Da anni, diciamo che l’intelligenza artificiale è – e sarà sempre più – uno degli elementi primari della produzione di immagini, la fotografia non sarà certo in disparte in questa rivoluzione. Non è un caso che Adobe, che è Adobe, ovvero l’azienda leader nel mondo del trattamento dell’immagine, sta da anni sviluppando tutti i suoi software attorno all’ecosistema di intelligenza artificiale chiamato Sensei (ne abbiamo parlato a lungo qui). Ovviamente, Adobe non è l’unica che opera in questo settore, anzi… il mondo è pieno di queste ricerche e l’impressione è che in questa competizione possano entrare in gioco molti altri attori, anche “piccoli” e “sconosciuti” che potranno guadagnare molti spazi finora storicamente occupati dalle aziende più famose e conosciute.
Il problema, addirittura pericolo, è quello che l’intelligenza artificiale possa creare scompensi nei professionisti, quelli che finora gestiscono la loro attività basandosi su competenze, anche profonde, maturate in anni e anni di esperienza e di studio: penso alla specializzazione che molti considerano elemento centrale non solo per ottenere ottimi risultati (risultati “professionali”) ma anche di marketing (farsi ben pagare per questi prodotti di qualità). Questi “scompensi” sono legati a due aspetti:
1) L’intelligenza artificiale legata all’immagine, e che si sviluppa sia nella fase di ripresa che in quella della post produzione, può applicare trattamenti, intervenire in correzioni, ottimizzare la resa di ogni singolo elemento usando una analisi di dati, intervenendo catturando moltissimi elementi (per esempio le fotocamere multiple degli smartphone, scatti multipli, eccetera) raggiungendo risultati di incredibile qualità in modo “automatico”. Di colpo (o meglio, progressivamente e sempre di più) quello che solo gli esperti riuscivano ad ottenere entra in una sfera di utenti sempre più allargata, che per di più riesce a raggiungerli senza “menate”… semplicemente facendo “click”, oppure con dei semplici filtri/app/interventi automatizzabili (tipo: fai bella la pelle…).
2) Quando l’intelligenza artificiale arriva a livelli molto più potenti e richiede interventi più selettivi e dettagliati, si aprono per il creativo e il professionista molteplici (infinite) opzioni di ottimizzazione e perfezione, e quindi si offre la possibilità di gestire non decine ma milioni/miliardi di opzioni dove la cultura, l’esperienza, la sensibilità del professionista diventa centrale. A questo punto, il problema è che i tempi per trattare così tante opzioni si dilata e ci si domanda (noi ci domandiamo) se il marketing di ciascun professionista permetterà di trovare la chiave per farsi pagare questo lungo lavoro, su ogni singola immagine o progetto.
In definitiva, per fare un quadro semplificato, l’intelligenza artificiale già ora (e si corre velocissimi in questa competizione) permette a tutti/molti di ottenere un risultato qualitativo senza sforzi e a costo quasi zero che era impensabile anche solo 5 anni fa, figuriamoci 10 o 15 anni fa). I committenti che richiedono prodotti di qualità media o medio alta non hanno e non avranno problemi ad ottenerla ad un prezzo molto basso, e la competizione professionale e specializzante si sposterà sempre più ad un livello estremamente alto, quello che non è raggiungibile da automatismi per la massa. Ad alto livello, però, esistono così tanti strumenti e opzioni da valutare e da dominare, che per selezionarli e sceglierli potrebbero essere necessari investimenti in tempo e di attrezzature che faranno innalzare il valore/costo del prodotto che si realizza, e chi lo pagherà? Ci saranno ovviamente i clienti disposti a pagare questo prezzo perché hanno bisogno di questa qualità estrema, ma saranno esigenti (tanto) e saranno pochi: come essere tra quelli che potranno essere inseriti in questo piccolo mondo di “eletti”?
Abbiamo fatto queste considerazioni vedendo all’opera un nuovo tool di post produzione, un’estensione di Photoshop che propone un pannello chiamato Infinite Texture che permette di trattare le immagine usando una tecnologia di Intelligenza artificiale denominata AI.MATCH. Questo pannello permette l’accesso a tantissime texture/effetti che possono (devono) essere miscelati con cura, con attenzione, con sensibilità sulle immagini. Ci fa sorridere e probabilmente farà sorridere molti che non sono giovanissimi, perché ritornano alla memoria i “mitici” filtri Cokin, quelli delle stelline sui punti di luce che tanto successo hanno avuto negli anni ‘70 e che ancora oggi, incredibilmente, si vendono. Beh, non è così: certo che queste texture possono essere applicate in modo banale, appiccicandole sopra le immagini esattamente come si faceva anteponendo all’obiettivo della fotocamera un filtro Cokin, ma così si otterrebbe solo un effetto preconfezionato, a pari livello (o peggio) dei filtri per Instagram. Qui, il progetto è complesso ed evoluto, e la tavolozza delle opzioni è infinita (come da nome) ma poi sono “infinite opzioni” da moltiplicare al quadrato, alla millesima potenza e ciascuno può miscelarle, fondendo con varie intensità e fusioni.
La creazione di immagini con una simile tavolozza esce forse dal modo di pensare alla fotografia, quasi si entra in una realtà “virtuale”, e quindi potrebbe esserci un effetto di contrasto e di negatività nella mente di molti fotografi. Al tempo stesso, ancora una volta, è l’intelligenza raffinata (non “artificiale”) che permetterà di vedere e scegliere tra le infinite opzioni possibili, e il linguaggio che si potrà scegliere. Miliardi di sfumature richiedono grande cultura, chi dice di “no” a prescindere semplicemente sceglie di parlare una sola lingua, ed è un segno di chiusura assoluta.
Una volta, si parlava di scegliere il diaframma per “gestire la profondità di campo” o il tempo per “congelare” o per “rendere mosso” un soggetto, gli automatismi servivano per mettere a fuoco o per evitare di avere una fotografia scura o chiara. Oggi tutte queste variabili sono così semplici da gestire (se avete provato le opzioni ritratto degli smartphone, sono pazzesche… pur imprecise, pur “giochi” ancora, ma pazzeschi, incredibili), ma l’intelligenza artificiale ci apre un mondo che è così grande che ci (ri)chiede di essere “grandi”, e per esserlo non basta una vita, serve ricerca culturale (più che tecnica… se no sarebbe facile) e di sensibilità per capire cosa davvero oggi si può e si deve fare per rendere unici ed eccezionali i nostri prodotti visuali.
Qualcuno dirà – già li sentiamo – che la fotografia è altro, ma non siamo d’accordo: la fotografia era ed è ancora quella di cento anni fa, di 30 anni fa, di dieci anni fa, di due anni fa… ma non è solo “passato e tradizione” e chi si rifugia dietro frasi che cercano di mitizzare il passato che è sfuggito, o che contesta l’innovazione che considera irrispettosa della tradizione vorremmo ricordare che l’innovazione è parte del nostro esseri umani, che se non fossimo mossi e motivati dalla ricerca di evolverci, saremmo ancora all’età della pietra e che le cose “del passato” sono ben raramente “migliori” di quelle presenti, anche se di sicuro le innovazioni ci portano a perdere preziose sfumature o addirittura veri e propri macigni… e ci può fare male, specialmente se non abbiamo capacità di adattamento. Una brutta notizia, per chi vorrebbe tornare indietro: non si torna indietro. Proprio leggendo ieri un libro (consigliatissimo), l’autobiografia di Edward Snowden (la “spia” che ha denunciato l’abuso di tecniche di sorveglianza negli USA), ho trovato questa frase, che vi lasciamo come pensiero non solo per chiudere questo articolo, ma per riflettere sul futuro.
[…] la lezione più importante della mia vita me la diede Super Mario Bros. Dico davvero, vorrei che mi prendeste sul serio. La versione 1.0 di Super Mario Bros. è forse il miglior videogioco a scorrimento orizzontale di tutti i tempi. Quando comincia, Mario si trova nell’estremità sinistra del leggendario schermo iniziale, e può andare in una sola direzione: può muoversi soltanto verso destra, il lato da cui scorrono scenari e nemici sempre nuovi. Mario deve attraversare otto mondi composti da quattro livelli ciascuno, tutti governati da limiti temporali, fino a raggiungere l’antagonista, Bowser, e liberare la principessa Toadstool. Nel percorrere questi trentadue livelli, Mario avanza di fronte a quello che nel gergo dei videogiochi viene definito un «muro invisibile», che non gli permette di tornare indietro. Non si può retrocedere, si può solo andare avanti, e così è per tutti, per Mario, Luigi, me e voi. La vita scorre in un’unica direzione, la direzione del tempo, e per quanto lontano riusciamo ad andare, quel muro invisibile sarà sempre dietro di noi, a separarci dal passato e a spingerci verso l’ignoto.
Come Super Mario, si va avanti, ma la principessa amata (metaforicamente, il successo della vita) si potrà conquistare guardando con grande impegno al lato destro della timeline, guardando avanti e preparandosi per tempo ad affrontare gli ostacoli. In alternativa, poco, a parte un Game Over.