Questa sera, per caso, mi sono trovato in un evento, organizzato dall’associazione Coopi (Cooperazione Internazionale) di fronte a Ferdinando Scianna. Molte delle persone che erano lì lo conoscevano semplicemente come “il Maestro“, altri erano preparati, con tanto di suoi libri in mano, per chiedere alla fine del suo intervento, un autografo. Io ero lì per altri motivi, di ordine familiare, ma per coincidenza, appena entrato alla Palazzina Liberty di Milano ha iniziato a parlare lui, e io ho ascoltato, in piedi, un po’ fradicio per la pioggia, con la mia felpa che portava la scritta “I’m a Photographer, not a Terrorist“, di cui abbiamo parlato diversi mesi fa.
Non l’ho mai conosciuto, personalmente, Scianna: è un protagonista del mondo della fotografia, ma i casi della vita non hanno consentito fino a questo momento l’incontro. Capita, abbiamo età diverse, è vero, ma conosco, sono amico e ho fatto percorsi umani e professionali insieme a tanti professionisti fotografi che avevano (e hanno) diverse decine di anni più di me. Non è questione di distanza basata sull’età, ma di strade che sono sempre state distanti: visioni, interessi, approcci alla professione… tutto diverso, ma non per questo non rimane un po’ di dispiacere: il mancato incontro è sempre uno dei tanti esempi di occasioni perse, in questo piccolo grande mondo.
Di sicuro ho perso molto più io, e sono colpevole di non avere creato abbastanza ponti che potevano portarmi verso professionisti come Scianna; al tempo stesso forse ha perso un pochino anche lui a non conoscere il nostro approccio, il lavoro che abbiamo svolto in questi 2o e passa anni. Non lo dico con presunzione, davvero: dico solo che gli incontri e la conoscenza, in un settore così piccolo come il nostro, sono sempre una perdita, comunque. Non certo voglio confrontare il valore culturale e professionale di un Maestro come Scianna (chi sono io, chi è Jumper, a confronto?), ma cerco di usare questo “mancato incontro” per mettere in evidenza quante sono le isole nel nostro pianeta-fotografia e quanto siano necessari i “ponti” per creare collegamenti. Perché, senza ponti, anche quando per caso ci si incontra, diventa difficile trovare argomenti in comune, ognuno arroccato nelle proprie posizioni, nelle propria realtà, in un’isola che non ha trasmesso nulla.
In questi tanti anni, ho conosciuto migliaia di fotografi, e migliaia di fotografi hanno conosciuto noi: in qualche modo siamo stati un piccolo ponte; non solo tra noi e voi, ma anche tra “voi e voi”. La nostra ricerca continua di nuove strade e nuove tematiche, ha anche consentito l’avvicinamento di realtà che forse non si sarebbero mai incontrate, ma poi ci si accorge che c’è ancora tantissimo lavoro, e che servono altri ponti, per sentirci tutti “parte di un mondo comune“. Non basta certo la tecnologia o “le reti digitali“, servono altri tipi di “connettori“: persone e realtà che possano mettere in contatto altre persone e realtà. Forse in certi settori, Internet, Facebook, Twitter possono aiutare, ma per quelle realtà che non hanno accesso (per età, per cultura, per mancanza di predisposizione) a questi sistemi di collegamento, allora serve qualcosa di diverso, e crediamo che sia necessario trovarle, queste strade, questi ponti. Oggi, più che mai, serve tantissimo un’iniezione di cultura e di sapere profondo nella fotografia professionale, per le nuove leve che vivono spesso in un limbo di conoscenza drammatico: magari conoscono tutto di Photoshop, della ultima Canon e Nikon, del come pubblicare un portfolio on line… ma sono spesso troppo precipitosi nello scattare, non cercano la profondità e la ricerca che erano proprie di fotografi come Scianna… forse alcuni nemmeno ne conoscono il nome, forse ne hanno sentito parlare e hanno visto qualche sua foto su un calendario di un produttore di stampanti, qualche anno fa. Ma anche il contrario: tanti fotografi, appassionati di fotografia, che adorano i professionisti come Scianna (forse quelli che cercavano il suo autografo), non hanno la visione di quello che va “oltre”: linguaggi, percorsi, motivazioni, opportunità che vengono offerte dall’innovazione, dal presente, dal futuro.
Noi, come Jumper, siamo sempre a correre verso il futuro. Non per questo abbiamo perso la capacità di guardare di lato (non ci piace dire “dietro”, sono solo percorsi diversi, non c’è uno stadio avanzato e uno legato al passato), ma vediamo anche tanti che conoscono solo quello che succede oggi, oppure quello che è successo ieri. Ponti…. servono questi ponti. Abbiamo bisogno di tutto e di tutti, per lavorare, per creare, per essere davvero dentro – tutti insieme – in questo mondo, che ha tanto bisogno di nuove energie e rinnovata passione. Scianna nemmeno ha sentito il mio nome, quando mi sono andato – come un ragazzino – a presentarmi, ho solo detto che siamo di universi diversi, lui ha risposto: io sono della Terra. Anche io, Maestro… però non ci siamo incontrati, prima. E se dovesse ricapitare, di sicuro non si ricorderà di me. Peccato, no? Ripeto: non è un fatto personale, è un esempio di mondi che non si uniscono, anche quando si sfiorano. Se fosse possibile creare ponti forti, il dialogo potrebbe diventare spontaneo, potremmo chiacchierare su cose che condividiamo, e quelle che invece ci portano a un pensiero diverso, come è capitato con tanti amici: orecchie tirate, per le diverse opinioni, ma che al tempo stesso confermavano una stima: ci si segue, ci si legge, si sa chi siamo e cosa/come pensiamo.
Siamo in partenza per Colonia, Photokina sta aprendo i battenti: lì c’è un ponte famoso, ma la stessa Photokina è un ponte, tra passato, presente e futuro. Chissà che possa essere di ispirazione per tutti: forse per ipotizzare che ci possa essere una piazza di incontro che unisca tutte le realtà della fotografia professionale, in un’occasione di incontro e di dialogo, potrebbe creare finalmente quei collegamenti solidi che poi potranno proseguire nel tempo. Sarebbe bello, sentirsi uniti in un unico momento, con lo spirito di trovare ricchezza e di dare un proprio piccolo contributo. L’unione è data dal valore dei “grandi” e dalla forza dei tanti piccoli che, messi insieme, danno altrettanto peso, nell’insieme. Ecco, forse non è ancora un ponte, ma una scialuppa sulla quale salire. Forse ci si può incontrare, e ognuno potrebbe a sua volta collegare un altra isola con la quale ha collegamenti, e iniziare un progetto di incontro. Dove ci deve essere, prima di tutto, il desiderio di questo incontro, e anche di miscelare le culture: troppo spesso, al contrario, si vede protezionismo, voglia di rimanere nel proprio orticello, di ergere muri che suddividono, che mettono in evidenza le differenze e non le uguaglianze. Ogni mondo è Paese, lo so: gli errori delle piccole comunità sono di solito gli stessi di quelle grandi. Ma alla fine del convegno di oggi ho sentito una frase “Non si fa cooperazione per salvarsi l’anima”. Già, lo si fa perché si sta meglio con noi stessi. E cominciare dal mondo piccolo che abbiamo attorno non cambierà forse “il MONDO”, ma è già un primo passo. Pensiamoci…
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