Il 4 luglio, il presidente di Nikon Makoto Kimura, in un’intervista concessa a Bloomberg, ha confermato quanto abbiamo scritto un paio di settimane fa, proprio su questa rubrica, che l’evoluzione della fotografia su smartphone sta cambiando in modo definitivo il mercato delle fotocamere (e, aggiungiamo noi, dell’intera fotografia). Da un lato, Kimura parla della crescita del prodotto smartphone (+46% rispetto all’anno precedente, per un totale di circa 750 milioni di pezzi, secondo IDC), dall’altro dell’esigenza da parte di un’azienda leader come Nikon di prodotti “non-fotocamere” che usciranno “nei prossimi 5 anni” (ma che tradotto nel “linguaggio” giapponese, questo non significa necessariamente “tra cinque anni”, perché anche “tra sei mesi”… rientra comunque nella correttezza della dichiarazione). La visione è assolutamente sensata e coerente, specialmente se si valuta che ci si aspetta, per l’anno fiscale corrente, una riduzione di circa il 12% del mercato delle fotocamere compatte, mentre le buone notizie dovrebbero arrivare dal mercato delle fotocamere a ottica intercambiabile, che dovrebbe segnare una crescita – in questo stesso periodo – pari al 9%.
E’ una dichiarazione importante, anche se la storia dimostra che non sempre le aziende leader, o anche solo quelle che sono ancorate storicamente ad un settore, sono poi quelle che riescono a governare e traghettare le rivoluzioni. Nel settore fotografico, è evidente che la rivoluzione della “mobile Photography” non è stata gestita dal settore fotografico, ma da quello della telefonia e dei computer; al tempo stesso, l’esperienza e la cultura, nonché la tecnologia, possono essere ancora protagoniste, e una visione legata all’innovazione e al coraggio manageriale può portare sorprese interessanti: quello che serve è, prima di tutto, lucidità nel prendere decisioni che maturano negli anni successivi, che solo dopo un paio di anni – e non tre mesi, come vorrebbero gli azionisti desiderosi di risultati veloci – daranno i primi frutti. Un esempio arriva da Fujifilm, l’altro giorno ero ad una conferenza stampa di presentazione del nuovo modello della serie X (La X-M1), andando al di là delle novità di questo modello, che allarga la potenzialità di penetrazione di un successo commerciale notevole in una fascia più allargata (che per Fujifilm è quella degli appassionati, e che noi consideriamo ancora più interessante in quella dei professionisti che vogliono una fotocamera leggera, ad ottiche intercambiabili di qualità, silenziose e dal costo abbordabile, considerando anche il momento difficile del nostro settore professionale), quello che mi ha impressionato è stata una dichiarazione del management in risposta al solito giornalista che guarda il mondo dal solito punto di vista superficiale dei giornalisti (sob…), che domandava (con una vena di “io so come gira il mondo“, sempre sulla bocca di quelli che “non sanno proprio come gira il mondo“) perché Fujifilm stesse “tralasciando” il settore delle Reflex. La risposta è stata nitida, chiara, senza dubbi; sostanzialmente ha risposto che due anni fa Fujifilm è arrivata ad un bivio: decidere se investire in un proprio sistema reflex di fotocamere e specialmente di ottiche (visto l’allontanamento da Nikon), oppure se puntare sul settore delle fotocamere mirrorless o comunque dalle caratteristiche pari alla famiglia X. Non torneranno indietro, è stata la dichiarazione… ed è una dichiarazione sensata, intelligente perché il settore delle reflex non ha senso se non in posizione dominante. La fotografia ha bisogno di nuove strade, e non di fare la lotta per lo stesso osso (metafora, quella dell’osso, da associare ovviamente e totalmente al settore di chi realizza fotografie).
Per assurdo, anche chi lavora nel settore degli smartphone – che oggi sembrano i veri protagonisti del settore della fotografia “per tutti” – rischiano di essere superati proprio a causa della loro sicurezza e del loro successo: come avevamo preannunciato, Nokia ha effettivamente presentato il suo nuovo Lumia 1020, sostanzialmente una fotocamera che telefona, dotata dell’impressionante sensore PureView da 41 milioni di pixel: è un prodotto vero e si mostra con le armi affilatissime per un settore come quello degli appassionati della fotografia “mobile”. A cosa servono 41 milioni di pixel? Lo sappiamo bene, a nulla, se non per chi ora riempirà i forum tecnici, dove si discuterà di pixel basandosi su fotografie bruttissime e senza senso. I 750 milioni di nuovi utenti di smartphone già considerano (e hanno ragione) che la qualità delle fotocamere dei modelli attuali sono più che eccezionali per fare fotografie perfette, anche considerando il fatto che il mezzo di distribuzione avviene per via digitale (e non stampata), su piccoli monitor che sono ottimizzati per vedere “bene” le immagini scattate dagli stessi device. E’ arrivato il grande momento, per l’industria fotografica, di inventare “di nuovo” la fotografia, lasciando i discorsi tecnici che si sostituiranno a quelli della cultura dell’immagine. Gli smartphone rischiano – in ambito fotografico – di soccombere diventando “uncool”, ma serve un’idea davvero nuova per poterli detronizzare e relegare ad una nicchia di utenti brufolosi, tecnogeek e poco creativi. Sarà una scommessa che si potrà vincere? Qualche idea che potrebbe essere di stimolo:
1) Il fenomeno Lomo ha festeggiato i 20 anni, ed è ancora un grande successo (ovvio, di nicchia, ma non è stato un fuoco di paglia). Le persone vogliono comunicare sempre più delle “storie” con la fotografia, e non solo documentare, e gli strumenti che trasmettono emotività e non solo “fatti” agevolano questa esigenza. Una delle tendenze che rafforzano questo approccio è Instagram, che con il suo mood “Vintage” viene incontro a questa esigenza “narrativa”. La fotografia deve andare verso questa capacità narrativa, e non verso la pura tecnologia, specialmente quando questa si dimostra solo una componente fine a sè stessa, una capacità di mostrare muscoli che si “spompano” dopo qualche istante, alla luce dei fatti
2) Tecnologia da indossare: E’ curioso che circa 15 anni fa avevamo sognato e previsto una fotocamera da indossare come degli occhiali… Avevamo fatto un disegno, pubblicato un articolo e, dopo tutto questo tempo, vedere come l’idea si è sviluppata (Avevamo, a dire il vero, anche “Inventato” una stampante 3D che usava in pongo come “cartuccia”… anche questo (non certo col pongo) diventato un fenomeno di questo periodo erano le tante idee di futuro che avevamo sviluppato sulla nostra rivista cartacea “Jump”, nata nel 1994 e che è stata la nascita di tutto il fenomeno di Jumper). Rimanendo agli occhiali, è un grande successo (almeno di discussione online) il Google Glass, che tra le altre cose, fa anche fotografie e video, una fotocamera che si indossa e che si aziona a comando vocale. Se volete un esempio di come funziona, e specialmente del tipo di riprese che si possono realizzare, date un’occhiata qui, e se volete, potete fare richiesta di essere informati quando sarà disponibile per l’acquisto (per voi, i primi che lo desideravano sono già stati soddisfatti, anche se l’hanno pagato profumatamente), ma questo non è che il primo dei tanti sistemi di tecnologia “indossabile”. Si potrebbe ipotizzare che nascano delle “vere” fotocamere e videocamere indossabili? Potrebbe essere questa la strada per un prodotto che probabilmente non ha senso che si aggiunga nelle nostre tasche, borse, borselli, zaini, ma che sia qualcosa che abbiamo “addosso”, che non occupi spazio e che ci permetta di fotografare solo muovendo gli occhi o, appunto, con un comando vocale. Si vocifera anche dell’iWatch, quello che dovrebbe o potrebbe essere il futuro della tecnologia di Apple, anche se la posizione di un orologio non agevola la ripresa e l’inquadratura. Siamo sicuri comunque che la logica “indossabile” potrebbe avere un grande futuro e una grande potenzialità per il mondo della fotografia (e , problematiche di privacy a parte, una grande potenzialità anche per realizzare immagini di fotogiornalismo).
3) Fotografare con le dita. Questa è una novità che ci ha affascinato, anche se al momento si tratta solo di un concept: si chiama AirClicker ed è realizzata dal designer Yeon Su Kim. E’ una “fotocamera” da dita, che in realtà usa la gestualità delle dita che simulano la posizione su una fotocamera per inquadrare e scattare… ma la fotocamera non c’è, l’immagine viene catturata e inviata direttamente via Bluetooth ad un device come uno smartphone, che provvederà a salvarla (non serve quindi una memory card, un sistema di archiviazione, eccetera) e successivamente ad inviarla o a trasferirla dove vogliamo. E’ un’idea bellissima, che gioca e provoca con l’approccio fotografico tradizionale, ma che elimina il “mezzo”. Se volete, potete approfondire qui.
Insomma, c’è molto da inventare in questo mondo della fotografia. Ci auguriamo che ci possa essere spazio per le aziende che ne hanno fatto la storia, per nuovi protagonisti, per nuove filosofie. Quello che poi importa è che chi di professione di occupa di fotografia, abbia la capacità di vedere questa innovazione, comprenderla, anticiparla. E trarne vantaggio per creare stupore ed emozione.
Ale says:
Diciamo che sono ot ma ogni volta che leggo di google glass e fotocamere da indossare non riesco a non pensare al film “La morte in diretta”.
Buona domenica Luca
Roberto Cecato says:
Caro Luca,
Sicuramente vivíamo un momento di grandi trasformazione e mi sembra di vedere nelle infinite possibilità una isteria tecnologica e la grande banalizzazione dell’immagine come contenuto.
Forse l’Instagram rappresenti meglio il nostro momento, un processo naturale di comunicazione visto le centinaia di milioni di smartphone.
In riguardo alla Lomo, ho un amici che la vende in un negozio e smetterà di farlo: la gente acquista una fotocamera e tre rullini di film, che dopo sviluppati diventano pura frustrazione per l’utente è rotture di palle per lui . Se uno vuole registrare immagini senza conoscere nulla di fotografia, meglio lo smartphone.
Saluti,
Roberto
giuseppe says:
Per i cinefili la lista si allunga, Brainstorm-generazione elettronica, e poi il recente Strange Days con apparecchi che codificavano i segnali neuronali sensazioni e visione oculare (con un fish-eye per fotocamere sub!) e altri in ripresa soggettiva, a questo punto diventa una visione molto intima e legata al tipo di lente utilizzata con i relativi pro e contro della scena ripresa.
Secondo recenti scoperte italiane sulla sensorialità dei vegetali, vedremo tante nuove applicazioni che utilizzeranno le caratteristiche delle piante per la percezione di ciò che ci circonda attraverso nuovi sensori che tradurranno in suoni e luci. Questa sarebbe una vera evoluzione dell’immagine.
Secondo me per un uso completo dovrebbero dotare i G-Glass di due pulsanti: scatta-foto e/o inizio/fine-video, molte situazioni lo richiederebbero (ambienti silenziosi come chiesa/notte… o troppo rumorosi, concerto/città…)
la mia opinione è che non avranno successo, funzionano già benissimo le camere portatili da casco o da indossare con una ottima qualità di immagine…
mario says:
dalla fine: “per nuovi protagonisti” penso sia il punto, per una generazione nuova. generazione in senso stretto e riferita alla categoria perchè quando si dice “la capacità di vedere questa innovazione, comprenderla, anticiparla” in realtà si dicono momenti differenti. io ho visto l’innovazione ma non so comprenderla e non so anticiparla. ho visto l’innovazione, l’ho compresa ma non so anticiparla…
ecco perchè “nuovi protagonisti”. è la differenza che passa tra chi fa prima “la traduzione mentalmente” e poi parla in una lingua non sua e un madrelingua che pensa direttamente nella lingua. Gli altri? tireremo avanti al meglio possibile attendendo il ( naturale) ricambio e il dissolvimento nell’oblio del tempo.
un crepuscolare mario :-)
mario says:
oh ma allora ce l’hai con me :-)
sempre i miei post spariscono :-)
Maurizio says:
è interessante leggere quante e quali strade si apriranno nel futuro della fotografia, anche se dal mio punto di vista, l’esigenza del cambiamento è puramente commerciale, perchè il divario tra il mezzo fotografico e il linguaggio fotografico, ad oggi, è enorme.
Sicuramente, ad oggi, la necessità di un cambiamento “fotografico” è fortemente culturale anzichè uno tecnologico.
Se facciamo un paragone con la scrittura, sarebbe un po’ come domandarsi quali saranno le prossime frontire dei tablet, da usare per far scrivere poesie a persone che a stento sanno scrivere il proprio nome.
Come per la scrittura, anche per la fotografia saranno necessari anni di “allenamento” per poter sfruttare le potenzialità che la tecnologia offre..
D’altronde chi oggi ha un linguaggio fotografico e qualcosa da dire, non deve attendere nessuna nuova frontiera per realizzare dei lavori eccellenti (http://www.macitynet.it/michael-christopher-brown-fotografo-iphone-magnum/).
Comments are closed.