Nel mondo dei Deep fake e delle immagini di sintesi sempre più realistiche, il ruolo del fotografo può essere quello di garante della verità?
Dopo avere mostrato i percorsi che stanno invadendo il mondo del video e del cinema, dove le scene diventano sempre più virtuali, dopo avere messo in evidenza la crescita della realtà aumentata che si fonde e viene iniettata nelle immagini “reali” per fondersi in scenari alternativi che non sono mai esistiti e mai esisteranno, dopo che abbiamo messo in luce i pericoli delle fake news e di quello che viene chiamato Deep Fake, che porta al ricostruire scene – specialmente video – chei sembrano “reali” ma che sono state invece totalmente manipolate, e considerando che la disinformazione è ormai l’arma principale ovunque, dal mercato alla politica, forse è arrivato il momento di capire che parlare di “verità”, di essere difensori e propositori di una garanzia che certifica che quello che si “mostra è reale”, può essere un importante binario di seguire.
Pensavamo a questo nei giorni scorsi, quando abbiamo visto la proposta di Unreal per creare dei “Meta Umani”, guardate il video e probabilmente potrete condividere con noi quanto sia incredibile questa evoluzione. Di fatto, siamo concretamente in grado di realizzare persone che non solo sono davvero “realistiche” ma che possiamo modellare in tutti i dettagli e poi “far vivere” a nostro piacimento, ivi compreso illuminarli, fotografarli, dirigerli in un film, un video o in un teatro. Qualcuno potrebbe dire che “a guardarli bene ci si può accorgere” che questi personaggi non sono reali, ma se pensiamo che siamo ancora agli inizi, possiamo comprendere che quello che già oggi è impressionante, tra 3, 5, 10 anni sarà ancora più sconvolgente, ricordiamoci che la velocità di sviluppo della potenza dei computer e dei software è incredibile.
Sono passati esattamente 20 anni dal film Final Fantasy – The Spirit Within che forse è stato il primo film che faceva intuire il livello raggiungibile dalla tecnologia del “disegnare gli esseri umani”, e ricordiamo perfettamente quanto si era discusso di un possibile veloce pensionamento degli attori, a vantaggio delle loro controfigure in 3D. Fa sorridere vedere quale fosse il livello dell’epoca, visto oggi e confrontato con i Meta Umani di Unreal, e forse pesano nella valutazione i 20 anni passati, che potrebbero portare a considerare in modo errato il prossimo step in termini di timeline.
Non ci si metterà altri 20 anni per vedere una simile evoluzione, servirà molto meno, e comunque ci si domanda se non sia possibile, con qualche accorgimento, davvero creare film perfettamente realistici con personaggi virtuali. Già abbiamo un esempio di cui si è parlato tantissimo, sempre nella serie The Mandalorian di cui abbiamo parlato poche settimane fa, dove è “apparso” un Luke Sywalker ricostruito alla perfezione per poter apparire esattamente come nell’ultimo film che lo ha visto protagonista giovane, ovvero Il ritorno dello Jedi del 1983. Il “vero” Mark Hemill (il leggendario attore che ha interpretato Luke Skywalker) attuale, anziano, ingrassato e con la barba lunga è rimasto commosso di avere rivisto “recitare” se stesso 37 anni più giovane in una scena ad alto contenuto emozionale, ringraziando per l’inatteso regalo che gli è stato fatto, il video della scena commentata dall’attore la trovate qui. Un esempio così evidente, perché confronta vero e virtuale sullo stesso campo (l’attore virtuale non era solo un “attore credibile” ma era identico al “reale”) fa capire che siamo pronti a questo salto, senza alcun dubbio.
Tutto questo per dire che il mondo sempre più porterà ad avere contenuti visuali “falsi”, ricreati, frutto della mente e non della realtà, è proprio di qualche giorno fa l’acquisizione da parte di Shutterstock di un grande archivio di immagini 3D, scommettendo – 75 milioni di dollari sono una scommessa di rilievo – sul fatto che ormai le “fotografie non si realizzano solo con una fotocamera”. Si potrà seguire questa strada, che ovviamente apre molte porte, oppure si potrà puntare esattamente verso la strada opposta. Siamo disposti a scommettere che si svilupperà una richiesta che certificherà l’assoluta originalità di un contenuto visuale, e per farlo serviranno strumenti che possano provare tale “realtà”, attestati, credibilità, etica. Servirà allontanarsi da Photoshop e fornire file originali, non manipolati. Ci sarà un pubblico e un mercato, troppo saturo di “immagini false” e ancor di più di immagini “che non offrono garanzie di essere reali” dal poter essere positivamente accettato da tutti. Chi ci sta leggendo può iniziare a valutare al come cavalcare questa possibilità, con un approccio concreto, serio, impegnato.
C’è un filone che come detto riguarda l’etica, ma che non si può limitare alle componenti tecniche, come per esempio allegare un RAW (che non è di fatto riproducibile e identificabile se non “guardando il file”) o dichiarando che le immagini non sono state manipolate, argomento già dibattuto da tantissimi anni in ambito fotogiornalistico. E’ qualcosa di più profondo, che porta al voler dare un contributo per “disegnare” (fotografare) un mondo migliore, contribuire al proporre e garantire un’informazione vera e sana, che “sa di buono”, che sa di “vero”. Sembra che in questo periodo di grandi difficoltà e di crisi di identità del mestiere di fotografo, si sia quasi perso il senso del valore di quello che viene prodotto, mentre invece è esattamente il contrario: in un momento in cui tutti sembrano potersi definire “fotografi” quelli che vogliono essere percepiti e rispettati come professionisti e riferimento di questo mondo, devono viaggiare su un binario e su un livello culturale ed etico molto superiore. E mettere in evidenza la carta della “verità” crediamo possa essere un buon punto di partenza. Perché è arrivato il momento di passare dalle immagini al posizionamento e al trasmettere valori. Poche settimane fa Leica ha proposto un bellissimo video intitolato The World deserves Witnesses (Il mondo merita testimoni) che vi proponiamo qui sotto. Beh, i testimoni siete voi, se lo volete, ma bisogna essere, in un’era dove la verità è diventata una eccezione, non solo delle “eccezioni”, ma anche essere “eccezionali”.