In questi giorni a Torino si stanno effettuando dei test di connessioni mobili ultraveloci, basate sullo standard LTE (che non vuol dire quello che abbiamo scritto nel titolo, anche se ci stava proprio bene, ma Long Term Evolution). Per noi è andato a fare una visita l’amico Alex Di Noia che era in zona (più che altro è della zona), e ha provato per noi la connessione, raggiungendo velocità impressionanti pari a 90 Mbps, aprendo le porte (spalancandole, più che altro) al vero streaming HD in tempo reale e alla trasmissione dati davvero efficiente. Ci sono ancora molti “ma“, per esempio: se ci si collega alla cella in tanti, la velocità precipita verso il basso, ma a questo siamo ben abituati visti i risultati che già si ottengono con l’ADSL che nominalmente ci promette 10 o 20 e poi nella pratica ci eroga 5 o 7 Mbps; il vantaggio è che partiamo là in alto, e quindi la caduta farà meno male, se già ci stabilizzassimo su 20-25 Mbps sarebbe già eccellente! L’altro problema, molto dibattuto, è l’elevato consumo delle batterie: per essere una tecnologia “mobile” (senza fili) questo può comprometterne l’efficienza e l’utilità durante la giornata di lavoro (se la nostra batteria sul nostro smartphone o tablet dura 2 ore, ci serve a ben poco essere “veloci” nella connessione).
Quello che per noi è importante, però, più che una super veloce connessione sugli strumenti mobili, è l’apertura nell’uso di questa tecnologia nelle case, negli uffici, e specialmente “ovunque”, parlo di realtà geografiche. In questo periodo, sto viaggiando molto (ormai conosco a memoria tutti i negozi della stazione centrale) e vivo realtà aziendali che pur non essendo localizzate in capo al mondo (anzi… in zone ricche ed industriali), si trovano nella difficoltà di aprirsi a nuove metodologie di lavoro e di produzione, perché pur pagando cifre altissime al mese, non hanno una banda sufficiente per poter lavorare (quando ci sono 10, 15, 20 persone collegate tutto si ferma), e questa è la condizione “meno peggio” di tante che ancora non hanno banda larga neanche per soddisfare un singolo utente. Abbiamo spesso messo l’accento sull’importanza di questa questione, e ci preoccupiamo di quanto poco si stia facendo, in termini di istituzioni e di investimenti per risolvere quello che è già – e sarà sempre più il collo di bottiglia del nostro Paese. Si discute tanto di inquinamento, e invece che investire in sistemi di connessione veloce (che consentirebbe di evitare un sacco di macchine in giro, che devono attraversare la città per lavorare e per trasferire contenuti digitali che potrebbero tranquillamente inviare via computer), costruiscono porte e sistemi costosissimi per evitare l’accesso alle vie del centro. Invece che investire in infrastrutture digitali per creare posti di lavoro che lavorano da casa con efficienza, si investe in palazzi di cemento e vetro, che bloccano le città per anni con i cantieri e rendono impossibile la vivibilità.
La tecnologiaLTE non richiede di creare crateri nelle città, arriva tramite onde. Qualcuno potrà reclamare, ma tanto di onde abbiamo già piena la nostra aria, almeno che vengano usate per qualcosa di utile. Per ora lo Stato ha incassato 4 miliardi di Euro per concedere le licenze, ora bisogna lavorare per rendere tutto questo reale. Serviranno ancora dai 9 ai 12 mesi, e poi come al solito si partirà da quelle zone che sono già “avanzate”, perché saranno quelle che consentiranno di far rientrare gli investitori (Tim, Vodafone, Wind e H3G) degli investimenti. Quindi non cambierà nulla: posso essere contento di vivere al momento in una “piazza” privilegiata, ma così non si andrà avanti: serve LTE nelle zone non raggiunte dalla banda larga, serve in tutta Italia perché non ce ne facciamo nulla di frasi ad effetto a Sanremo sull’Unità di Italia, e nemmeno di festeggiamenti per i 150 anni di quella che è stata la bufala dell’anno scorso: non siamo un Paese unito, siamo tante microrealtà allo sbando, dove riusciamo ad unirci solo nei problemi, e non certo nelle soluzioni. Alle prossime elezioni, io voterò, lo dichiaro ufficialmente, per chi si impegnerà con i fatti (e sarà disposto ad andarsene se non manterrà la parola) per avere una connessione decente in tutta Italia.
Sono disposto ad investire in questo (sono stati tra i primi clienti di Fastweb/Fibra ottica in Italia, ben più di dieci anni fa), ma so che tanti non capiranno l’importanza di questa innovazione, perché se non si vivono le opportunità della rete non si può capire. Serve uno sforzo di chi sta sopra di noi, che sia capace di fare i conti: una rete veloce di connessione non costa soldi, li fa guadagnare. La popolazione risparmierà benzina, tempo, salute, efficienza, controllo, programmazione. Avrà la possibilità di aprire nuovi business, nasceranno nuove aziende che faranno crescere l’economia. Non sono parole di un visionario, sono realtà economiche. Perché investire nell’auto elettrica, quando esiste già un’auto elettrica in grado di far correre l’economia? E’ il computer, lo accendi, ti colleghi e vai dove vuoi.
Pensate a quello che potrebbe significare una connessione di questa velocità? Finalmente aprirsi al cloud computing definitivo, dove il nostro computer non è altro che uno strumento di accesso e di elaborazione dei nostri documenti, ma non più un archivio. L’altro giorno Apple ha presentato il suo nuovo Sistema Operativo, Mountain Lion, che permetterà di gestire i dati con un approccio sempre più portato al cloud e all’integrazione con gli strumenti mobili. Lo stesso (probabilmente con altro approccio) farà Windows che tenta anch’esso la fusione tra mondo computer e mondo mobile, e da qui ad un anno o due tutto il nostro workflow informatico verrà trasformato. Tutto, ma proprio tutto quello che potremo digitalizzare lo digitalizzeremo: libri, riviste, musica, film, documenti. Non avremo una casa che si svuoterà di questi elementi per fare spazio a giganteschi hard disk e ai loro altrettanto giganteschi backup. Tutto sarà in rete, e tutto richiederà sistemi veloci per scaricare, trasferire e condividere Terabyte e Terabyte di dati. Gli uffici potranno in gran parte cessare di esistere (pensate al risparmio nell’affitto!), le persone si incontreranno tramite sistemi di videotrasmissione veloci e affidabili, le scrivanie non conterranno più fogli di carta che si perdono e si rovinano e che poi bisogna distruggere, ma per ottenere tutti questi vantaggi serve una rete che funziona. Altrimenti siamo fermi, come le nostre auto quando i benzinai sono in sciopero.
E dirò di più… non serve solo una rete come la intendiamo noi, capace di essere veloce, potente e onnipresente. Ne servono almeno due, distinte, una backup dell’altra, perché in caso di mal funzionamento della prima, possa entrare in funzione la seconda, a supporto, che possa attivarsi con una procedura che permetta la sostituzione alla prima in tempo reale. Questa è la soluzione, il modo per ripartire, per uscire da una crisi che non è di soldi, ma è di un modo di produrre ricchezza che… non genera più ricchezza, che sperpera gli sforzi e le energie, che pesa e non ci permette di librarci nell’aria. E che, per di più, ci lascia l’aria sporca e irrespirabile.