Prima dell’alba di Internet, c’era una convinzione assoluta:
se qualcuno usa le mie fotografie senza autorizzazione, commette un abuso e un illecito, e se lo becco gli faccio un occhio nero.
Beninteso, ancora oggi molti hanno lo stesso pensiero, ed è anche un pensiero sano e positivo, e non è nostra intenzione cambiare questo approccio. Sono però successe molte cose, molta acqua è passata sotto i ponti e la comunicazione digitale è diventata così fondamentale da mettere in gioco molte opinioni, da modificare le strategie, e anche da trasformare in fatto positivo qualcosa che, invece, non poteva che essere negativo.
Proprio ieri è stato pubblicato un articolo, poi ripreso anche sul sito PetaPixel (che personalmente considero una delle fonti più interessanti e intelligenti legate al mondo della fotografia) che tratta l’argomento, ed è firmato da un fotografo inglese, Ben Roberts, che a febbraio ha realizzato delle immagini che sono state pubblicate con l’articolo “Amazon Unpacked” del FT che potete leggere qui (firmato da Sarah O’Connor). Al di là dell’interesse giornalistico suscitato dall’articolo (e dalle foto), non è successo molto di più a febbraio, quando questo articolo è stato pubblicato, e nemmeno una settimana dopo, quando Ben ha pubblicato sul suo sito la galleria delle immagini (qui). Al contrario, queste immagini sono “esplose” quando sono state riprese, una settimana fa, sul sito It’s Nice That, e poi su altri siti… in pratica, è diventato un contenuto “virale“, un termine molto comune e molto “cool”, specialmente tra coloro che sono (o, più comunemente, fingono di essere) esperti del web e delle strategie digitali. Ci sono persone che ricevono telefonate o richieste del tipo…
“Scusi, lei fa video virali?”
Come se qualcuno domandasse:
” Scusi, lei fai film che vincono gli Oscar?”
Per “virale” si intende che questi contenuti sono stati ripresi da tanti, da tantissime persone/siti/blog, e hanno fatto il giro del mondo rapidamente. Detto così sembra una cosa positiva, ma se la vediamo alla “vecchia maniera” si tratterebbe di “illecito, di abuso, di… brutta cosa”. La cosa interessante è che Ben Roberts, invece che arrabbiarsi e basta, magari intentando qualche causa o lanciando una sfida all’ultimo sangue, ha fatto una preziosa analisi della situazione e l’ha condivisa con tutti, a vantaggio di un approccio costruttivo. Inizialmente, ha identificato i seguenti effetti “negativi”:
1) Nessuno dei responsabili dei blog che ha usato le sue foto ha pensato minimamente di contattarlo, quando hanno deciso di usare le sue immagini all’interno del loro prodotto/sito
2) Tutti i blog poi hanno pubblicato alcune delle sue foto su Facebook, e sappiamo tutti come sono considerati i termini d’uso di Facebook dai fotografi (tanto per capirci… Facebook poi si “impossessa” dei contenuti postati, quindi il danno è doppio)
3) La maggior parte dei siti ha pubblicato da 8 a 12 immagini delle 13 totali, riducendo (azzerando, sostanzialmente NDJ – Nota di Jumper – ) la necessità o l’interesse per gli utenti di questi siti di collegarsi al sito del FT o al sito del fotografo
4) Tutti i siti/blog che hanno pubblicato sono, di fatto, delle società a scopo commerciale, con dipendenti. Alcuni di loro sono di proprietà di agenzie media o case editrici
5) L’ampia riproduzione delle sue immagini tramite Internet ha ridotto fortemente il potenziale di vendita di queste foto in futuro, in quanto troppo “viste”.
Questi punti sarebbero sufficienti per “bollare” questa situazione come una brutta pagina per chi fa della fotografia la sua professione e la sua sopravvivenza. Ma ci sono anche dei lati positivi, che vengono sintetizzati sempre nello stesso post:
1) Tutti i blog hanno con precisione attribuito correttamente il suo nome di autore, e hanno incluso un link al suo sito. Ha dovuto contattare It’s Nice That per richiedere di aggiungere anche i crediti di Sarah O’Connor del FT. La maggior parte dei blog hanno fatto lo stesso, suggerendo la fonte dalla quale sono state tratte le immagini
2) Non ci sono dubbi che il suo nome abbia avuto una diffusione molto più allargata e quindi molti visitatori che potrebbero ricercarlo. Da un certo punto di vista, questo è un bene, anche se è difficile sapere quali potranno essere, a lungo termine, i vantaggi di questa “popolarità”.
Insomma, la domanda che ci si pone, e che pone anche il fotografo è: nell’era digitale e della distribuzione virale dei contenuti su Internet, esiste un sottile confine tra “Fair Use” (uso “lecito”, se volete approfondite qui) e “furto“, ed è un argomento complesso da valutare. Delle risposte, Ben Roberts le individua in un comportamento da gestire e proporre, con la seguente modalità, che ci sembra sensata:
– Se un autore di un blog o un editore vuole pubblicare delle mie foto, può contattarlo
– La sua risposta sarà positiva e permetterà di usare 2-3 immagini già precedentemente pubblicate, con corretta attribuzione del copyright, il link al contenuto originale e ovviamente all’interno di un contenuto coerente e contestuale.
– Tutti sono così felici: loro hanno il contenuto che desiderano, che creerà traffico ai loro siti e darà vantaggio di visibilità alla loro pubblicità, il fotografo avrà una maggiore visibilità del suo lavoro e maggiore traffico al suo sito, mantenendo dei contenuti esclusivi per eventuali altre vendite.
Insomma, alla fine, il vantaggio della visibilità è prezioso per tutti. Più le nostre immagini saranno viste, diffuse, “viralizzate“, più ne otterremo vantaggi. Ce le ruberanno, o saremo noi che vorremmo farcele “rubare”? Ma, forse, la questione più importante, è: “faccio immagini che possono essere oggetto di un effetto virale“? Quello che riesce ad essere “virale” può rispondere alla richiesta di cui parlavamo prima “Lei fa video o foto virali“? Anzi, ancor meglio, la risposta esiste prima che venga posta la domanda, perché quello che diventa virale arriva sulla bocca e agli occhi di tutti.
Nell’era dell’eccesso dell’informazione (qualsiasi tipo di informazione) quello che conta è arrivare ad un numero elevato di persone, l’unica strada possibile per uscire dall’anonimato, dal magma che non offre speranze. Ma serve un approccio mentale nuovo, dove i filtri culturali del passato vengono rimossi e si individuano altri percorsi. Senza dimenticarsi che, una volta che questo funziona, e troviamo il modo di essere visibili, ci servirà una “casa” sul web che sia accogliente, perché non c’è nulla di peggio che creare presupposti che poi non si possano sfruttare.
Flavio says:
Come molti di voi sapranno giorni fa è stata uccisa una persona a Montecalvo Versiggia piccola località sulle colline dell’Oltrepò Pavese. Sul sito della Repubblica.it è apparso un articolo su questa notizia di cronaca e a rappresentare la località di Montecalvo c’era una mia fotografia aerea. La mia dolce metà è abituata a “sfogliare” le notizie dalla rete e in particolare dal sito della Repubblica ieri mi chiama e mi dice “guarda Flavio hanno usato una foto aerea come quelle che fai tu…chissà di chi è”….peccato che nessuno della redazione si sia preoccupato di avvertirmi di essersi impossessati di una foto presente sul mio sito e ovviamente non hanno citato l’autore.
Capisco che cuperare rapidamente immagini di una località poco conosciuta non sia facile ma secondo voi e in modo particolare a te Luca, la Repubblica deve riconoscermi un compenso? Per ora mi sono limitato a chiedere alla redazione gli estremi per l’emissione della fattura e di citare l’autore, probabilmente si limiteranno a rimuove l’immagine e basta.
Luca Pianigiani says:
Ciao Flavio, confermo quello che dice Francesca: non è la prima volta che succede che LaRepubblica abbia usato in modo “disattento” immagini prese dalla rete, senza nemmeno citare la fonte. Forse si credono superiori, più forti, ma nella realtà è molto facile perdere quella credibilità che i media “grandi” ostentano per cercare di sopravvivere al dilagare dell’informazione in rete. Fai uno screenshot del post con la tua foto, salva il link, e poi contattali per avere non solo un ritorno della pubblicazione, ma anche delle scuse concrete. Altrimenti, sappi che la rete, così come permette di “rubare”, genera anche movimento. Magari potremmo anche fare uno spazio riservato a enfatizzare questi abusi.
In ogni caso, però, l’argomento trattato oggi è molto distante da questi abusi, e apre invece il percorso a visioni più allargate sui vantaggi di “concedere” rispetto al “proteggere”. Facci/fammi sapere ;-))
Flavio says:
Sai Luca, sono consapevole che chiunque potrebbe con un semplice gesto prendere una delle mie immagini e farne ciò che vuole. Ben Roberts se ho capito bene cerca di “legalizzare la prostituzione”…è il lavoro più vecchio del mondo, esiste, eliminarla non si può, tanto vale trovare il modo migliore di “affrontarlo”. La rete esiste, impossessarsi di una foto pubblicata è facilissimo, impedirlo non si può…tanto vale trovare il modo di trarne profitto ugualmente…se non nella vendita immediata almeno nella pubblicità indiretta. Mi pongo una domanda…ma se concedo l’uso delle mie immagini gratuitamente…basta essere citati…per quale motivo uno dovrebbe invece decidere di pagarmi?
Ho ricevuto una richiesta da una studentessa per una tesi (le serviva una foto dall’alto di un’area specifica) e ho concesso l’uso gratuitamente, ma ho ricevuto richieste del tipo “stiamo realizzando una guida per il Gal Lomellina, verrà distribuita gratuitamente, possiamo usare alcune sue fotografie?” gratis ovviamente… Luca, la guida è distribuita gratis ma chi la realizza mica lo fa gratis…e io dovrei comunque cedere le mie foto gratis… che affarone!! ne pago di bollette in questo modo è?! battuta a parte so che è meglio una pubblicità indiretta che nulla ma diventa fondamentale una gestione accurata, qualcosa da perfezionare nel modo di presentare i propri lavori. A tutti i collegi dico…nessuno di voi ha mai scaricato musica da Emule o simili? nessuno ha mai scaricato programmi craccati? per i nostri filmati, per i filmati dei matrimoni usiamo musica C.C. o quella che più ci piace? HUF che vita difficile…buona giornata
Francesca Pompei says:
Ciao Flavio! Per quanto ne so, la Repubblica non è nuova a fatti del genere…
In merito alla vicenda di Ben Roberts, trovo pienamente condivisibile il fatto che almeno si contatti l’autore di persona. Anche solo per una questione di professionalità.
Personalmente credo che oggi debba essere ripensato completamente il concetto di “furto” e copyright per quanto riguarda la rete (ciò che avviene con le foto succede ancora di più con video, film, musica, ecc.). Il web è un amplificatore enorme di pubblicità indiretta che può essere, almeno sul lungo termine, altrettanto redditizia rispetto ad un guadagno o una visibilità immediata legata ad un singolo lavoro.
marco says:
Caro Luca ,
hai affrontato un argomento che apre una serie di interessanti questioni, che purtroppo avrebbero bisogno di argomentazioni più approfondite in quanto hanno specfiche attinenze col diritto ed in una breve comunicazione non possono essere esaminate tutte, comunque proviamo a sintetizzarle semplificando:
– è giustissimo che ognuno possa decidere di fruire come vuole del proprio lavoro attraverso la rete anzi è un bene che ciò avvenga, sono le porte delle possibilità che l’odierna tecnologia ci offre e sarebbe errato non utilizzarle;
– l’uso che persone fisiche o giuridiche fanno di beni di proprietà altrui ( nel nostro caso: fotografie) per normativa nazionale e Convenzioni internazionali collegate ( da Berna a Parigi ) impongono di citare il proprietario del copyright nell’uso che si fa del bene di costui,
e nel caso delle fotografie il proprietario, infatti, per tutelarsi dovrebbe pubblicarle con la dicitura: Copyright nome cognome e anno, così che, chi ne facesse uso senza il consenso del proprietario ( quindi illecitamente) almeno saprebbe che dovrebbe citarlo, ma nella legislazione italiana vi è di più, infatti la fotografia viene ad essere tutelata da un uso che altri ne fanno solo se, oltre al requisito prima citato, l’opera abbia anche il requisito della creatività e sul punto casca l’asino perchè ad oggi, nel silenzio della legge, non si sa con che parametri si debba indicare tale elemento;
normalmente in sede giudiziaria l’esame viene sottoposto ad un perito ma anch’egli deve valutare secondo parametri generali e personali non essendo mai stati specificati gli elementi sui quali fondare un esame per definire tecnicamente cosa renda un’immagine creativa rispetto ad una non creativa, e su questo punto la fantomatica testata dell’editoriale L’Espresso è da sempre la migliore ad utilizzare le foto altrui senza citare
il nome dell’autore e senza riconoscere un contributo a chi ne è proprietario;
preciso che le sanzioni sono sia civili che penali;
se non erro, anni or sono Tau Visual e altre autorevoli associazioni fecero presente , con lettera al direttore E.Mauro, del l’uso illecito fatto su alcune testate, di foto di fotografi di guerra dell’ associated press senza citare ne loro, ne l’agenzia;
tutto ciò è importante perchè chi svolge un’attività lavorativa è giusto che debba essere rispettato e tutelato
e possa, se lo desidera, usare e far usare i suoi beni o opere come lui stesso ha deciso e non come altri decidono di fare;
questa precisazione è d’obbligo per gli autori che desiderino, poi, accettare di utilizzare la rete come opportunità pubblicitaria del proprio nome, attraverso l’uso delle proprie opere …
ciao a tutti
Luca Pianigiani says:
Grazie per le precisazioni, che sono utili in quanto complementari al discorso fatto. Siamo di fronte, secondo me, ad una visione che però non si preoccupa “formalmente” di diritto d’autore, ma di strategia da adottare, e il pensiero – visto che arriva da un fotografo – è ancora più importante perché testimonia un approccio nuovo, e cerca di trarne delle conclusioni utili. Forse più utili di quelle che sono le normative, ormai così vecchie che è difficile usarle come riferimento reale del mercato.
Aggiungo che per tutti potrebbe essere (lo dico da anni) interessante leggere i libri di Lawrence Lessig (per esempio: Cultura Libera, che si può scaricare liberamente e legalmente da qui: http://www.web-libero.it/e_book/lessig-lawrence_cultura-libera/ oppure acquistare a pagamento nella sua versione cartacea o nella sua versione digitale sugli eStore) per capire il fenomeno, che esce dalla logica puramente legale e spazia in quella della moderna realtà digitale che ci circonda ,-)
Luca di Toscana says:
Luca, o io non ho capito niente, o l’argomento del post non è affatto lontano dall’abuso subito da Flavio.
Ben Roberts lamenta da un lato un uso incontrollato delle sue immagini, dall’altro si “consola” per la diffusione e la notorietà. Anche a Flavio hanno fregato la foto, ma ahimè niente citazione dell’autore e niente “consolazione”. Ora possiamo dissertare per ore e ore se, e come conviene approcciarsi a questo nuovo mondo, ed i suggerimenti di Roberts sarebbero saggi e sensati, ma il problema principale pare essere ancora una volta quello etico-culturale, mentre nel resto del mondo si fregano le foto ma si cita la fonte o l’autore , in Italia si fregano le foto e basta, tanto che ci vuole… a fare una foto son buoni tutti… anche con il cellulare.
Ancora una volta vince la mancanza di cultura e l’alienazione dell’etica in nome della libertá ( in questo caso d’informazione ) .
In merito ai contenuti viralizzati, è fuori discussione che occorre una buona dose di preparazione, di conoscenza attiva della rete e delle sue necessitá, ma occorre anche una certa dose di fortuna, l’abilità fotografica in quanto tale, ormai conta come…. il 2 di briscola.
Luca Pianigiani says:
Ciao Luca,
forse la risposta è scritta nelle tue parole. Se l’Italia è un mercato che non rispetta la fotografia, allora bisogna pensare ad un mercato più largo, dove magari ti rubano le immagini ma hanno rispetto per il tuo lavoro e creano “indirettamente” delle opportunità. Per questo dico che la tematica su cui discutere non è quella di dire “che ci sono i cattivi”, ma come fare in modo di trarne vantaggio e come fare in modo che prevalgano i vantaggi. Altrimenti questo discorso poteva essere quello fatto 5, 10 o 50 anni fa, ed è stato fatto da molti in passato. Non trovi?
Luca di Toscana says:
Certo che si, ma per noi per la nostra tradizione la nostra formazione, è molto difficile familiarizzare con i meccanismi del web, ed addirittura imparare ad anticipare le esigenze; mi auguro che ti continui supportarci in questa direzione con i tuoi contenuti che valgono molto più del valore nominale.
;-)
Massimo says:
Buongiorno a tutti,
Interessante questo articolo, ma a me viene da dare sempre la solita risposta: “magari si comportassero tutti in questo modo”!
Io molte volte ho subito dei “furti” del genere, e non solo non mi hanno citato come autore, ma a volte mi hanno addirittura tolto il credito che avevo inserito in basso all’immagine.
Non sono state le grosse testate nel mio caso, ma musicisti più o meno famosi e d’oltre oceano. Gli italiani invece mi hanno dato prova di correttezza, nella maggioranza dei casi.
Oltre a ciò ricevo spesso da questi “personaggi” (o personacce!) richieste di poter avere (e usare) le mie foto in alta risoluzione, for free, rivendicando il fatto che nella foto ci sono loro e quindi non ritengono corretto che io chieda di essere pagato (e non chiedo grosse cifre!). Anzi, spesso ho ricevuto da loro la proposta di essere ricompansato con l’aggiunta dell’indicazione dei miei crediti (e specifico: non per usi web, ma per utilizzi su CD o stampa editoriale).
E qua sta il punto della faccenda, secondo me. Mi sembra che sempre più spesso ti propongono l’inserimento del credito come sistema di pagamento. A me potrebbe anche andar bene questo tipo di “pagamento”; ma allora per assurdo vorrei anche io poter avere la possibilità di farlo, citando il nome del supermercato che mi ha dato la pasta gratis, o il barista che mi offre il caffé ogni mattina… Quindi istituiamo anche la spesa virale!!
Scherzi a parte, ribadisco, ben venga che riportino i crediti in un articolo “uso web”, ma io ho l’impressione che passi sempre di più il concetto dell’indicazione del credito come modalità di pagamento anche per immagini in alta e per scopi commerciali… E non vorrei che questo sia il passo successivo alle politiche virali.
Non so, forse son troppo negativo io, però…..
Un saluto a tutti e grazie per il vostro lavoro! :)
Massimo
Sandro says:
un post per Massimo ..condivido .eh infatti una volta la battuta l’ho provata a fare anch’io se mangio la pasta di quella marca magari lo scrivo sul mio sito oppure appunto al mio avvocato potrei dire guardi mi ha fatto vincere la causa metto il suo nome con un ‘articolo sul giornale invece che pagarla ecc ma guarda caso invece si pensa questa cosa solo per le immagini e i video che sembrano tutte le volte carta straccia.
D’altronde questo fenomeno non farà altro che far decadere la qualità delle immagini nel tempo perché come si dice a Firenze senza ‘i lillero ‘un si llallera
di nuovo Ciao
Massimo says:
ciao Sandro, grazie per la risposta, ho vista solo adesso. Capisco perfettamente quello che dici, ma penso che è una partita persa perché ci saranno sempre di più quelli che vorranno entrare nel mondo della fotografia come “professionista” e inizierà (e continuerà) a fare fotografie a prezzi stracciati (o regalate) sperando di guadagnarsi un mercato. Quindi mi sa che bisogna organizzarsi la professione in altro modo, e bisogna anche velocemente capire quale modo.
Riccardo Marcialis says:
Buongiorno a tutti.
Non mi è possibile immaginare quale sia la vostra età media, cari colleghi, ma Luca che ne ha un po’ di più senz’altro conosce l’origine, o causa, di questa modalità.
Vent’anni fa, noi fotografi, pensavamo che certe cose si facessero solo in Italia. Quello di vedere utilizzate foto fatte per altri e abusate da terzi era lo sport preferito dai gruppi editoriali italiani. Negli altri paesi, all’estero, queste cose nemmeno le sognavano. Ma non è sempre stato così.
Pensate che in Italia esisteva un’organizzazione, GADEF, che tutelava il lavoro e il nome dei fotografi tramite le agenzie fotogiornalistiche che essa stessa raggruppava.
Ogni anno il GADEF, io stesso facevo parte del direttivo, si incontrava con i rappresentanti di tutti i gruppi editoriali per definire gli aggiornamenti economici ed etici riguardanti i compensi e le modalità dei servizi fotografici. Oggi non ce lo sogneremmo nemmeno.
Perché vi racconto questo?
La causa del deterioramento di un rapporto che poteva confermare e rafforzare la professionalità dei fotografi italiani (almeno per qualcuno) è stato un desiderio anarchico di essere individualisti a tutti i costi.
Le associazioni nazionali di fotografi professionisti si sono sgolate nel rammemorare ai fotografi che il detto: “L’unione fa la forza” funziona sempre. Dovunque. Con chiunque.
Ma questo in Italia, probabilmente non funziona.
Tra le molte cose che l’innovazione tecnologica ha degenerato c’è pure la nostra. La fotografia.
Sul quotidiano inglese The Gardian, è uscito un articolo che inveiva – ragionevolmente secondo me – nei confronti dei bloggers e dei giornalisti, specializzati nel food, che si improvvisano fotografi. La lamentela, molto seria, verteva sul fatto che le loro immagini infangano la buona e bella immagine dei cuochi inglesi.
Le “cose” che mi capita di vedere sulla rete oltre che rabbia fanno venire nausea.
Per concludere. Se piangiamo da soli probabilmente pochi ci sentiranno. Se, invece, lo facciamo tutti assieme sarà più facile essere consolati e… ripagati.
Un abbraccio. Riccardo
Alessio says:
Quando sento queste cose mi viene sempre in mente cosa dice il mio amico vecchio informatico:
“se non vuoi che una cosa rischi di essere presa un po’ da chi gli pare, basta non metterla nel web”
Non voglio dire che non sia giusto citare l’autore ecc, ma dico solo che io quando metto dei materiali sul sito web, e socialnetwork metto già in previsione che possa venir fatto un uso diciamo “improprio”.
Ripeto. Questo non significa che NON SIA GIUSTO far rispettare un diritto e dovere, ma a volte magari bisogna anche cercare di trarre un vantaggio da una determinata situazione che, probabilmente, non saremmo mai in grado di far cambiare o risolvere.
Ciauuuu
alle bonicalzi says:
Io credo che – davvero – non ci sia altro da fare che ‘volgere in positivo’ il potere, la capillarità e la viralità del web.
Imbrigliarlo? Impossibile!
Opporvisi? Obsoleto!
Dialogarci ‘dentro’? Doveroso!
Come?
Lo stiamo imparando giorno per giorno, ciascuno per la sua strada… ciascuno con la propria potenzialità e i propri limiti!
Faticoso?
Sì, ma anche fantastico!
Giochiamocela!
Ciaooooo
alle
Sandro says:
Per come la penso io credo che tra un po saremo già al giro di boa di questa storia, sono stato tra quelli che ha sempre cercato di NON mettere le foto su flickr su FB e simili pur capendo appunto il significato della diffusione viral ma siccome penso ancora che professionista ( per qualsiasi lavoro)voglia dire chi come me mangia beve e si mantiene con quel tipo di lavoro credo davvero che sarebbe il caso di chiedere a chi diffonde a iosa foto video senza prendere un euro quali riscontri abbia avuto da questo sistema e parafrasando lo chiederei a tutti quelli a cui viene offerto uno “stage” presso la grande azienda e che inizialmente per come era concepito poteva avere i suoi buoni propositi ma che poi invece diventa un avere manodopera a costo zero. Il discorso è lungo e ormai quante sono le”famose” agenzie per le quali ho lavorato anch’io e che ti dicevano manda manda le foto, loro si fanno la vetrina con le tue immagini e SE le venderanno si vedrà…sempre che poi ti paghino… Infine sono abbastanza schifato e lo dico da fotogiornalista che non solo si usino le immagini prese dal mercato gratis del web ma che poi vengano utilizzate da altrettanti improvvisati giornalisti che nel momento che scrivono non sanno nenache se quella immagine poi rappresenta quel posto, la tagliano, la violentano e alla fine offrono una notizia che manco corrisponde al vero e di cui nessuno è responsabile. Per cui rimarrò NO VIRAL e no FB, Un saluto a tutti
Luca Pianigiani says:
Ciao Sandro, il problema è che nella chiusura si perdono probabilmente molte più opportunità di quelle che si guadagnano “proteggendo”. Ovvio che è una scelta lecita, ma purtroppo non paga in termini globali. L’atteggiamento critico e negativo rispetto alla diffusione della nostra capacità professionale e creativa rende più solitari e trasparenti agli occhi del mercato. Il libro che ho consigliato di leggere in uno dei miei commenti ti consiglio di leggerlo, anche solo per cultura personale, per poi decidere eventualmente di rimanere sulle tue posizioni, o di guardare anche oltre. Con simpatia, buona giornata!
giuseppe says:
a proposito di virale…
sapete qualcosa di questo RIPPLN?
stà esplodendo!
saluti…
http://www.startmyripple.com
https://www.facebook.com/Rippln
Luca Pianigiani says:
per ora se ne parla… vedremo quando accenderà i motori ;-))
mario says:
Salve,
non so bene ma leggendo i post di Pianigiani spesso ho la sensazione che in realtà più che decidere, determinare, indirizzare, governare in sostanza, tutti questi processi spesso si sia solo in “rincorsa” di cose che succedono. Quello che succede sopra, sotto, avanti, dietro e tutto intorno al web non è comunque qualche cosa che arriva da Marte ma è determinatto dai nostri comportamenti e dalle nostre decisioni. Se si decide in un modo o in un altro il web sarà in un modo o nell’altro. Pare che lo strumento ( matrix :-) ) abbia vita propria e che sia esso a decidere le sorti degli umani. :-)
Io negli ultimi 6 anni ho visto migliaia di fotografi aprire siti internet e passare giornate a pasturare ( o a farsi pasturare?) la rete di ogni social network ciononostante questo la professione ogni anno subisce colpi durissimi e mi pare che relamente a vedere risultati siano… tutti quelli che sono nell’indotto di internet e che forniscono servizi ai suddetti fotografi :-) :-)
e se provassimo a leggere qualche libro in più invece di dannarsi troppo ad ottimizzare jpeg da postare su millemila contenitori ?
ps . ho visto che molti dei frequentatori sono operatori del settore servizi ai privati non è il mio ma e mai possibile vedere ancora oggi professionsiti che non conoscono p-e-r-f-e-t-t-a-m-en-t-e i momenti e i tempi di una cerimonia?
Alessio says:
Per Sandro.
Comprendo quello che dici e credo che molto dipenda dalla tipologia di servizio che offri in ambito fotografico.
Se sei fotografo di matrimoni/cerimonie “probabilmente” (dico “probabilmente” perché non faccio questo tipo di servizi) hai un ritorno migliore nell’investire 1000 euro nell’allestimento di una bella vetrina/showroom in una piazza o centro commerciale piuttosto che investire 1000 euro nella creazione di una struttura web.
Viceversa chi offre altri servizi, tipo servizi per aziende per citarne uno che faccio io, nel 50% dei casi viene contattato grazie al “passaparola”, nell’altro 50% da contatti diretti tramite ricerca sul web. Se poi andiamo a guardare i servizi come “corsi di fotografia/workshop” allora li non c’è quasi storia… chi cerca un corso di fotografia/workshop cosa fa? Va a chiederlo al negoziante di fotografia della sua cittadina? Si beh… qualche anziano in pensione lo fa…. gli altri invece vedono il sito di un fotografo, rimangono esaltati dai suoi lavori e quando leggono che questo fa corsi di fotografia/workshop sono anche disposti a pagare 3-400 euro per evento…… E non sto sparando numeri a caso perché ci vivo in questo ambiente. :D
mario says:
@Alessio
tutti ci viviamo ( o sopravviviamo :-) ) in questo ambiente se intendi l’ambiente professionale.
Personalmente conosco diverse persone, cosiddetti fotoamatori evoluti, che realizzano fotografie di quaità alta, si, le loro però. non sono attrezzati a risolvere problemi fotografici, giustamente, non è il loro mestiere.
Conosco persone che realizzano immagini di buona qualità e con una sufficiente flessibilità ma francamente sono degli orsi caratterialmente, non credo che il solo mostrare le loro foto , web o non web, “automaticamente” possa convincere qualcuno a seguire un loro eventuale corso. mi spiego?
forse invece realizzare qualche dispensa, qualche articolo, qualche intervento magari una volta per un ordine professionale, una volta su qualche rubrica locale… chessò magari dopo qualche tempo, se non spari proprio sciocchezze, potresti pure crearti un minimo di reputazione anche se le tue immagini non fanno gridare al miracolo e non girano a tutti i costi sul web.
;-) :-)
Alessio says:
@Mario
Il lato umano, per chi intende lavorare a contatto con le persone è requisito essenziale e condivido a pieno quando dici che se uno è un “orso” alla fine può anche essere un fenomeno ma non combina nulla….. ma non centra nulla col discorso che ho fatto io. Come ci sono gli “orsi” ci sono anche quelli bravi. :D
L’unica cosa che non mi torna del tuo discorso è come un fotografo professionista possa farsi una reputazione (positiva presumo intendessi) se poi quello che predica non rispecchia quello che sa fare nella realtà. Mi spiego?
;-) ;-)
mario says:
Buon 1 Maggio
Da tutte le parti ci viene detto da tempo che la professione è cambiata, che il mestiere è scomparso, che le nuove tecnologie ecc ecc ecc, bene se in tanti si lanciano a testa bassa, ( e spesso in maniera scomposta) , nella “rivoluzione” per ri-convertirsi perchè un medio professionista non potrebbe puntare a rafforzare altri aspetti magari rispolverando un sapere lasciato su una pergamena in un cassetto?
Il concetto di fondo, ddi tutti gli interventi che l’autore di jumper scrive, che credo si debba sposare è essere flessibili, curiosi e rinnovarsi…ma non sono affatto convinto che questo coincida solo e soltanto con i social network e la rete.
@Alessio proprio oggi che letteralmente la produzione di immagini è veramente alla portata di tutti il “sa fare”
deve coniugarsi ancora di più con il “sapere” ed “il saper essere”
è un discorso molto più pratico di quanto sembri ( le bollette arrivano per tutti)
una volta il fotografo era quello che “sapeva far venire le fotografie” , oggi?
rispondere significa forse trovare la propria strada che non sia solo una “rincorsa” un fastfood creato ad arte da altri. mutuando : la centralità del Fotografo nell’era della produzione di immagini di massa :-)
dritto per dritto, ho cercato di mettere, tra il detto e il non detto, anche io una provocazione.
Alessio says:
@Mario
Interessante quello che dici. Ma onestamente continuo a non comprendere cosa vuoi dire (considerato anche il tuo primo intervento dove mi hai citato). :D
Sarà che oggi sono veramente cotto! :D
Buon primo maggio a tutti.
maxfabrizi says:
ciao a tutti in ritardo, visto che rispondo di venerdì e fra tre gg arriverà il nuovo sj. :)
sarò breve e coinciso:
Il miglior modo di proteggere le proprie immagini/video è quello di non metterle online!
Il miglior modo di promuoversi è quello di mettere il materiale online!
Credo che il secondo sia il male minore. Anche dovessero “condivide” tutto.
Oppure c’è una terza via che riporta all’artigiano che diceva che tanto la pubblicità non serve perché basta il passaparola.
Ovvero in ottica 2.0 bisogna creare legami forti tramite i socialnetwork ed essere molto presenti sia online che offline. Sfruttare le recensioni e le segnalazioni che le persone fanno per noi.
Ovvero conoscere le persone ed avere un legame debole online ma rafforzarlo offline e quindi creare un legame solido. Questa è una strada lunga e tortuosa che porta a consumare molte energie e bisogna anche essere portati caratterialmente per fare questo. Ma ripaga.
Questo tipo di approccio porta a creare un rapporto di fiducia con il cliente e quindi ad essere scelti perché il cliente si fida della persona. A quel punto non conta più il portfolio, o meglio non è più fondamentale, ma conta saper risolvere situazioni.
Ovviamente la tecnica e la creatività (non è importante avere la seconda se si è professionisti, mentre la prima è obbligatoria) si da per scontato che siano alla base del proponente.
ciao
MAX
Flavio massari says:
Se prima esistevano dei limiti da non superare, dei diritti da rispettare (d’autore, patrimoniale) e questi non venivano rispettati fino al punto di farne uso smodato delle foto, eliminando qualsiasi credito, cosa accadrebbe se questi limiti venissero abbassati? Cioè, oggi corro un rischio a fregarti la foto, cancellarne i crediti e metterla sul mio blog o sulla repubblica, domani che tu me lo consentirai arriverò a rivendermela e a farti concorrenza, o regalarla a chiunque, per mio vantaggio, a tuo svantaggio (cosa che già avviene oggi nel microstock, vedi recente caso dello scellerato accordo Getty/Google). Il risultato finale è che il fotografo è più povero, perchè la Fotografia è meno rispettata. E non cambierà accettandone il furto (o semifurto). Inoltre un uso virale delle foto può avvenire per foto eclatanti, di valore creativo o documentario elevato; per tutto il resto c’è Mastercard? Quando passa che la foto è un pubblico dominio, passa anche se è la foto della comunione di un figlio, che intressa solo ai genitori… allora come torni indietro poi?
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