Ogni anno, un appuntamento fisso è con un video che è la sintesi dell’anno. Un prodotto editoriale realizzato da quello che potrebbe essere definito il maggior “editore” al mondo: Google. Curiosa questa definizione, perché per strategia e addirittura DNA, Google non produce alcun contenuto, eppure se “Editore” è chi produce un media che contiene informazione, allora nessuno può togliere questo primato a questa azienda. Google è, nell’informazione, il bene e il male dell’informazione al tempo stesso, ci permette di avere il mondo in mano, e contemporaneamente ci mostra (facilmente) solo quello che vuole perché sono i suoi algoritmi segreti ed inaccessibili che ci posizionano all’inizio o alla fine della lista dei risultati di una ricerca, e se l’inizio è facile da trovare e da individuare (la prima pagina di risposta) l’ultima è un buco nero irraggiungibile anche da una navicella di Star Wars.
Il video “sommario” delle ricerche principali fatte nell’anno che si sta concludendo è quasi l’unico prodotto editoriale vero, nel senso che c’è qualcuno – ipotizziamo uno staff di giornalisti, ma forse è un altro algoritmo informatico di aggregazione automatico – che sceglie, che organizza, che seleziona, e che poi effettua un montaggio di grande impatto, con una scelta di un sottofondo musicale sempre spettacolare. E fa emozionare: tutti, in particolare fa emozionare noi che abbiamo un rapporto complicato con il tempo che passa, legato alla preoccupazione verso qualcosa che si sta perdendo.
Google – Year In Search 2015
Quello del 2015 segue il cambiamento del nome “storico” già effettuato lo scorso anno: ora è il più banale “Year in Search”, prima – a partire dal 2010 come video, ma prima era solo una lista che si chiamava proprio così – Zeitgeist, nome che evidentemente era troppo complesso e colto per l’utente medio di Google, è un termine antico tedesco che significa metaforicamente “Lo spirito del tempo” che dava un valore molto più ampio al tutto: non solo “cronaca”, ma l’essenza del tempo che passa, e che ci condiziona. In questo Sunday Jumper vi proponiamo, embeddato qui sopra, proprio la versione 2015, e sotto tutte le edizioni precedenti.
La proposta è quella di trasformare questo “assaggio dell’anno che è finito” in una analisi del come è cambiata la comunicazione e l’informazione: in questi ultimi 5 anni e in generale. Spesso abbiamo presentato questi video negli eventi, ma anche nei corsi che facciamo di editoria, per far capire cosa è oggi (o cosa non è) una rivista. Come il nostro approccio nei confronti dell’informazione – e che così tanto ci condiziona, a volte senza nemmeno accorgercene – è influenzato da cosa, come, dove e quando ci viene proposto. Da questa cronologia del prodotto editoriale in questione, possiamo percepire in sequenza (crescente o decrescente, come preferite) come è cambiata la tecnica di visualizzazione, di narrazione, di coinvolgimento. Siamo partiti nel 2010 dove il maggiore impatto arrivava da immagini fotografiche mosse con effetti molto semplici, da una focalizzazione sul browser internet sulla pagina di Google (che a sua volta… guardate quanto è cambiata in cinque anni, a volte non ci accorgiamo di questi cambiamenti perché li viviamo giorno dopo giorno).
Poi, a partire dal 2012, è cresciuto l’uso di video a pieno schermo: ci si allontana leggermente dal browser del computer, dalla pagina di Google, e ci si focalizza più sul contenuto e sull’impatto… quasi come a dire: Google è ovunque, è contenuto tutto attorno a noi, non “dentro una scatola”; anche perché “la scatola” diventa sempre meno quella dello schermo del computer.
Nel 2014, oltre al cambiamento del nome già accennato, succedono due cose nella costruzione del video annuale: la finestra di “ricerca” sparisce quasi del tutto, per lasciare spazio ad una tipografia essenziale da “titoli” e non da “riquadro search” (usato solo all’inizio come vezzo grafico) e poi quasi completamente sparisce il rumore della tastiera, probabilmente per indicare il concetto che non si interagisce più solo con la tastiera con Google, ma anche con la voce (come avviene anche con altri sistemi, Siri di Apple e Cortana di Microsoft). Nel 2015, infine, il filo conduttore è una voce, derivata da uno speech che segue, quasi come un voice over, per tutto il video. E’ la voce di Bruce Jenner, divenuto Caitlyn Jenner e diventata simbolo di una voce che vuole parlare di un mondo che grazie a questa testimonianza ha suscitato interesse record anche oltre la comunità transgender.
Pensiamo che questa analisi possa aiutare a far capire, a chi si occupa di informazione, comunicazione, storytelling ma anche in generale a tutti perché come detto l’informazione non è solo argomento per chi la fa, meccanismi importanti ed interessanti. Ma c’è un punto importante: cosa davvero viene “mostrato”? Non c’è come vedere tutti questi video insieme per verificare che ci sono codici usati e riusati, una sceneggiatura che prevede un cambio di scene adattate all’anno, ma che fanno parte di un disegno comune, alcune scene sono addirittura identiche: un mix sapientemente calibrato di arti meccanici per consentire la “vita normale” a persone che hanno perso un braccio o una gamba, il messaggio sul diritto a vivere la propria sessualità in modo naturale, la pace nel mondo, il focus sui disastri ambientali, gli effetti del terrorismo, l’abbraccio tra uomo e animale selvaggio, l’eroe dello sport che mostra la forza di “vincere”. Tutto questo è in teoria governato dalle statistiche dei trend di ricerca: qui sotto trovate l’animazione relativa al 2015.
Il vero problema è che gli eventi importanti sono quelli che “si cercano”, quelli che fanno parlare, quelli che ovviamente generano un coinvolgimento emotivo. Le storie più vere, le abitudini di una ricerca meno “socialmente apprezzabili” vengono omesse (bizzarro che non ci sia alcuna voce relativa al porno, giusto?). L’immagine del mondo che ci viene mostrata è un pacco con il fiocco da mettere sotto l’albero, ci racconta un mondo che se non è sensazionalistico, non interessa. Tutto questo ovviamente non corrisponde alla verità, e crea i presupposti anche per interpretazioni pericolose: se si vuole apparire, se si vuole condizionare la vita dell’umanità bisogna fare qualcosa di “sensazionale”, che arrivi come una bomba dalla detonazione violentissima (la scelta della metafora non è casuale). Perché l’informazione sembra avere spazio solo per questo tipo di storia, e più sarà forte il potere di meccanismi di informazione che fanno della “popolarità” un calcolo matematico (gli algoritmi di ricerca), più rischiamo di perdere il vero senso dell’informazione “pura” e anche di un discernimento umano.
L’informazione deve ritrovare spazi per analisi che vanno più a fondo, che non necessariamente (anzi, il contrario) devono puntare sulla ghettizzazione “snob”, serve un’informazione che parla a tutti, ma di valori meno “ad effetto speciale” e più vera, più corrispondente a qualcosa che possa assomigliare, almeno un po‘, alla verità. E’ una missione per tutti: per chi crea e chi seleziona le fonti per essere informato.
L’augurio per quest’anno che inizia, è di lavorare su questa ricerca. Prendiamo lo stimolo di Google, Search on, continuiamo a cercare. Ma in modo nuovo. Buon anno di ricerca a tutti!