In questi ultimi mesi, sto cercando di seguire una filosofia che si basa sul “Less is more” (meno vale di più…). Ho iniziato con la riduzione dello zainetto per il computer, passando per vari step, fino ad arrivare al più sottile che conosco e che mi è capitato di mostrare anche in qualche occasione. Ho poi unito le chiavi di casa con quelle dell’auto, in modo da avere un unico portachiavi. Sto anche cercando di dimagrire, che fa bene alla salute e mi permette di occupare meno spazio (utile negli ascensori stretti). Insomma, cerco di ridurre i pesi: bastano quelli che ci sono nella mente, meglio ridurre quelli “fisici”.
Mi accorgo che questa esigenza è condivisa anche da altri, e specialmente dal mercato. Ha fatto epoca la presentazione, ad agosto, dell’ultima compatta “regina” di casa Canon, ovvero la G11 (sorella della G10, della G9… e così via). Per la prima volta al mondo, una fotocamera che è “successiva” alla sua precedente, si propone con una risoluzione “inferiore”: la G11 infatti ha “solo” 10 milioni di pixel, mentre la “G-precedente” (la 10) ne aveva 14,7. Incredibile, vero? Cosa significa? Lo hanno spiegato, i ragazzi di Canon: hanno preferito migliorare la qualità, la resa nelle condizioni di luce scarsa, sacrificando la risoluzione. Si più solo applaudire: in effetti, delle precedenti fotocamere si criticava un rumore eccessivo quando la luce era poca, e chissenefrega di avere più di 10 milioni di pixel!
L’altro giorno, la presentazione dei nuovi iPod ha messo in luce un altro progetto che ha deciso di limitare le proprie funzionalità, a vantaggio della dimensione e dello spessore limitato: l’iPod Nano ha “guadagnato” la possibilità di riprendere video, ma non fotografie. E’ stato spiegato che per poter offrire una risoluzione adeguata per le immagini fisse, sarebbe stato necessario aumentare lo spessore del lettore Mp3, e non lo si voleva fare. Quindi, l’iPod Nano diventa la videocamera digitale più sottile del mondo (il confronto con gli altri modelli, persino il Flip che era il “top” di questa categoria “mini” è ridicolo) ed è estremamente interessante nella sua potenzialità (siamo sicuri che rivoluzionerà ancor di più il mondo del video, che già è in continuo fermento), ma senza la possibilità di fare fotografie: è il concetto stesso del “Less is More” che lo impone.
Dal punto di vista dei social network, il mondo dei blog – fiumi di parole digitali – sono sempre più spesso sostituiti da Twitter, che nel suo imporre il limite dei 140 caratteri (non cumulabili, come nel caso degli SMS) sta “riscrivendo” la storia della comunicazione e addirittura del giornalismo.
Insomma, Less is More: una filosofia che sembra essere vincente ovunque… meno che nella mente dei fotografi (specialmente italiani), che probabilmente continuano a credere che il mercato sia in un periodo “di crisi”, che poi qualcosa succederà. In realtà, lo stesso atteggiamento viene percepito sui giornali, le tesi degli economisti in queste settimane porterebbero a credere che “la crisi sta finendo”, che “ci sono segnali di recupero”. Vorrei prendere tutti questi “esperti”, chiuderli in una gabbia e lasciarli liberi solo quando “davvero” la crisi sarà finita: se è come dicono loro, si tratterà di una privazione di libertà che durerà poco… Nella realtà dei fatti, crediamo, questa che stiamo vivendo non è una crisi (che prevede quindi una fine e il passaggio ad un altro periodo di maggiore agiatezza), è un cambiamento radicale, che non cambierà. Ci saranno periodi migliori, ma quello che abbiamo perso, non si recupererà più.
Questo non significa che “moriremo di fame”, ma che dobbiamo ripensare al nostro lavoro con una filosofia diversa, riuscendo a comprendere quali devono essere le strategie per stare a galla. Un segnale ci viene dal blog di Yuri Arcurs, famoso per essere il “maggiore venditore di fotografie di Microstock al mondo”, che ha dichiarato che il suo fatturato annuale (vendendo foto da 1 dollaro) è di circa 1 milione di dollari all’anno. Non amiamo i numeri buttati così, sul tavolo, forse vale la pena dare un’occhiata ad un video, che mostra con grande chiarezza come deve essere uno studio di un fotografo come Yuri, che è, di fatto, un’industria in grado di produrre fotografie di qualità in grandissima quantità. Anche nella sua “grandiosità”, si tratta di uno studio che sposa l’idea del “less is more”: è enorme, è vero, si propone come una piattaforma ideale per produrre qualsiasi fotografia, ma al tempo stesso è essenziale. Come le fotografie che scatta (come quella in introduzione di questo articolo): semplici, essenziali, senza complessità: vanno direttamente all’obiettivo che si vuole comunicare, nulla di più.
Con questo non vogliamo dire che questa sia “l’unica strada”, tutt’altro. C’è spazio anche per chi non vuole puntare sulla quantità, che vorrebbe proporre poche immagini, molto più elaborate dal punto di vista creativo, espressivo, artistico. Anche in questo caso, “less is more” funziona. Purtroppo, quello che succede di vedere in giro, invece, sono produzioni che uniscono il “Tanto al poco”: si scatta tanto, si guadagna poco. Qualcosa deve cambiare, e non ha senso sperare in “tempi migliori”.
Update: Oggi (domenica) quando il SJ era già finito, abbiamo letto un articolo sul “Corriere” dal titolo “Un anno dopo il crac Lehman l’America scopre il microchic” che racconta come il modello economico della “sobrietà obaniana” sta portando gli americani a scoprire il gusto delle auto, del cibo e di altri “lussi” in versione “piccola”. Insomma, la sensazione che avevamo raccontato in questa sede, sembra essere percepita anche oltre oceano. Andrà bene alla Fiat 500, pronta per aggredire il mercato americano, speriamo che vada bene anche a noi tutti, piccolini, ma con tanta voglia di fare!