La fotografia, per noi che la viviamo da dentro, sembra un mondo che sta soffrendo. Ci sentiamo sotto pressione, in difficoltà, sembra che tutte le porte si stiano chiudendo, una dopo l’altra. L’ultima, in termini di tempo, è che in Francia sono state installate oltre 2000 “macchinette” gratuite per le fotografie del passaporto “biometrico”. Ne saranno contenti quasi tutti i francesi, a parte i fotografi, che dichiarano di perdere di colpo, qualcosa di vicino al 15-25% del loro fatturato e che dichiarano che 100 milioni di Euro di danaro pubblico alla fine porta solo al distruggere posti di lavoro. C’è una petizione on line per cercare di fermare… un’onda che probabilmente non può essere fermata. Lo diceva giustamente l’amico Roberto “Bob” Tomesani, di Tau Visual, negli incontri che stiamo tenendo durante il CCAP (ci siete alla tappa di MIlano, vero? Venerdi 22 maggio!): ci sono settori della fotografia che non si sono ridotti, sono proprio morti, come il mestiere dei cow boys che, con l’arrivo della ferrovia, sono scomparsi.
Eppure, a guardare bene, la fotografia non è stata mai così vivace, come settore e come interesse. Per esempio, pensate che la Deutsche Telekom, il colosso delle telecomunicazioni tedesco ha da circa 100 giorni aperto on line una rivista dedicata al mondo della fotografia, che si chiama Augenblicke (abbiamo consultato un traduttore online e abbiamo scoperto che significa “Istanti“… insomma, un termine molto affine alla fotografia!). Si tratta di un sito molto interessante, fatto bene e con cura, e – ancora più importante – già di grande successo: in tre mesi, oltre 17 milioni di pagine viste e oltre 1 milione di utenti. Non male, vero? Specialmente considerando la gioventù e anche il fatto di essere in tedesco (va bene che le immagini di valore non hanno necessariamente bisogno di didascalie comprensibili per essere apprezzate). Ma la stessa azienda ha dichiarato di essere interessata a sviluppare ben di più, per la fotografia: lanciare una community di microstock. Ci si domanda: per quale motivo? Forse la risposta ci arriva dai numeri: Deutsche Telekom ha oltre 110 milioni di utenti, in 50 diverse Nazioni, il potenziale di attrazione un bel numero di potenziali “generatori di contenuti” che possono riversarsi in un unico contenitore che può generare traffico e profitti. Di sicuro, il calcolo fatto dai manager dell’azienda è quello che comunque la fotografia e il suo “potenziale” mercato può essere di grande appeal, e questo dovrebbe farci meditare.
Un altro segno importante, anche se di diversa natura arriva da Corbis, che ha inaugurato la sede dove sono stati convogliati – alle porte di Parigi – gli sforzi di quella che è stata definita la Sygma Preservation and Access Initiative, un lavoro iniziato nel 2004 per preservare un patrimonio storico di oltre 50 milioni tra negativi, diapositive, stampe, provini a contatto dell’archivio Sygma. Il tutto, sotto la supervisione di Henry Wilhelm del famoso istitituto che porta il suo nome e che viene costantemente citato tutte le volte che si parla di “test di durata” di stampe, inchiostri e materiali. In una sede di oltre 800 metri quadrati sono stipati 7000 metri di archivio (per capire meglio, date un’occhiata a questo articolo on line: è in tedesco, ma le immagini sono tante e fanno capire come è stato organizzato l’archivio). L’archiviazione non sarà solo “fisica”, ovvero per preservare i materiali, ma è prevista (e non ancora ultimata) la digitalizzazione delle immagini più importanti (Corbis stima in circa 800 mila le scansioni da realizzare, per ora siamo al 10%… insomma: è più semplice ed economico mettere in condizioni ideali 50 milioni di materiali, dal punto di vista della temperatura e dell’umidità, che non digitalizzarne 800 mila…).
Il senso, per farla breve, è che la fotografia è un bene che risulta di grande attrattiva anche per chi non la vive da “dentro”, è “cool”, e molto si sta facendo per preservarne la sua storia e la sua cultura. Una volta, quando ero un ragazzetto e studiavo fotografia, una professoressa illuminata mi ha mostrato una grande verità che rimane ancora un mio faro (uno dei fari…) nell’analisi degli scenari futuri: quando si vede che ci sono investimenti importanti in un settore, vuol dire che se ne prevede un futuro luminoso. Certo, si possono fare dei grandi errori di valutazione (i CEO delle società sono talvolta poco illuminati… o mal consigliati), ma è probabile che se anche noi non riusciamo a vedere la luce, questa luce c’è. Troppe tendenze, troppi investimenti, troppe attenzioni stanno migrando verso il mondo della fotografia, anche da settori ben distanti e che potrebbero rivolgersi altrove. Se non vi ritrovate in questo ottimismo, forse siete voi a guardare dalla parte sbagliata, e sarebbe la più “bella-brutta notizia”: meglio scoprire che si sta sbagliando, perché la realtà è migliore di quella che ci sembra, piuttosto che il contrario…no?
Dobbiamo orientare lo sguardo dove la fotografia ha senso, verso i mercati che si aprono, verso il mix tra fotografia e comunicazione, tra fotografia e multimediale, tra fotografia e arte. E se non dovesse chiamarsi più fotografia, forse questo sarebbe il meno… anche se siamo convinti che proprio nella sua essenza, la fotografia (e il suo nome, la sua cultura, il suo modo poliedrico di raccontare il mondo) troverà il suo futuro. Ed è per questo che noi e voi siamo qui… e ci incontriamo ogni domenica a parlare di un futuro che è certamente meno negativo di quello che qualcuno vuole disegnare (per proprio vantaggio, probabilmente). Si, perché – uscendo dal seminato della nostra fotografia – si parla tanto di crisi e di tagli di personale, sembra che mai come oggi le aziende stiano riducendo gli organici. Eppure, guardando questa statistica relativa agli USA, sembrerebbe che si… il momento non è felice (il peggiore, da questo punto di vista, degli ultimi sei anni), ma nulla in confronto al 2001 (meno della metà). E dal 2001, con tutti i suoi disastri, siamo usciti. Ce la faremo, ce la faremo tutti!