Il 14 novembre il quotidiano francese Libération è uscito senza fotografie. Al posto delle immagini, degli spazi tristemente vuoti, dei veri e propri “buchi” di informazione, perché lo spazio previsto è stato mantenuto, ma al loro posto solo il vuoto supporto della carta (o del monitor, nelle versioni da fruire da un monitor. Una vera e propria provocazione nel giorno di apertura dell’importante evento Paris Photo, che è stata raccolta da molti mezzi di informazione legati al mondo della fotografia (come per esempio BJP oppure Petapixel, ma anche Photoshelter, Phoblographer ed altri). Molto meno, questa provocazione ha trovato spazio all’interno di altri media più generalisti. I motivi sono legati a due motivi essenziali, uno storico (la pessima abitudine che porta i mezzi di informazione a snobbare le informazioni che arrivano da un altro mezzo di informazione, quindi… concorrente), e il secondo più serio: purtroppo si tratta di una provocazione che genera sensibilità tra chi si occupa di fotografia, ma meno tra chi ne sta al di fuori, e che la fruisce al massimo come utente.
Su questo punto vorremmo dare un nostro piccolo contributo di pensiero. La provocazione ovviamente la comprendiamo, l’avremmo anche appoggiata e la stiamo riportando, più o meno con lo stesso spirito di altri che l’hanno fatto. Il problema che mettiamo sul tavolo è: a cosa serve? A pensare, direte e diremmo anche noi, ma se questo coinvolgimento emotivo riguarda solo il mondo che sta “dentro”, è come parlarsi addosso. E’ come consolarsi dopo una partita persa tra tifosi, come parlare male del governo, del fatto che piove, che “la gente non capisce la qualità“. Un borbottio che non cambia i fatti (la squadra perde comunque, il governo fa male lo stesso, l’acqua continua a cadere, e … la gente continua a non capire la qualità). Chi ha guadagnato da questa polemica o da quella che viene definita una “provocazione” (tra l’altro, nemmeno originale, è già stato fatto in passato)? Forse solo Libération che ha guadagnato un po’ di fama nel mondo, e al tempo stesso… ha risparmiato soldi che avrebbe dato ai fotografi, per quel numero. Oltre il danno, la beffa. Certo, milioni di persone, nel mondo, hanno potuto riflettere sul rischio che un valore così evidente (dal momento in cui viene a mancare) possa perdersi, ma non un messaggio che ha potuto far capire davvero la differenza tra “fotografie” e “fotografie di qualità“. Una provocazione più sottile (e quindi meno comprensibile… forse al punto dal non essere proprio compresa) poteva essere quella di uscire con un numero con sole foto “amatoriali”; quelle che si riescono a trovare a costo zero sul web (anche autorizzate: il fenomeno dell’UGC – User Generated Content – è scoppiato da anni, e ha portato ad un’offerta immensa di immagini che non hanno “prezzo”). Il mercato sarebbe stato in grado di capire quale sarebbe stata la perdita?
Quotidiano senza fotografie o senza fotografie professionali?
Già, dire “come sarebbe brutto il mondo della comunicazione e dell’informazione senza fotografie” è facile, e ad effetto, ma è falso come una promessa di un politico, perché se c’è qualcosa che non manca sono proprio le fotografie. I giornali che hanno deciso di “fare a meno dei fotografi“, come per esempio The Chicago Sun Times (ne abbiamo parlato qui) non hanno prodotto giornali “senza foto“, ma usando fotografie non professionali. Andrebbe investigato – a fronte di questa decisione – se questa pubblicazione ha perso lettori e fatturato a causa di una scelta meno raffinata di fotografie, oppure se ha “solo” risparmiato soldi. Nessuno, infatti, parla di quello che succede il giorno dopo, ma solo il giorno della denuncia, della provocazione, della polemica: un territorio ideale per chi si deve mettere in mostra e fare discorsi grondanti frasi ad effetto.
Avrebbe fatto bene, magari, che una parte dei soldi guadagnati (e anche quelli risparmiati) dal numero di “denuncia”, Libération li avesse devoluti ai fotografi dei giornali e delle riviste che hanno perso il lavoro. Oppure avrebbe potuto chiedere un euro in più per ogni copia con “le fotografie”, per mostrare che le persone magari sono disposte a pagare di più per avere un prodotto “completo”. O ancora assumere un nuovo fotografo, pagato con i fondi derivati dal maggiore incasso. Così come è stato fatto, alla fine rimane una pallottola spuntata, l’inizio di un discorso lasciato a metà. Una piattaforma di discussione senza discussione.
La strada per far sopravvivere la fotografia di qualità non passa dal toccare i tasti della sensibilità dei professionisti che ci lavorano (e che provano, malgrado tutto, a sopravvivere di questo mestiere), ma dal largo pubblico che sta “fuori”, che deve capire che forse questo valore deve essere pagato. Ci sono riusciti con le uova (che si pagano di più se sulla confezione c’è scritto che le galline sono allevate a terra), perché non si potrebbe fare con i fotografi? Non possiamo pensare di valere meno di un uovo sodo…
alessandro says:
Salve a tutti
Iniziativa lodevole ma forse avrebbe avuto più senso mettere delle foto di bassa qualità o con i protagonisti presi di schiena.
Da qui ne deriva un altra domanda: cosa vuol dire qualità?
Tralasciando la qualità intrinseca della fotografia ,quando , per l’utente medio una immagine è di qualità e una no?
Anche in Italia alcune aziende hanno chiuso degli appalti con dei fotografi professionisti e sostituito le loro foto con una copia fatta da dei loro dipendenti…..
Quindi o la qualità del profesionista era bassa o quella del dipendente alta.
Inoltre la qualità del professonista è stata inficiata dal prezzo offerto inizialmente dall’azienda?
Insomma il problema è molto vasto e di conseguenza le analisi e riflessioni del caso
Alla base di tutto c’è sicuramente un impoverimento culturale e la perdita dei valori della vita…oggi è meglio spendere centinaia di euro per un telefoni piuttosto che un euro piu per una informazione in più, infatti il reportage fitografico è utile alla mente per elaborare l’accaduto e per immagazzinarlo in modo da comprenderlo in fondo……immaginate di leggere la notizia del disastro di Katrina e di non vedere alcuna immagine ….avrebbe reso lo stesso l’idea dell’immane catastrofe che colpi New Orleans….?
L’unico valido sostituto potrebbe essere un libro…ma su un quotidiano non possono scrivere cento pagine per descrivere minuziosamente un evento.
Adesso facciamo questo esercizio…facciamo scaricare ,da qualche nostro amico,dalla rete degli articoli riguardanti Katrina e facciamogli togliere le immagini…leggiamo e poi riassumiamo con parole nostre e nostre emozioni io testo…dopodiche andiamoci a vedere le immagini scattata da Vincent Laforet per l’occasione…e poi scriviamo un riassunto emotivo e documentativo di quello che abbiamo osservato……valuteremo cosi la potenza delle immagini
Grazie Luca per lo spunti di riflessione
Luca di Toscana says:
Beh, io penso che nel’ immaginario collettivo globale ci sia soltanto una differenza tra galline e fotografi:
I milioni di uova prodotti ogni giorno dalle galline non si possono prendere subito e gratis on line
I milioni di foto prodotte ogni giorno si……
A buon intenditor…
roberto says:
salve
penso che la qualità e il giusto compenso vanno di pari passo con la percezione di chi deve acquistare un prodotto
prodotto : Fotografia
esiste National Geographic e non vedo foto di cattiva qualità e neppure video scadenti
forse le fotografie di qualità non sono per tutti
anche se il mezzo con cui si distribuiscono è molto semplice e fruibile e una buona immagine può essere vista da tutti
forse dobbiamo fare fotografie di qualità per chi le chiede
richiesta-mercato-produzione-vendita
troppo semplice forse
grazie
Roberto
Sandro says:
forse allora non hai visto le foto del National di qualche anno fa, purtroppo devo dire che ora invece per quanto mi riguarda sno di qualità mediocre
Sandro says:
O forse come sempre Liberation l’ha fatto apposta per vedere quanti lo comprano lo stesso il giornale anche senza fotografie, così la prossima volta sanno quanto vendono anche senza fotografie…non ci credo molto alla buona fede di questa azione..il problema lo sappiamo è annoso..l’ho gia detto in un commento su FB e sull’iniziativa di Canon di questi giorni ..d’altra parte finchè si continuerà psicologicamente e materialmente a convincere frotte di amatori abusivi ecc che loro sono fotografi.. con il complotto dei grandi, in questo caso Canon, non ne usciremo; proprio sabato sera a cena con amici ho sentito parlare di una conoscente fotografa che poi invece lavora a Equitalia …ah bella cosa..peccato che non ho avuto nome e cognome e indirizzo perchè una bella denuncia gliel’avrei fatta volentieri..un saluto a tutti
alle bonicalzi says:
Concordo con te Luca: un’occasione perduta, quella di Libération, per scalfire davvero la superficie e gli animi.
Che poi, diciamocelo, di tante foto-segnaposto che si vedono sui quotidiani potremmo davvero fare a meno (hai presente i soliti close-up su mani, soldi, gente che cammina di spalle ecc.)… magari avendo giornali più leggeri (meno pagine) ma di maggior… peso (ossia valore)! Valore a cui la Fotografia ‘maiuscola’ contribuisce, eccome! Ma lì è una questione di imparare a vedere, e non solo guardare o, addirittura, sbirciare pigramente. E VEDERE, a volte, fa male.
Ciaoooooo, da una allevata a terra!
alle
Aurore Martignoni says:
Ciao Luca, ciao a tutti!
Concordo con il pensiero condiviso in questo post.
Sicuramente il messaggio di Libé è stato di grande impatto ma senza risultati concreti (tranne per la sua immagine).
In effetti l’importante non è tanto criticare o protestare ma trovare soluzioni tangibili e applicabili al mondo della fotografia.
Probabilmente creare una community che abbia gli stessi ideali è un buonissimo inizio. Questo gruppo di persone potrebbe iniziare a proporre soluzioni creative che possano coinvolgere il pubblico generico (magari coinvolgendo anche importanti figure del mondo dell’editoria) e accompagnarlo così a scoprire che esistono ancora i fotografi e che -seppur complicata- la fotografia rimane sempre una professione con una sua dignità e un suo grande valore. Io intanto ci rifletto fra un lavoro e l’altro. La soluzione c’è sempre…
Roberto says:
E se stampassero un giornale con solo fotografie che raccontano degli eventi!? Senza parole solo foto!
Si stuzzicherebbe la fantasia dei lettori, ma soprattutto bisognerebbe riempire il giornale di foto davvero belle che COMUNICANO.
Forse in un progetto del genere la QUALITÀ richiesta sarebbe troppo alta??? …..(provocazione)
Guido Bartoli says:
@Roberto
Quello che proponi mi ricorda una pubblicazione degli anni ’70 (già non sono proprio di “primo pelo”…).
http://giorgio-illettoreimpenitente.blogspot.it/2011/02/s-k-e-m-mensile-fotografico-dattualita.html
Era molto interessante e innovativa al tempo.
Credo che oggi lo sarebbe anche un sito web.
Ci facciamo un pensierino?
alessandro says:
Roberto è una bella idea……ci vogliono due didascalie e una introduzione……
Ma si può fare
Stefano says:
Buongiorno, articolo e punto di vista sicuramente interessante, ma con un appunto da fare all’articolista, le foto su quel numero c’erano e le royalties regolarmente pagate, erano concentrate in una sorta di menabò nelle ultime due pagine. Questo, immagino, proprio per evitare “consigli” su come spendere i soldi risparmiati. :-)
http://www.bjp-online.com/IMG/824/275824/liberation-05.jpg?1384475524
Cordialmente,
Stefano M.
Fabio says:
Al Carlino di Forlì come fotoreporter hanno assunto un giornalista che non riuscivano a collocare e che non aveva mai fatto una foto in vita sua. Le foto ovviamente sono inguardabili ma ogni giorno escono puntualmente e la tecnologia aiuta.
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