Proprio poche ore fa, l’amico fotografo Gianluigi di Napoli, senza dubbio uno dei migliori ritrattisti italiani, mi ha scritto e poi telefonato per dirmi che aveva messo on line una video intervista a Lucio Dalla, realizzata non molto tempo fa, per parlare di fotografia. Questo video fa parte di un progetto in cui Gianluigi fa parlare di fotografia dei personaggi famosi (ma non fotografi), che nella sua carriera ha avuto il piacere di fotografare. Ho visto il video, che è non solo commovente perché non si può ovviamente non pensare alla prematura scomparsa di questo eccezionale artista, non solo per coincidenza oggi (per chi scrive, e speriamo anche per chi legge) è il 4 marzo, che è al tempo stesso la data di nascita di Lucio, come da sua ben famosa canzone, ma anche la giornata del suo funerale che si svolge a Bologna. Oltre a questo, e già sarebbe sufficiente, è commuovente ascoltare il rapporto, complesso e affascinante, tra Lucio Dalla e la fotografia.
Vogliamo lasciarvi a questo dialogo, lasciare la parola a lui, a Lucio Dalla. E lo faremo, mettendoci anche noi ad ascoltare. Ma, prima, ci riallacciamo a questo discorso per evidenziare quanto l’argomento “fotografia”, nella sua forma di comunicazione, di espressione artistica, di elemento della nostra cultura, abbia così poco spazio. Sembra quasi che sia rimasto un argomento solo per gli addetti ai lavori, per questo nostro mondo che rimane ancorato e rinchiuso in ricordi e in sensazioni che non trovano condivisione con l’esterno. E la situazione è ancora peggiore considerando che, persino qui dentro, dentro il nostro settore, in molti parlano proprio poco di fotografia. I fotografi raramente hanno la capacità di raccontarla, e di coinvolgere e far innamorare a questo lessico le persone “esterne”, i giornali e le riviste di fotografia parlano solo di apparecchi e prodotti, così preoccupati a raccogliere qualche briciola di pubblicità, ma non di fotografia, non avvicinano nuove persone, non fanno capire tutto l’universo che c’è (o ci può/ci dovrebbe essere dietro una fotografia). Forse dobbiamo proprio fare in modo di far parlare gli altri: per esempio chi viene fotografato, come nel caso di Lucio (che racconta nel video con grande spirito il suo rapporto come “soggetto” fotografato, molto diverso per esempio rispetto al suo amico e collega Francesco de Gregori). E forse possiamo ri/scoprire quello che può far tornare il dialogo e creare modalità di incontro sull’immagine, che condiziona e orienta più delle parole, più dei fatti, più delle politiche e delle leggi… ma che rimane un elemento circondato da ignoranza assoluta.
Sarebbe bello che tutti, proprio tutti, facessero un esperimento: provare a parlare, a trasmettere emozioni sul valore e sulla bellezza dell’immagine. Non in modo banale, e non ridondante. Per esempio, prendendo ad esempio una fotografia che ci colpisce e ci emoziona, e raccontarla, spiegarla, decodificarla. Lo si fa con la poesia, con i brani di una canzone (ancora una volta, la musica e Lucio Dalla tornano in primo piano), con un film d’autore… ma la fotografia rimane isolata nello strettissimo panorama degli appassionati e degli operatori del settore. E’ uno sforzo che non deve portare a mettere in luce chi “ne parla” (quanto sono noiose le persone che parlano per dimostrare di sapere, o di essere intelligenti o “colte”…), ma per trasmettere con semplicità e con emozione quello che c’è dentro una fotografia e che rimane un patrimonio inaccessibile.
Sarebbe un bell’esercizio, anche per ri/spiegare a noi tutti che abbiamo un ruolo importante, una responsabilità. Non è solo un mestiere, è un modo di comunicare, di consegnare ad altri un bagaglio di sensibilità. L’impoverimento di questo mestiere è in gran parte dovuto ad un mercato che si è imbastardito, ma anche molto per colpa di noi tutti, che abbiamo abdicato alla nostra “missione” per occuparci di aspetti pratici (leciti, chi dice il contrario!), di rispondere alle richieste di un mondo della comunicazione cieco, sordo e stupido e abbiamo pensato che questo fosse giusto. Abbiamo cessato di essere autori e narratori, siamo diventati riproduttori di sogni (incubi) di chi ha un referente unico: vendere.
Gli autori che sono rimasti puri, hanno seguito due strade: hanno trovato chi apprezza e cerca la loro sensibilità e capacità interpretativa, e chi ha deciso di lasciare questa professione, per fare altro, senza vendersi e senza adattarsi perché quello del fotografo e dell’autore non è un “mestiere”, ma un atteggiamento di vita. Lucio Dalla è un esempio di autore che non si è lasciato condizionare dal mercato, ha continuato a fare quello che sentiva, la sua musica è sua e solo sua, non ha fatto mai l’occhiolino per andare incontro ad un pubblico diverso dal suo. Non ha cercato nemmeno di essere visto come un “riferimento“, per creare un filone di fans che seguono ideali e non canzoni (ci sono tanti “guru” con i loro adepti: marketing puro…). Dalla raccontava il suo mondo, il suo modo di essere, il suo modo di sognare. Nella video-intervista di Gianluigi appare come sempre è stato: se stesso, nulla di più ma anche nulla di meno.
Ascoltiamo Lucio, che parla di fotografia, e domandiamoci perché noi (quasi tutti) non parliamo di fotografia con la stessa leggerezza e sensibilità. E poi cerchiamo di fare qualcosa per cambiare, perché questo mondo può cambiare e migliorare solo se noi saremo in grado di farlo, e di volerlo. Come finiva una canzone bellissima di Lucio, L’ultima Luna:
L’ultima luna
la vide solo un bimbo appena nato,
aveva occhi tondi e neri e fondi
e non piangeva
con grandi ali prese la luna tra le mani
e volò via e volò via
era l’uomo di domani l’uomo di domani.
Sarebbe bello voler essere tutti quel bambino, quell’uomo di domani, che ritrova la sua energia e la sua forza dalle sue origini. Ciao Lucio, ciao amici tutti che amano la fotografia.