Le fotografie che si scattano oggi sono “orribili“? Abbiamo perso il valore della fotografia, in questi anni? Sono domande che mi pongo, e non so se sono in grado di dare risposte. Eppure, di fotografia non solo ci vivo da 35 anni, ma – pur in piccolissima parte – ho lavorato e lavoro in questo settore per dare un minuscolo contributo culturale, tecnologico e formativo. Non lo so, o forse semplicemente non so se è il momento di dire quello che mi passa per la testa, specialmente quando leggo e vedo azioni e reazioni che tendono a lapidare il periodo storico, e anche i mezzi moderni con cui si realizzano fotografie. Quando vedo – specialmente gli esperti e i professionisti – giudicare con sdegno il fenomeno culturale della fotografia moderna, sempre più penso che questa sia solo una reazione fatta di debolezza, di insicurezza, di invidia, di rabbia.
Allora, forse, è proprio arrivato il momento di dirlo: non a voce alta perché questo è un luogo piccolo e circoscritto, ma con decisione, senza quel manierismo che porta a fingere di dire le cose per non urtare gli animi forse fin troppo sensibilizzati: la cultura della fotografia non è mai stata così elevata come oggi, e domani lo sarà anche di più.
E’ forse un’eresia? Beh, attenti che ne dirò parecchie, e saranno ancora più eretiche. Mi domando in cosa stia la differenza tra “l’arte della street photography” dei maestri di un tempo – quelli che hanno scritto la storia della fotografia – e i milioni di persone che ogni giorno fanno street photography, magari anche con un cellulare per le strade del mondo?
Prima di rispondere (voi che leggete), fate una valutazione seria: all’epoca – solo per fare un esempio – di Cartier Bresson, quante erano le persone che andavano in giro a fare fotografie per le strade con una Leica al collo? E per ogni foto meravigliosa del fotografo francese… quante foto orribili (anche tecnicamente… sfuocate, mosse, sottoesposte, ma in questo caso parliamo quasi esclusivamente di arte, messaggio, composizione) sono state scattate, in quel periodo “d’oro”? All’epoca c’erano i maestri e c’erano gli incapaci, solo che le foto degli incapaci non trovavano spazi, non venivano pubblicate, quindi non esistono, non sono mai esistite.
Oggi? Oggi no: oggi tutte le foto hanno lo stesso spazio, democraticamente Facebook offre le stesse possibilità a tutti, e al tempo stesso questa immensità di immagini, scattate e vomitate online ogni secondo, rende ancora più difficile individuare, riconoscere, identificare e premiare i bravi. Vediamo, è vero, molte più fotografie brutte, ma ne possiamo vedere anche molte di più belle. Dobbiamo solo scovarle, chi non le trova, chi non le vede significa che non sa cercare, o forse che rimane solo negli ambiti più popolati da fotografie “brutte”, forse perché alla fine amano proprio questi ambienti che tanto sdegnano.
Ammettiamolo: in percentuale oggi ci sono più bravi fotografi rispetto al passato… e non perché siano migliori, ma perché sono numericamente di più, ma questo calcolo statistico non è un sufficiente giudice della situazione attuale. Il concetto è che la cultura dell’immagine è cresciuta, per tre motivi:
1) Vediamo (chiunque, non solo alcuni privilegiati) molte più immagini, e quindi impariamo il linguaggio dell’immagine più che in passato.
2) Facciamo molte più fotografie (e in questo caso, come in tanti altri, l’esperienza pratica è determinante)
3) Gli strumenti tecnici ci permettono di realizzare immagini di qualità più elevata.
Non ne siete convinti? Pensate che compatte e specialmente smartphone abbiano contaminato la “bella fotografia”? Non è così, lasciatevelo dire da un vecchio che quando era giovane lavorava in un negozio dove le persone portavano i rullini da sviluppare. All’epoca – 25 anni fa – di tutte quelle foto, la quantità di schifezze che si vedevano non avevano confronto con quelle di oggi: errori di parallasse che creavano foto di gruppo senza le teste, foto totalmente sovra o sottoesposte da non consentire alcuna riproduzione, grana a pallettoni che distruggeva ogni scena e ogni emozione, senza considerare mossi, sfuocati e… foto perse perché “… la fotocamera è stata aperta prima di riavvolgere il rullino”.
Il problema, per i fotografi professionisti contemporanei, non sono i selfie, ma la carenza di marketing da parte di chi dovrebbe (proprio i fotografi) proporre un prodotto di maggiore qualità.
Vogliamo combattere la scarsa qualità dei selfie scattati con ottiche troppo grandangolari e posizioni improbabili? Facciamolo, ma ricordiamoci la mancanza di ritratti delle generazioni precedenti: non è che li abbiamo persi, non ci sono mai stati. Certo, alcuni hanno avuto la possibilità di avere un ritratto da parte di un buon fotografo, e questo sarebbe auspicabile da possedere (e vendere, se siamo fotografi) anche oggi… ma se non c’è questa richiesta o se questa offerta non c’è, nella cultura e nel mercato attuale, il problema non è dei selfie, ma della carenza di marketing da parte di chi dovrebbe proporre un prodotto di maggiore qualità, e in parte anche la competenza (da parte di alcuni) di dimostrare con i fatti che si può avere molto di più di uno scatto a distanza di braccio con un cellulare.
Fotografie orribili, fotografie storiche, fotografie contemporanee
Oggi mi è capitato davanti agli occhi questo articolo, che mostra 20 fotografie storiche. Non sono “belle fotografie”, sono fotografie “storiche”, evocano momenti importanti della nostra storia contemporanea, ci impongono o ci propongono momenti di riflessione su quello che è accaduto e che in parte non ricordavamo, o forse non abbiamo proprio mai vissuto. Ma guardiamole con attenzione: il valore di queste foto, la loro preziosa testimonianza è data dal fatto che qualcuno ha fissato quei momenti su una pellicola, e i mezzi di informazione e di veicolazione ce li hanno portati fino ad oggi. Oggi, abbiamo nelle strade circa 2 miliardi di utenti dotati di smartphone (secondo le più recenti stime), e sono tutte persone che possono registrare immagini. Una piccolissima parte di loro sono degli artisti strepitosi, quasi tutti però saranno cronisti della storia, che potranno consegnare la storia alle prossime generazioni (se non si perderanno).
Nel mondo attuale, i maestri della fotografia che abbiamo amato e che amiamo non avrebbero avuto spazio perché forse non sarebbero stati altrettanto bravi a promuoversi sui social media.
E allora, qual è il problema della cultura attuale? Non certo, per la fotografia, del suo ruolo narrativo storico, non la perduta “qualità assoluta”, perché tra tantissimi che fanno fotografie brutte, ci sono tanti che ne fanno di bellissime e mediamente superiori rispetto al passato. Il problema, quello vero, è quello di poter filtrare la qualità, ma questo non è un compito di chi produce immagini (non lo è mai stato), ma di chi le seleziona, le cataloga, le propone, le conserva. Insomma, se proprio ci sono colpevoli, questi non sono gli “autori”, e nemmeno i mezzi (solo chi non ha cultura può accusare i “mezzi”, qualcuno – evidentemente senza cultura, o forse solo furbo sapendo che sarebbe stata una buona strategia – ci ha scritto un libro, e tanti di quei fotografi che si sentono minacciati sono lì a elogiarlo e citarlo a fior di “like”, ovvero sui canali che hanno generato il fenomeno che vorrebbero combattere). I colpevoli, semmai, sono i media (e la loro colpevole assenza). Sono i media che non si interessano e non si preoccupano di “selezionare”, perché la loro strategia è ormai quella di buttare tutto dentro, senza distinzione: le web galleries sono composte da centinaia di fotografie (spesso pessime, anche se realizzate da professionisti), sui giornali online, perché ogni click, ogni pagina ricaricata vuol dire far girare il contatore dei soldi.
Nel mondo attuale, i maestri della fotografia che abbiamo amato e che amiamo non avrebbero avuto spazio perché forse non sarebbero stati altrettanto bravi a promuoversi sui social media, e non avrebbero dei referenti (picture editor, direttori di riviste, editori) in grado di capire la loro qualità e il loro messaggio intenso e profondo. E lo stesso capita a tanti giovani, che hanno acquisito la capacità del FARE… ma non quelli dell’APPARIRE. Sta alle (nuove) leve dell’informazione, a quelle della (nuova) cultura che invece che puntare sullo snobismo e sul “guardarsi dietro alle spalle” avranno il coraggio, la capacità, la passione, la voglia di scavare tra tanta superficie per tirare fuori le perle che ogni giorno rendono la fotografia quella magia che l’ha sempre caratterizzata e la caratterizzerà sempre… anche se scattata con una scatola di scarpe, con un cellulare o con l’ultima fotocamera, reflex o mirrorless.
Giovanna Griffo says:
La più lucida, intelligente, acuta riflessione su questo “tormentone”, e terribile luogo comune che ormai riempie la bocca della persona media, mai letto finora.
Sei riuscito a dare una forma ai pensieri che da tempo affollavano la mia mente, ho sempre pensato le stesse identiche cose, ma fuori leggevo sempre il contrario.
Mi sento meno sola, grazie per avermi dato una voce così chiara, squillante e razionale.
Buona domenica :)
angelo cucchetto says:
beh, in parte concordo, ma sulla capacità del fare avrei qualche dubbio…
i maestri del passato sono diventati maestri in lunghi percorsi di crescita culturale, tecnica e professionale, spesso soffrendo e facendosi il culo. non empiricamente o per dato genetico.
il fatto è che da una parte diciamo a tutti che il mezzo tecnico non è fondamentale, che un buon fotografo può usare qualsiasi camera, un pin hole, uno spartphone, ottenendo immagini di qualità (ed è vero, considerando la qualità come sinonimo di interessante, bello, denso di contenuto e di concetti, a prescindere dal numero di pixel ovviamente)
Dall”altra diciamo a chi viveva di professione che deve fare piu dei 2 miliardi di esseri umano che possono produrre autonomamente immagini fotografiche.
Tutto vero.
Io credo che l’unico discrimine vero in fotografia, cosi come in qualsiasi campo, sia quello umano, e che valga oggi come 100 o 1.000 anni fa.
talento, capacità di evolvere, passione, iniziativa, cultura e mai smettere di pensare. e di agire. la pigrizia mentale è il vero killer dei sogni, e solo sognatori attivi possono migliorare il mondo (lo dice anche Clooney eh)
questa è l’unica cosa che può innanlzare un fotografo sopra la media.
il vero problema, imho, è la pigrizia mentale della maggior parte degli italiani. gente che non vuole rischiare manco il proprio tempo, e non ne faccio certo un discrimine di età, è pieno di pigri giovani e vecchi.
Branchi di pecore in cerca di pastori, solo che in italia di buoni pastori ce ne sono pochi, e se aspetti un pastore ti arriva sicuro una jena, manco un lupo. di quelle si l’italia è piena.
Luca Pianigiani says:
Io non ho dubbi: su due miliardi di persone, ci sono e ci saranno tanti Maestri e Geni, è una garanzia data dalle statistiche (e tanti che fanno tanti sforzi e che si impegnano, esattamente come succedeva 10, 30, 100 anni fa). Certo che se i media e chi “parla di cultura” si mettesse a disposizione per tirarli fuori, questi valori, sarebbe meglio (invece che fare polemiche o alzare spallucce, e poi perché cerchiamo sempre risposte nel fatto “che in Italia le cose non funzionano? La rete è qualcosa di aperto, non di locale, e la fotografia è il linguaggio più universale del mondo…). Invece, come detto, si cercano solo i click, e si sa bene che non arrivano dalla qualità e nemmeno dalla raffinatezza, ma dalla volgarità e dal trash. La fotografia, i fotografi, il passato e il futuro, le fotocamere, i software… non c’entrano nulla in tutto questo.
angelo cucchetto says:
Luca, che dirti, io di dubbi continuerò ad averne su molte cose finchè vivrò, dubito ergo sum :)
personalmente non cerco risposte al perchè in italia le cose non funzionano, le risposte me le sono date e ne sono abbastanza convinto, ma no nho desiderio di fare proselitismo, ognuno si tenga le sue convinzioni per carità.
sullì’apertura reale (non teorica) della rete direi non è il caso di discuterne qui, già fatto in molti posti, grazie.
sui click, ho opinioni leggermente diverse: stabilito (io con la mia esperienza, poi se non ci credete parlatene un po con vari editori web) che coi click oggigiorno non ci fai grandi soldi se non fai traffico interrnazionale in quantità io vedo, ad iniziare dai social, un gran bisogno di autoaafermazione ed edonismo di molti esseri umani, che sinceramente poco si sposa con creatività e business.
ma magari le vedo solo io ste cose eh… :)
Luca Pianigiani says:
Prova a guardare da altre parti, in giro ci sono tante meraviglie. A guardare indietro si invecchia, attento :-))
angelo cucchetto says:
ahahha a me lo dici? io guarderò avanti finchè avrò vita…. e continuerò a creare progetti, il prossimo parte a metà giugno :)
Matteo Cestra says:
Completamente d’accordo! Riflessione acuta e coraggiosa! Le cose stanno proprio così! Grande Luca!
Massimo A. Rossi says:
Grazie Luca per il tuo sunday jumper di oggi, particolarmente a 360°, come spesso.
Due miliardi di fotografi? Va bene. Foto magnifiche e foto “insomma”. Normale.
E sul web tutti possono pubblicare quello che vogliono. Mi si perdoni la citazione che più o meno dovrebbe essere così: “Non esistono foto belle e foto brutte, ma quelle prese da vicino e da lontano.”
Così abbiamo risolto un aspetto.
Quello cardine, di aspetto, è un altro.
Fotografare, al di là delle macchine che vuoi usare, è un investimento. E non ti basta la passione e neppure avere una storia originale. Certo, puoi comunque trovare dove pubblicare le tue foto. Magari anche su giornali di carta o digitali. Ma, se te le pagano, sono compensi inutili e insulsi. I photo editor non esistono più e c’è un sacco di spazio da riempire. Coi giornali di carta, c’era il concetto (anche se pochi se ne rendevano conto) che lo spazio disponibile era un investimento da far fruttare, per attrarre lettori, per informarli. Ora, c’è il web che distorce: quello stesso spazio, on line, è a perdere. Tanto che basta uno svogliato pezzullo senza capo né coda, disinformato, zeppo di modi di dire insopportabili, per reggere una o più foto, spesso così così. Un mare immenso, torbido e poverissimo. Fatto per le “ad”, la pubblicità, soprattutto dedicate ai siti commerciali che hai già visto. Perché i cookie non dimenticano.
Larry says:
Da una parte è vero: se decuplichiamo il numero dei fotografi decuplicheremo il numero di fotografie orrende, mediocri, belline, bellissime e capolavoro. Se ogni fotografo quintuplica poi la sua produzione aumenterà il numero di foto belle che era abituato a scattare e – statisticamente – ci infilerà un capolavoro in più ogni tanto. Però a fronte di questo bisogna porsi degli obiettivi più alti. Ho sempre pensato, anche riguardando le foto dei Maestri ormai sepolti, che ciò che era bello con la tecnica di anni o decenni fa, fatto oggi lo è meno. La “foto impossibile” che necessitava di un professionista geniale 20 anni fa è facilmente riproducibile oggi con una abilità tecnica base e attrezzature da “poracci”. Anche perché oggi più di temporibus illis i fotografi copiano, scopiazzano, fanno insomma sempre le stesse cose. Solo quattro gatti – bravi, bravi, bravi – fanno foto o veramente superbelle o innovative. La cultura però manca, soprattutto tra la gente di strada che confonde il bello con il buono praticamente sempre. La capacità dalla mandria di bipedi implumi di recepire il concetto che la fotografia non è un esercizio di estetica ma un veicolo di contenuti -anche estetici per carità- ma pure emozionali, sociali, culturali è pari a zero. La fotografia di tipo concettuale, artistica, sociale potrebbe morire e nessuno andrebbe ai funerali. Per farla finita con questo sproloquio: ho visto recentemente le mostre di McCurry e Salgado, ormai anche loro privilegiano l’estetica al “messaggio”, meno contenuto più giochi di luce e colori. Mi sbaglio o una volta non era così?
Luca Pianigiani says:
Larry, il “focus” del mio discorso, se noti, pone l’attenzione sulla capacità di filtrare (da parte dei media o degli “esperti”). Il problema non è la complessità tecnica che si è ridotta nel tempo (perché la complessità tecnica non c’entra con il messaggio, di cui senti – giustamente – la mancanza), ma l’esigenza di trovare (e frequentare) terreni dove la scelta viene fatta a priori e viene proposta con regole più sofisticate, così da premiare e mettere in evidenza chi è davvero bravo. O, almeno, questo è ciò che penso…
Aziza Vasco says:
È la prima volta che commento un tuo articolo, e sento di farlo adesso perché sono davvero molto d’accordo, sia sul fatto che il problema sono i media, sia che in giro ci sono delle cose fantastiche. La decadenza culturale di cui sempre si parla è reale ma non totale. Le cose fantastiche sono elitarie, come sempre del resto. Avere padronanza di mezzi contemporanei, di tecniche che tu spesso citi, non è da tutti. Le possibilità sono davvero infinite. E invece io vedo in giro solo persone che si lamentano, che la fotografia è morta, che i soldi non ci sono. Ma credo che sia solo la paura di fare il salto, sicuramente costoso, dell'”innovazione”, e la sensazione di essere stati violati nella categoria, un po’ come i tassisti con Uber, passatemi il paragone. Il fenomeno dei social è una realtà ed è molto complessa, va districata, ma credo che in mancanza di media attenti sia uno dei modi più democratici per farsi notare da tutti quelli che sentono di avere del talento. E ce ne sono tanti, quindi evidentemente bisogna mettersi in coda. Il problema cruciale dell’autopromozione è sicuramente la pazienza. Senza, ci si sentirà frustrati probabilmente…
Luca Pianigiani says:
Grazie per il tuo “primo” commento, e il paragone con Uber lo avevamo fatto anche noi, qualche tempo fa ;-)
http://www.jumper.it/fotografia-professionale-nellera-di-uber/
Speriamo di risentirci
Aziza Vasco says:
Grazie a te, davvero, per darmi ogni domenica degli spunti davvero utili e interessanti!
Beppe says:
Caro Luca, concordo pienamente sulla tua analisi, ma devo necessariamente fare un distinguo. Sono di quella generazione che sognava di scattare in pellicola 20×25 e che ora spera di fare il prossimo catalogo con uno smartphone.
Il problema per il professionista è sempre stata la credibilità . Affermo da tempo che ognuno di noi non vende fotografie ma sicurezza, cioè sicurezza di risultato rispetto alle aspettative . I mercati sono cambiati e quindi anche le aspettative, ma guai a deluderle, le aspettative.Paghi il prezzo di non essere più “sicuro” e quindi credibile.
Queste parole, solo per rafforzare il senso di speranza dei tuoi post, ma anche per ribadire che il nostro era e rimane un mestiere complesso, che non si risolve con belle o brutte immagini, ma con risultati rispetto alle aspettative.
Questo va compreso profondamente, soprattutto dai “pigri”, vecchi o giovani che siano. E’ e sarà un mestiere di grande “sbattimento” tanto per usare un giovanilismo.
Quanto sappiamo del mondo che appartiene all’oggetto o alla persona che stiamo fotografando? quanto ci siamo documentati? quanto abbiamo studiato per rinchiudere in un frame un’idea che faccia ancora emozionare questo fantasmagorico “cliente”?
Mi auguro che i miliardi di persone che produrranno fotografie continuino ad aumentare, ma rivolgendomi ai colleghi più giovani non posso non dire che un sano pragmatismo è necessario e doveroso quando qualcuno ci paga aspettandosi un certo risultato. E quello, ahimè a volte delude e quindi si esce dalla spirale del “valore” attribuito al nostro mestiere, che rimane pur sempre, il più bello del mondo.
Un abbraccio e un sentito grazie
Riccardo Bergamini says:
Concordo pienamente anche perché su 2 miliardi di fotografi ci saranno anche quelli bravi, con un buon occhio etc…. Quello che mi lascia perplesso e dire che ogni mezzo e valido, si forse per il web, ma se ci di vuole cimentare nella stampa o nell alta risoluzione il mezzo tecnico conta è anche molto.
Luca Pianigiani says:
Ti segnalo un paio di cose, Riccardo: due mesi fa abbiamo mostrato delle stampe a centinaia di fotografi professionisti, che non sono stati in grado di percepire una “scarsa qualità” di una stampa A3 ottenuta da un FRAME di un video fatto con un cellulare (se te lo sei perso, leggi qui: http://www.jumper.it/rivoluzione-video-4k-per-fotografie-stampate-grandi-1-metro/). Con questo, però, non voglio dire che la qualità di un cellulare sia “sempre” al top, anzi: quasi sempre fa schifo, e non voglio dire che oggi non servano apparecchi professionali e di qualità; personalmente uso entrambe le categorie di strumenti, sempre per motivi professionali, perché ho imparato (e imparo, tutti i giorni, non esistono persone che “sanno”, solo quelle che studiano continuamente) a usarli nelle occasioni che servono: a volte, uno è superiore all’altro, per una specifica applicazione.
L’altra cosa da dirti è che la percentuale pari al 90% della comunicazione (quella che, da professionisti, vendiamo) finisce su uno schermo… I mezzi cambiano radicalmente, se non ci guardiamo attorno senza blocchi mentali e senza la mente aperta, rischiamo di non accorgerci che il mondo nel frattempo cambia ;-)
Riccardo says:
Si hai ragione , siamo sempre più soggetti allo schermo, ma credo che: vedere un film al cinema sia meglio, il miglior TV HD Plasma non lo eguaglia, Leggere un libro di carta mi piace di più che leggerlo su l’ipad o altro, ascoltare un concerto di musica classica o moderna o contemporanea dal vivo , è meglio di una riproduzione su un mezzo di altissima qualità. Ci sono delle azioni che comunque sia (mi) piacciono di più se fatte in una certa maniera. Non ho nulla contro le foto fatte con i più svariati mezzi compreso il foro stenopeico, non ho nulla contro la tecnologia anzi, ben venga e che migliori sempre di più. Non credo che però adesso si sia raggiunta la stessa qualità di un micro 4/3 o di un Phase One 50 mp. Forse in futuro. ( miguardo il link che mi hai mandato e ti ringrazio )
Riccardo Bergamini says:
Si hai ragione , siamo sempre più soggetti allo schermo, ma credo che: vedere un film al cinema sia meglio, il miglior TV HD Plasma non lo eguaglia, Leggere un libro di carta mi piace di più che leggerlo su l’ipad o altro, ascoltare un concerto di musica classica o moderna o contemporanea dal vivo , è meglio di una riproduzione su un mezzo di altissima qualità. Ci sono delle azioni che comunque sia (mi) piacciono di più se fatte in una certa maniera. Non ho nulla contro le foto fatte con i più svariati mezzi compreso il foro stenopeico, non ho nulla contro la tecnologia anzi, ben venga e che migliori sempre di più. Non credo che però adesso si sia raggiunta la stessa qualità di un micro 4/3 o di un Phase One 50 mp. Forse in futuro. ( mi guardo il link che hai mandato e ti ringrazio )
Luca Pianigiani says:
Troverai in me sempre qualcuno che difenderà le emozioni, quelle cose che non necessariamente sono “tecniche” o nemmeno delle “certezze”… solo qualcosa che ci fa piacere, che ci piace più di un’altra. Il prossimo numero di JPM sarà ANCHE su carta, e sarà probabilmente la cosa più bella che abbiamo fatto da anni. La competizione non deve invadere la sfera delle percezioni, ancor meno delle scelte. Il “mestiere” invece, e di conseguenza il mercato, ha regole e ragioni più spietate e in questo spazio – anche col rischio di apparire cinico – a volte devo ricordarlo a tutti, me compreso. ;-)
Umberto says:
Ciao, ho partecipato solo una volta ad una giornata jumper, due anni fa direi,, ci ho messo un po’ a metabolizzare, ogni tanto penso a quel signore che disse: preparatevi a tante piccole commesse in futuro… Rleggo sempre i tuoi sunday per cercare di capire bene quello che scrivi e penso anche quanto sei logicamente “controcorrente” pubblicando un pezzo di domenica in modo che si possa sia leggere immediatamente fuori dal caos del lavoro oppure il lunedì come prima cosa…
Mi è piaciuta tanto la pellicola ai tempi della scuola ma ho imparato infinitamente di più con il digitale (per quanto sia ancora un pincopallino qualunque) di quello che potevo capire all’epoca… Mi piace il digitale, che sia reflex una gopro oppure l’iPhone dal quale sto scrivendo coricato sul letto (ci farò un video tra poco, ecco perché ho fischiato come dicevi la volta scorsa…. Amo i libri, li leggo più volentieri su carta che sul video, però il digitale mi da modo di sperimentare molto più di prima e, come dice Severgnini si è moderni una volta sola nella vita, capirlo oggi per chi non è più giovane come me aiuta a far interpretare correttamente la realtà.
Grazie per il consiglio su eyeem ho già 30 foto in vendita di cui 17 su getty, quando le proponevo con la reflex non me le filavano di pezza.
Fidatevi di Luca e di Jumper, per me sanno esattamente quello che dicono ;)
Buona domenica sera
Luca Pianigiani says:
Grazie Umberto. Ogni tanto, ad essere sempre controcorrente, c’è anche bisogno di qualcuno che ti dice e ti conferma che ci sono buone intuizioni. Grazie davvero… ;-)
Fiorenzo says:
No comment, complimenti Luca un Sunday Jumper favoloso, concordo in tutto.
Roberta Garofalo says:
Luca, ti ho letto tutto d’un fiato e 2 volte. Perchè il tuo solito coraggio abbinato alla nuda e cruda lucidità di oggi meritavano di non finire con l”ultima punteggiatura. Concordo su tutti i punti che hai toccato. Ed aggiungo il mio modesto parere: ciò che ci penalizza maggiormente è la mancata educazione su “come” essere fotografi oggi. E’ vero che siamo davanti tutti i giorni al solito spartiacque: da una parte quelli che si lamentano e basta fino a morire del loro stesso vuoto e dall’altra quelli che si autoesaltano e basta, fino a farti vergognare di appartenere alla stessa categoria professionale. Mancano quelli che (perdonami la semplicità della citazione ma sai che lavoro con i bambini) fanno come il pesce Nemo: “zitto e nuota, nuota e zitto, zitto e nuota…” Perchè se tutti noi, invece di aderire a questi due spartiacque come se non ci fossero alternative, tornassimo ad osservare, pensare, sperimentare, imparare, sentire ed amare non solo il nostro ma anche l’altrui lavoro….ci sarebbero molti più “clic” autentici, sani, intriganti e produttivi. La potenza del cinema muto, chi la dimentica? Ecco, forse è venuto il tempo di questo: una fotografia che per un pò sia muta…. e parli solo con le immagini. Ottenute in qualunque modo. Grazie Luca per questo articolo.
Flavio says:
Ciao Luca,
sai che ho visto tanti autoscatti/selfie veramente belli? sarà che posare da soli supera il condizionamento della macchina fotografica? o forse possono scattarne così tante che prima o poi qualcosa di buono esce? però le persone si divertono e cosa c’è di più bello? quando mi chiedono cosa penso delle immagini realizzate da alcuni appassionati la prima cosa che chiedo è “ma a te piacciono?” la risposta è quasi sempre si e la mia è “se piacciono a te allora vanno bene” le mie domande/risposte non si fermano a questa considerazione ma le persone si divertono e questa è per me la cosa importante.
Sanno capire la differenza tra le foto belle/brutte più di quanto si pensa eppure…
Recentemente ho realizzato un servizio fotografico per un evento, si parlava di cloud, di innovazione, ho visto i google glass, li ho provati anche se non ho visto un tubo, senza occhiali da vicino non ci vedo…ma che figo che sono questi occhiali.
Ho scattato per gran arte della serata con la reflex poi verso la fine ho girato tra gli invitati e scattavo con la fuji Instax 220, l’istantanea…per tutti la Polaroid (ho pari a dire che tratta di fuji non capiscono, dici Polaroid e hai detto tutto) un successone, tutti che volevano la foto per poi passare qualche minuto ad agitare l’istantanea…che caldo che faceva in quel locale hihihih…
Di certo le fotografie istantanee realizzate con una macchina che ha l’obiettivo di plastica non si possono definire tecnicamente perfette.
A presto
Flavio
Sandro Bedessi says:
Ciao, mi piace dire quello che penso senza offendere nessuno, per quanto mi riguarda sono un po’ di anni che dico
che la qualità media della fotografia è scesa letteralmente in basso e devo dire anche che infatti non ho poi quella gran rete di contatti di fotografi ecc ecc con cui chiaccherare e condividere molto. C’è una naturale inflazione di “fotografi” con smartphone, cellulari ecc che mi fa venire proprio la voglia di uscirne dalla fotografia. Vorrei farti notare una cosa Luca, e non te ne offendere, ma al wedding di Firenze del 30 marzo a cui ho partecipato e a stento non mi sono alzato in piedi per dire la mia mi sembra che siano passate per buone alcune cose che la dicono lunga sul concetto di fotografia oggi e da cui mi dissocio totalmente. Ha parlato un fotografo di cui ora non ricordo il nome il quale ha detto che per fare story telling non occorrono belle immagini ma raccontare bene… ma come si fa dire questo?? Posso pensare che avesse bevuto troppo ma poi guardandosi attorno forse è vero non occorre fare più belle immagini ma semplicemente scattarle, buttarle su quel tritacarne che è il web o da altre parti e sei fotografo!!
Luca Pianigiani says:
Ciao Sandro: per fortuna possiamo dire tutto quello che vogliamo in libertà, e dal momento che si esprimono opinioni in modo civile nessuno si può offendere ;-) Detto questo, hai perso un’occasione a Firenze “per dire la tua”… ma da parte mia reputo che la qualità di una fotografia NON sia legata allo strumento, se non come elemento progettuale: voglio dire che ci sono foto che richiedono strumenti di alta qualità e altri meno, ma tutte le fotografie hanno bisogno di contenuti, di messaggio, di capacità compositiva, di forza di comunicazione. Se stiamo ancora a parlare di strumenti, vuol dire che si sta parlando solo di oggetti e di macchine. Detto questo, chi ha detto che oggi non servono belle immagini per raccontare belle storie visuali… forse sta sbagliando strada, o forse voleva dire che servono quelle cose che ho detto, prima di tutto. Poi possiamo dissociarci o meno… questo non cambia l’andamento del mondo e dobbiamo decidere se vogliamo o meno far parte di questo mondo e di questo mercato, e individuare quali sono le nostre competenze e i nostri elementi di forza. Buona giornata!
massimo mantovani says:
tanti anni fa c’era l’analfabetismo, che è stato combattuto con la scolarizzazione e la diffusione di libri e giornali, ora sta accadendo che l’analfabetismo delle immagini si combatte con la diffusione delle stesse e la moltiplicazione delle “fotocamere”, e la scolarizzazione?.
le critiche che leggo, in positivo o in negativo, non tengono conto che il fenomeno in atto sta accadendo in modo nuovo e spontaneo, per fortuna la domanda di corsi e workshop sta crescendo, in questo modo almeno si potrà trasmettere un’esperienza e una cultura che purtroppo tanti fotografi vogliono difendere arroccandosi nei loro studi o criticando un fenomeno irreversibile.
Riccardo Bergamini says:
Io perfettamente d’accordo , nel cambiamento dei linguaggi, dei contenuti, delle tecniche, ma mi pongo delle domande la prima è: Perchè mi devo comprare un Iphone 6 (700 euro) scaricare il programma 4K fare un filmato , prendere un immagine , interpolarla facendogli inventare i pixel anche dove non ci sono, trasformare tutto in bianco e nero (?) e finalmente stampare un A3 diciamo decente ( peccato che non lo ho visto ) , quando prendo la mia Leica Monochrom scatto quello che ho pensato di scattare e ci faccio un manifesto 6×3 , forse è troppo , ma diciamo un bellissimo 100×140 , perfetto con tutte le profondità.?
La tecnica va bene le innovazioni vanno bene , ma chiediamo anche il parere di Nammi MOretti su gira il suo nuovo film con un iphone. Ripeto va tutto bene , ma ci sono scelte pratiche che secondo me oggi ancora non funzionano, va benissimo studiarle ma ancora non sono all’altezza di altre.
Luca Pianigiani says:
Infatti, caro Riccardo, ti sei perso il senso del discorso, forse perché guardavi la tecnica e non la potenzialità. Se fai un video e ne “tiri fuori” un frame, puoi proporre un doppio prodotto: un video animato per un uso all’interno di uno schermo e la versione “still” per la stampa. Per esempio, ci sono aziende che stanno sviluppando vetrine interattive con contenuti video e contemporaneamente altre vetrine sono solo stampate. In questi giorni stiamo facendo un progetto europeo per HP dove stampe “fisiche” vengono lette in realtà aumentata e diventano – tramite uno smartphone – delle visualizzazioni video. Vedi, il concetto è che guardare solo quello che “si conosce” impedisce di guardare attività e idee – creative e commerciali – che oggi sono richieste e pagate (Tanto), e se pensi che nel tuo “settore” queste cose non servono, sappi che conoscono professionisti di altissimo livello che stanno proprio proponendo queste strade, con successo. Rimanendo a guardare i pixel e a comprare fotocamere che fanno solo il bianco e nero forse si trovano con maggiore difficoltà idee per guadagnare. Ma, ancora una volta, ognuno è libero di fare (e ascoltare) quello che vuole.
Riccardo Bergamini says:
Io ti ringrazio, il confronto è sempre interessante e c’è sempre da imparare, Ti seguirò sicuramente
Riccardo Bergamini says:
Ti ringrazio, lo scambio di idee, apprendere cose nuove , è importante.
Grazie ti seguo con molto piacere e attenzione
andrea says:
Grazie Luca e grazie a tutti leggo spesso i tuoi Jumper il lunedì e trovo sempre cose interessanti. Ma questa è la prima volta che mi viene voglia di rispondere, anche se non so bene come. Sono d’accordo su molte delle cose che sono state dette, e per quanto mi riguarda sopratutto sulla pigrizia, che poi non è veramente pigrizia, ma un misto di incapacità e senso d’inadeguatezza. Quindi fai bene a scuoterci con le tue “provocazioni” personalmente trovo molto difficile sfidarmi in direzioni che alle volte non conosco neanche, quindi grazie per questa grande circolazione di idee e di informazioni. Si vabbè ma alla fine perché sono intervenuto? Comunque grazie a tutti lo stesso :-)
Ale says:
Ciao Luca
L’argomento trattati in questo SJ mi frulla per la testa da un po’.
Ad aprile ho avuto da me un ragazzo in alternanza scuola-lavoro, l’ho portato ad un matrimonio e gli ho dato la possibilità di scattare quello che voleva, stando solo attento a non infastidire.
Questo ragazzo, pur essendo un bravissimo ragazzo, è ideologicamente posizionato tra cipputi e i luddisti, studia fotografia ma non ha uno strumento per realizzare immagini al di fuori della scuola, nemmeno un fotofonino.
Alcuni giorni dopo il servizio l’ho messo davanti ad un monitor e l’ho obbligato a selezionare le immagini migliori tra quelle che aveva scattato per poi valutarle insieme, per farla breve ne ho salvata una su trecento scattate.
Per offrirgli delle motivazioni ho aperto instagram e gli ho fatto vedere selfie su selfie, facendogli notare che mentre lui si ostina a combattere una battaglia ideologica persa (il mondo non rinuncerà alla tecnologia per aspettarlo) i suoi coetanei, non tutti iscritti ad una scuola di fotografia, scattano autoritratti ben inquadrati, gli stessi coetanei che quando cercheranno un fotografo per avere delle immagini fatte a regola d’arte non affideranno il lavoro a qualcuno che ha un senso della composizione inferiore al loro, per concludere la giornata l’ho mandato a casa con la biografia di Robert Capa!
La fotografia sta cambiando, è sempre più simile ad un discorso a voce, i selfie, le foto scattate al piatto ordinato in un ristorante, le immagini della spiaggia, sono chiacchiere scambiate tra amici attraverso i social network, eppure in questo modo la cultura visuale sta crescendo, i ragazzini non si accontentano più di fotografare una pizza, cercano di farlo nel modo migliore possibile, per ottenerne in cambio la maggiore soddisfazione sotto forma di like.
Se questa cosa da un punto di vista mi urta, da un altro punto di vista mi sorprende: vuoi vedere che i selfie saranno più utili alla causa della cultura visuale delle ore di storia dell’arte a scuola? (È un po’ eccessivo, me ne rendo conto e spero mi perdonerai)
E noi fotografi?
Penso che noi fotografi saremo obbligati a lavorare sempre meglio, non è più sufficiente saper esporre del materiale fotosensibile per venderci (le fotocamere e i telefonini lo fanno benissimo da soli), bisogna offrire un punto di vista diverso, più forte ed emozionante (o autorevole nel caso della cronaca), altrimenti le foto se le faranno da soli!
Barbara says:
Ciao, sono pienamente d’accordo.
Sono convinta che la diffusione degli smartphone e l’accessibilità alla tecnologica fotografica, secondo me molto più sostenibile economicamente di una volta, hanno permesso a molte più persone di cimentarsi con la bellissima forma d’espressione che è la fotografia… Non importa se c’è tanta spazzatura, nella quantità ci sta! Ma quanta libertà di espressione è stata creata? Quanta cultura o interesse per l’immagine si è creata( volontaria o involontaria)? Cultura è apertura mentale = libertà di pensiero!!! Sta a noi professionisti evolversi e cercare, oltre alla tecnica, nuove vie di espressione e seguire il nostro modo di esprimersi senza paura del nuovo … È difficile, ma crederci è già il primo passo! Io ci credo e sono una professionista di periferia che lotta tutti i giorni per la propria attività, per i posti di lavoro delle proprie collaboratrici e compagne di avventura e per, goccia dopo goccia, provare a cambiare la mentalità della gente di paese che comunque spesso mi ha stupito, perché è piu propensa al cambiamento di quanto si crede…. Non nascondiamoci dietro a noi stessi e crediamoci! Passo dopo passo… 2 avanti, 1 indietro!
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