Difficile interpretare diversamente il mercato della fotografia professionale: è un mercato che si sta contraendo, in modo evidente. Produrre – e specialmente vendere – fotografie si scontra con una sempre più allargata capacità media di produrre immagini “buone a sufficienza” da parte di “quasi tutti”, o quantomeno con la loro ben nitida convinzione che questo sia vero. Purtroppo, se un potenziale cliente è convinto di poter fare a meno di spendere dei soldi perché “non ne vale la pena”, sarà difficile portarlo a cambiare idea, se non tramite prove evidenti.
Che siano foto di prodotto, di matrimonio, di viaggio, di catalogo… è evidente che si produce sempre di più e si compra sempre di meno. In più, i canali che godono maggiormente di successo e impegno sono quelli che riversano contenuti visivi da fruire sugli schermi: siti e ancor più social: non serve – apparentemente, e in realtà non è così, ma ancora una volta questo è quello che pensano quasi tutti – un’alta qualità, e per di più sono immagini da consumare velocemente, a tempo di “scroll”. Quello che si produce, lo si “usa” e poi dopo poche ore, un giorno, si dimentica, non si vedrà mai più e viene avvalorata la tesi che “non vale la pena spendere soldi, si può fare tutto da soli”.
In un mercato dove la richiesta si riduce, dicono gli economisti, esiste solo una soluzione: quella di alzare i prezzi. E cosa fanno (quasi) tutti? Li abbassano, si fanno prendere dal panico, cercano di trovare una scappatoia puntando sugli sconti. Il risultato è devastante: non solo le richieste sono inferiori rispetto al passato, ma quelli che si riescono a “portare a casa” hanno un valore più basso, e quindi non riescono a coprire le carenze e a far tornare i conti.
Un esempio che è davanti agli occhi di tutti è legato al mondo degli smartphone. Negli ultimi due anni, siamo passati – per i modelli “top” – da un prezzo di partenza attorno ai 700 euro a lambire/superare i 1000. Lo scorso anno il “fenomeno” iPhone X ha aperto la strada ed è stato una polemica forte, poi anche gli altri produttori i sono allineati (felici) a questo livello, e da qualche giorno a fronte della presentazione dei modelli Xs nessuno ha fatto alcuna polemica sui prezzi (che sono arrivati, per i modelli più carrozzati, a oltre 1600 euro!), anzi: è stato detto che per fortuna sono “stati abbassati” i prezzi grazie al modello Xr, che parte “solo” da 889 euro; peccato che il confronto non dovrebbe essere fatto sui costi dei modelli di fascia alta, ma con quelli “economici”, che fino ad un paio di anni fa costavano meno o vicino ai 500 euro. C’è stata una crescita del costo unitario quindi di 300 euro, e se anche è vero che sono aumentate le funzionalità, la memoria, la dimensione dello schermo, è evidente che la strategia è ben chiara, anche se non dichiarata: aumentare i prezzi non è questione di ingordigia (vale per Apple, Samsung, ma tutti i top player), ma di far quadrare i conti: si sa bene che il trend di crescita dei volumi si è fermato e quindi bisogna cambiare la strategia: bisogna vendere a costo più alto (dando di più) a chi comunque è predisposto all’acquisto.
Possiamo fare polemica, e dire “ma io tanto mi tengo il mio cellulare che ha 5 anni e che va benissimo”, e forse non capiamo che è esattamente quello che fa il mercato nei confronti del lavoro che proponiamo noi. Dobbiamo guardare con grande attenzione a questi fenomeni, per capire come la macroeconomia si muove, e trovare il modo di adattare il tutto alla nostra pur piccola realtà. Qual è la nostra strategia per creare desiderio se prima offrivamo 16 Gb di memoria e ora 128, 256, 512 Gb? Prima il top era uno schermo da 5 pollici e ora siamo arrivati a 6.5? I materiali che usavamo ora sono più raffinati e si percepiscono al tocco?
E’ una buona strategia quella da applicare, pensateci: il problema è però che dovete individuare valori/vantaggi percepiti dagli utenti, che non sono certo disposti ad aprire il portafoglio per avere qualcosa che non percepiscono o che non considerano davvero importante. Ed è altrettanto chiaro che – esattamente come succede nel mercato degli smartphone – la concorrenza porta al fatto che chi vince lascia fuori quelli che non sono capaci di muoversi con la giusta strategia: o si vince, oppure si perde, stare in mezzo è difficile.
Certo, c’è – sempre nel mondo degli smartphone – un altro fenomeno che va posizionato correttamente per non creare confusione, ma che esiste ed è forte: quello della concorrenza a basso costo, che però è ancora più complesso da attuare (e che non consigliamo), perché oggi il mercato non fa vincere chi fa prodotti di bassa qualità a basso costo, ma chi riesce a fare prodotti di altissima qualità usando metodologie produttive super aggressive: è il caso dei produttori come Huawei (ora anche lui punta al mercato più alto) ma specialmente Xiaomi che ha da poco lanciato una nuova linea/sub-brand chiamato proprio… Poco, che propone prodotti di ultima generazione a costi incredibilmente bassi (guardate qui), schermo da oltre 6” quasi senza bordi, processore al top, tanta memoria, e su Amazon si trova ad un prezzo di circa 330 euro, compresa la spedizione per il modello da 64 Gb. Ma guardate anche la comunicazione, il video, il sito… tutto è di alto livello, non sembra che si stia parlando di un prodotto “super economico”. Venderanno tanto, e contribuiranno a far sparire molti prodotti e marchi che sono a metà strada (anche se si chiamano o chiamavano Motorola, Htc, Nokia, brand che hanno subito evoluzioni complesse). Cercare di seguire però la strada Xiaomi è molto più difficile da applicare a basso livello, servono processi industriali che gestiscono una produzione quantitava a basso costo, lavorare con margini immensamente ridotti, usare mano d’opera molto meno costosa, ma non per questo poco specializzata. Più facile fallire, adottando questa strada, di colpo diventa più facile seguire la strada del valore percepito e del trovare clienti disposti a pagare tanto. Incredibile, ma vero.