Un mondo che si incontra, una "rivoluzione" necessaria ovunque
Luca Pianigiani
Sono appena tornato da Barletta, dove si è tenuto Revolution, l’evento del Fiof che ha riunito molti professionisti della zona (e non solo) e dove abbiamo portato il primo JumperCamp al Sud, con una modalità completamente gratuita e in pieno approccio di volontariato. C’eravamo stati già due anni fa, ma lo spirito di quest’anno era più maturo, siamo arrivati a Barletta e l’evento era parte della città, si respirava un’aria di coivolgimento che due anni fa non ri riusciva a sentire. Sono state coinvolte le scuole, e al nostro evento c’erano anche tanti giovani, ed è un successo, in un settore che purtroppo tende ad invecchiare precocemente. E c’era una presenza di mostre e di eventi anche al di fuori dall’ambiente preposto: mostre, esposizioni ed eventi hanno invaso il palazzo del Municipio (dove, tra l’altro, abbiamo fatto il nostro JumperCamp), ma anche locali esterni: per esempio, abbiamo visto belle fotografie ed esposizioni anche in locali e addirittura in uno show room di un mobilificio molto “cool”. Come succede a Milano al Fuorisalone, come succede (con il dovuto rispetto nel confronto) ad Arles.
Intendiamoci: c’è ancora moltissimo da fare, ma bisogna anche dare merito alla crescita e alla buona volontà, una buona volontà che ci ha fatto decidere di partecipare, le condizioni che abbiamo richiesto sono state tutte esaudite. Il risultato? Che la sala del Municipio, durante il nostro evento è stata gremita (con tante persone in piedi e molte sedute per terra, senza reclamare e anzi con un sorriso) di tantissime persone. Chi erano? Fotografi professionisti, negozianti, e… futuri fotografi. Tre ore, abbondanti, a parlare di marketing, di soluzioni per capire come collocarsi sul mercato, per vincere la “crisi”, ma anche idee innovative dal punto di vista tecnologico. Argomenti per alzare la testa, per guardare in avanti invece che cadere nella depressione di un mondo che sembra sempre più difficile, ma che offre comunque tante e interessanti opportunità.
Tutto, all’insegna dell’informalità: alla fine della giornata, la tappa finale, a mangiare pollo allo spiedo, fatto (cosa ormai impossibile da credere, per noi “metropolitani”) con il forno a legna, con la massima semplicità, ha dato un valore dell’incontro, della voglia di dialogo, della necessità di un segno di “unione di categoria” che non fa che – inevitabilmente – portarci a fare un collegamento con quello che sarà l’evento della fotografia che partirà a Milano proprio settimana prossima, quel Photoshow imbalsamato che non riesce a trovare una formula che generi entusiasmo. Ne abbiamo parlato con enfasi lo scorso anno, sollevando scudi di difesa dell’Organizzazione che a parole ha dichiarato (nei commenti del post, potete leggerli) di prendere in considerazione le nostre critiche (unica fonte di informazione critica, gli altri tutti a farsi pacche sulle spalle e a sorridere dei “successi”, tutti d’accordo nell’italico meccanismo del corporativismo), e chiudendo con la “voglia di dialogo” anche con noi, che parliamo direttamente e con coinvolgimento con il mercato della fotografia (professionale e trade), con numeri quantitativi e qualitativi superiori a chiunque altro nel settore. Risultato? Nessuno si è fatto vivo, come era nostra previsione: parlare con chi vuole cambiare e migliorare le cose rischia di richiedere troppo impegno, meglio ignorare.
Ovvio – lo capiamo, non siamo stupidi – diverso è organizzare un evento per centinaia di persone da uno da decine di migliaia di persone – ma il problema è che non si fa nulla per creare relazioni con questo mondo che ha bisogno di molto di più che non un momento di mercato con i prodotti in bella evidenza. Serve quello, ma serve coinvolgere, dare un segnale ad un mercato che è in sofferenza. Capire che non si può andare avanti con una formula vecchia di decine di anni, che non cambia o peggio ancora “fa finta di cambiare” non viene incontro non tanto ai grandi – che hanno testa, forza, economica, strumenti per fare qualcosa di meglio e di più – bensì per i “piccoli”, e i “piccoli” sono tutti, ad esclusione di due o tre marchi che detengono una quota di mercato enorme. Questo mercato è fatto di centinaia di aziende, di migliaia di professionisti che sulla fotografia vivono (come negozianti o come professionisti), e di milioni di persone che fanno fotografie.
Un evento piccolino, che impara con l’esperienza e che vuole fare, come Revolution del Fiof, a Barletta, ha in due anni fatto una crescita concettuale e di sforzo molto superiore a quello che un evento grande come il Photoshow non è riuscito e non riesce (non vuole?) cambiare in decenni.
Questo forse vuol dire quello che abbiamo detto da sempre: che le rivoluzioni partono dal basso, dal singolo. Questo è evidente in tutto, ancor di più, e siamo contenti di vedere che anche nelle grandi aziende c’è uno spirito nuovo, che privilegia la forza delle idee e non le strade fossilizzate. Le esigenze sono valide per tutti: far crescere il mercato, investire nella qualità delle proposte, sviluppare relazioni e iniziative che partono dalla sensibilità. E’ ora di aria fresca, chi si vuole unire a questa nuova forza è benvenuto. Le rivoluzioni sono positive, i cambiamenti di stagione anche. Iniziamo tutti a seguire la strada del valore. Anche nelle relazioni e negli incontri.
alle bonicalzi says:
Bravi, che bello!
Io l’anno scorso mi ero ripromessa di NON tornare a un inutile, barboso e roboante Photoshow…
Invece poi ieri ho preso il biglietto… vedremo…
Diciamo che a essere stati più a portata di mano sarei venuta con maggior curiosità a Barletta!
Next time, maybe.
Buona settimana rivoluzionaria a tutti.
alle
Sandro says:
Anh’io ho sempre detto, bè meglio andarci al Photoshow qualche spunto magari viene sempre fuori( certo non è la Photokina alla quale invece cerco di non mancare e dalla quale bè effettivamente si traggono importanti anticipazioni), ma insomma poi nel dubbio di andarci ho avuto anche fortuna mi sono capitati due lavori che mi tengono impegnato proprio per tutti quei giorni ed allora forse di questi tempi è meglio dire preferisco guadagnare il vile denaro che investire in un cose a cui non si crede e dal futuro incerto, ciao a tutti
Biska says:
Che la Photokina (organizzata da tedeschi) funzioni meglio del Photoshow (organizzato da italiani) è abbastanza normale: e da questo SJ si capisce anche perché (sai com’è, metti che quello che proponevi funzionava, poi dovevano anche ringraziarti…). Quest’anno non ci vado anche se potrei andarci sia domenica che lunedì, ma siccome l’unica cosa mediamente interessante sono i gadget, il “gioco” non vale la spesa: spunti zero, per quelli basta aspettare la domenica pomeriggio, su un certo sito di cui ora mi sfugge il nome… :o)
Ciao a tutti!
Alessio – synergiaphoto.com says:
Sono una persona che da molta importanza a “come si comportano” le persone più che a “come si mostrano”.
Già il Photokina l’ho sempre guardato un po’ di traverso, ma conoscendo come è andata l’anno scorso (mi ricordo bene come si sono fiondati in questo sito un po’ inalberati per il tuo articolo) e come, alla fine, si sono comportati….. mi sa che non mi vedono proprio.
:)
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