L’innovazione tecnologica, lo sapete, ci affascina, e siamo sempre in prima linea nel cercare di raccontarla, a volte (se ci riusciamo) per spiegarla, molte volte per far superare alcune barriere culturali che ci rendono difficile la sua veloce applicazione, e quindi evitare che il ritardo possa compromettere una serie di opportunità. Al tempo stesso, non siamo esenti da critiche: non tutto quello che è “nuovo” è anche “buono”, così come non lo è il contrario: il nostro atteggiamento cerca – nei limiti possibili dell’umano e delle nostre capacità – di essere ottimista, ma non beota. Non siamo, insomma, quelli del “partito preso”: cerchiamo di individuare al tempo stesso vantaggi e rischi.
L’argomento di cui parliamo non è nuovo, anzi: è vecchio di molti anni. Si tratta della possibilità di comandare a distanza una fotocamera, ma a differenza di quello che si può fare da decenni con i radiocomandi, è possibile “vedere” sia l’inquadratura che le immagini scattate. Questa funzionalità ce l’hanno offerta i software: prima quelli dei dorsi digitali, a partire dalla metà degli anni ’90 e poi anche le fotocamere reflex. Via via il meccanismo si è evoluto, e oggi abbiamo tantissime soluzioni per remotare. Le più “innovative” sono forse quelle che ci permettono di gestire queste operazioni dai device mobili, in particolare iPhone e iPad. Il software che apprezziamo da anni (ne abbiamo parlato proprio qui nel 2009) è DSLR Camera Remote Pro, (qui la versione HD per iPad) un software di onOne Software che spesso ha giustificato da solo l’acquisto di un iPhone/iPod Touch/ iPad per un fotografo professionista, perché consente di gestire una quantità di operazioni eccezionalmente utili per il lavoro quotidiano con una flessibilità fantastica: permette di vedere, di scattare, di gestire le impostazioni della macchina, di impostare il bilanciamento del bianco, di impostare un intervallometro per creare perfetti timelapse, di regolare il bracketing, di effettuare sequenze di scatti veloci, di salvare delle basse risoluzioni dello scatto effettuato da mandare direttamente via posta elettronica, ed altro). Il tutto ad un costo di 15,99€ per la versione iPhone e 39.99 € per quella iPad… e chi dice che sono un “sacco di soldi” per un’applicazione, allora forse è il caso che faccia una valutazione: un controllo remoto costa di più, e l’unica cosa che fa è comandare la macchina (troppo spesso, abituati alla politica delle applicazioni da 0,79 centesimi, comprendiamo con difficoltà che un costo di 16 euro sia irrilevante rispetto ai vantaggi, in passato avremmo forse accettato di pagarne migliaia di Euro per un prodotto simile…). Ed è stato proprio l’ultimo aggiornamento (che consente anche di gestire la ripresa video, con le reflex compatibili) che ci ha portati a riprendere e riaffrontare l’argomento. Lo facciamo, ma prima – perché se no qualcuno può pensare che la tematica si possa “fermare” solo alle applicazioni “mobile” – facciamo un paio di segnalazioni sul come l’argomento “scatto remoto visto su schermo” possa essere ovviamente affrontato con un normale computer.
La strada che forse è più “universale” è quella di Adobe Lightroom, che dalla versione 3 dispone “ufficialmente” (prima c’erano delle soluzioni di terze parti) di un comodo ed efficace sistema di scatto remoto, che in italiano viene definita acquisizione “Diretta” (vedere screenshot”), e che consente di scattare con la fotocamera collegata al computer tramite il cavo e di vedere dopo un istante l’immagine scattata all’interno di Lightroom, o – al contrario – di scattare direttamente da Lightroom la foto, per comandare a distanza la fotocamera. Sono supportate quasi tutte le fotocamere reflex di Canon e Nikon, e anche la Leica S2.
Altre soluzioni sono ovviamente quelle “ufficiali” di Canon e di Nikon: la prima lo propone nel suo kit software di EOS Utility, la seconda con il software aggiuntivo (a pagamento) Camera Control Pro 2 per Win e Mac. Ma abbiamo fatto una ricerca di soluzioni più “esoteriche” ed originali, come per esempio il SofortBild, Mac Tethered Shooting per Nikon (compresa la nuova Nikon D7000), che oltre ad essere davvero molto completo, è anche al momento gratuito (valutate la donazione, credo che se la meritino davvero!). Qui sotto una videata che mostra la sua flessibilità e la sua eccellente fattura.
Non vi basta? c’è per esempio anche questo software che si chiama DSLR Remote Pro for Mac, per pilotare macchine Canon, si può scaricare la trial e poi, se vi piace, si può acquistare al costo di 129 dollari. Non abbiamo ben capito se ha senso un costo di questo tipo, ma andrebbe provato per scoprire se ci sono funzionalità che lo rendono interessante e più interessante rispetto alle soluzioni che abbiamo già citato (su Canon, come si diceva, esiste già un software fornito di serie e quindi gratuito, se qualcuno ha voglia di studiare e capire quali sono i suoi vantaggi, noi lo abbiamo citato per dovere di cronaca e di completezza).
C’è poi anche un altro tipo di soluzione, per “trasferire e visualizzare sul monitor” le immagini appena scattate, ed è la EyeFi, una delle più simpatiche soluzioni perché nasce come una scheda di memoria SD che funge non solo da archiviazione (suo “scopo” primario, 4Gb), ma anche come sistema di trasmissione delle immagini dalla fotocamera al computer (o anche all’iPhone e all’iPad); il tutto senza fili, usando la rete WiFi e consentendo – volendo – anche la diretta pubblicazione on line, per esempio su Flickr, Picasa o altri social network. Se volete, potete leggere l’eccellente articolo pubblicato qui dagli amici di Nital. E per finire da dove abbiamo iniziato, ovvero da iPhone/iPad, segnaliamo che Phase One ha sviluppato un software che consente un flusso di workflow che dallo scatto e da CaptureOne (il software di gestione di “sviluppo” del RAW multipremiato di PhaseOne) di visualizzare le immagini e le lavorazioni anche su iPhone e su iPad. Si scarica gratuitamente da qui.
Quello che volevamo non era certo un’analisi esaustiva di “tutte” le possibilità offerte dal mercato (se qualcuno vuole segnalarcene altre è benvenuto nei commenti, spiegandoci se e perché lo usa), ma per mostrare che si tratta di un approccio sempre più “popolare”. Le motivazioni sono tante, eccone un elenco di quelle che ci sembrano più plausibili:
1) Controllo remoto della macchina a distanza: a volte è scomodo operare direttamente sulla fotocamera, causa posizione critica (sotto delle luci, dall’alto, ecceteta)
2) Per scattare senza “guardare in macchina”, magari continuando a partare con il soggetto, mentre stiamo guardando distrattamente il computer o l’iPhone…
3) Per condividere con il soggetto le inquadrature. A volte per una modella o per una persona ritratta, vedere il risultato, rimandendo in posizione di scatto è comodo. Basta mettere computer o iPad/iPhone rivolto verso il soggetto, e si vede subito senza uscire dal set per vedere il display della fotocamera
4) Come “scatto flessibile virtuale”, quindi per evitare di “toccare” la fotocamera durante lo scatto ed evitare quindi così vibrazioni
5) Per gestire delle sequenze (intervallometro, per esempio) in completo automatismo, anche potendo usare la memoria del computer come memoria al posto delle schede. A volte è necessario, per esempio sui timelapse, scattare tantissime foto, che potrebbero creare problemi di autonomia se si hanno a disposizione schede poco capienti.
E tanto altro… di sicuro (e anche in questo caso, i vostri commenti saranno di utile complemento). Ma… c’è un lato su cui valutare il lato “oscuro”: quanto è positivo che un cliente possa vedere “subito” il risultato e quindi commentare immediatamente – influenzare il risultato. Ne parlavo l’altro giorno con un caro amico, ed in effetti a volte il fatto che chiunque possa non solo “sbirciare” ma anche “guardare” il risultato in tempo reale con il fotografo è a volte negativo, in entrambi i casi: se critica potrebbe nascere una discussione che tra l’altro non considera che il fotografo ha (o dovrebbe avere) in testa il risultato alla fine di un processo creativo e tecnico di cui lo scatto spesso è solo un inizio e quindi la partenza non mostra l’effetto finale; ma anche quando il cliente è felice e dice “perfetto” magari non è ancora davvero “perfetto” e questo in qualche modo tranquillizza e rilassa il fotografo che dovrebbe invece inseguire il risultato ancora migliore, se possibile.
Molti di voi diranno che il “segreto” dello scatto è finito con il display LCD, che ha reso possibile lo scoprire subito quello che è stato scattato. E’ vero, ma la differenza è che nel piccolo LCD difficilmente si riesce – se non si è esperti – a capire molto. Quando si vede sullo schermo di un computer, magari da 27 pollici, o su un iPad, la “foto” sembra davvero quella “finale”. E si perde quella misticità che era (e forse è) necessaria. Ci sono tipologie di fotografia che impongono un dialogo molto dettagliato sullo scatto: la fotografia pubblicitaria, per esempio, che deve rispondere alle specifiche imposte da un rigoroso layout, oppure la foto tecnica, che richiede una conferma quasi “scientifica” del risultato, misurato step by step. Altre, più creative, più emotive, possono essere scoperte solo gradualmente, togliendo – se proprio serve – solo qualche velo e lasciando molte zone nascoste. Solo dopo la revisione, la scelta, la correzione, l’intervento su Photoshop avrebbe senso esporle al giudizio, e si spera all’ammirazione, del pubblico (pagante o invitato).
In tutto questo, il mercato ovviamente sempre più è smaliziato, quindi “nascondere” tali strumenti, fingendo che non esistano, rischia di mostrare più limiti professionali che non vantaggi pratici: se è il cliente che chiede espressamente di vedere, possiamo bloccarlo con alcune motivazioni, ma se non ne vuole sapere, meglio dimostrarsi pronti e flessibili. E quello che deve entrare in gioco è un livello di professionalità e di sicurezza che spesso manca a molti professionisti (sia giovani che “datati”), e un approccio che passa da un progetto individuale ad uno collettivo. Il fotografo deve imparare un po’ dal metodo di lavoro di un regista o comunque di chi lavora nel cinema, dove il risultato è frutto di un lavoro di gruppo, di un progetto di cui tutti conoscono bene tutte le fasi e gli step. Dove c’è un progetto, ben definito, con aree che sono state già precedentemente decise e testate e anche condivise, dalla scelta delle inquadrature alla fase di post produzione. Solo in questo caso, anche gli step possono essere vissuti da tutti per quello che sono: step e non risultati definitivi. Si perde in magia? No, si fa partecipare alla magia le persone che sono coinvolte, per chiedere loro sia una corretta visione che qualcosa che è ancora più importante: la loro fiducia.
ROBERTO ROSSO says:
…in sostanza è come andare al ristorante e trovare il cuoco che ci chiede di partecipare a fare il minestrone, che ovviamente sta cuocendo già preparato surgelato, e che noi pagheremo per buono. Preferisco stare a case a farmi due spaghetti aglio olio.
Paolo Nobile says:
Utilissimo, grazie! Comincerò le prove col mio software EOS.
alessandro gaja says:
Segnalo anche Apple Aperture, che permette il tethering da un bel pò di tempo prima di Lightroom.
Marco says:
… ok … ma per “parlare” con questi software quanto dobbiamo spendere e cosa dobbiamo montare sulla fotocamera? E’ anche questa una considerazione da fare (oltre alla spesa per scaricare l’applicazione).
Avrei competato l’articolo – per completezza di infomazione – con qualche link in questo senso per dare subito un riferimento. Comunque grazie sempre e per tutto!
Luca Pianigiani says:
Alessandro: vero, Aperture lo fa da più tempo ;-)
Marco: non serve nulla per “far parlare” la fotocamera, per questo non “abbiamo completato” l’articolo. Il collegamento avviene tramite il computer (collegato alla macchina via USB), che funge da “collegamento-ponte” tra la fotocamera (sprovvista di sistema Wifi) e per esempio l’iPhone o l’iPad. Sul computer bisogna installare un software “server” che si scarica gratuitamente e poi il gioco è fatto.
Per altre soluzioni (stiamo attendendo altre segnalazioni per fare un update) esistono apparecchi che permettono anche di collegare la fotocamera senza computer, più comodo, ma più costoso. Anche di questo vi daremo informazioni successivamente.
Beppe says:
Ciao ragazzzi, sempre in forma il nostro Luca, vero? La mia esperienza è che il cliente va gestito
come sempre. Ma ragazzi vi ricordate le scatole di polaroid ” solo perchè dai proviamo a spostare un pò………”
con il cliente lì che guarda? Viva il monitor. Sarebbe lugubre scattare senza rendere partecipi clienti, stylist
art director e via dicendo, anche assistenti, sì parlo dei futuri fotografi. che bello! se uno è sgamato ( leggi sveglio )
impara da una sessione giusta più di un corso blasonato.
E’ questa la sfida, non possiamo nasconderci, con i nostri punti di forza e con le nostre mancanze.
Avanti, dobbiamo solo migliorare, il prossimo shooting sarà perfetto.
roberto zanni says:
Salve,molto interessante,apre a strade di ripresa con concetti nuovi,applicazioni non convenzionali.Grazie per darci sempre un piccolo spunto da dove partire alla ricerca di nuove immagini.Sono vari anni che scatto da portatile,per il mio lavoro è indispensabile ma queste soluzioni tecniche ampliano i concetti di visione e di condivisione.
Pierangelo says:
tutto molto interessante ma concordo meglio due spaghetti !!!
Federico Meneghetti says:
Grazie Luca,
sempre utilissime le tue “dritte”
ho fatto delle prove con lightroom e col software Canon ed ho scoperto che avevo in casa un preziosissimo strumento senza nemmeno saperlo!
sempre debitore!
Federico
adolfo.trinca says:
Ottimo ed abbondante direi :-)
Silvia says:
Luca, cadi a fagiolo. Se avessi guardato gli scatti direttamente in computer la settimana scorsa probabilmente mi sarei accorta di molte cose che il mio occhio non esperto non vede nel display. Da oggi non ci sono più scuse…. Grazie delle dritte ;-)
Barbara says:
prima del tethering usavo scaricare le foto a metà sessione e condividerle col cliente. ora faccio prima e senza interrompere gli shooting. i clienti ormai sono abituati e lo richiedono perchè si guadagna tempo e si va direttamente al punto. e nessuno si potrà permettere di contestare il lavoro in fase successiva. evviva!
Roberto B. says:
Ciao Luca,
ma se voglio collegare la fotocamera in Wifi, leggendo l’articolo che citavi tu della Nital ho visto che ci sono delle SD, ma sulla reflex uso le CF tipo I. Mi sai dire se esistono adattatori SD-CF tipo I ?
Grazie ciao Roberto
marko tardito says:
Ciao. mi ero riservato di leggere con calma questo interessantissimo e dibattuto argomento, e lo commento volentieri anche se con qualche giorno di ritardo rispetto all’uscita.
Lavoro ormai da diversi anni con i sistemi di controllo remoti. e ho più volte dovuto affrontare il problema dei commenti in diretta, ma come dice Beppe, il cliente ( o il team ) va gestito. Nel mio caso la fotografia non la faccio quasi mai da solo, e sono tutti co-autori. per cui è giusto coinvolgerli tutti nel processo creativo. Attenzione però perchè quando stiamo cercando di costruire un’immagine. siamo maggiormente sensibili e quindi esposti ai commenti.
Come lo eravamo nell’ era del Polaroid, solo che trattandosi di schermi e non di supporto fotografico, si perde un poco la priorità del fotografo a “guardare per primo”.
Il trucco per sopravvivere?Come per le altre tecnologie… non lasciamoci trasportare da esse ma manteniamone il controllo e approfittiamo dei vantaggi!
Luca Pianigiani says:
Roberto, prova a vedere qui: http://cgi.ebay.it/SD-SDHC-Card-CF-adapter-/270706547480?pt=Palmari&hash=item3f075e1b18#ht_2802wt_936
Nino Mascardi says:
Scusa Luca, forse ho letto in fretta e distrattamente e mi sono perso molte cose ma non capisco perchè cercare in giro quello che abbiamo già in casa molto ben funzionante e già pagato? Da anni scatto con le Canon Ds MkIII (anche II) attaccate via cavo USB al computer con due monitor (uno per il cliente) utilizzando il programma della macchina “Digital Photo Professional” che ti dà un’immagine in anteprima molto veloce e grande quanto vuoi. Anzi, già nel 2004 utilizzavo lo stesso sistema con il dorso Kodak.
Il cliente e gli art director vogliono vedere cosa stiamo facendo e hanno ragione. In più alla fine del lavoro in 15 minuti gli do un piccolo hard disk con tutto il lavoro e se ne vanno a casa contenti.
Sono convinto (quanti siamo?) che il digitale mi abbia salvato la vita!
Luca Pianigiani says:
Si, Nino: infatti lo abbiano scritto (lo so che la
Lettura del Sunday Jumper è faticosa e quindi “ti perdono” :-) il fatto è che i software e le modalità di visualizzazione su iPad e iPhone fanno cose che il software di Canon non fa… Con calma dacci un’occhiata, magari possono esserti utili :-) grazie comunque per la tua testimonianza!
Nino Mascardi says:
Scusa se insisto, lo so , sono un ostinato rompiballe ma tether vuole dire legato ad un laccio e allora, laccio per laccio meglio un bel monitor che costa molto meno e vedi meglio piuttosto di un sicuramente più figo iPad o addirittura un iPhone. Hai però ragione da vendere se si tratta di lavorare in esterni senza elettricità.
Wifi: avete provato la velocità di trasferimento? Io sì.
Grazie per tutto quello che fai e dici e scrivi.
Luca Pianigiani says:
Nino: La cosa importante è che tu possa lavorare nel modo più consono alla tua attività. Ti segnalo due cose che possono forse esserti utili da approfondire: usare il tetheting su computer ma usando LIghtroom o aperture ti consente di gestire le immagini direttamente all’interno di un programma di editing, a volte molto utile rispetto al software di Canon che gestisce unicamente la macchina. Nel caso delle tue foto, immagino spesso uno scatto unico per uno still life forse questo non è fondamentale, ma per uno shooting di una sequenza lunga, è molto utile perché puoi applicare le stesse correzioni a tutti gi scatti in un lampo, tagliare l’immagine, correggere ed intevenire con varie funzionalità, eccetera (per esempio in uno shooting di moda).
Per il versante iPad/iPhone, segnalo che esistono anche soluzioni che evitano il “cavo” e trasmettono direttamente dalla fotocamera all’ipad, e in questo caso non serve il computer ed è tutto molto più flessibile e fluido come flusso di lavoro.
Per la velocità di trasferimento Wifi c’è da differenziare il tempo di “reale trasferimento” dell’immagine e dell’anteprima. Sull’iPad non ci serve il file ad alta, e i software che abbiamo segnalato inviano un’anteprima (sufficiente per essere vista comodamente), ma il file rimane o sulla scheda oppure viene trasferita a computer via USB. In questo caso, il tempo di trasmissione non è un problema, arriva veloce ;-)
Grazie a te per i tuoi interventi, speriamo di essere utili!
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