La rivincita dei grandi schermi, oltre il “mobile first”

La rivincita dei grandi schermi, oltre il “mobile first”

grandi schermi
Michael Maasen

Da tanti anni, si guarda con attenzione ai piccoli schermi, verso i quali sono convogliate sempre di più le attenzioni (e il tempo) degli utenti. Oggi progettare comunicazione che non sia “mobile first” (come la chiamano gli esperti di marketing e di aria fritta) è considerata la maggiore ingenuità che si può fare. Al tempo stesso, non si può sempre guardare da un solo lato, e gli orientamenti e le attenzioni non possono concentrarsi solo verso un lato, e specialmente seguire solo i trend già ben chiari porta all’impreparazione verso i trend futuri.

Mentre guardate quindi con attenzione e ottimizzate i vostri contenuti verso gli schermi piccoli (che – ricordatevelo – sono piccoli ma di sempre maggiore risoluzione, e poi sono verticali), sappiate che il nuovo trend riporta in primo piano i grandi schermi. Sony, per fare un esempio, lavora da oltre un anno su una tecnologia molto interessante chiamata Crystal LED display che permette di creare pareti dalle dimensioni variabili in funzione delle esigenze (sia in area che in rapporto tra i lati: schermi stretti e lunghi, larghi, quadrati…) che diventano arredamento ma anche immersione. Chiaro che stiamo parlando di installazioni molto costose, ma dobbiamo concentrarci sulla logica che ci viene mostrata e sull’evoluzione della comunicazione.

Parliamo di “televisione”: la cosa che sconvolge di più è che siamo a “the day after” di Sanremo 2019 e ogni anno ci aspettiamo di vedere il crollo del numero di persone di fronte al televisore, consideriamo la televisione “tradizionale” morta e sepolta, eppure non è così; si c’è stata una discesa nell’audience, ma nella serata finale c’erano “ancoraoltre 10 milioni di persone, e se l’anno scorso erano oltre 12 milioni probabilmente il motivo non è quello dell’abbandono (più volte dichiarato, persino auspicato) del televisore da parte degli italiani, ma più che altro dalla formula dello spettacolo, forse dalla mancanza di ospiti o da altri meccanismi. In ogni caso, Netflix – che è il modo “nuovo” di pensare e intendere la televisione – per il 61% viene vissuto su grandi schermi, sebbene la sua affinità ai “computer” (o tablet/smartphone) sia molto forte.

Parliamo di Web: chiaro che se avete in mente un sito, prima di tutto dovete pensare di renderlo “fruibile” per smartphone, ma sono almeno tre anni in cui percepiamo (non solo noi, ovviamente) un ritorno alla navigazione su grandi schermi, perché l’interazione, le animazioni e lo storytelling guadagnano moltissimo da “pagine grandi”. La cosa importante è pensare non “mobile first” e non “desktop first”, ma al fornire un’esperienza di uso più che ottimizzata per ogni fruizione, ma addirittura progettata ad hoc: non una derivata dall’altra, ma una nata per un tipo di uso, e l’altra per l’uso all’estremo opposto (e anche quella che sta “in mezzo”, che non è una via di mezzo… già, progettare comunicazione per gli schermi non è facile).

Parliamo di smartphone: Anche gli smartphone stanno entrando in una nuova dimensione. Dopo dieci anni di quasi assoluto immobilismo del design (semplicemente sono diventati più grandi, ma forma e usabilità è cambiata poco) qualcosa si sta muovendo, per esempio anche in questo interessante articolo se ne parla, ma a parte le considerazioni – pur interessanti – relativi all’eliminazione dei tasti, del notch e di altro, in questo contesto ci interessa la questione degli schermi “pieghevoli” che invaderanno il mercato nei prossimi mesi e anni, grazie alla potenzialità tecnologiche degli schermi di ultima generazione che possono, appunto, essere flessibili: tutti (a parte Apple, che per sua strategia non anticipa mai nulla, specialmente sul design, ma che di sicuro ci sta lavorando) hanno proposto dei concept e promesso uscite di prodotti che avranno queste caratteristiche. Quindi anche gli schermi “piccoli” diventeranno sempre più grandi…

Parliamo di VR, AR, MR: Per finire, cosa sono se non “dei grandi schermi” tutte le tecnologie legate alla realtà virtuale e anche – seppure se con logiche leggermente diverse – della realtà aumentata e della mixed reality? Si indossano, e lo schermo ci avvolge, a 360 gradi. In questo contesto, ancora una volta, l’evidenza di una esigenza di comunicazione “grande” è molto evidente.

Schermi grandi: cosa interessa ai fotografi e ai creatori di immagini?

Appare molto evidente: oggi chi si occupa di comunicazione visiva, a tutti i livelli, deve avere la capacità di creare contenuti sempre più efficaci pensando in “piccolo”, ma anche in “grande”. Per il “piccolo” bisogna lavorare su un’esperienza che deve bloccare gli scroll veloci, il messaggio deve essere percepito velocemente e con impatto, non c’è modo di far concentrare gli utenti sui dettagli, tutto quello che è riprodotto in piccolo semplicemente non verrà visto, tutto quello che sta “fermo” non godrà facilmente dell’attenzione delle persone perché la percezione è che un’immagine fissa viene decodificata in una frazione di secondo (se anche ci sono mille o diecimila parole in una immagine, non riusciranno ad essere trasferite in una frazione di secondo). Sugli schermi grandi, invece, potenzialmente possiamo lavorare su un approccio di “empatia”, l’occhio e la mente vengono condizionati da un contenuto che è grande, presta più attenzione, si sofferma di più, analizza di più (ci sono degli elementi legati alla percezione visiva, sarebbe lungo trattarlo in questa sede), e poi uno schermo grande intercetta vari angoli della vista, evita che l’occhio sfugga oltre….

Gli schermi grandi hanno bisogno quindi di immagini (fisse e in movimento) di qualità eccellente, e sempre superiore, si interfacciano come una realtà alternativa, e per essere stimolati a considerare quella dello schermo qualcosa di “reale” la nitidezza è fondamentale. Stiamo andando verso gli 8K, e li supereremo.

Impegnarsi a capire cosa “far finire” su schermi piccoli o su schermi grandi, con approfondimenti tecnici, ma specialmente di contenuto e di linguaggio, capacità di guardare oltre alle “mode del momento” comprendendo i flussi evolutivi dei media e della comunicazione, fanno parte delle priorità su cui lavorare.

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