemi sono gli stessi. Per arrivare “prima” non si puo’ aspettare che le cose siano pronte e funzionanti, bisogna trovare un modo per arrivarci con quello che si ha. Uno dei primi problemi con cui mi sono picchiato e’ stato il limite di lightroom di non poter lavorare in modo realmente condiviso: ho provato e trovato soluzioni, creato automatismi che mi permettano di farlo in modo trasparente e veloce.
Credo sia la stessa cosa con il cloud e la sincronizzazione dati: uso queste tecnologie da ben prima che qualche genio del marketing gli affibbiasse il nome della nuvola e al momento ci sono ancora poche soluzioni realmente alla portata di tutti, ma sicuramente non sono piu’ alla portata di pochi e potrebbe essere proprio il momento giusto per trovare soluzioni e proporle senza troppi concorrenti che pigramente arriveranno a giochi già fatti.
Oppure possiamo semplicemente lamentarci x questa dannata rete sempre così lenta :-)
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