Ho amato dal primo giorno, Kate Bush. Dal suo primo disco, Wuthering Heights (dedicato alla storia di Cime Tempestose), in quel lontano 1978. E’ stato il primo disco che ho comprato con i miei spiccioli delle mancette settimanali. La sua meravigliosa voce che ha poi ispirato mille altre (ma nessuna come lei), le sue melodie che solo molto tempo dopo ho scoperto così legate alla sua terra: l’Irlanda (all’epoca, ero un bimbetto, non capivo nulla di musica, e ancor meno di geografia… col tempo qualcosa ho imparato, specialmente ad amare la musica irlandese).
La ragazza dai capelli lunghi, dagli occhi profondi, dalla voce magica, ha seguito una strada sempre più fuori dagli schemi del business della musica, concedendo poche apparizioni e creando musica sempre più raffinata. Dopo i grandi successi (Wuthering Heights, appunto, Babooshka, Running Up That Hill, Don’t Give Up** – duetto fantastico con Peter Gabriel – ed altri super successi), Kate ha seguito un percorso artistico più tortuoso, ed è stata seguita da chi l’ha amata e da chi l’ha capita. E poi anni di silenzio, un’assenza che è durata per più di dieci anni. Ma poi è tornata: più matura, più distaccata, più lontana dal rumore di fondo, con un album, Aerial, (un “doppio” come si diceva una volta) e poi altri due dischi fino all’ultimo, uscito nel 2011: 50 Words for Snow. Ma la novità di poco fa è che Kate torna, dopo tantissimi anni, dal vivo, a Londra per una serie di concerti, tra la fine di agosto e settembre. Sarebbe una meraviglia riuscire ad esserci (ma sarà impossibile) : è uno dei pochissimi miei idoli che non ho mai visto dal vivo.
Perché vi parliamo di tutto questo? Perché abbiamo letto un comunicato che è stato pubblicato dalla stessa Kate sul suo sito e rivolto alle persone che parteciparanno allo show, dove chiede di non dedicare il loro tempo, durante il concerto, allo scattare foto o a fare video con “… gli iphones, glipads o le fotocamere”. Sembrerebbe una richiesta di una signora di mezza età, che forse vuole essere ricordata per la sua giovane e integra bellezza di quando ha iniziato la sua carriera, ma c’è invece qualcosa di molto diverso: un pensiero profondo, come è profondo tutto quello che fa questa artista. Sostanzialmente, il messaggio chiede (pur ammettendo di “stare chiedendo tantissimo”), di partecipare per vivere un’esperienza intensa insieme, creando un collegamento non filtrato; il consiglio è quello di esserci per vivere e non per “documentare”.
Quante volte, ormai, viviamo esperienze dimenticandoci di viverle, perché siamo troppo occupati a scattare foto, a condividere, a “fare sharing”. Esserci per raccontare, possibilmente in tempo reale. Questa abitudine, maldestra, ci toglie intensità a qualsiasi cosa, crea una barriera tra noi e quello che abbiamo attorno. Ci trasforma tutti in cronisti invece che in protagonisti degli eventi della vita. Per cosa? Per il gusto di un Like? Per un commento o un retweet? Per fare bella figura con gli amici?
Trovo che il messaggio di Kate Bush debba essere non solo seguito, ma compreso: l’atmosfera intima dell’Hammersmith Apollo Theatre di Londra potrà regalare ai fortunati partecipanti un’atmosfera e un senso di profonda condivisione di un momento così storico, così intenso, così magico che non può (non dovrebbe) essere filtrato dallo schermo di uno smartphone. Dobbiamo ricordarci di vivere, ogni tanto. Grazie, Kate, per avercelo ricordato.
roberto says:
Ore 4.50 di domenica mattina 10 agosto.
Concerto per piano solo sul molo Audace di Trieste.
Nel buio più totale inizia una suite che ininterrottamente per un’ora accompagna il sorgere del sole dietro la città.
Una poesia infinita e un’emozione grande da conservare nel proprio cuore…
insieme alle centinaia di click, di flash, di schermi illuminati.
Meno cronisti e più protagonisti, come dici tu? aggiungerei più spettatori affascinati e inebriati da tanta bellezza.
I veri protagonisti erano altri.
http://triestelovesjazz.com/2014/?p=643#more-643
Giuseppe says:
beh questa è una piccola “battaglia” che da qualche anno sta facendo anche Prince
ad ogni show dell’anno scorso tutti sold out e quasi tutti annunciati appena una settimana prima (a volte anche meno)
vi era un avviso chiaro “chiunque sarà sorpreso a scattare foto durante lo show sarà accompagnato fuori la sala dalla sicurezza”
forse un po esagerato vero…pero credo abbia un senso importante
alla fine dei concerti Prince ringraziando il pubblico diceva “grazie per aver tenuto i vostri telefoni in tasca e avermi dato la possibilità di guardarvi in faccia ”
io credo che gli artisti almeno quelli “old school” al di la dell’età abbiano ancora bisogno di questi scambi “emozionali” con il pubblico :-)
G.
Francesco says:
Tornando coi piedi sulla terra dei comuni mortali questo è il concetto che spesso uso per spiegare il motivo per cui è preferibile chiamare un professionista anche per documentare il saggio scolastico, o lo spettacolino di Natale all’asilo… Condivido completamente! Chi assiste, anzi chi partecipa, ad uno spettacolo, qualunque esso sia, deve poterlo vivere a pieno e con tutti i sensi attivi, senza frapporre “filtri”, senza “intermediari.
Sandro Bedessi says:
Pienamente d’accordo e condivido e non perché questo “sarebbe” il mio lavoro ma perchè vedo effettivamente la gente narcotizzata dall’uso del telefono Ipad o altro e che usa in maniera indiscriminata,indisturbata e senza chiederesene il perchè scatti una foto o un video fino a farne un uso spasmodico di immagini (vedi Instagram) che rappresentano il niente e perdendo di vista veramente le cose che meritano di essere rappresentate. E poi davvero o si partecipa a un concerto o a quello che è oppure si fa il cronista…e a mio modo di vedere..nessuno sa fare il cronista(perché tutti lo vogliono fare) e nessuno si gode più niente perchè intento a tenere in mano quel ..di telefono e peggio ancora l’ipad che copre la visuale a chi ti sta accanto….speriamo veramente di poter dire KB docet. Un saluto a tutti
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