Siamo in una fase in cui tutto sembra portare verso sensazioni “tattili”. Innanzitutto, è la chiave di interazione creata dai device digitali “touch”, o, meglio ancora, il “MultiTouch”, che si differenzia da soluzioni molto banali, come il pigiare dei tasti su un monitor, come avviene con il bancomat, ma il tocco di diverse dita per creare una varietà di gestualità che servono ad interagire con il contenuto digitale che sta aldilà del vetro del monitor, per ingrandire, spostare, girare, eccetera. Ma non è solo digitale l’evoluzione touch, ma una delle strategie sempre più seguita dalle soluzioni“ fisiche”: stampa su carte fine art che generano il desiderio di essere toccate, con spessori “spessi” (alcune stampanti riescono a gestire supporti spessi anche più di un millimetro, che non devono essere nemmeno ”montati“ : tanti anni fa ne abbiamo parlato molto), trattamenti di verniciatura localizzati, texture, eccetera. Per superare la ”freddezza” del tocco di una lastra di vetro, si va oltre, e si cerca il contatto caldo di una superficie: alla fine, siamo molto vicini all’approccio di San Tommaso, se non tocchiamo ci risulta difficile credere.
Da tempo parliamo dell’importanza di coinvolgere vari sensi del fruitore della comunicazione: siamo sempre più abituati a essere bombardati da tanti stimoli, e se non li abbiamo finiamo col cercarli, e con il distrarci: se non riusciamo a coinvolgere vista, udito, tatto (almeno…), alla fine guardiamo e ascoltiamo musica, le dita le infiliamo nel sacchetto della patatine o sullo smartphone per cercare gli aggiornamenti di Facebook, e il risultato è che guardiamo ma non assorbiamo, non comprendiamo, non andiamo in profondità. Questa esigenza di coinvolgimento multisensoriale è studiata con attenzione dal packaging (uno dei settori di maggiore sviluppo della comunicazione), che propone un’esperienza distintiva sullo scaffale o in una vetrina, ma anche un coinvolgimento fisico, fatto di materiali, di tecniche di stampa, di forme, ma un po’ in tutto si cerca di creare un mix di segnali che catturano l’attenzione. Gli occhi non bastano: lo ribadiamo.
Il mondo dell’informatica sta inseguendo questa esigenza, con strumenti di interazione sempre più sofisticati: dal supporto (in fase di comando o in fase di risposta) della voce, con gestures sempre più evolute, con metodi di navigazione sempre più friendly. L’impressione però è che siamo sempre più muovendoci in direzione di un futuro che userà l’aria come strumento di interazione, come succedeva nel sempre citato film “Minority Report”. Erano fini poco tempo fa delle simpatiche idee del futuro, ma oggi non è più così, per esempio:
- da qualche mese è in pre-ordine il Leap Motion Controller, un piccolo scatolino che si attacca al Mac e permette di comandare il computer a distanza, con dei movimenti delle mani effettuati nell’aria. Non è futuro, è presente, se lo pre-ordinate da qui vi verrà spedito esattamente tra un mese, ad un costo di poco più di 100 euro, comprese tasse e spedizione;
- Da molti mesi ho installato una piccola utility chiamata Flutter che permette di attivare e disattivare la musica o i video dalle principali applicazioni con un gesto (iTunes, Spotify, QuickTime, VLC ed altri, sia su Mac che su Win). E’ un giochino che vi farà fare bella figura con gli amici, nulla di più, ma esiste e funziona, da tanto;
- Mi è appena arrivata la nuova carta di credito che usa il sistema PayPass, che consente il pagamento di piccole cifre (fino a 25 euro) senza alcun “contatto”, senza digitare il pin, senza firmare lo scontrino, un po’ come il Telepass: più veloce, più semplice, più “on the air”.
Ma non è questo il motivo che ci ha portato a parlarne, oggi, ma una notizia che arriva da Sharp (qui il comunicato stampa in giapponese, nel caso qualcuno abbia semplicità di lettura in questo idioma) che ha iniziato la commercializzazione di un sensore di movimento per smartphone e Tablet che consentirà di interagire a distanza di circa 10 cm dal monitor di questi device. Si dice che probabilmente il primo costruttore che lo utilizzerà sarà Samsung su un modello evoluto del suo S4, dopo l’estate. E, immaginiamo, sarà uno dei punti di forza dei device del futuro, proprio perché daranno un senso di “vero futuro”, molto più che un processore che va “il doppio più veloce”, un sensore che fa foto con 4 milioni di pixel in più… eccetera. Azionare un device, cambiare un brano musicale, girare una foto semplicemente muovendo le dita nell’aria sarà un segno tangibile di una “novità”.
Qualcuno dirà che si tratta del solito “specchietto per le allodole”, che non serve a nulla e che abbaglia solo gli stupidi. In parte questo è vero, ma se pensiamo solo così ci allontaneremo dalla potenzialità di questo ingrediente. Pensate ad una mostra di immagini esposte/mostrate su dei monitor, che ci consentono di spostarci, di esplorare, di far partire delle animazioni semplicemente muovendo le dita o le mani… pensate a delle installazioni in una fiera, o in un evento, dove le persone possono cambiare le immagini e scoprire le informazioni muovendo le mani… Chi prima di altri sarà in grado di proporre idee in questo campo avrà porte aperte e tanta attenzione da parte delle aziende, che sono sempre a caccia di novità e nuovi stimoli.
Il futuro è adesso, la tecnologia c’è e fa passi da gigante; è la nostra testa che ha difficoltà a scoprire come usarla, e non banalizzarla. Ancora una volta, la testa è quella che rischia di muoversi sempre troppo lentamente, perché gli esseri umani non hanno processori che si aggiornano, sensori che si affinano. Ma per fortuna, malgrado tutto, riusciamo ad evolverci lo stesso, ed è per questo che non saremo mai superati dalle macchine ;-)