Forse sono stupido, anzi: lo sono, lo so. Ma non seguo e non cerco mai la strada più facile, e quando me ne trovo davanti una mi insospettisco, più sembra facile e più mi preoccupo, perché non riesco a dare credibilità e speranze a qualche soluzione che non preveda di scalare le montagne.
Lo ammetto: il mio approccio non è quello più comodo, lo so bene, e non dico che debba essere seguito da tutti. Al tempo stesso, mi preoccupa l’eccesso opposto, perché sembra eccessivamente dilagante. Si pensa che tutto debba essere una strada in discesa, che sono considerati “furbi” quelli che prendono le scorciatoie, che “la fanno facile”. Perché, come risultato, c’è solo un raro successo, che però dura poco e lascia solo tracce di inutilità.
Non amo fare discorsi da “vecchio” (prima o poi dovrei accettare di esserlo diventato, vecchio, ma combatto ancora con lo spirito per non esserlo, con il far finta che i capelli grigi siano siano un ricordo del troppo sole e della salsedine del Brasile), e non voglio dire cose del tipo: “bisogna far la gavetta“. Non credo necessariamente alla “gavetta”, se uno è un genio a vent’anni, può fare cose che uno che ha fatto tanta gavetta non riuscirà mai a raggiungere. Ne ho conosciuti, di genietti così, e hanno fatto una strada incredibile, e li ho persi di vista, perché giustamente hanno una velocità di crociera che noi esseri umani non possiamo raggiungere mai. Può mancare esperienza, anche i genietti commettono ingenuità, e sono addirittura portato a dire che anche l’ingenuità può essere un elemento per liberarla, la genialità. Insomma, non sono un bacchettone… forse vecchio, ma non bacchettone!
Quello che mi fa arrabbiare, che penso sia un pericolo, invece, è credere che la strada facile, quella che non prende in considerazione gli elementi più profondi, sia sempre quella vincente. Lo pensano e lo professano i responsabili del marketing, i più beceri. Faccio sempre un esempio del “pallone da spiaggia“. Un giorno – ero giovanissimo redattore di una rivista di fotografia, e forse ero alla mia prima Photokina – ho ascoltato il responsabile marketing di una importante azienda del settore delle pellicole dichiarare:
“Se vuoi vendere pellicole durante il periodo estivo, la cosa migliore è fare una promozione che regala un pallone gonfiabile per giocare in spiaggia”.
Con tutto il rispetto, mi è tutt’ora difficile credere che “la strada” sia necessariamente ed unicamente quella “del pallone da spiaggia“, è un modo per banalizzare, per fare tutto semplice, e per di più di creare un precedente da seguire sempre, senza metterlo in dubbio (non a caso, ogni anno, e per tanti anni, questa azienda ha regalato palloni da spiaggia. Ehm… non si tratta di una storia di successo che è durata tanto, ma va anche detto che il mercato è cambiato… quello delle pellicole, intendo!). La strada migliore che siamo in grado di trovare non è detto che sia la strada migliore in assoluto, ma solo la più semplice.
Questo è un discorso generale, ma ovviamente ha un motivo che l’ha scatenato, ed è una rivista uscita credo proprio oggi su iPad, il secondo numero di Living di Martha Stewart. Martha è un personaggio davvero famoso anche perché un pochino egocentrica e quindi… difficile che non sia “visibile” (già il nome della testata, con il suo nome lo fa capire…) e pubblica questa rivista molto bella di cucina e “cose belle per la casa” che si chiama appunto Living. Il primo numero per iPad è forse la migliore pubblicazione realizzata finora per questo device. Magari non la più rivoluzionaria, ma quella che è riuscita con sapienza e sensibilità a proporre alcune delizie che rendono molto godibile la fruizione su un media digitale. Lo abbiamo spesso dichiarato e mostrato come esempio, ci sono delle sequenze (le chiamiamo in gergo “le bolle”) che mostrano una sequenza di quattro scatti di una modella seduta che sta giocando con le bolle di sapone che mostrano quanto la semplicità possa vincere sull’estremizzazione: sono solo quattro foto che si alternano con sapiente ritmo e giusta dose di dissolvenze, che rendono perfettamente l’idea del movimento, senza essere un video, e senza essere troppo “pesante”: lasciano il tempo per sognare…
Inutile dire che, quando abbiamo visto che era uscito il nuovo numero, ci siamo “fiondati”. Dovete capirci, siamo sensibili: visto che usiamo le stesse tecnologie (sviluppate da Adobe) per realizzare la nostra rivista per iPad (sta arrivando, finalmente!), vogliamo confrontarci con i migliori di tutto il mondo, per capire, per scoprire, per apprendere, per valutare e soppesare. Non immaginate la nostra delusione nello scoprire che il nuovo numero non possiede la versione “orizzontale”. Vi spieghiamo l’arcano: l’iPad visto che si tiene tra le mani, si può orientare sia in orizzontale che in verticale, a seconda del gusto e dell’abitudine Proprio per questo, le riviste digitali sono sviluppate in entrambi gli orientamenti, ma visto che quasi tutte sono sviluppate a partire da una pubblicazione cartacea, di versione “pronta all’uso” ce ne è una sola… quella verticale (le pagine cartacee sono verticali, l’orizzontale è figlio dell’unione di due pagine, o “doppia pagina”). Il grande lavoro è quello di creare una seconda versione “adattata all’orizzontale” dello stesso contenuto, sebbene sia – almeno a nostro giudizio – una grande stupidaggine, anche se comprensibile dal punto di vista della produzione industriale e anche del costo; fare più contenuti da “sbattere” nell’orientamento orizzontale costa infatti soldi, ma costa anche fatica per un grafico adattare 100 pagine nella versione “sdraiata”. Beh, Living ha deciso di tagliare la testa al toro: solo versione verticale, se giri l’iPad non succede nulla. Semplice, la strada più veloce e indolore.
Qualche tempo fa abbiamo sentito altri responsabili di case editrici dire “non siamo sicuri che in futuro si continuerà a proporre il doppio orientamento sulle riviste digitali“, e la prima avvisaglia è arrivata qualche mese fa dal primo numero di Wired UK, che proponeva la versione orizzontale solo per le pubblicità (visto che pagavano… gliel’hanno concessa), e nell’orientamento orizzontale delle pagine redazionali appariva una triste pagina nera con una freccia e la scritta “This is a OneWay Page, Rotate to read” (questa è una pagina a senso unico, ruota per leggere).
Abbiamo già detto che comprendiamo le motivazioni, ma questo è un esempio classico di quello che definiamo una “Strada veloce”, che però è al tempo stesso un tradimento: quante persone come me sono rimaste deluse da questa scelta? L’innovazione che ci viene offerta da un media che è al tempo stesso verticale e orizzontale dovrebbe essere di eccezionale stimolo, è la prima volta che si offre questa opportunità, e invece che potenziarla al massimo, creando percorsi di comunicazione che fanno uso di questo “effetto”, si butta tutto via, in nome del “facciamo veloci, senza spendere, tanto chissenefrega…”. Invece che dare di più, si da di meno. Invece che aggiungere, si toglie, invece che aprire gli orizzonti, si chiudono.
Brutta scelta, signora Martha. Chi l’ha consigliata, lo ha fatto per rendersi (o renderle) la vita facile, ma questo è un mezzuccio che non porta lontani. Tante persone, deluse, smetteranno di comprare la sua rivista, perché ci ha tolto emozioni, invece che aggiungercele. Un tradimento per il mezzo e per la sua potenzialità, un tradimento per tutti quei lettori che vorrebbero qualcosa di nuovo, e che sono stati traditi per voler risparmiare qualche ora di lavoro ed evitare il lavoro per i neuroni. E pensare che noi abbiamo sviluppato una rivista dove ogni argomento propone contenuti diversi tra orizzontale e verticale… e quindi ogni pagina è un’esperienza da vivere “sia” in verticale che in orizzontale: questo, è il nostro approccio, scegliere la strada più difficile.
Siamo sicuri però che la strada difficile sia la più costosa? Alla fine, se abbiamo 100 pagine, possiamo averne 50 in orizzontale e 50 in verticale, che in totale formano gli stessi 100 contenuti. L’unica differenza è che si possono posizionare contenuti che “stanno meglio” in verticale in questo orientamento, e sviluppare gli altri sull’orizzontale, senza compromessi (una foto orizzontale, in una pagina verticale, ci sta strettina… tanto per essere chiari). No, le strade più semplici, quelle dei “furbi” sono solo quelle che pensano ad un solo degli elementi, di solito il più banale. Gli altri si perdono per strada…
La crisi, le difficoltà, la mancanza di tempo: tutto questo ci porta a seguire le strade più veloci, ma attenzione: sono le strade più battute, sono le strade dove sarà facile farci superare da chiunque, e anche quelle che verranno percepite come prive di valore. Quello che non dobbiamo perdere di vista sono gli obiettivi, che devono essere quelli di creare emozioni, soddisfazioni, senso di esclusività al destinatario del nostro lavoro.
Spero davvero di incontrare tanti di voi, in questa strada difficile. Il bello è che, in questo terreno, chi ci passa è amico, non concorrente, chi fa sforzi ammira, apprezza e aiuta coloro che stanno mettendoci lo stesso impegno, e in questa condivisione di rispetto e di conoscenza, possono nascere solo cose positive. Una volta (tanti chili fa) facevo maratona, e mi ricordo una scena fantastica: correvo, davanti a me, uno era stravolto, ha rallentato e ha tirato fuori da un sacchetto una mela, mentre lo passavo non ho potuto non guardare quella mela, ero stanco anche io, stremato. Lui ha visto i miei occhi sulla sua mela, mi ha guardato e sorridendo mi ha chiesto, prima di addentarla lui, se volevo dare un morso. Questo è lo spirito che si trova, sulle strade in salita, in quelle irte, in quelle che sembrano non finire mai. E riesce a darci la forza per arrivare in fondo, anche quando sembra che le forze ci abbandonano.
La nostra rivista per iPad è pronta. Ha due lati: uno orizzontale e uno verticale, diversi e complementari. Ed è bellissima. Lo diciamo senza presunzione, solo con entusiasmo. Non saremo mai grandi come Living, non saremo mai famosi come Martha Stewart, ma abbiamo una rivista che ha interpretato, compreso, assorbito, preteso e desiderato l’innovazione. E’ stata una strada difficile, complessa, ma ora siamo qui a brindare e ad attendere tutti coloro che stanno seguendo strade che passano di qua.Ma non siamo qui a parlare di noi, siamo qui a parlare di “tutti noi”, che viviamo tempi difficili, ma che ci meritiamo qualcosa di più… se saremo in grado di crederci.