E’ stata presentata la tanto attesa Tesla Model 3 che vuole cambiare il mondo delle automobili (e il mondo in generale). Vi proponiamo un parallelo che mette in luce come cambia anche il modo di pensare ai prodotti, in funzione dell’intercettare esigenze vere del mercato, e non quelle inventate dal marketing, pensiamo che possa essere utile in tutti i campi.
Qualche giorno fa a Hawthorne, CA, presso il Tesla Design Studio è stata presentata l’automobile più attesa da anni: la Tesla Model 3, il primo veicolo di nuova generazione, elettrico e con sistema Autopilot di guida parzialmente automatizzata (permette di mantenere la corsia, di gestire la velocità di crociera in modo intelligente e di effettuare un parcheggio automatico… non ancora una driverless, ma siamo vicini). Sul palco c’era un personaggio ormai diventato leggendario, Elon Musk, sudafricano trapiantato negli USA, una delle persone più ricche al mondo e capace di perseguire (e realizzare) sogni quasi impossibili, progetti che hanno a che fare con l’esplorazione dello spazio, la rivoluzione nelle modalità dei pagamenti (Paypal), nella produzione di energia e, appunto, la creazione di nuovi veicoli che rispettano l’ambiente. Per capire il suo approccio, è interessante leggere questa sua dichiarazione:
« Ci sono stati solo circa una mezza dozzina di eventi veramente importanti nei quattro miliardi di anni di storia della vita sulla Terra: vita monocellulare, vita pluricellulare, differenziazione in piante e animali, spostamento degli animali dall’acqua alla terraferma, e l’avvento dei mammiferi e della coscienza. Il prossimo grande momento sarà quando la vita diventerà multi-planetaria, un’avventura senza precedenti che aumenterà notevolmente la ricchezza e la diversità della nostra coscienza collettiva. »
Durante la presentazione, durata circa 20 minuti, Elon Musk è apparso sul palco sereno anche se il suo punto di forza non è certamente la fluidità oratoria (ha un accenno di balbuzie, e spesso incespica), ma quello che dice e come lo dice, con gli occhi, con i gesti e specialmente con i fatti, non cambia l’intensità del risultato, anzi: sembra un “piccolo uomo”, persino fragile, che sta facendo grandi cose, che è la metafora forse più forte ed efficace: se sogniamo qualcosa, possiamo realizzarla, non importa se siamopiccoli. Qui sotto, se volete, il video integrale della presentazione:
Al termine dell’evento, l’invito è stato a prenotare questa automobile del futuro (non solo nelle funzionalità, anche perché le prime consegne sono previste per la fine del 2017) che costerà “solo” 35 mila dollari (che diventeranno circa 42 mila dollari con le tasse) ed è considerato un costo “per la massa” rispetto alle precedenti versioni che sono state proposte a costi decisamente più elevati. L’impegno per la prenotazione è di soli 1000$ e il mercato ha risposto immediatamente: 115 mila persone hanno subito messo le mani e il portafoglio avanti, ma in questi giorni i numeri sono cresciuti e sono iniziati anche i calcoli della cifra che Tesla incasserà su questo progetto, e sono cifre che crescono ora dopo ora: al momento, sull’account Twitter di Elon Musk si parla di 253 mila prenotazioni che portano la cifra globale oltre ai 10 miliardi di dollari. E’ l’auto più velocemente prenotata al mondo e bisogna tenere presente che la possibilità di prenotazione è limitata a pochi Paesi (l’Italia non è inclusa, anche se qualcuno ha trovato qualche trucco per riuscirci lo stesso).
Fin qui, la cronaca. D’ora in avanti, l’analisi che va oltre al fenomeno e specialmente oltre al mercato dell’automobile, di cui non siamo certamente adeguati narratori ed esperti. Quello che stupisce è che questo fenomeno Tesla Model 3 si è sviluppato e si è concretizzato senza una pagina di pubblicità, senza un’azione “formale” di marketing. Un “piccolo uomo” che ha detto semplicemente: beh, ora potete comprarla. Ci sono stati commenti intelligenti che hanno detto che ormai la pubblicità e il marketing sono morti, che quello che conta è fare buoni prodotti, investendo sulla loro qualità (progettuale, realizzativa, distributiva) e non sull’aria fritta della promozione pubblicitaria. Non è così, ovviamente (non è così semplice), perché gli occhi puntati su Tesla c’erano già, nulla nasce dal nulla, ma il senso è più prezioso e non è nemmeno la battaglia su prodotto/pubblicità/marketing, bensì su un elemento ancora più importante:
Bisogna fare qualcosa che il mercato percepisce come necessario
Non è detto che sia “una risposta a delle richieste palesi e dichiarate”, spesso il mercato non sa di cosa davvero ha bisogno, ma lo percepisce appena gli viene mostrato. Negli anni ci sono state rivoluzioni che sono state subito percepite come necessarie: internet, i cellulari prima e gli smartphone dopo, e questi sono solo esempi di oggetti perché sono i più facili da definire ed identificare, ma ce ne sono molti altri che sono entrati nella nostra vita con la stessa forza. Quello che bisogna lottare, evitare, buttare nel cestino, è credere che il mercato possa digerire prodotti di cui è stata inventata una necessità apparente, ed è questo il cancro che bisogna debellare. Non ci servono 10 varianti per ogni prodotto, non ci servono davvero il 90% delle cose che ci vengono proposte e vendute. La cosa funziona in un periodo florido, dove la cosa più facile è spendere soldi, ma in un momento di crisi le persone pensano a quello che davvero è importante, quello di cui sentono una vera esigenza.
Abbiamo davvero bisogno di un’altra automobile? No, nelle città si viaggia più velocemente con una bicicletta, con i mezzi pubblici, e addirittura a piedi: si esce magari una mezz’oretta prima, ma si può usare il cervello per pensare, gli occhi per guardare, i sorrisi per relazionarsi con altre persone. Se dobbiamo andare in un’altra città, i treni sono il luogo ideale per lavorare, per produrre mentre si consumano i chilometri, per incontrare anche in questo caso persone, per leggere e per guardare un film.Non serve una nuova automobile, ma forse serve un modo di creare un mondo migliore per i nostri figli, e allora un’auto elettrica diventa uno stile di vita, un modo per pensare che tutti noi, in piccolo, possiamo cambiare il mondo del futuro, perché quello di oggi non ci piace più. Compriamo un impegno sociale, non quattro ruote, ed è qualcosa che Elon Musk capisce bene, e i fatti gli stanno dando una risposta.
Cosa vendiamo o proviamo a vendere, tutti noi? Qualcosa che davvero è un’esigenza percepita, oppure vendiamo qualcosa che risponde ad una sola esigenza: quella della nostra sopravvivenza? Come raccontate e promuovete il vostro lavoro? Di cosa siete davvero orgogliosi, al punto dal riuscire a convincere i vostri clienti? In giro vediamo persone che cercano di vendere qualcosa di cui sono i primi a non essere convinti; rigirate i ruoli: comprereste davvero quello che state cercando di vendere? Aprireste il vostro portafoglio con entusiasmo per quello che state vendendo, al punto di rinunciare a tutto il resto? Fatevi una lista delle cose che quando pagate vi rendono felici? Io ci provo, per farvi un esempio:
- Il mio abbonamento mensile allo streaming della musica (mi permette di ascoltare dove e quando voglio quello che desidero, e la musica per me è vita)
- Il mio abbonamento a Evernote, che è il mio migliore assistente per sviluppare e organizzare il lavoro
- Le bistecche del mio macellaio preferito (sorry, amici vegetariani e vegani… non è una mancanza di rispetto per voi), da cuocere sulla mia bistecchiera di ghisa
- I panini della zia e della nonna (come chiamo io il chiosco vicino a casa mia), la versione “completa”, con la senape al posto della maionese, che si mangiano obbligatoriamente dopo l’una di notte.
- Le riviste e i libri che mi fanno crescere e far amare sempre di più quello che faccio ogni giorno (e che cerco di insegnare)
- La mia connessione internet flat a casa e quella sul cellulare che uso in giro che mi permette di non avere problemi di quantità di dati (20Gb mensili).
Certo, ci sono tante altre cose che mi rendono felice, ma so anche che sono frutto di un condizionamento di marketing e come una dose di droga se riesco a superare la crisi iniziale che mi porta a dire “che ne ho bisogno”, poi scopro di poterne fare a meno (iPhone, iPad, portatili Mac in prima linea…). E a voi? Perché se non vi fate queste domande, non riuscirete a capire cosa le persone saranno disposte a comprare da voi. Il marketing è zero, la promozione sui social è zero, la pubblicità è zero, se non c’è un valore emotivo. Non siamo in un periodo di crisi, troppo facile pensarlo per giustificare il nostro poco successo commerciale. Le persone spendono — e sarà sempre più così in futuro — con coscienza, nel senso che valutano cosa è davvero importante per loro, e non interpretate questo concetto con un approccio “di vera utilità oggettiva”, c’entrano i sentimenti, le emozioni: compriamo quello che ci fa stare bene, quello che alleggerisce alcuni nostri compiti in una giornata che sempre più è corta e pesante, qualcosa che ci regala tempo, o che ci fa sognare. Non siamo più in un’era di consumismo, ma di ricerca di valori ed emozioni.
Trasformiamo in emozione e in vera esigenza quello che vendiamo
Non so voi, ma noi cerchiamo e cercheremo sempre più di vendere idee e sogni, che creano entusiasmo e passione, che fanno staccare la testa dalle questioni quotidiane. Perché il benessere non è solo nell’aria pulita e nel rispetto della natura, ma nel benessere della mente, che viene bombardata troppo e non ci lascia spazio per le emozioni. Tutte le volte che lo facciamo, succede qualcosa di magico, e si trasforma in un progetto che prende vita. Fatelo anche voi, ripensate a quello che vendete, all’impatto che genera sul vostro cliente, trovate un modo per far percepire che, in piccolo, potrete cambiare in meglio il loro mondo. A volte, il mondo si cambia — anche solo per un istante — con un sorriso, e molti sono disposti a investire tempo e soldi per ottenere quel sorriso. Oppure facendo capire che possiamo essere protagonisti di qualcosa che è meglio di quello che finora abbiamo a disposizione.