C’è una grande voglia di vendere fotografie: questo è il commento a caldo che si può evidenziare, di ritorno da Fotografica, l’evento (eccezionale!) organizzato da Canon che ha riunito a Milano un numero di persone davvero eccezionale, malgrado le avversità climatiche degli ultimi giorni e creando un raffinato mix tra cultura, creatività, tecnica, innovazione: davvero un appuntamento che ci ha resi felici e orgogliosi di essere qui. Oggi era previsto un nostro intervento per parlare di “Vendita di Fotografie“, ed era riferito alle occasioni che nascono in rete per tutti coloro che pensano di avere qualcosa da dire con la fotografia (e qualcosa da ottenere, per il loro portafoglio) dalla proposta commerciale delle loro fotografie. Iniziava, teoricamente, alle 11, ma alle 10 le prime persone hanno iniziato ad entrare nella saletta, dove stavo finendo la presentazione. dopo qualche decina di minuti, la saletta era già piena, ma le persone continuavano ad arrivare.
Si è creato un momento di panico: la saletta era piccola, adatta ad un numero esiguo di persone, quelle che non erano interessate ad altri eventi, sulla carta più importanti, che iniziavano in contemporanea. C’era, fuori dalla saletta, circa il triplo delle persone che non riuscivano ad entrare, ma che non volevano comunque lasciare perdere: erano arrivate per sentirci parlare, evidentemente non tanto o non solo per la nostra bella faccia (ok… potete ridere sul “non solo”…. ehehehe), ma dall’argomento. Alla fine, è stata cambiata la saletta, abbiamo stravolto l’organizzazione delle sale, e abbiamo occupato uno spazio decisamente più grande, ma anche questo non era sufficiente, la massa di persone era incredibile. Il convegno, credo, è andato molto bene: molta partecipazione, molte domande pertinenti, molta voglia di capire, di approfondire, di scendere in dettagli anche profondi (tematiche sulle licenze d’uso, sulle modalità di vendita, sulle problematiche riguardo alla ripresa di alcuni soggetti…). Erano, quasi tutti, non professionisti (alla mia domanda, una sola persona ha alzato la mano, dichiarandosi tale).
Di questi argomenti abbiamo parlato spesso, nei convegni rivolti ai professionisti, e abbiamo spesso combattuto contro uno scetticismo che mostrava che tali discorsi (vendita tramite microstock, soluzioni per vendere immagini attraverso la produzione “virtuale” di libri, di magliette… e quant’altro) venissero letti come un impoverimento della professione, come un “vendersi al mercato”, o come una perdita di identità e di “professionalità”. Per far capire che l’approccio che abbiamo portato avanti, e che è stato ben capito, è che “vendere” significa confrontarsi con il mercato, analizzare la concorrenza, trovare soluzioni per ottimizzare il flusso dell’inserimento delle immagini on line, le problematiche relative al proprio posizionamento dal punto di vista del “ruolo” (abbiamo consigliato di leggere l’eccellente testo di Tau Visual di orientamento alla professione (e abbiamo detto che questa associazione può essere un riferimento per chi vuole, con serietà, avvicinarsi a questo mondo con il piede giusto e con correttezza), e abbiamo anche evidenziato le problematiche da risolvere dal punto di vista fiscale. Insomma, non abbiamo detto: fate quello che volete, ma agite con serietà.
I fotografi professionisti credo debbano analizzare con minor pregiudizio tali soluzioni: professionista è colui che è capace di rispondere al mercato con capacità imprenditoriale, e invece molto (troppo) spesso, le scelte sono di “pancia”, e di “orgoglio”. Vendere a 1 dollaro le proprie foto non viene considerato accettabile, per partito preso, non importa se poi il mercato è in grado di premiare (acquistando mille, mille e ancora mille volte quella foto che funziona, garantendo un fatturato anche molto superiore a quello che si riuscirebbe a vendere sul mercato “tradizionale”. Al tempo stesso, viene fatto poco (pochissimo) per avere un’alternativa a questa vendita massificata con proposte davvero coraggiose, creative, credibili e interessanti. Insomma, si passa tanto tempo a borbottare, a dire che il mondo fa schifo, e si perdono occasioni ed opportunità: verso la massificazione, o verso la vera specializzazione e differenziazione… si sta in mezzo, e si subisce.
Oggi ho visto l’altro lato della medaglia: centinaia e centinaia di persone motivate, giovani e meno giovani, che hanno visto l’opportunità, che hanno voglia di provare di cimentarsi, di seguire delle strade nuove. Qualcuno avrà la conferma che la professione fotografica ormai è alla frutta, io credo invece che siamo di fronte ad una nuova forma di professione, così come i blogger hanno rivoluzionato il mondo dell’editoria e del giornalismo, così come YouTube ha rivoluzionato il mondo della televisione. Di sicuro il giornalista bravo e capace (anche di scendere dal trono) non ha subito l’attacco dei blogger, anzi: ne ha aperto uno, per essere vicino e più sensibile alle sfumature del cambiamento, così come la televisione di qualità non ha perso audience dai video generati dagli utenti, anzi: sono nate trasmissioni e addirittura reti televisive da questa cultura (un esempio è Current TV, che proprio ha “combattuto” contro di noi, in un seminario in contemporanea, spero che Tommaso Tessarolo abbia avuto lo stesso successo che abbiamo avuto noi, Current se lo merita!). Chi però ha snobbato, chi non si è avvicinato con umiltà e con voglia di capire, chi non ha proposto alternativa e comunque qualità, invece, ha già perso, o perderà tra breve.
Tornando a casa, abbiamo preso una decisione: Jumper sarà terreno di crescita della cultura della vendita di immagini on line, dedicheremo spazio, impegno, sforzi per promuovere questo settore. Perché Jumper si occupa di “professionalità” nella fotografia, che per noi non è un concetto “artistico“, ma l’unione di visione, di conoscenza del mercato, di analisi di strumenti utili, di valutazione di servizi e di opportunità. Se i professionisti di oggi ne percepiranno il vantaggio e la forza, vorrà dire che continueremo a trovarci tutti insieme, anche con le “nuove leve”. Se, al contrario, guarderanno con sdegno l’apertura (che c’è sempre stata da parte nostra, sono anni che parliamo di queste tematiche, ma ora diciamo che ne parleremo molto di più), vorrà dire che saranno i “nuovi professionisti” che avranno più spazio e più attenzione. L’obiettivo è quello di far vivere questa professione, non distruggerla, e si può farla sopravvivere solo se si cambia testa, non solo, banalmente, la fotocamera.