Jumper

Passato, molto passato. A volte scaduto, a volte ritrovato. Ma mai da dimenticare

Qui si parla di futuro… è evidente che guardiamo oltre, a volte anche troppo. Fa parte di un approccio, che non è detto che sia sempre positivo, e che ha motivazioni spesso più profonde di quello che sembra. Non siamo però come quelli che danno per scontato che quello che è passato debba essere poco considerato: mia madre mi raccontava (lei, da giovane appassionata di archeologia…) di avere visto degli Americani a Pompei esclamare, tra il divertito e il disgustato, “Ohhh…. these old stones“. Avrebbe voluto prenderli a calci… la storia non sono “vecchie pietre”, è cultura, è la base di quello che siamo oggi. Io guardo al futuro, perché voglio aggrapparlo, voglio calpestarlo, voglio dire: io c’ero, io l’ho raggiunto, ma senza togliere valore al passato. O, almeno, ci provo.

E’ sicuro che quello che raggiungiamo oggi è frutto di esperienze passate, di vita vissuta, di errori commessi ed errori corretti. Credere che si stia inventando qualcosa di nuovo è un’illusione: tutto si trasforma, si evolve, ma tutto è già stato scritto, l’innovazione sta nel far meglio, in modo più fluido, nel consentire a tutti di godere di qualcosa che era esclusività di pochi. Se pensiamo che la ripresa digitale, ormai possibile per tutti, e disponibile per un numero ridotto di professionisti dal 1991 circa, era disponibile per scopi militari e scientifici dagli anni ’70… e se pensiamo che l’elaborazione delle immagini, che vediamo oggi come la vera innovazione, era una consuetudine dagli anni ’40 (e ancor prima), ci accorgiamo che – specialmente le nuove generazioni – si rischia di guardare sempre e solo davanti, senza capire quello che c’è stato. L’altro giorno ho trovato una notizia in rete, che mostrava l’uso dell’elaborazione in camera oscura (ovviamente non con Photoshop) su un ritratto dell’attrice Joan Crawford  realizzato dal fotografo delle dive George Hurrell. Qui vi pubblichiamo la gif animata che mostra, nel modo migliore (in sovrapposizione) il “prima e dopo”.

Nella realtà nulla di nuovo, si sa bene che questo tipo di intervento era comune, e non solo per le dive: anche le fototessere di “noialtri” all’epoca venivano ritoccate, sul negativo o sulla stampa finale, perché le nostre nonne non avrebbero tollerato una serie di “brutte verità” che oggi invece spesso tolleriamo senza preoccuparci, oppure reclamando, ma poi accettando la realtà: i nostri documenti sono i destinatari di fotografie più “reali” e quindi molto più brutte di quelle dei nostri avi.

Oggi, con Photoshop, si fa ben di più, è vero, ma il senso è lo stesso, e a volte – causa l’incompetenza e non certo i limiti del sofware – i risultati sono inferiori a quelli di un tempo: ha senso, per imparare davvero a ritoccare un viso o un corpo, rifarsi alla storia (al passato…) della fotografia, guardando libri e mostre di quei professionisti che pur non disponendo degli strumenti di oggi, facevano meraviglie. Insomma, il primo corso di Photoshop non dovrebbe essere quello che ci mostra come usare i tasti, le funzioni e le innovazioni dell’interfaccia, ma per esempio comprare un bel libro che ci potrà fare un “upgrade” ai nostri occhi, alla nostra sensibilità, alla nostra capacità di vedere, per esempio questo, citato proprio nel post che abbiamo segnalato.

Non è stata solo questa l’occasione per tornare al passato di questa settimana: una notizia che è arrivata nei corridoi, derivata a una lettera che sarebbe stata inviata da Leica ai suoi rivenditori e che annuncia la cessata disponibilità della reflex R9 e, di conseguenza, uno stop ad una delle più prestigiose gamme di fotocamere, nata nel 1964. Non ci sono dichiarazioni ufficiali, in parte si tratta di una notizia scontata, la Leica R9, a pellicola (anche se “digitalizzabile” tramite il Leica Digital -Modul-R) e con messa a fuoco manuale, forse non era più un prodotto coerente con le aspettative del mercato. E’ un segno dei tempi, ma non può che far riflettere e forse far venire gli occhi lucidi. Gli appassionati di questa azienda si consoleranno con la S2, primo esempio di fotocamere medio formato digitale con le sembianze di una reflex 35mm? Saranno disposti, all’insegna dei bei tempi, a sborsare quello che si vocifera sarà il suo prezzo (40 mila dollari)?

Questi due esempi di “storia che torna” o di “storia che se ne va” ci portano a fare delle considerazioni… che possiamo trarre più vantaggio dalla storia delle foto scattate che non dagli strumenti che scattano le foto. Non vogliamo denigrare (abbiamo detto di avere tanto rispetto, per tutto il passato) le Leica, anzi: l’unica fotocamera che ho posseduto in passato e che mi pento di avere venduto è una piccola Leica CL (l’unica che mi sono mai potuto permettere). Ma come spesso abbiamo detto in questo contesto, non trovo costruttivo il feticismo per gli oggetti, per gli strumenti: l’era dei computer ci porta a dire che dopo 18 mesi, un computer è vecchio, va cambiato, non può seguire più la nostra mente, il nostro mercato, le nostre esigenze. Le idee, le immagini, la creatività… quelle no, quelle valgono tanto, e sempre.

Con questo spirito iniziamo la settimana che ci porterà – giovedi – al primo JumperCamp, al primo evento “firmato” da Jumper, che vuole essere un modo diverso e nuovo di concepire informazione e formazione… e comunque il modo e i modi dell’incontro tra i professionisti della fotografia. Il pensiero del rispetto e del recupero del passato, unito al guardare verso il futuro (con passione e con entusiasmo) crediamo possa e debba essere una buona filosofia. Ringraziamo tutti coloro che hanno risposto al volo alla nostra chiamata, e speriamo di soddisfare le loro aspettative. Ci vediamo, giovedi con alcuni di voi, con tutti domenica prossima!