Nella società civile e contemporanea, sono necessarie alcune attenzioni:
1) Controllare ed evitare gli sprechi
2) Fare la raccolta differenziata e gettare (o, quando possibile, riciclare) quello che non serve
3) Evitare gli eccessi nell’alimentazione, che provocano malattie che pesano non solo sul singolo, ma anche sulla comunità, come piaga sociale.
Questo lo sappiamo, e magari molti sono anche bravi e rigorosi. Peccato che non lo sono quando si tratta di pixel. Siamo ancora nell’era dell’abbondanza, degli eccessi; per paura di non essere abbastanza professionisti lavoriamo con files sempre più grondanti di inutili pixel. Poi, magari, a parole facciamo “quelli che i pixel…”, ma poi non è vero, poi sogniamo un dorso da 100 milioni di pixel, poi salviamo i files come se ogni pixel fosse figlio nostro, soffriamo se in un crop siamo obbligati a buttare nel cestino migliaia (m-i-g-l-i-a-i-a!) di pixel.
E’ arrivato il momento di essere determinati, andare giù con l’accetta nei confronti di atteggiamenti che sono stati elementi solidi di molti e che è difficile buttare alle ortiche. Lo faremo ora, perché vi vogliamo bene, e non possiamo pensare di vedervi ancora incagliati in paludi di pixel (e non parliamo solo di quantità, parliamo anche di una serie di vizi di forma che dobbiamo davvero superare). Seguite la ricetta… che sappiamo sarà troppo piccante per molti, e sgradevole per tanti altri (già attendo i commenti e le esplosioni di rabbia, ma li tratteremo come le crisi per la disintossicazione). Se serve, faremo delle sessioni degli Anonimi Pixelisti. Con tanto di dichiarazioni del tipo:
“Ciao, sono Luca e da 100 giorni butto via tutti i pixel inutili”
E giù applausi! “Bravo Luca, complimenti! Continua così”
Ecco i concetti che vogliamo trasmettervi, per aiutarvi in questo processo di depixelizzazione:
1) Tanti pixel servono per stampare con qualità
Allo stato attuale, questa affermazione è sbagliata da diversi punti di vista. L’innovazione ci porta a schermi sempre a maggiore risoluzione (gli smartphone hanno raggiunto i 400 ppi, i tablet 264 ppi, i computer con Retina Display superano i 200 ppi), ed è solo l’inizio. Già abbiamo più esigenze per avere un’eccellente qualità a monitor (che rappresenta, secondo i sondaggi, circa il 90% della totalità della comunicazione che fruiamo), rispetto alla stampa. E comunque, non ci servono – sia per la carta che per il monitor – pixel possibili, ma solo l’esatto numero di pixel che servono. Nel caso del monitor con maggiore risoluzione al mondo (esclusi usi specialistici non interessanti in un uso “normale”), si parla di 5 milioni di pixel (non 50, non 100).
2) Per stampare bene, bisogna lavorare almeno a 300 dpi
Assolutamente falso. I sistemi di stampa sulle riviste di qualità lavorano di solito a 254 dpi, o anche a meno. Nell’uso più comune per i fotografi, la stampa inkjet – grazie alla tecnologia del punto stocastico (non è una parolaccia, è per definire un punto con un orientamento variabile, in gergo potremmo dire “spettinato”, che però, proprio perché irregolare permette di far percepire una qualità e una nitidezza maggiore alle immagini) – richiede una quantità di dati inferiore. Fate delle prove, ma delle prove “intelligenti”, non guardate da mezzo centimetro di distanza (non serve a nulla, se non ad accecarvi), ma alla corretta distanza di visione, che è dai 50 cm per una stampa piccola (diciamo attorno a un 13×18 o 20×25 cm) ai 100 cm per una stampa di maggiori dimensioni: se volete essere scientifici la distanza di visione corretta è 1,5 la diagonale della stampa), vi accorgerete che non sarà facile scorgere differenze evidenti tra 150, 180, 200 e 300 dpi). Pixel in più non aumentano la qualità, semplicmente aumentano il tempo di stampa.
3) Al mio cliente voglio dare la massima qualità
La massima qualità sarà la migliore espressività fotografica che siete in grado di dare (dedicate più tempo al vedere e studiare immagini, invece che perdere la vista cercando i pixel), nell’efficienza del servizio, nel modo in cui lo confezionerete, nella creatività. Non nel numero di pixel che vanno oltre il necessario. Attenzione, non diciamo di fare stampe pixelate o di bassa qualità, anzi! Diciamo che dobbiamo dare il migliore risultato, senza aggiungere qualcosa che di fatto non serve e fa solo perdere tempo. Un paio di anni fa hanno mostrato delle foto stampate di bambini a 100 persone, tutte simili a parte un leggero cambiamento nella posizione del bambino. I commenti sono stati concentrati su tutto (la faccia , il sorriso, il vestitino…), meno che sui pixel. Peccato che le stampe erano state prodotte a risoluzione diversa: una a 300, una a 200 e una a 100 pixel per pollice, ma nessuno l’ha capito, perché erano di qualità sufficiente tutte, e le persone quando guardano le foto di un bambino guardano il bambino, non i pixel. Mettiamoci in testa che quello che importa è la qualità percepita, non quella che pensiamo sia qualità, ma è solo un approccio sbagliato alla tematica, analizzata col microscopio e non con gli occhi della concretezza. Conosco persone appassionate di stereo che dicono di riconoscere la differenza tra un sistema esoterico e uno che è solo molto buono, ma poi ci ascoltano Cristina D’Avena (con tutto il rispetto e simpatia per la fanciulla, non riesco a compararla dal punto di vista musicale a Bach e nemmeno a Bjork). Sapere esattamente (e non per sentito dire, o per approccio) quale è la risoluzione minima che vi consente di ottenere un eccellente risultato fa parte della vostra esperienza professionale, inutile dire… tutti i pixel del mondo.
4) I files si stampano in Tiff (e ovviamente si spediscono… e maledette le connessioni!)
Mi dispiace, so di ferirvi, ma in tutto il mondo – ad esclusione degli ambienti che vogliono fare esoterismo fotografico – si stampa dal Jpg. Non ho detto che bisogna scattare in JPG perché la ripresa è un momento che richiede di acquisire tutte le informazioni possibili, da gestire, interpretare e elaborare nel modo migliore possibile; ho detto che si stampano, e aggiungo: si fruiscono, perché ormai la stampa è solo una piccola porzione della fruizione di immagini, anche e soprattutto di qualità.
I Jpg vanno trattati bene, ovviamente, alla migliore qualità possibile, ma se lo si fa, il risultato è analogo alla stampa di un tiff. Storcete il naso, ma se lo fate vuol dire che non avete fatto mai una prova (perfetto Jpg contro perfetto Tiff, entrambi derivati da un corretto trattamento di un Raw e di un processo ben gestito… non certo salvare sopra il jpg ad ogni piccolo intervento… il Jpg è un formato di salvataggio finale, non intermedio!). E se qualcuno alza la testa dicendo… IO ho provato vuol dire che ha fatto un’osservazione della stampa ad una distanza sbagliata, a 3 cm… e, anche in questo caso, vorrei vedere.
5) Gli scatti meno che perfetti si buttano via!
In un servizio, come quello di un matrimonio, almeno il 50% delle immagini non le userete mai. Perché sono versioni di uno scatto migliore, perché sono sbagliate, perché la sposa è brutta (o più brutta). Cosa ve ne fate, e specialmente perché vi tenete i Raw addirittura? Buttate via, fate spazio, fate passare aria! E, specialmente, quando fate click pensate e non azionate il pulsante di scatto solo perché non costa nulla. A parte i settori che lo richiedono sul serio, disabilitate lo scatto continuo: forse credete che sia un segno di maggiore professionalità, ma non lo è, lo è molto meno che aspettare esattamente il momento perfetto, che di solito sta in mezzo tra due scatti fatti partire anche con il motore più potente. Se non siete ancora pronti a privarvi dei vostri “pixel-figli”, fate la raccolta differenziata:
- Sacco nero per le immagini da buttare via
- Sacco giallo per le immagini che dovreste buttare via, ma non siete ancora pronti
- Sacco rosso per quelle che vanno bene, ma che non volete consegnare
- Sacco verde per quelle perfette, sulle quali ci mangiate e fate felici i vostri clienti. Massima risoluzione, psd a livelli, eccetera. Non inTiff, che non serve a nulla: non serve per la lavorazione (PSD forever!) e nemmeno per la distribuzione (JPG alla migliore qualità).
- Sacco bianco per le immagini perfette (quelle verdi) già trattate, ridimensionate ad una dimensione decente per un utilizzo più o meno universale e salvate in un ottimo JPG.
Ovviamente, per sacchi intendiamo delle cartelle che via via separerete e gestirete con metodologie di archivio e backup diversi (quelle del “sacco bianco” sono quelle da avere salvate anche online sul cloud, in modo da poterle recuperare quando lo volete, perché sono quelle che vi possono chiededere da un secondo all’altro e sono – specialmente – gli unici pixel che qualcuno vi ha pagato e potrebbe ripagarvi.
Ogni tanto, date un’occhiata alle immagini degli altri “sacchi”, probabilmente la disintossicazione vi porterà ad accettare con maggiore semplicità a buttare via quasi tutto del sacco nero, di quello giallo e… anche di quello rosso.
E ora… scatenate l’inferno, se volete. Sappiate che questa dieta vi permetterà di essere più efficienti, di produrre più velocemente, di archiviare con maggiore sensatezza e rispamio di spazio, vi richiederà minori investimenti in computer, fotocamere, schede, sistemi di backup. E – ed è qui la magia – senza la minima perdita di qualità.
Se tutti seguissero questa dieta, i produttori di fotocamere dovrebbero fare marcia indietro, proponendo fotocamere e dorsi di minore risoluzione, ma a prezzi più bassi, oppure con qualità percepibile più alta. Se nessuno seguirà questa dieta, volendo rimanere ad un approccio analogico ai pixel (più sono e meglio è, più pesa il file e migliore è), non si andrà avanti, ma solo indietro.
mario says:
oh, l’hai detto e o hai fatto :-) ( l’articolo )
dopo anni di “aumentare tutto” la decrescita felice :-)
accettando ormai di passare per vetero argentico :-)
io personalmente continuo a scattare in digitale esattamentente come continuo a scattare
in argentico ( che “analogico” mi fa i brividi). trovo che sia una ottima profilassi.
sempre valido il 3 su 12 ( uso solo medio formato) seleziono 3 frame su 12 e al massimo 5 rulli.
Se non stai facendo un catalogo ( e a te fotografo non te ne fanno fare più da anni) 60 scatti ( se sai cosa e perchè) foto sono sufficienti a fare un ottimo servizio. Quando opero in digitale scatto un 20% in più al massimo. tutti i problemi di archiviazione, selezione ecc così sono ridotti al minimo in partenza.
Per la conservazione non mi esprimo, attendo di vedere i mie files tra 30 anni così come osservo ancora oggi le mie pellicole. le ho passate allo scanner “una” sola volta e ora ho la pellicola immacolata in posto sicuro e decine di copie DVD da maltrattare o giocare a frisbee.
ps una volta o l’altra bisognerà che qualcuno spieghi bene la storia dei 300DPI della stampa, la stampa offset ( dove finisce il 90% delle stampe), i retini..e gli angoli dei retini così da comprendere che non è 300 il numero risultante.
Silverdog says:
“Conosco persone appassionate di stereo che dicono di riconoscere la differenza tra un sistema esoterico e uno che è solo molto buono, ma poi ci ascoltano Cristina D’Avena”
Ma che gente conosci ? :-)))
valerio ferrario says:
Grandissimo Luca! E’ esattamente ciò che faccio già da tempo. Lo consiglio a tutti. Tra l’altro quando tirerete l’acqua del cestino e vedrete i Giga che si liberano su computer e hard disk e clouds vi sentirete magicamente più leggeri!
ctonia says:
Condivido tutto, caro Muccioli da San Patrignano :)
Sarà dura, ma bisogna disintossicarsi.
c
Francesco Mangiaracina says:
assolutamente vero!
il vero lavoro grosso per il futuro sarà quello di “educare” il cliente finale e più diffusamente il “popolo” ad un acculturamento digitale corretto nell’uso e nella fruizione di quello che si desidera.
mario says:
mah, se tutti fanno così…dove sta allora il problema?
:-)
ps li vedo solo io i colleghi alle cerimonie, con doppio corpo e flash cobra, in stile fotogiornalismo d’assalto che scattano senza togliere l’occhio dal mirino dal
mattino fino al taglio della torta?
Giandonato Dirodi says:
Luca,
ti seguo sempre con costanza e molta attenzione. Nei tuoi articoli c’è sempre uno spunto per ragionare e prendere spunto per migliorarsi/ci. Finora mi sono sempre trovato bene.
Con questo tuo ultimo articolo, mi trovi d’accordo in tutti i punti. Dall’abbondanza di pixel allo spreco di spazio sulle nostre povere unità di backup e passando per la stampa. Io già seguo questo processo da tempo e mi trovo molto bene. Anzi benissimo. Tempo fà un operatore video, durante un servizio fotografico, mi pone la domanda: “Ma scatti poco, non hai paura di avere poche foto?” Io gli ho risposto semplicemente che, essendo “figlio” della pellicola (quindi, ogni foto scattata era una foto buona), sapevo quali erano le foto che veramente servono e quelle che metterò sull’album. Questo è rimasto atterrito per le mie parole e mi ha guardato come se fossi un pazzo. Ho già sul mio Mac le cartelle di cui parli (ovviamente non sono a colori ma gli ho dato un nome univoco) e lo consiglio a tutti. Dobbiamo disintossicarci da tutti questi pixel. Forza Jumper, siete i migliori!!!
Leonardo says:
Pienamente d’accordo, ho 2 Canon 1ds mkIII e penso che i 21 mpx siano anche troppi soprattutto in un sensore piccolo come quello delle reflex
Flavio massari says:
se non fosse che il mio dorso imacon flexframe da 6 megapixel, è ormai troppo lento nello scatto e visualizzazione e conversione del file, scatterei ancora con quello
Guido Bartoli says:
Grande Luca !!!!!!
Come sempre comunichi in modo forte e deciso!
Nelle mie lezioni e corsi di formazione lo vo’ dicendo da anni.
Una multinazionale leader nel mercato della stampa inkjet, di cui ero consulente, usa ancora come demo di stampa degli scatti macro di fiori da me realizzati dieci(!) anni fa’ con una fotocamera da 5 megapix (pixel di allora, belli, puliti, delicati). E stampano 50×70!!!
Un ingegnere progettista di fotocamere di un’altra multinazionale mi disse in privato: con 5 megapixel si fa’ tutto quello che serve, purchè siano gestiti bene (certo non si fa’ crop!).
Ciò che rende bella un’immagine sono:
– bit/colore x il RAW [tanti, non bastano mai]
– firmware della fotocamera
– motore di sviluppo del RAW [specializzato, non generico ;-) ]
– driver/rip di stampa
Se poi avete “quelli dell’agenzia” che vogliono che scattate con la 80 megapix se no non vi danno il lavoro è un altro problema (commerciale, non tecnico).
Non per fare pubblicità ma è qui che è pubblicato:
http://www.nikonschool.it/experience/taga-stampa-tipografica.php
Il documento originale di cui si parla lo trovate su TAGA: http://www.taga.it
Meditate, gente, meditate!
mario says:
ahi ahi ahi Leonardo :-)
“penso che i 21 mpx siano anche troppi soprattutto in un sensore piccolo come quello delle reflex”
uhmm ha proprio il sapore delle tante discussioni amatoriali tipo apsc troppo denso, dimensione dei pixel, rumore da affollamento ecc ecc
credo che il punto su cui volesse soffermarsi la discussione fosse un altro.
Emiliano says:
Ciao Luca, ottimi suggerimenti i tuoi.
Sono d’accordo praticamente su tutto, salvo il punto 2 dove hai affrontato l’argomeno della stampa in maniera “generale”, usando però dei valori precisi (150, 200, 300, etc).
Avrei preferito leggere un suggerimento generale che facesse riferimento ad una regola molto chiara ed essenziale: la risoluzione di stampa è sempre relativa al dispositivo di stampa che andrete ad utilizzare, quindi informatevi con precisione su quale la risoluzione massima di stampa perché sarete consapevoli di come ottenere il miglior risultato possibile soddisfandolo.
Ad esempio inviare un’immagine 2000×3000 pixel su di una stampante che opera ad una risoluzione massima di stampa pari a 254dpi vi permette di sfruttare il potenziale massimo disponibile per stampare un 20×30. Oltre questa quantità di pixel si potrebbe considerare “spreco”, ma sotto si potrebbe considerare riduzione di qualità teorica, perché poi il “percepito” dell’occhio umano è un’altra questione.
Rimane però da evidenziare anche l’aspetto del soggetto che deve essere stampato. Se parliamo di testi o particolari molto dettagliati (sfumature, macro, etc) allora suggerisco di stampare al top, altrimenti si possono accettare tranquillamente compromessi che non saranno percepiti.
Complimenti per il lavoro di formazione che svolgi con tanta passione!
Emiliano
Luca Pianigiani says:
Grazie Emiliano,
in uno spazio così non è possibile approfondire la tematica tecnica, che comunque potremmo fare in altri ambiti (troppi anni a gestire pixel ci hanno dato una casistica enorme). Quello che volevamo era mettere il dito in una piaga che fa male a molti, e dare un orientamento. I casi specifici ovviamente diventano eccezioni e come tali presi in considerazione singolarmente. Quello che dici è corretto, e proprio grazie ai commenti è possibile parlare delle sfumature, ed è questo il valore della comunità di persone che ci seguono. Grazie quindi, i “puntini sulle iii” sono preziosi, specialmente quando non si può trattarli nel contesto generale.
sandro says:
Ho capito qual è il mio problema: dò per scontato che tutti usino la logica ed il buon senso, invece non è così.
A me non sarebbe mai venuto in mente di fare un articolo su questo argomento perchè lo avrei trovato superfluo, inutile – sono cose ovvie, echeccavolo! :-)
Invece no, ha ragione Luca, serve spiegare anche questo, sopravvaluto le persone (o sottovaluto me stesso, dipende dai punti di vista).
Luca siamo più o meno coetanei ma io forse nella vita non ho capito molto dei comportamenti umani, ti stimo.
Niente, era solo per dire, una sorta di sfogo, per migliorare l’autostima (forse :-), negli ultimi tempi sotto le scarpe. Continuo a seguirti con interesse.
Luckyj says:
da poco ho cominciato a cancellare gli scatti meno che perfetti..con fatica ma ce la sto facendo :-)
daniele says:
un vecchio adagio recitava:
La qualità del fotografo si può percepire guardando il suo cestino (se è vuoto = fotografo alle prime armi)
:-)
Alessio says:
Come per Sandro anche per me sembrava una cosa talmente ovvia che mi sembra quasi superfluo questo articolo. Ma è un argoemnto che serve, un po’ come imparare a pulire la propria camera.
Quello che mi suona strano è….. sono solo io che non disprezzo assolutamente i tanti mpx nelle fotocamere? :D Dopo aver avuto per le mani il risultato dato da una Phaseone da 81 mpx quasi ci stavo male…….. :(
mario says:
continuo a pensare che tanto ovvio e scontato il discorso non deve essere se:
le case continuano a sfornare macchine che brillano per…quantità di pixel a ritmi sostenuti.
la grande produzione si sposta sui media online, dispositivi mobile e tutto il web 2.0 e quindi a che pro file da decine di mega, 7000x5000px e corollario del precedente la stampa è praticamente solo quel poco di editoria che ancora campa.
ma cosa ancora più importante per me è che se tutti sono daccordo come mai non si riesce a convincere
il mercato che tutto questo è inutile? La figura del fotografo è talmente scomparsa da tutti i fronti del mercato che neanche più sul piano tecnico riesce a farsi sentire? Gelosia, invidia, ignoranza?
meditiamo gente meditiamo :-)
Matteo says:
D’accordo su tutto,
ma meno pixe anche in scatto !
L ‘ anno scorso è uscita la D800 ed io ho comprato un’ altra D700.
tiè !
alle bonicalzi says:
Ridimensionare, sì. Ce la posso fare…
Ma eliminare?
Ci provo…
Ecco, seleziono gli scatti meno che perfetti, li sposto con decisione nel… cestino… ora… em… svuoto… il… ahh… cesti…. arghhhhh… nooooooooooooooooooooooooooooooooooooo!
Non ce l’ho fatta.
Non ancora.
Non oggi.
Riproverò.
Infondo: domani è un altro giorno, no?
:-)
alle
giuseppe says:
non cestinate gli scatti !
pubblicateli su :
http://www.deletedimages.com/
diventeranno famose!!!
da vedere.
Luca Pianigiani says:
Ok, visto…. come facciamo poi a buttare via anche questo sito? ;-))))
DArt says:
È praticamente messo nero su bianco tutto quello che penso e che applico da tempo. Difficile immaginare (ma forse no vista la premessa dell’articolo) con quanti fotografi professionisti o meno sono stato ore a discutere cercando di convincerli di tutto quel che hai detto. Uno mi arrivò a dire che la stampa chimica è fatta a 400dpi e che tutte quelle che avevo ridimensionato a 300 per una data dimensione che avevo previsto in realtà perdevano di qualità. Roba da alzare le mani e lasciarli da soli con le loro convinzioni.
Anzi, una cosa mi suona nuova: i 254dpi della stampa fotografica. Questo spiega i 240dpi impostati di default sulle mie fotocamere!
Diffonderò il verbo, più convinto di prima, delle argomentazioni che già esponevo.
(e ciononostante, applicando tutto, dal tenere solo i RAW importanti, solo i PSD se modificati e rimuovendo ogni traccia di TIFF e salvando tutto il resto in JPEG, ho comunque finito lo spazio sul disco!)
Luca Pianigiani says:
Appena riesco spiego la storia dei 254 punti per pollici, che riguarda la stampa offset e non quella “fotografica”, e non c’entra nulla con i 240 dell’impostazione della macchina. Per quello che riguarda i 400 ppi della stampa su carta fotografica, era (è) una caratteristica delle macchine Durst Lambda che avevano (hanno) questo tipo di risoluzione, data dal sistema di scrittura laser e non dalla “stampa chimica”. Per lo spazio sul disco, questo purtroppo è una realtà che accomuna tutti, anche se lavoreremo tutti insieme per cercare di ridurre questo “dramma” ;-))
DArt says:
Allora grazie del chiarimento! Le Durst Lambda sono quelle normalmente usate nei laboratori? 400dpi mi sembrano un vezzo esagerato.
Luca Pianigiani says:
In realtà dipende dalla dimensione della stampa, e di conseguenza dalla distanza di visione. Essendo più morbida la resa su carta fotografica, per dimensioni non troppo ampie, i 400 ci stanno tutti. Bada bene che sono ppi (pixel per pollice) e non dpi :-)))
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