Nel tentativo di guardare il futuro, ci sono delle incongruenze che non fanno ben sperare. O meglio: la speranza è l’ultima a morire, ma a volte ci si sente un po’ stupidi. Facciamo alcuni esempi.
1) NAVIGAZIONE ALL’ESTERO
Si parla tanto di “rete”, addirittura come diritto inalienabile: proprio in questi giorni in Francia non è passata una legge che voleva togliere il diritto di connessione a coloro che venivano scoperti a scaricare illegalmente contenuti protetti dal copyright. E’ stato detto, in questa sede di discussione, che appunto si tratta di un diritto inalienabile, quello di potersi collegare alla rete, impedirlo sarebbe una violazione dei diritti primari dell’uomo, come il diritto di parola. Sta di fatto che però se si viaggia all’estero, se per la telefonia “voce” ci sono tariffe che – pur elevate – sono ancora nell’ottica del ragionevole, per il traffico dei dati sono davvero folli: pensate che, se tutto va bene (si fa per dire) il costo già non basso a livello nazionale di 1 Mb scaricato può costare da 18 a 250 volte di più! E… in Europa, perché nessuno ti parla di possibilità di connessione uscendo dalla Comunità Europea: parlavo l’altro giorno con un’amica fotografa che mi parlava della difficoltà di collegamento in India: impossibile, senza il wifi, disponibile solo nei principali alberghi, ma se sei in un villaggio sperduto… (e tra l’altro, al di là della spesa folle, non è detto che ci sia copertura). Insomma, rete globale, ma gestione delle connessioni assolutamente provinciali, dannatamente localizzate e bloccate da contratti capestro, dall’impossibilità di acquistare localmente una sim per navigare ai prezzi locali con una compagnia locale (non è quasi mai possibile: perché non esiste una sim globale, un provider che ti offra la possibilità di acquistare delle Sim precaricate ovunque? Perché società illuminate, come potrebbe essere Google o Apple, non creando una compagnia telefonica “virtuale” accessibile ovunque, facendo i relativi accordi di rooming con le società locali? Sarebbe eccezionale per chi viaggia molto e in posti “alternativi”).
2) WIFI, OVUNQUE (MA DOVE?)
Si dice che ormai la connessione è wifi, e che ovunque ci sono reti aperte e disponibili. Ma dove? A Milano, si diceva nel 2007, stavano per partire 13 mila Hotspot pubblici, di cui 4000 “quasi subito” e gli altri entro il 2015 per l’Expo: sarebbero stati installati sui lampioni della luce e dei semafori negli incroci, oltre che nelle scuole, nelle biblioteche, nei punti di ritrovo di anziani e giovani, nelle fermate degli autobus e nelle metropolitane. Ma tutto questo – a parte una piccola sperimentazione al Castello (che non sono mai riuscito a verificare) – è fermo ai blocchi di partenza. La cosa peggiore è che non solo non esiste nulla di gratis, ma non esiste nemmeno nulla di “conveniente, anche se a pagamento” in giro. Teoricamente, il mio contratto TIM Alice-qualcosa per il cellulare mi dice che oltre alla connessione tramite la chiavetta e quindi la Sim potrei usare “gratuitamente” anche TUTTI (ma proprio tutti, pensate che figata) gli Hotspot AliceZONE. Qualcuno ne ha mai visto uno? Io trovo solo le reti negli aeroporti o grandi alberghi che sono a pagamento, e costano tipo 6 euro per un’ora (non ci sono connessioni da 1 euro per dieci minuti, ovviamente…) oppure circa 20 Euro per 24 ore. Si dice che il problema è italiano… ma lo è anche per un italiano all’estero: provate ad andare all’estero e vi accorgerete che non è così facile: una soluzione è quella di attrezzarsi per sapere dove trovare hotspot pubblici, e ce ne sono certamente di più. Una delle strade è quella di usare FON, per accedere gratuitamente a qualsiasi rete FON in tutto il mondo se anche voi fate lo stesso, oppure se siete disposti a pagare un piccolo contributo (che viene ripartito sugli utenti che rendono questo possibile). Altrimenti si può consultare un database per vedere gli hotspot disponibili (a pagamento o Free) in tutto il mondo: per esempio, questo è un sito dove potete effettuare le vostre ricerche. Tutto bello, poi però ti colleghi al sito di FON per comprare una ricarica, e ti accorgi che il sistema di pagamento da errore e quindi non riesci a pagare, se ti colleghi al database sopra citato ti accorgi che a Milano non esistono Hotspot free (e non è vero… ci sono, ma non sono inseriti nel database. Insomma… in teoria è tutto bello e facile, nella realtà non ci sono certezze assolute.
3) NEW MEDIA
Non potete nemmeno immaginare quanto sia importante per me l’argomento dei nuovi media, ed in particolare l’evoluzione delle riviste e dei giornali digitali (a quest’ora dovrei preparare una relazione importante sull’argomento, ma sono ancora con voi…). Quando ci sono editori italiani che iniziano a compiere passi importanti verso l’uso di strumenti digitali dovremmo essere felici, e invece… scopriamo che il Corriere della Sera con grande enfasi ed entusiasmo annuncia l’accordo con Amazon per distribuire il quotidiano su Kindle, la “tavoletta elettronica” che consente di visualizzare documenti digitali, scaricati direttamente dalla rete. Se volete, potete abbonarvi subito, qui. Ah… non vi ho detto che Kindle non è acquistabile e non usabile in Europa? Peccato, era un dettaglio forse utile da sapere, e non ci sarà almeno fino al 2010. Beh, allora ci si può consolare con La Stampa, quotidiano che ha seguito una strada più evoluta e più fruibile, anche in Italia: il suo quotidiano si può leggere non sull’esclusivo Kindle (non disponibile in Europa), ma su altri ebook reader, che si vendono anche in Italia, come l’iLiad: con circa 500 euro potrà essere vostro! (il tono di entusiamo è un po’ ironico). La domanda è: perché dovrei comprare un oggetto da 500 euro che pesa 400 grammi, che ha uno schermo solo in bianco e nero e che mi consente “solo” di leggere libri e giornali digitali? Beh, in realtà è falso… nelle descrizioni mi segnalano che si possono fare molte altre cose: come giocare e divertirsi: dal Sudoku ai cruciverba, dalla lettura dei fumetti, a schizzi e disegni. Ohhhh, impressionante!
tovoli federico says:
Sono fotoreporter anche se faccio molta poca attualità e zero gossip, ho lavorato per nove mesi in lungo e in largo per il sudamerica (ma non la zona Venezuela, Guayane, Brasile, Uruguay), di reti WIFi ce ne sono e talvolta anche libere e non solo in alberghi a 5 stelle…ma spedire un servizio da 400 Gigabytes è lentissimo e sesso succede che il raggio della WIFI è così corto che non arriva nella camera. Troppe volte sono stato per ore in un bar a guardare il mio laptop che trasmetteva dati sul server dell’agenzia. In definitiva, purtroppo, sembra, e non solo in sudamerica, che il WIFi sia una moda per rampantelli come vent’anni fa erano i cellulari (spesso i bar sono quelli “in”. Alla Mariscal di Quito come sull’avenida de Mayo a Bs As). Avevo pensato di documentare il disastro aquilano appena saputa la notizia, tre ore dopo, ma una delle ragioni che mi hanno spinto a desistere è che una volta risolti tutti i problemi pratici dello star li a fare foto non avrei potuto risolvere quello della rete WIFi, che c’è ma è bloccata e nessuno sa dov’è una libera, neanche in tempi di assoluta tranquillità.
tovoli federico says:
Sono fotoreporter anche se faccio molta poca attualità e zero gossip, ho lavorato per nove mesi in lungo e in largo per il sudamerica (ma non la zona Venezuela, Guayane, Brasile, Uruguay), di reti WIFi ce ne sono e talvolta anche libere e non solo in alberghi a 5 stelle…ma spedire un servizio da 400 Gigabytes è lentissimo e sesso succede che il raggio della WIFI è così corto che non arriva nella camera. Troppe volte sono stato per ore in un bar a guardare il mio laptop che trasmetteva dati sul server dell’agenzia. In definitiva, purtroppo, sembra, e non solo in sudamerica, che il WIFi sia una moda per rampantelli come vent’anni fa erano i cellulari (spesso i bar sono quelli “in”. Alla Mariscal di Quito come sull’avenida de Mayo a Bs As). Avevo pensato di documentare il disastro aquilano appena saputa la notizia, tre ore dopo, ma una delle ragioni che mi hanno spinto a desistere è che una volta risolti tutti i problemi pratici dello star li a fare foto non avrei potuto risolvere quello della rete WIFi, che c’è ma è bloccata e nessuno sa dov’è una libera, neanche in tempi di assoluta tranquillità.
Monica says:
Il futuro si muove al ritmo dell’andamento dei grandi numeri.
Il futuro è nell’immaginazione e nel potere di interpretare i grandi numeri.
I grandi numeri si muovono negli schemi degli analisti, che scrivono le coreografie di questo movimento con i loro strumenti statistici.
Mi scuso per il volo pindarico, ma prima di battere la testa sul soffitto del mio pensiero vorrei capire un paio di cose.
Se su FaceBook io posso iscrivermi, ma non posso cancellarmi ma solo sospendere il mio account, se sono anche iscritta a Second Life, ma anche lì il mio avatar giace in coma profondo, io, nel mio piccolo, ci sono dentro, nei grandi numeri, o no?
Di sicuro si, e questi grandi numeri contribuiscono a generare attenzione verso fenomeni che probabilmente sono molto più virtuali di quello che sembra.
Con questo, vorrei solo dire che investimenti che renderebbero “veramente” globale il nostro mondo del terzo millennio, vengono in realtà dirottati da letture miopi dei grandi numeri, che, devo dire, mi lasciano un po’ sconcertata.
Qualche tempo fa, mi ricordo di un SJ che parlava proprio di “analisti incollati ai loro portatili”, dipingendone un ritratto non esattamente edificante.
Bene, la mia considerazione di oggi è: quanto potere hanno sul nostro futuro, questi analisti di Business?
(Ma loro, non la sentiranno la mancanza della rete, quando sono in viaggio?)
Monica says:
Il futuro si muove al ritmo dell’andamento dei grandi numeri.
Il futuro è nell’immaginazione e nel potere di interpretare i grandi numeri.
I grandi numeri si muovono negli schemi degli analisti, che scrivono le coreografie di questo movimento con i loro strumenti statistici.
Mi scuso per il volo pindarico, ma prima di battere la testa sul soffitto del mio pensiero vorrei capire un paio di cose.
Se su FaceBook io posso iscrivermi, ma non posso cancellarmi ma solo sospendere il mio account, se sono anche iscritta a Second Life, ma anche lì il mio avatar giace in coma profondo, io, nel mio piccolo, ci sono dentro, nei grandi numeri, o no?
Di sicuro si, e questi grandi numeri contribuiscono a generare attenzione verso fenomeni che probabilmente sono molto più virtuali di quello che sembra.
Con questo, vorrei solo dire che investimenti che renderebbero “veramente” globale il nostro mondo del terzo millennio, vengono in realtà dirottati da letture miopi dei grandi numeri, che, devo dire, mi lasciano un po’ sconcertata.
Qualche tempo fa, mi ricordo di un SJ che parlava proprio di “analisti incollati ai loro portatili”, dipingendone un ritratto non esattamente edificante.
Bene, la mia considerazione di oggi è: quanto potere hanno sul nostro futuro, questi analisti di Business?
(Ma loro, non la sentiranno la mancanza della rete, quando sono in viaggio?)
M.Solcia says:
Riguardo ad Iliad, io lo uso, da ormai due anni, per leggere documentazione e pubblicazioni tecniche nell’ambito IT. Se avete presente quei libroni di 500 e più pagine: io li compro in formato digitale (costano meno, anche se non si trovano tutti i titoli, ma la tendenza è in crescita) e li memorizzo su Iliad. In questo modo con un aggeggio che pesa 400 grammi porto sempre con me l’intera “collezione” di libri che, se avessi comprato su carta, avrebbe probabilmente già fatto crollare dal peso la libreria di casa.
Il libro digitale dunque va a tutto vantaggio mio e perché no dell’ambiente: meno libri di carta, meno alberi tagliati. Del colore non mi interessa niente, leggo libri con qualche figura ma è il contenuto che mi interessa non la forma.
Sul mercato inoltre non vi è solo l’Iliad, vi sono altri lettori dai prezzi più abbordabili Cybook della Bookeen costa meno di 300 euro.
Per me sono stati 600 euro spesi bene, ne sono pienamente soddisfatto.
M.Solcia says:
Riguardo ad Iliad, io lo uso, da ormai due anni, per leggere documentazione e pubblicazioni tecniche nell’ambito IT. Se avete presente quei libroni di 500 e più pagine: io li compro in formato digitale (costano meno, anche se non si trovano tutti i titoli, ma la tendenza è in crescita) e li memorizzo su Iliad. In questo modo con un aggeggio che pesa 400 grammi porto sempre con me l’intera “collezione” di libri che, se avessi comprato su carta, avrebbe probabilmente già fatto crollare dal peso la libreria di casa.
Il libro digitale dunque va a tutto vantaggio mio e perché no dell’ambiente: meno libri di carta, meno alberi tagliati. Del colore non mi interessa niente, leggo libri con qualche figura ma è il contenuto che mi interessa non la forma.
Sul mercato inoltre non vi è solo l’Iliad, vi sono altri lettori dai prezzi più abbordabili Cybook della Bookeen costa meno di 300 euro.
Per me sono stati 600 euro spesi bene, ne sono pienamente soddisfatto.
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