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Vendere fotografie – Guida per chi si avvicina, e per chi è già arrivato – Prima puntata


Siete appassionati di fotografia, avete un archivio sconfinato di “belle fotografie” e pensate che potrebbe essere una buona idea pagarvi una bella vacanza con i proventi della loro vendita? Siete professionisti e cercate nuove strade per guadagnare con il vostro lavoro? Questa guida fa per voi: deriva da un convegno che Jumper ha tenuto durante Fotografica 2008, e che ha avuto un eccezionale successo di pubblico “fisico” (durante l’evento stesso) e “virtuale” (successivamente, tramite il web). A tutti coloro che ci hanno chiesto le slide della presentazione, rispondiamo che abbiamo voluto fare di più: una serie di post che riprendono l’argomento, lo completano con altre informazioni, segnalano i link e gli argomenti che abbiamo trattato e quindi consentiranno a tutti coloro che hanno partecipato di avere una traccia completa di quanto discusso. Al tempo stesso, è anche l’occasione per chi non ha avuto modo di partecipare, di approfondire quanto discusso. C’è di più: questo è formalmente diventato uno spazio fisso su Jumper, e quindi un motivo in più per venire a trovarci, periodicamente.

Prima Puntata:

Chi siamo, cosa vogliamo ottenere e chi è il cliente al quale ci rivolgiamo?

Se l’obiettivo è chiaro (vendere fotografie), la premessa obbligatoria è quella di valutare il nostro posizionamento e il nostro obiettivo, nonché le caratteristiche del potenziale cliente al quale vogliamo vendere il nostro “prodotto”: è questa la prima regola dell’analisi di un’attività “professionale”.

Bene, entriamo nel vivo, perché già il termine che abbiamo usato, così virgolettato, impone una riflessione. Il “mestiere” di fotografo, in Italia, non deriva da un percorso nitido e “ufficiale”: non ci sono scuole che devono essere frequentate obbligatoriamente per poter accedere alla professione, non ci sono albi professionali ufficiali, che impongono delle regole e certifichino la professionalità acquisita, e non ci sono fasi e periodi di apprendistato che bisogna completare. Per questo, il “professionista”, di fatto, è una persona che dovrebbe essere capace di fare fotografie, per poter garantire un risultato ineccepibile, e  quindi deve conoscere l’arte e la tecnica fotografica, ma non esiste un parametro ufficiale per certificare tale qualità, l’unica differenziazione reale e concreta, rispetto ad un appassionato (che potrebbe essere altrettanto capace, in teoria) è quella di svolgere questa attività per un ritorno economico, e quindi essere formalmente configurato dal punto fiscale, per vendere fotografie.

E’ crudo, e potrebbe anche scatenare l’ira di molti, ma essere professionisti significa “fare fotografie per soldi”. Il fatto che, poi, questa attività possa essere svolta (e ci auguriamo che sia così) con passione, competenza, sensibilità artistica è auspicabile, ed anche motivazione di successo sul mercato: se uno fa foto brutte e sbagliate ha poca speranza di sopravvivere vendendo a lungo fotografie, e finirà col riciclarsi vendendo panini, facendo il commesso o aprendo un’agenzia di viaggi o un ristorante. 

Una volta stabilita questa che è forse poco affascinante come realtà, dobbiamo capire in quale categoria vogliamo rientrare:

1) Professionista

2) Artista

3) Creativo

4) Me stesso/a

Professionista lo abbiamo definito, e ribadiamo che comunque alla base della professione c’è una garanzia di competenza e qualità, che viene (in Italia) autocertificata, ma di cui dobbiamo essere sicuri, per correttezza e per etica. Se ci chiedono di fotografare un mobile, dobbiamo sapere come riprodurre correttamente il colore del legno, perché se è di mogano non può avere il colore del frassino o del faggio, tanto per fare un esempio. Se siamo stonati, non possiamo andare a Sanremo (ehm… qualcuno ci va lo stesso, a ben vedere: dimostriamo che i fotografi sono più professionali dei cantanti!!). Se vogliamo definirci professionisti, se vogliamo che la fotografia sia il nostro mestiere, dobbiamo essere bravi a fare fotografie e dobbiamo capire cosa ci viene chiesto, perché avremo un cliente che vorrà un certo tipo di fotografie, e le pagherà se ne sarà soddisfatto. Se questo vale sempre, ancora di più vale se noi le foto non dobbiamo “farle” ma le “abbiamo già fatte, ovvero se l’obiettivo di questa discussione è quella di mettere le nostre foto in un archivio on line e sperare che qualcuno le compri. Se non corrispondono alle esigenze del mercato, nessuno le comprerà e noi rimarremo poveri e tristi.

Artista: questa è una definizione pericolosa. Gli artisti sono menti libere, non si lasciano condizionare dal mercato, creano per una loro esigenza, per una propria ispirazione. Gli artisti, di solito, ci stanno più simpatici dei “professionisti”, giusto? E, specialmente, tutti noi ci sentiamo un po’ “artisti”, anzi… molto artisti. E’ bello essere artisti, liberi come l’aria, capaci di creare qualcosa di veramente speciale. Va detto che – in quanto tale – l’artista non si preoccupa del giudizio degli altri: lo ricerca, ma non si piega al volere o al gusto degli altri. Se lo fa, può rimanere artista nell’anima, ma inizia a trasformarsi in “commerciante” della sua arte, e perde parte del profilo creativo.

Creativo: il  creativo è un progettista di idee, non necessariamente usa “tasselli” che crea, spesso si appoggia al lavoro di altri, e poi unisce vari elementi per creare la sua composizione. E’ il caso dell’art director, per esempio, che crea la campagna pubblicitaria usando immagini, testi, grafica e altro. La creatività deve essere presente in tutti coloro che vogliono occuparsi di realizzare immagini, non è quindi una vera e propria definizione, quanto un ingrediente. La creativià si manifesta non solo in ambito di assoluta “libertà”, anzi: spesso si dimostra creativo chi riesce a trovare delle strade interessanti proprio negli ambiti in cui ci sono maggiori vincoli.

Me stesso/a: è la frase più usata in pubblicità, in questo momento. E forse la più azzeccata, in questo contesto: non stiamo dicendo che è necessario prendere queste idee di vendita di foto come “un cambiamento epocale“, ma come qualcosa che ci è possibile provare, pur rimanendo noi stessi. Se poi si tramuterà in un’attività così lucrosa e interessante, allora si che potrete valutare eventuali cambiamenti di stato, di professione, di ruolo. Nel frattempo, continuate pure a fare la vostra vita, il vostro lavoro, a seguire i vostri studi: se son rose… fioriranno, e ci riuscirete se vi muoverete con umiltà, passione e senza crearvi grandi aspettative, per evitare delusioni o per regalare molto più entusiasmo se, come vi auguriamo, vi andrà bene!

 

FINE PRIMA PUNTATA

(Continua –  Seconda puntata: i clienti, le agenzie “fisiche” e i siti di ministock: come muovere i primi passi?)