Al sabato vado al mercato, sono fedele ad una bancarella che vende una buonissima insalata… di quelle che sanno ancora di insalata ed è quasi una rarità. Lo faccio da quando ho deciso di dedicare un po’ più di tempo a me stesso, di ricordare al mio corpo che non siamo eterni e che per stare bene con la testa è necessario mangiare bene e fare attività fisica. In questa bancarella scopro quali sono le stagioni, e ancor più quando le stagioni finiscono.
Ho scoperto cose banali, che qualsiasi massaia conosce bene, e a volte quando faccio domande goffe al tipo della bancarella che ormai è il mio guru della verdura e della frutta, mi rispondono spesso proprio queste massaie, un po’ divertite, ma forse anche scocciate… faccio perdere tempo per cose che “sanno tutti”, ma io sono animale metropolitano che finora cacciava cibo nelle corsie dei supermercati: che ne so di quando un frutto è di stagione? La globalità dell’alimentazione mi ha sempre portato a comprare le fragole a dicembre e quando non trovavo i prodotti freschi (forse erano finiti? non mi sono mai domandato se forse, semplicemente, non era la stagione giusta) li ho sempre trovati nelle celle dei surgelati.
Ieri avevo una missione, al mercato: volevo una montagna di basilico perché ho iniziato fare il pesto in casa; non so dirvi se è il più buono al mondo quello che faccio, ma di sicuro è il migliore che io abbia mai mangiato. Beh, ennesima figuraccia: il basilico fresco a novembre non si trova! La massaia accanto a me con fare superiore mi ha detto:
Lo trova nelle vaschette, al supermercato!
Si, cara signora, lei non sa che potrei darle la geolocalizzazione precisa di qualsiasi prodotto in qualsiasi supermercato, fornendole una mappa confrontando Carrefour, Esselunga, Pam. Ho, nel cervello, una infinita mole di Big data su quello che viene proposto in questi spazi, lo so che il basilico lo trovo al supermercato, e anche che le vaschette, volendo, le posso riciclare, e ho ben chiara la differenza tra il sapore (non sapore) tra queste versioni, quelle delle piantine che si possono comprare nello stesso posto, e anche so le caratteristiche (pessime) del basilico surgelato. Lei, cara signora massaia, non sa che sta parlando con un professionista del supermercato, ma anche che nel mio piccolo amo cucinare da prima che venisse fuori la mania da Masterchef, semplicemente perché nella mia famiglia l’attività di cucina è arrivata dalla sfera maschile, questione di sopravvivenza. Ma, grazie, signora: mi ha fatto riflettere.
Sono attento, da sempre, alle stagioni del mestiere, ai ritmi dell’innovazione. Da tanti anni, nell’analisi che mi porta ad anticipare futuro e tendenze, tecnologia e mercato, ho imparato a riconoscere e a seguire le timeline. Dei prodotti, dei cicli produttivi, dell’ascesa e del declino. La mia sfera di cristallo è allenata, mi è facile tracciare gli step, non solo quelli logici (l’uscita dei nuovi smartphone, delle linee dei computer, l’adozione delle nuove linee produttive di processori… questo è facile), ma anche del gusto, dello stile, dei media. Eppure non so che il basilico fresco, quello buono, non si può trovare a fine novembre, che le mele Fuji (le mie preferite e non ci sono collegamenti di brand fotografico) a settembre non ci sono, che gli asparagi a ottobre se anche si trovano sanno di legno.
Non possiamo sapere tutto, certo che c’è Google, quindi basta digitare “Stagione Asparagi” e scopriamo che la stagione giusta è (da fine marzo a fine maggio/giugno), ma questa opzione la conferma anche il mio “guru della bancarella”, che con il viso simpatico dice a tutti coloro che dicono “No, non voglio i broccoletti, perché non so cucinarli”:
ma basta che guarda su Internet, si trova tutto, che vuol dire “non so cucinarli”…
Vero, basta fare una domanda, per trovare la risposta. Ecco, il problema non sono le risposte, si trovano facilmente. Il problema è sapere cosa domandare, e perché farlo.
Io al mercato domando (ingenuamente) se e quando c’è il basilico buono e saporito, per fare il mio pesto; ma quante domande non faccio, perché non so che potrebbe essere utile farle! Credo che sia così per tutti. Spesso mi capita di essere chiamato a dare risposte e al tempo stesso le domande. Mi viene detto (anche di recente è capitato) di “venire a parlare e mostrare cosa succederà” nel settore della fotografia. Implicitamente, mi vengono chieste le risposte ma ANCHE le domande, e credo che l’utilità sia proprio questa. Abbiamo strumenti potenti per dare risposte, non per interrogarci, e non è detto che il mix di domande e risposte sia sempre azzeccato o condivisibile (ci mancherebbe…), ma aiuta a mettere i dubbi nella mente delle persone, dei professionisti, di chi si sente senza punti di riferimenti e di chi cerca un orientamento.
Venerdì, a Thiene, sono stato invitato a parlare ad un interessante convegno (Match, guardate qua), dove parlavano importanti e illuminati personaggi del mondo della comunicazione. Mi è stato chiesto di introdurre la giornata, e ho sentito l’esigenza di leggere qualcosa che avevo scritto, e non – come mio solito e abitudine – di parlare “a braccio”; l’ho fatto perché era importante cesellare le parole, mi rivolgevo a professionisti della comunicazione, ma anche a imprenditori, responsabili di aziende, e volevo rimarcare che questo è un momento difficile, di grandi rivoluzioni: nel settore dell’economia, del guardare al futuro, del capire quali sono i ruoli del nostro mestiere e delle nostre aziende. Volevo proporre risposte, ma al tempo stesso generare domande; alcune sembrano banali, ma invece non lo sono: qualsiasi domanda (lo dico sempre ai miei studenti) è intelligente, sono le risposte che spesso sono stupide (oppure è stupido non farsele, le domande). Vi riporto questa introduzione fatta alle persone dell’evento Match, sperando che possano essere considerazioni utili. E auguro a tutti una ricerca di una nuova stagione fertile.
È un’epoca del coraggio, ma anche di concretezza.
Il coraggio è quello di guardare oltre, al “futuro”. Siamo circondati da segnali che spaventano, che intimoriscono, che ci fanno credere che tutto possa cambiare. Sarò coraggioso nel dichiarare…
sè, cambia tutto, è cambiato tutto, e quindi tutto quello che era una sicurezza, è scomparso.
Abbiamo oggi nuovi modi di pensare l’impresa (è una impresa, pensarlo…), abbiamo nuovi media che farebbero venire il mal di testa a McLuhan, abbiamo ruoli e professioni che – semplicemente – non servono più. Saremo, probabilmente, sostituiti da macchine, da automatismi… da quello che viene definito algoritmo e ancora molti di noi nemmeno sanno di cosa stiamo parlando. Ci cambia, di mette alla deriva, ci chiude in una bolla… eppure la maggior parte di noi nemmeno sa cosa significa, che faccia ha… Quando piove, lo si capisce facilmente (magari guardando l’app dello smartphone invece che – più semplicemente – guardando fuori dalla finestra: “il pericolo” si conosce, si riconosce… Quando il pericolo invece non ha forma, e ci avvolge, allora tutto sembra più difficile, e ancora una volta… è difficile avere ottimismo, ma ci vuole coraggio. Ma anche concretezza. Per esempio, come dice Kevin Kelly:
«Ora crediamo che la produzione sia concentrata in Cina, ma quando l’avvento dei robot farà crollare i costi di produzione, saranno i costi di trasporto a diventare il fattore decisivo: vicino vorrà dire economico. Si creeranno quindi delle reti locali di fabbriche in franchising, la cui quasi totalità della produzione verrà distribuita entro un raggio di 10 chilometri».”
Abbiamo bisogno di guardare al cambiamento, perché non è poi un demonio, anzi… Le campagne, quando si sono svuotate trenta anni fa, sembravano la fine, ma i ragazzi che si sono trovati nell’inevitabile esigenza di andar via dalle campagne, sono arrivati in città, hanno fatto un corso di web o di programmazione di app e hanno fatto nascere una nuova era. Ogni fine è un inizio, ogni inizio ci avvicina alla fine. Il nostro compito è quello di cercare il nostro ruolo nel mezzo di questo percorso.
(Quando sarà la stagione giusta, magari faremo un evento in nome del basilico e del pesto….) ;-)