In questi giorni, per vari motivi, stiamo valutando una serie di iniziative legate al self publishing e al reperimento di fondi per la produzione di progetti editoriali. Sono tanti i campi che ci interessano: da quello della realizzazione di riviste, di libri fotografici, di libri di letteratura, di dischi: la “fornace” delle nostre idee è quasi senza fondo. Come scrivevamo poco fa, in una mail, non siamo noi ad essere un “pozzo di idee”, le idee sono sul web, disponibili per tutti; noi facciamo solo i pescatori, che le portano a galla, ed è un lavoro fatto di passione e di pazienza.
Ogni giorno “peschiamo” idee incredibili, fantastiche, che meritano attenzione e che potrebbero avere successo. Quando le ascoltiamo, ci affascinano e ci fanno credere che meritano di uscire allo scoperto, di confrontarsi con il mercato, di trovare uno sbocco per garantire al “progettista” o “all’artista” il giusto spazio e ritorno economico. Quasi tutti questi progetti, però, si scontrano con la triste verità: mancano i fondi, manca la possibilità di fare scelte coraggiose, di credere a soluzioni alternative. Le porte degli “editori”, siano questi nel settore dei libri, delle riviste o dei dischi, sono chiuse, e quando si aprono ci sono ben poche risorse. Non si muove un filo d’erba, e per cambiare bisognerebbe spostare le querce e i palazzi.
Non diamo colpa alla “crisi”, smettiamo di piangerci addosso perché oggi abbiamo qualcosa che può andare oltre (ben oltre) alle crisi, nazionali o internazionali. Abbiamo, per la prima volta, tra le mani un potere che può essere incredibile, invincibile: la forza delle “masse”. Se veniamo apprezzati dalla mamma e dal nonno, si va poco lontano (certo… se il nonno si chiama Murdoch o Bill Gates forse qualcosa si può anche fare!), ma se riusciamo a smuovere una massa, allora possiamo andare ovunque vogliamo, e specialmente ovunque siamo capaci di andare.
Il concetto è quello di girare il paradigma dell’economia della produzione di un prodotto: invece che investire per produrlo, per poi guadagnare soldi, trovare i soldi per produrlo, ed è la nuova rivoluzione che possiamo cavalcare grazie ad un mondo interconnesso. Pensateci bene, e lo facciamo sulla tematica più distante dai fotografi per non scendere subito sul pratico (vi lasciamo friggere un po’…): un’artista vuole incidere un disco, non ci sono case discografiche interessate, si vuole fare tutto in casa. Ci sono dei costi da sostenere: pagare gli autori, i musicisti, la sala di incisione, i tecnici del suono i fotografi per la copertina (già qualcosa che ha a che fare col vostro business…), i videomaker per il videoclip, la promozione, i rapporti con le radio per spingere il pezzo, un ufficio stampa per far conoscere il disco… eccetera. Si fa un business plan adeguato e serio e poi si dice ai fans: ragazzi, voglio fare questo, mi date una mano? A quel punto, ci possono essere varie forme di sponsorizzazione: dal pagamento anticipato del disco non ancora prodotto, ad un contributo più elevato per avere più copie, magari autografate, qualche soldo in più per avere delle foto originali, e se proprio la sponsorizzazione diventa significativa, si potrà garantire il nome sul disco come “contributor”, addirittura come “co-produttore”. Quello che il fan compra non è un “disco”, ma la possibilità di far parte di un progetto: un valore che non ha prezzo, come dice la pubblicità della carta di credito (ma la carta di credito può ben essere utile per tale transazione!). Quando si raggiunge la cifra in questione, quella ipotizzata e calcolata, si passa alla produzione, senza affanni: i soldi ci sono già, in banca: ci si può dare alla fase davvero positiva, quella del “fare” e non più del “sognare”.
I primi musicisti che hanno fatto questa strada seguivano il proprio istinto e dovevano curare un sacco di dettagli. Una di queste è un’amica Edie Carey che da anni segue questa strada di successo e ora addirittura fa consulenza sull’argomento. Ora ci sono però delle organizzazioni che fanno benissimo tutta la parte logistica, tra queste KickStarter, che è un sito per proporre idee e progetti (dalla produzione di un corto cinematografico, un sistema per amplificare l’audio dell’iPhone senza alimentazione elettrica, alla realizzazione di un libro fotografico). Come funziona? Facile: si presenta un progetto, allegando un video esplicativo e una serie di informazioni, si definisce un obiettivo economico (realizzare un libro fotografico? Potrebbero, per esempio, servire 20 mila dollari). A quel punto, quando e se accettato, il progetto viene pubblicato, individuando una serie di “prodotti” che gli utenti possono acquistare: da un “caldo abbraccio virtuale”, come semplice condivisione del progetto, ad un libro con autografo, a un pacco con 10 libri, all’invito a partecipare alla stampa del libro… insomma: quello che volete. Se si raggiunge la quota indicata, il sito ne trattiene il 5% e il resto lo versa a chi ha proposto il progetto.
Beh, per entrare completamente nel discorso dei fotografi, esiste una piattaforma simile a Kickstarter, ma nata nello specifico per promuovere progetti di fotogiornalismo: si chiama Emphas.is e funziona allo stesso modo (si trattiene il 15% ma in compenso si propone anche come intermediario per editori che possono essere interessati ad acquisire i diritti della prima pubblicazione). Andate a vederlo, troverete progetti interessanti, metodologia, marketing, un approccio moderno. Prima di entusiasmarvi completamente, leggete però fino in fondo…
Vi abbiamo presentato il potere del CrowdFunding, i “fondi” che arrivano dalla massa. Come abbiamo detto all’inizio, la massa può fare molto di quello che pensavamo potessero fare strutture ed entità grandi (editori, per esempio) e che ovviamente ci hanno deluso. 100 persone che danno 10 dollari sono uguali a 1 sola persona che ne da 1000, e se riusciamo a rivolgerci ad una massa critica sufficiente, il progetto può prendere il volo. Quello che però bisogna capire però è che non basta mandare una mail e qualche foto… il mondo (anche del crowdfunding), ne ha a migliaia di libri e di foto (anche belle), e non tutte possono superare il muro dell’indifferenza. Per un progetto che ha successo, ce ne sono tanti che non riescono ad uscire fuori. Servono tanti fattori, tra questi i due principali:
1) La “massa” dobbiamo attivarla noi, e non solo attenderci che ci sia qualcuno che fa “tutto il lavoro”. Siti come Kickstarter e Emphas.is sono sicuramente molto visitati, ed è già un passo in avanti importante. Ma dobbiamo fare un lavoro anche noi: a questo servono siti internet efficaci (ricordate, ne abbiamo parlato qualche settimana fa, non a caso!), un uso sapiente e concreto dei social network (leggete le ultime 10 stupidaggini che avete scritto su Facebook e vergognatevi! e se non dite cose stupide, ma parlate solo di voi, ricordatevi che nessuno si interessa a chi parla solo di sè stesso!).
2) Bisogna creare un prodotto davvero interessante, e forse non basta dire “faccio un libro di belle foto”, perché il mondo è già pieno di bei libri di foto che ammuffiscono. Un’idea è quella di creare una storia, confezionarla in modo originale, innovativo.
Di questo parleremo, con idee, proposte e soluzioni molto concrete al nostro JumperDay, Martedi 5 luglio, dalle 14 alle 18 a Palazzo Isimbardi a Milano. Vi abbiamo invitato, se non avete risposto forse è il caso di farci un pensierino. Il futuro è a portata di mano, ma bisogna essere attivi, svegli, con la voglia di costruire un futuro e non solo guardare all’orizzonte, con la paura del tempo che passa.