Jumper

Muoversi, muovere. La professione, la fotocamera…

Foto: © Foto di Laurent Renault/Shutterstock

Dopo qualche settimana di discussione sui dubbi relativi al come muoversi in questa professione che cambia, cerchiamo di puntare sulle possibili soluzioni. Abbiamo detto che una strada può essere quella di aprire gli orizzonti verso il microstock (che sembra l’unica, o tra le poche aree dove si vendono fotografie), ma non è per tutti per motivi di approccio, di cultura, di aspirazione. Abbiamo parlato di social network, ovvero di usare la potenza della rete per farsi conoscere di più e fuori dai nostri confini, ma molti fotografi sono “asociali” o comunque non pensano che questa sia la strada per loro. C’è una terza possibilità? (e una quarta, una quinta…). Per esempio, quella di riuscire a farsi riconoscere una competenza e una tecnica che altri non hanno e che “oggettivamente serve” ai clienti (perché, ne siamo ormai convinti in molti, sono pochi i clienti che percepiscono o che sono comunque disposti a pagare una qualità più alta ad un prezzo più alto).

E’ da tanto che guardiamo a questa evoluzione con grande attenzione, e siamo davvero felici di essere stati i primi a trattare questo argomento,  a crederci anche quando esperti e competenti hanno definito tutto questo “solo un gadget che non serve a nulla“. Stiamo parlando del video, che si è prepotentemente avvicinato al mondo della fotografia (pur essendone un figlio un po’ “bastardo” da sempre), grazie o a causa delle funzionalità aggiuntive sulle reflex di ultima generazione e a quel pianeta “rosso” che si chiama RED, di cui abbiamo discusso varie volte in questa sede. Siamo in linea, in questo spazio di discussione e di confronto, con il presente che si sta vivendo all’estero e in particolare negli USA, dove il fenomeno sta prendendo forme entusiasmanti, e chi vuole credere in noi (abbiamo dimostrato negli anni di essere abbastanza capaci di individuare i fenomeni che davvero contano, con largo anticipo, no? Fidatevi di noi). Il tema non è “il video” (che ha una sua realtà, un suo linguaggio e una competitività accesa), ma un linguaggio che è nuovo e al tempo stesso antico: quello del cinema. Oggi, il fotografo è in prima linea per proporsi per la realizzazione di film (non “filmati“, non “video“… semmai “corti“, impariamo ad usare il linguaggio giusto per distinguerci) che diventeranno un’esigenza e un’aspirazione di un mercato enorme. Vediamo il perché (e vado a punti, perché di questo ne stiamo discutendo così tanto al nostro interno/grotta virtuale di Jumper che potremmo riempire un libro).

1) I clienti hanno sempre più bisogno di strumenti di comunicazione “multimediali”, (più che “fotografie”) che vengono distribuiti su media digitali (siti internet, DVD, pubblicazioni e brochure digitali), e le fotografie, pur utili e fondamentali, si integrano sempre di più all’immagine in movimento. La foto è sintesi, l’immagine in movimento cattura l’attenzione e rende tutto dinamico. Cosa significa? Che o prendiamo la “commessa” tutta insieme, o saremo quelli che “fanno le foto” e altri saranno quelli che fanno “il video”.

2) La tecnologia attuale consente di ottenere immagini fisse da filmati video con una qualità sufficiente per stampare una copertina di una rivista come Esquire (l’abbiamo tra le mani in questo momento). Questo significa che se bisogna “tagliare” è possibile tagliare il costo del fotografo e ottenere immagini “fisse” usando il video. Snort

3) Una produzione video viene fatta pagare di più di una produzione foto. Anche perché è più impegnativa, vuol dire che è più difficile “improvvisarsi” filmaker che non fotografo. Serve una gestione di una troupe, bisogna essere capaci di illuminare spazi più ampi per seguire il movimento di macchina, servono attrezzature più costose. Insomma: il risultato dello sprovveduto nel video è più evidentemente scarso rispetto a tante tipologie di ripresa fotografica.

4) Siamo abituati ad una qualità “televisiva” che pur scarsa dal punto dei contenuti, in Italia è molto elevata dal punto di vista tecnico. Anche un cliente poco attento e competente sulla qualità, si accorge se una ripresa video fa schifo.

5) C’è anche il microstock del video, ma non a caso viene valutato molto di più della fotografia. Questo significa che c’è spazio per vendere a costo più alto anche brevi filmati “stock”

Ok, abbiamo identificato alcuni (tra i tanti) motivi per cui è interessante credere ed investire nella ripresa “cine“-video. Ma perché parliamo di “cinema”? Perché la resa meravigliosa di queste D-SLR (che da oggi chiameremo V-SLR, dove la V sta per Video) non assomiglia al video, ma al cinema. L’uso di sensori di grandi dimensioni (ne abbiamo parlato tante volte) che si misurano in cm e non in mm permettono l’uso di piani di messa a fuoco, di prospettive, di uso della profondità di campo che rientrano nel linguaggio del cinema, e non del video (che con le videocamere broadcast hanno sempre tutto a fuoco, se non usando trucchi). E la resa ottica degli obiettivi delle reflex consente risultati eccezionalmente emotivi. A questo aggiungiamo la resa, in condizioni tra le più disparate (le nuove Canon EOS 1D Mark IV e Nikon 3Ds possono lavorare fino a 102.400 Iso, anche in video!), aggiunge potenzialità incredibili.

Oggi, acquistando una reflex che comunque risponde a tutte le esigenze qualitative per la fotografia, abbiamo “gratis” una macchina da presa cinematografica, e se non vogliamo ora comprarla possiamo noleggiarla, spendendo proprio poco al giorno (120 euro, da listino noleggio FCF, a Milano) e iniziare a fare prove. Tanto per capirci, una macchina da presa cinematografica costa al giorno migliaia di euro, anche perché richiede un operatore di macchina, senza il quale non si fa nemmeno un secondo di ripresa. Se avete dei dubbi qualitativi, sappiate che oggi le case di produzione cinematografiche stanno usando queste reflex per fare molti lavori, e le giudicano eccezionali, addirittura uscendo poi “su pellicola” per la proiezione nei cinema.

Ci sono altri elementi da prendere in considerazione: accessori, soluzioni, trucchi che permettono di fare riprese di eccezionale qualità, con una flessibilità incredibile, usando un apparecchio piccolo che ci permette di fare cose che con una macchina da presa spesso sono impossibili. E poi c’è il software: da quando è uscito Photoshop CS4 Extended è possibile realizzare interventi sul video con grande facilità… basta conoscere Photoshop e i fotografi sanno usare Photoshop, no? Oltre alla possibilità di lavorare oggi con il video con grande facilità anche con sistemi non potentissimi (QuickTime 10, su SnowLeopard consente delle cose meravigliose, da far cadere la mascella), iMovie e FinalCut su Mac, Adobe Premiere su Win e Mac, eccetera.

Cosa vuol dire tutto questo? Che possiamo allargare la nostra visione (e la nostra possibilità di fatturare) con sforzo minimo, ma con tanta competenza: è arrivato il momento di dimostrare con i fatti che sappiamo guardare, inquadrare, illuminare… il video/cinema non perdona, dobbiamo essere proprio bravi, o possiamo diventarlo, se abbiamo la stoffa, e proponendo al cliente le foto, le riprese in movimento (architettura, moda, industriale, matrimonio… proprio tutto) con un budget che ovviamente non è quello della “sola fotografia” e che tra l’altro può basarsi sui budget delle case di produzione. E possiamo fare tutto in un solo momento, unificando una serie di costi che portano ad essere competitivi non perché “scontiamo” il lavoro, ma perché due strutture inevitabilmente costano di più di una.

Se vogliamo credere nel nostro futuro, ma vogliamo essere contemporanei e quindi comprendiamo che il mercato si è mosso e si muoverà, se pensiamo che la fotografia sia fatta di luce, di capacità di portare le persone a seguire un percorso visivo che abbiamo determinato noi, di tecnica, di sensibilità, di capacità di emozionare, arriveremo tutti alla conclusione che fotografo e regista sono due professioni vicine, che fotografia e direzione della fotografia sono la stessa cosa, anche se con sfumature da approfondire. Cosa vi manca, per iniziare questa nuova strada con il piede giusto, dando una risposta davvero professionale, per togliere quei dubbi (tecnici, gestionali, strutturali)? Noi li abbiamo sintetizzati in un Jumper Camp che faremo il 17 novembre, a Milano, presso il nostro consueto spazio di convegni, presso DPF. E’ il primo corso che si fa in Italia su questo tema, ed è una panoramica fittissima delle tematiche che abbiamo identificato, confrontandoci anche con il meglio che si sta facendo nel mondo. E lo abbiamo sviluppato insieme ad un amico fotografo, che è stato tra i primi a credere in questo “modo di fare fotografia… in movimento”, Marco Nero, che ci affianca per dare quell’interpretazione da fotografo, che può raccontare la sua esperienza e la sua visione, e con il quale stiamo preparando i contenuti, per mostrare, e non solo “dire”, per provare e non solo “dichiarare”, per far capire come è possibile dire “Yes, we can do it!” al di là di quello che possiamo leggere sulle specifiche delle fotocamere.

Questo è il primo JumperCAMP della serie 2010. Lo facciamo a novembre 2009, ma è già pensato e strutturato sulla base delle esperienze, dei consigli, delle critiche della prima serie di corsi. Abbiamo imparato moltissimo, grazie e insieme a voi, e siamo entusiasti di quello che abbiamo messo e stiamo mettendo in pista, unendo formazione e informazione con uno stile e con le esigenze che appartengono a tutti noi, che in questo mondo della fotografia vogliamo continuare a vivere e ad avere soddisfazioni.

Vi segnaliamo, come al solito, che i posti sono davvero limitati, quindi vi consigliamo (per evitare delusioni) di iscrivervi subito, per avere garanzia del vostro posto prenotato. Ci vediamo il 17 novembre, per muoverci, per muovere il futuro. E sarà un percorso che faremo insieme, non vi lasceremo soli, abbiamo studiato, stiamo studiando e studieremo per essere un supporto e un luogo dove far crescere questo mondo che si muove. Perché, diamine, vogliamo muoverci!